Gestione Risorse Umane

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HR: cosa sono le risorse umane e di cosa si occupano
Giugno 06, 2023
Gestione Risorse Umane

HR: cosa sono le risorse umane e perché per un’azienda sono fondamentali

Rappresentano il capitale umano di un’azienda, il suo più grande valore. Ecco perché è importante sapere cosa sono e come valorizzare le risorse umane. Con il superamento dell’organizzazione scientifica del lavoro, anche il concetto di risorse umane ha subito un notevole cambiamento. Cambiamento che si riflette sui metodi di gestione del personale, sempre più articolati e finalizzati a garantire il benessere dei lavoratori. Vuoi saperne di più sul concetto di risorse umane e sui metodi più efficaci per valorizzare il capitale umano di un’azienda? In questo articolo troverai tutte le risposte che ti servono.   Cosa sono le risorse umane? Cosa si intende per “risorse umane” in azienda? Perché per un’azienda sono fondamentali le risorse umane? Quali sono le diverse aree nelle risorse umane? Di cosa si occupa l’ufficio HR nelle aziende? HR Manager: che cosa fa e perché è una figura importante in azienda Come valorizzare le risorse umane? Come lavorare nelle risorse umane Cosa sono le risorse umane? Iniziamo proprio dal concetto di risorse umane che, ad oggi, può avere fino a quattro significati diversi: risorse umane inteso come tutti i dipendenti di un’azienda. Nel suo senso più generale, questo termine indica tutto il personale di un’azienda, dai dirigenti agli operai; risorse umane inteso come il reparto che si occupa della gestione dei dipendenti. Un altro significato, più specifico, viene usato per indicare il dipartimento che si occupa della gestione del personale; risorse umane inteso come l’attività del reparto HR. Anche l’attività svolta all’interno del dipartimento viene definita con il termine risorse umane; risorse umane inteso come figura professionale. Comprende tutti quei professionisti, dagli addetti agli HR manager, che si occupano di risorse umane. Tutte queste definizioni sono frutto dei cambiamenti che, dagli anni ’60 del ‘900 in poi, sono intervenuti nel modo di fare impresa. E hanno portato le aziende a tenere in maggior considerazione concetti quali la valorizzazione delle capacità personali, la motivazione, il comportamento organizzativo. Quando, insomma, si è iniziato a comprendere il valore delle persone che lavorano per un’impresa.   Cosa si intende per “risorse umane” in azienda? Quando si parla di risorse umane in azienda ci si riferisce sia all’insieme dei lavoratori, sia al reparto che si occupa della gestione dei dipendenti. Che, spesso, viene indicato anche con il termine inglese human resources o con la sua abbreviazione, HR. Il reparto HR si occupa della gestione delle risorse umane a 360°, dalla selezione del personale alla creazione di una cultura aziendale solida, agli aspetti amministrativi (contrattualistica, adempimenti burocratici, compilazione di buste paga).   Perché per un’azienda sono fondamentali le risorse umane? Negli ultimi decenni le risorse umane, intese come capitale umano delle imprese, hanno assunto sempre più valore agli occhi dei datori di lavoro. I singoli lavoratori non sono più visti dai manager come elementi intercambiabili tra loro, ma come un insieme di competenze, conoscenze e abilità che deve essere salvaguardato. Il successo di un’impresa e il suo livello di competitività, infatti, si misurano anche attraverso fattori quali: qualità e competenze dei singoli lavoratori; capacità di ogni lavoratore di raggiungere gli obiettivi prefissati; basso tasso di turnover e assenteismo; capacità di attrarre e trattenere i talenti. Le risorse umane, insomma, hanno un ruolo centrale nello sviluppo e nella crescita dell’azienda. Per questo, un’impresa che abbia investito del tempo nella selezione e nella formazione del personale si deve preoccupare del benessere e della soddisfazione dei suoi dipendenti. Ed è qui che entrano in gioco le risorse umane intese come dipartimento aziendale e come professionisti. I cambiamenti avvenuti nella nostra società e nei modelli di business utilizzati nella gestione aziendale hanno reso necessaria la presenza di nuove figure professionali che utilizzano un mix di economia, psicologia e business management per garantire alle imprese quel benessere aziendale che non può prescindere dal benessere dei dipendenti. Quali sono le diverse aree nelle risorse umane? Nelle risorse umane esistono due macroaree principali e sono quelle che riguardano