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Gen Z e lavoro: un gruppo di colleghi di età diverse
Gestione Risorse Umane

Intergenerazionalità al lavoro: come dialogare davvero con la Gen Z

Oggi, nelle aziende, lavorano fianco a fianco fino a cinque generazioni diverse. Una grande ricchezza, ma anche una sfida complessa: si parla in modo diverso, si hanno aspettative diverse e spesso non si concorda neanche su cosa significhi “lavorare bene”. L’arrivo della Gen Z — i nati dalla seconda metà degli anni ’90 in poi — ha reso il confronto tra generazioni ancora più vivace. Questo gruppo porta con sé valori, linguaggi e esigenze completamente nuovi. Per dialogare davvero con loro, le aziende devono mettersi in ascolto e abbandonare alcuni schemi ormai superati.

Cosa chiede la Gen Z?

Il primo passo è capire che la “piramide dei bisogni” della Gen Z è capovolta rispetto a quella delle generazioni precedenti. Un tempo si partiva dalla ricerca di sicurezza e stabilità per puntare, solo dopo, al benessere e alla realizzazione personale. Oggi è l’esatto contrario: per i giovani il punto di partenza è il benessere. Cercano ambienti di lavoro in cui si stia bene, dove ci sia ascolto, autenticità, attenzione al clima relazionale e rispetto concreto delle differenze. Vogliono coerenza tra i valori dichiarati e quelli messi in pratica. Solo dopo arrivano carriera, crescita, sfide.

In questa nuova gerarchia, il posto fisso non è più un traguardo e la “gavetta” suscita spesso diffidenza, percepita come qualcosa di superato. Le ricerche lo confermano: la Gen Z dà grande importanza all’inclusione, al supporto dei manager e alla possibilità di essere coinvolta nelle decisioni. Dove queste condizioni mancano, il turnover cresce.

Un gap culturale da colmare

Spesso i fraintendimenti nascono da due parole chiave: rispetto e responsabilità. Per la Gen Z il rispetto non si deve al ruolo o all’anzianità, ma si conquista attraverso relazioni autentiche, dialogo e ascolto reciproco. Allo stesso tempo, si sentono pronti ad assumersi responsabilità in base a ciò che sanno fare, non all’età o agli anni di esperienza. Valutano le competenze, non i gradi.

Questo scarto di visione rischia di generare frustrazione da entrambe le parti: i più giovani si sentono sottovalutati, i più esperti percepiscono una mancanza di umiltà. Ma con gli strumenti giusti – come una leadership aperta, percorsi formativi adeguati e spazi di confronto – questo scontro può diventare un’occasione di crescita per tutti.

La cultura delle Power Skill

Superare il gap generazionale richiede un cambio di paradigma: serve una cultura che valorizzi relazioni, inclusività e crescita condivisa. In questo contesto, diventano centrali le cosiddette “power skill” — le capacità trasversali come empatia, pensiero critico, comunicazione efficace e gestione delle emozioni. Non si parla più di soft skill: le skill da leggere sono diventate potenti, perché permettono a persone di ogni età di lavorare bene insieme, affrontare il cambiamento e costruire legami significativi.

Le aziende che investono davvero su queste competenze, con percorsi di formazione deep dive, immersivi e personalizzati, riescono a coinvolgere la Gen Z senza banalizzarla, stimolandola sia sul piano cognitivo che emotivo. Non si tratta solo di “istruire”, ma di creare spazi dove ognuno possa esplorare e valorizzare ciò che è.

Il welfare come ponte tra generazioni

Tra gli strumenti concreti per valorizzare tutte le età in azienda, il welfare gioca un ruolo chiave. Quando è pensato in modo flessibile e inclusivo — come nel caso delle soluzioni di Day Welfare — riesce davvero a parlare a tutti. Non si limita a rimborsi o servizi di supporto per chi ha famiglia, ma include anche cultura, benessere, tempo libero, viaggi e formazione. Ognuno può costruirsi un pacchetto su misura, anche proponendo attività di interesse personale da convenzionare.

Una recente introduzione molto apprezzata in questa direzione è il servizio di Time Saving in collaborazione con Genius 4U: un Time Sitter aziendale che si occupa di sbrigare le piccole incombenze quotidiane al posto dei dipendenti durante l’orario di lavoro — dalla posta al lavasecco, dal lavaggio dell’auto al ritiro dei pacchi — per restituire davvero alle persone il proprio tempo libero.

Oggi non basta “capire i giovani”: serve costruire un’alleanza tra generazioni. La Gen Z non è un enigma da decifrare, né una moda passeggera. È il futuro, già presente, delle nostre organizzazioni. Investire su di loro, creare un dialogo autentico e dare spazio alla contaminazione generazionale significa costruire imprese più solide, innovative e pronte al cambiamento. Per tutti.


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