i cosiddetti aspetti soft e hard. Queste competenze possono coesistere nella stessa persona, ma è anche possibile trovare persone distinte specializzate in una delle due aree. Ma andiamo un po’ più nel dettaglio. Le competenze soft, o soft skills, comprendono gli aspetti più human del ruolo, come ad esempio la formazione, lo sviluppo e la selezione del personale (il cosiddetto recruiting), la misurazione dell’atmosfera aziendale e l’impostazione dei piani di carriera. Le hard skills, invece, riguardano tutto quello che concerne l’amministrazione del personale e quindi gli aspetti più burocratici: buste paghe e retribuzioni, relazioni sindacali, contratti, gestione del registro d’impresa e così via.   Di cosa si occupa l’ufficio HR nelle aziende? Un’azienda con molti dipendenti, perciò, non può fare a meno di avere un reparto dedicato alle risorse umane. Questo perché la gestione del personale comporta la messa in campo di numerose attività, procedure e strategie, che hanno lo scopo di garantire efficienza e stabilità. Occuparsi delle risorse umane, infatti, non consiste semplicemente nella rilevazione delle presenze e delle assenze e nella gestione di ferie e permessi. Ma cosa fa quindi di preciso chi lavora in un ufficio che si occupa di gestione delle risorse umane? si fa portavoce delle necessità dell’azienda svolge attività di reclutamento e selezione del personale si occupa di formazione del personale si occupa della comunicazione interna valuta le performance dei lavoratori promuove la soddisfazione e il benessere dei dipendenti   Si fa portavoce delle necessità dell’azienda Ogni azienda ha caratteristiche proprie che la distinguono dalle altre, ha obiettivi ben definiti da perseguire ed opera in un contesto specifico. Per queste ragioni è importante avere ben chiare le competenze e le capacità che si ricercano nei futuri dipendenti. Le risorse umane si occupano di capire quali siano le competenze e le capacità che i top manager ricercano per la loro azienda, così da riuscire a trovare profili in linea con la mission e gli obiettivi aziendali. I valori aziendali e le competenze che il datore di lavoro ricerca vanno coltivati anche tra i membri del team che è già parte dell’impresa. A questo scopo, il reparto HR si impegna nella programmazione di giornate di team building, molto importanti per incrementare il senso di appartenenza all’azienda e lo spirito collaborativo fra i dipendenti.   Svolge attività di reclutamento e selezione del personale Il reparto di HR non si occupa solo di stilare una lista delle qualità che dovrebbero avere i dipendenti dell’azienda, ma svolge anche l’attività di ricerca del personale vera e propria; dalla pubblicazione degli annunci di lavoro al colloquio fino alle assunzioni dei dipendenti. Gli strumenti che vengono impiegati per questa attività di recruiting sono diversi e comprendono anche l’utilizzo delle nuove tecnologie: valutazione delle candidature spontanee presenti in archivio; pubblicazione di annunci su riviste e quotidiani dedicati; pubblicazione di annunci su LinkedIn e sui portali dedicati alle offerte di lavoro. Il reparto di HR si occupa anche della ricollocazione del personale e della mobilità interna, ricercando i candidati adatti a ricoprire determinate posizioni lavorative tra i dipendenti.   Si occupa di formazione del personale Perché un’azienda possa essere sempre competitiva il personale deve essere adeguatamente formato in ogni momento del suo percorso lavorativo. Le risorse umane si occupano sia di offrire un percorso di formazione necessaria ai nuovi assunti, sia di organizzare corsi di aggiornamento per la riqualificazione dei dipendenti che lavorano già da tempo in azienda.   Si occupa della comunicazione interna Il reparto HR si occupa di implementare la comunicazione interna per diffondere la cultura, i valori e le informazioni aziendali in modo chiaro ed efficace, anche servendosi dei nuovi strumenti offerti dal mondo digital. Oltre a ciò, si occupa delle comunicazioni che riguardano sia gli aspetti più quotidiani e pratici della vita aziendale, come ad esempio la pianificazione dei giorni di chiusura aziendale, giornate di formazione o di team building, sia aspetti organizzativi e strutturali, come eventuali modifiche all’organigramma aziendale successivamente a promozioni o a nuovi ingressi nel team.   Valuta le performance dei lavoratori La maggior parte delle aziende gestisce la propria attività fissando degli obiettivi globali, di settore e individuali. Uno dei compiti dei dipartimenti di risorse umane è quello di valutare se i lavoratori siano o meno riusciti a raggiungere i propri obiettivi individuali lavorando a uno o più progetti e quindi di portare avanti un’attività di monitoraggio e valutazione del personale.   Promuove la soddisfazione e il benessere dei dipendenti Uno dei compiti più importanti del dipartimento delle risorse umane è mettere in atto delle misure di welfare e attuare delle campagne di incentivazione che promuovano la soddisfazione, la salute e il benessere dei dipendenti. Per fare ciò, si prendono in considerazione le richieste e le necessità dei lavoratori e gli obblighi contrattuali derivanti dal CCNL e si crea un piano di welfare aziendale che comprenda misure capaci di rispondere a tutte le necessità. In questo modo, si evita l’insorgere di fenomeni dannosi, come la fuga dei talenti e l’assenteismo. Le aziende che non abbiano tra il proprio personale un HR manager specializzato nella gestione del welfare possono affidarsi a un provider come Up Day che, attraverso la sua piattaforma Day Welfare, le aiuta a sviluppare e gestire piani di welfare mirati a seconda del budget aziendale e delle reali necessità dell’impresa e dei dipendenti.   HR Manager: che cosa fa e perché è una figura importante in azienda A supervisionare tutte queste attività è l’HR Manager. Ma di cosa si occupa di preciso? Questa importante figura è responsabile della gestione di tutti gli aspetti sopraelencati, dalla formazione degli impiegati fino alla gestione dei percorsi di carriera. Si tratta di un ruolo essenziale all’interno di un’azienda perché rappresenta il punto di contatto fra il dipendente e il datore di lavoro e si fa garante della soddisfazione di entrambi, promuovendo condizioni lavorative ottimali per ottenere il miglior risultato. L’HR Manager deve avere competenze e qualità eterogenee, tra cui le principali sono: capacità di insight e problem solving. In un’azienda gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e diventa quindi fondamentale saper trovare un piano b ottimale nel minor tempo possibile; eccellenti capacità comunicative e relazionali. Saper ascoltare l’altro è fondamentale per individuare i percorsi professionali migliori per il dipendente e per raggiungere compromessi che soddisfino sia il lavoratore che l’impresa; ottime conoscenze delle norme in vigore e del funzionamento amministrativo aziendale. Nonostante la componente umana sia fondamentale, è di centrale importanza anche tutta la sfera che riguarda diritti e doveri del dipendente e dell’azienda.   Come valorizzare le risorse umane? Un’impresa che desideri avere successo e mantenere la leadership nel proprio settore deve, per prima cosa, prendersi cura di quella che è la sua risorsa più preziosa: il capitale umano; con il suo bagaglio di creatività, intelligenza, tenacia, esperienze personali, motivazione, flessibilità. Il compito del reparto HR e dei suoi manager, perciò, è quello di trovare la strategia migliore per valorizzare le risorse umane dell’impresa. Un buon punto di partenza per ottenere questo risultato consiste nel riservare ai collaboratori la stessa attenzione che si dedica ai clienti. Da qui, si possono sviluppare una serie di iniziative volte ad abbattere lo stress e favorire la conciliazione vita-lavoro, il benessere e la realizzazione personale:   delineare degli obiettivi e studiare un sistema di incentivi; investire nello sviluppo della carriera dei collaboratori; attuare strategie di sviluppo del personale.   Delineare degli obiettivi e studiare un sistema di incentivi Sempre più aziende, anche in considerazione del numero crescente di lavoratori in smart working, decidono di misurare le loro performance stabilendo degli obiettivi individuali e prevedendo degli incentivi nel caso in cui tali obiettivi vengano raggiunti. In questo modo, i lavoratori ottengono maggiori autonomia e responsabilità e si sentono gratificati quando riescono a raggiungere l’obiettivo prefissato.   Investire nello sviluppo della carriera dei lavoratori Aiutare le persone ad esprimere il proprio potenziale, offrendo loro la possibilità di sviluppare la propria carriera: aiuta l’azienda ad allenare competenze per il futuro; attira i talenti; favorisce il coinvolgimento dei lavoratori nelle sorti dell’impresa per cui lavorano.   Attuare strategie di sviluppo personale Prima ancora di aiutare i lavoratori a migliorare la propria posizione lavorativa è importante aiutarli a sviluppare il proprio potenziale. Come? Attraverso l’offerta di percorsi di formazione mirati, l’attività di coaching, il mentoring, il team building e la job rotation. Una tecnica che prevede di assegnare periodicamente ai lavoratori una mansione diversa, in modo che imparino a conoscere tutte le fasi del processo aziendale.   Come lavorare nelle risorse umane Chi desidera lavorare nelle risorse umane deve necessariamente possedere alcuni requisiti essenziali per svolgere al meglio questo ruolo, che da una parte riguardano il percorso di studio e di formazione, mentre dall’altra hanno a che fare con la sfera caratteriale. Ma andiamo più nel dettaglio partendo dal primo gruppo di requisiti, quelli che riguardano la formazione. È importante sottolineare che il percorso formativo di base non ha un ruolo così centrale come si potrebbe pensare. È ovvio che chi possiede una formazione umanistica o di materie psicologiche parte con una marcia in più, ma con la giusta formazione è possibile per tutti intraprendere questo percorso. In particolare, è vivamente consigliato essere in possesso di una laurea triennale o magistrale e aver seguito un master di specializzazione nelle risorse umane. E per quanto riguarda gli aspetti caratteriali? Prima di tutto, è di estrema importanza essere ben organizzati, avere la capacità di tenere sotto controllo una mole elevata di lavoro e saper gestire lo stress in qualsiasi situazione. Altre qualità caratteriali proprie di un buon HR sono diplomazia, chiarezza e ottime capacità di contrattazione e di capire con un solo sguardo i bisogni dei suoi interlocutori. Le modalità per trovare un impiego nelle risorse umane sono le stesse di tutti gli altri ruoli e chi possiede le caratteristiche sopraelencati non farà sicuramente fatica a trovare lavoro come HR.
Aziende Del Futuro
Dicembre 29, 2022
Gestione Risorse Umane

Quali saranno le caratteristiche delle aziende del futuro?

Nei prossimi anni le aziende dovranno essere pronte ad affrontare il cambiamento che sta investendo la società e i settori produttivi. Ma quali sono le caratteristiche che devono avere le aziende del futuro per superare con successo le sfide di un mondo in continua evoluzione? Negli ultimi anni la società ha subito trasformazioni profonde e repentine che hanno messo le imprese di tutti i settori di fronte alla necessità di innovarsi, affrontando profondi cambiamenti sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista culturale, per riuscire non solo ad adattarsi, ma a prosperare. Per attuare un cambiamento che risponda alla necessità di innovazione dei processi e dei valori su cui si fonda una compagnia è importante sapere quali sono le caratteristiche che deve avere un’azienda del futuro. Vuoi saperne di più? Ne parliamo in questo articolo. Organizzare il futuro: quali sono le sfide che deve affrontare un’azienda La trasformazione digitale come strumento per dettare le regole del cambiamento Obiettivo sostenibilità: un elemento fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici e sociali Dalla struttura gerarchica al team work La semplificazione del lavoro: un elemento fondamentale per l’azienda del futuro Saper trattenere i talenti nell’epoca della great resignation Organizzare il futuro: quali sono le sfide che deve affrontare un’azienda? Già prima che la pandemia di Covid-19 facesse la sua comparsa sullo scenario internazionale, chi era alla guida di un’azienda si rendeva conto di essere al comando di una sorta di dinosauro in via d’estinzione. Giganti lenti e affaticati, resi impacciati da strutture organizzative troppo complicate e da un eccesso di burocrazia. Tutte caratteristiche di aziende organizzate per prosperare in un’epoca basata sulla standardizzazione e sulla prevedibilità, di cui la pandemia ha accelerato la definitiva scomparsa. In particolare, sono stati quattro i macro-trend emersi in questi ultimi due anni che hanno sancito la fine definitiva delle vecchie regole della gestione aziendale: una maggiore connessione. L’interconnessione globale tra le persone a tutte le latitudini sta non solo accelerando il cambiamento, ma anche dettandone le regole. Le informazioni capaci di circolare liberamente e muoversi istantaneamente escludendo e, talvolta, sfidando le gerarchie esistenti sono portatrici di un inevitabile caos. Un caos che determina un’imprevedibilità dei cambiamenti che è allo stesso tempo positiva e negativa e che le organizzazioni devono per forza riconoscere e accettare, per poter prosperare; automazione senza precedenti. Le tecnologie diffuse su larga scala e il basso costo di periferiche e macchinari stanno cambiando per sempre il modo in cui chi occupa posizioni di comando crea valore e migliora l’efficienza di un’organizzazione. Al contrario del passato, non c’è più bisogno che i lavoratori si trasformino in macchine per garantire la produttività di un’impresa; riduzione dei costi di vendita. Il meccanismo del libero mercato, che è il motivo principale per cui le società di profitto hanno prosperato negli ultimi 200 anni, sta rapidamente diventando ininfluente perché sempre più persone si stanno organizzando nella gig economy, la cosiddetta “economia dei lavoretti”; cambiamenti generazionali. I millennial e, ancora di più, i lavoratori appartenenti alla generazione Z, non si comportano nello stesso modo delle generazioni precedenti. Hanno necessità e priorità differenti e non hanno paura di lottare per ottenere condizioni di lavoro che gli permettano di ottenere un miglior work-life balance. Come può un’azienda affrontare con successo queste nuove tendenze ed essere pronta per il cambiamento? Ecco le caratteristiche fondamentali delle aziende del futuro: digitalizzazione; sostenibilità; self-governance; semplificazione del lavoro; capacità di trattenere i talenti. La trasformazione digitale come strumento per dettare le regole del cambiamento Oggi l’adattabilità è un fattore decisivo per un’azienda che abbia intenzione non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare. E saper accogliere le sfide della digitalizzazione è fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Da quando la pandemia ha reso necessario spostare una parte consistente delle attività dal mondo fisico a quello virtuale, sono molte le aziende che hanno deciso di investire nella tecnologia e in soluzioni software che migliorino l’efficienza dell’attività e la customer experience. Molte imprese si sono trovate anche a fare i conti con il tema della sicurezza digitale, degli attacchi hacker e delle fughe di dati sensibili, che devono essere necessariamente risolti con investimenti mirati, così che i dipendenti possano lavorare serenamente e i clienti affidarsi all’azienda avendo la certezza di essere al sicuro. Anche investire nell’intelligenza artificiale, per automatizzare e snellire determinati processi e migliorare la customer experience è un fattore comune a molte aziende che guardano con fiducia al futuro. La trasformazione digitale impone anche alle aziende di investire nella formazione dei dipendenti, così da disporre di talenti formati per le professioni digitali del futuro. Obiettivo sostenibilità: un elemento fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici e sociali La sostenibilità è forse una delle sfide più grandi che le imprese di oggi si trovano ad affrontare. Gli effetti dell’emergenza climatica e della pandemia non si possono ignorare perché hanno un impatto non trascurabile sull’immagine delle aziende e sulle loro possibilità di crescita: adattare i processi per renderli compatibili con uno sviluppo sostenibile; investire in politiche aziendali basate sui temi di rilevanza sociale; adottare strategie di governance che tengano conto del mutato contesto sociale; sono tutti obiettivi che sempre più imprese perseguono attivamente e continueranno a perseguire nel prossimo futuro. Dalla struttura gerarchica al team work La modifica delle strutture organizzative è un tema centrale per le aziende che non vogliono subire il cambiamento ma dettarne le regole. L’attuale struttura gerarchica a piramide che caratterizza l’organizzazione del lavoro di molte aziende verrà sostituita da reti di team caratterizzate dalla collaborazione e da un forte livello di autonomia, dove la leadership non è più affidata a una singola persona, che svolge anche il ruolo di supervisore. La responsabilità di eseguire il lavoro in modo corretto, di raggiungere gli obiettivi prefissati e affrontare i problemi è affidata a tutti i membri del team in uguale misura. Questa modifica della struttura gerarchica, per avere luogo, dovrà comportare anche una circolazione più libera delle informazioni e un miglioramento della comunicazione interna. La semplificazione del lavoro: un elemento fondamentale per l’azienda del futuro La burocrazia e i processi aziendali troppo complessi sono diventati un ostacolo allo svolgimento delle attività lavorative in modo fluido ed efficiente. La maggior parte dei lavoratori e dei manager più attenti al cambiamento si aspetta che, nei prossimi anni, i sistemi e i processi aziendali vengano snelliti maggiormente, risultando più semplificati e dinamici. Anche l’ambiente di lavoro diventa più flessibile, con l’ufficio che non è più la sede di lavoro principale. Un cambiamento che ha già iniziato a manifestarsi con la diffusione dello smart working. In questo contesto, i reparti delle risorse umane giocano un ruolo sempre più fondamentale e possono diventare la forza trainante del cambiamento: rendere i conflitti costruttivi; attuare una cultura meritocratica; supportare la classe media del management nello sviluppare competenze volte ad ottenere il massimo dai team di lavoro; pianificare la crescita del personale e del percorso di carriera nel rispetto delle inclinazioni di ciascuno. La semplificazione del lavoro, inoltre, non può prescindere da nuovi metodi di valutazione delle performance. La maggior parte dei lavoratori si aspetta, in futuro, un ambiente di lavoro in cui la valutazione delle prestazioni annuali individuali siano sostituite da feedback costanti forniti sia a livello individuale, sia a livello di team. Saper trattenere i talenti nell’epoca della great resignation Quella in cui ci troviamo adesso può essere definita come un’era post-digitale, in cui è in atto un profondo cambiamento culturale che può essere affrontato solo ascoltando le necessità dei lavoratori e andando incontro alle loro esigenze con misure di welfare aziendale che coinvolgano anche gli strumenti digitali. Così, accanto a benefit sempre apprezzati come i buoni pasto o i rimborsi per le spese di trasporto, i talenti millennials e gen Z che si affacciano oggi sul mondo del lavoro si aspettano un coinvolgimento totale attraverso soluzioni di: smart working e forme di lavoro ibrido; gamification; comunicazione digitale, attraverso campagne sincere e trasparenti, che testimonino la responsabilità sociale dell’azienda; team building e formazione continua.        
Diversità e inclusione
Dicembre 27, 2022
Gestione Risorse Umane

Diversità e inclusione in azienda, le sfide del prossimo futuro

Un’azienda moderna non può ignorare la necessità di abbracciare un valore importante come l’inclusione. Ma quante sono le aziende che sanno cosa sia, esattamente, l’inclusione e come essere un’impresa inclusiva? Tra le sfide che deve affrontare un’azienda moderna, la capacità di adattarsi ai cambiamenti della società e rendersi inclusiva è sicuramente una delle più importanti. Saper attuare dei cambiamenti per eliminare i fenomeni di discriminazione e dare a tutti i collaboratori le stesse opportunità di lavoro e di crescita può diventare un importante valore aggiunto per un’impresa. Vuoi sapere se la tua attività è davvero inclusiva o come puoi renderla tale? In questo articolo puoi trovare spunti interessanti per aiutare la tua azienda a crescere anche sotto questo importante aspetto. Che cosa si intende per diversità e inclusione Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro? Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva? Come promuovere diversità e inclusione in azienda Che cosa si intende per diversità e inclusione Diversità e inclusione. Due termini quasi sempre associati l’uno all’altro, di cui si sente parlare sempre più spesso, in moltissimi ambiti della società. E che, spesso, vengono anche usati senza comprenderne appieno il significato o escludendone qualche aspetto importante. Prima di vedere come un’azienda possa diventare inclusiva, partiamo dalla definizione di ciò che rende necessario affrontare questo cambiamento per poter definire il proprio brand e ambiente di lavoro come etico: la diversità. La parola diversità viene utilizzata per indicare tutte le differenze che esistono tra le persone: età; genere; abilità psicomotorie; orientamento sessuale; religione; etnia; background culturale e socioeconomico. Il termine inclusione, invece, viene utilizzato per indicare tutte quelle strategie che l’azienda mette in atto per offrire le stesse condizioni di lavoro e opportunità a tutti i gruppi di persone che compongono le risorse umane dell’impresa. Si può definire come inclusiva un’azienda capace di accogliere le diversità e favorirne l’integrazione all’interno dei team di lavoro, riconoscendo la diversità come un valore aggiunto e non come un punto debole. Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro? All’interno di una società in rapida evoluzione come quella attuale, le aziende non possono più ignorare le sfide legate al tema dell’inclusione. Ma quali sono i temi legati all’inclusività con cui un’impresa deve fare i conti in questo momento? ricambio generazionale uguaglianza di genere superamento delle differenze etniche, religiose e culturali Sono tre delle sfide che le aziende che desiderano favorire l’inclusione devono affrontare nel presente e nel prossimo futuro. Ricambio generazionale Entro il 2025 il 75% della forza lavoro sarà composto da “millennial”, cioè quella generazione di persone nate tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90. Il loro ingresso nel mondo del lavoro e l’avvicendamento che sta avvenendo anche nei ruoli di leadership si riflette anche sulle politiche di inclusione delle aziende. Mentre le generazioni precedenti vedono la diversità come un insieme di etnie e demografie diverse da dover amalgamare in qualche modo, i millennial la vedono come un insieme di esperienze, background e prospettive individuali differenti che coesistono in un ambiente di lavoro capace di valorizzare e tirare fuori il meglio da ciascuna esperienza. Uguaglianza di genere Quello dell’occupazione femminile è un tema ancora molto attuale poiché il gender gap che riguarda il tasso di occupazione, il salario e la presenza delle donne nei ruoli di responsabilità è ancora molto ampio. Secondo il Gender Gap Report 2021 stilato dal World Economic Forum, in Italia la presenza delle donne nel mondo del lavoro si attesta al 56,5%, con un gender gap del 25%, con una presenza delle donne nei ruoli dirigenziali che non supera il 27%. Eppure, un’indagine condotta dal Pew Research Center nel 2015 ha evidenziato i tanti punti di forza delle donne inserite nel mondo del lavoro: sono migliori nell’elaborare compromessi; mettono al primo posto valori come onestà ed etica; lottano per ciò in cui credono; sono più propense a riconoscere il giusto salario ai dipendenti; sono più disponibili al mentoring aziendale. Il più recente rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey (elaborato nel 2017), ha rilevato come le imprese che hanno attivato politiche per ridurre il gender gap e hanno una forte componente femminile nei loro team dirigenziali: sono più competitive; hanno il 21% in più di probabilità di sperimentare una redditività superiore alla media; hanno più possibilità di migliorare le loro performance e creare valore a lungo termine. Superamento delle differenze etniche, religiose e culturali Le aziende si trovano sempre più spesso ad affrontare il tema delle differenze etniche, religiose e culturali. Non solo all’atto pratico, dovendosi magari occupare degli aspetti burocratici legati all’assunzione di un lavoratore di origini straniere, ma anche per quanto riguarda la valorizzazione delle diversità etniche, religiose e culturali che, se non accolte nel modo giusto, possono diventare una barriera invece di un’occasione di crescita. Sempre il rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey ha evidenziato come le imprese dove i ruoli di comando sono affidati a gruppi di persone di etnie diverse possono arrivare a superare del 33% le performance delle aziende dello stesso settore che non curano allo stesso modo le politiche di inclusione.   Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva? Riuscire ad affrontare queste importanti sfide legate al tema della diversità può rappresentare un grande vantaggio per le aziende, come dimostrano anche i dati raccolti dai vari sondaggi. Ecco quali sono i risultati positivi che si possono ottenere attuando una politica aziendale inclusiva: miglioramento dell’engagement degli impiegati e dell’employer branding; aumento della capacità di attrarre e trattenere i collaboratori più talentuosi; aumento della produttività; miglioramento della comunicazione e delle relazioni con i clienti. Come promuovere diversità e inclusione in azienda Una strategia di diversity e inclusion efficace deve avere alla base una visione organizzativa chiara, basata sulla situazione attuale dell’azienda e sugli interventi necessari a modificarla. Per promuovere nel concreto diversità e inclusione in azienda: valutare la situazione attuale; includere le politiche di diversity e inclusion nel core business; saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti; rendere inclusivo il processo di recruiting; favorire e premiare trasparenza e meritocrazia; usare il welfare aziendale come strumento di inclusione. Valutare la situazione attuale Per attuare un vero cambiamento orientato ad un approccio inclusivo è importante fare un’analisi obiettiva dell’ambiente aziendale per valutare la sua capacità di accogliere la diversità. Gli aspetti da prendere in considerazione per una valutazione di questo tipo sono: la diversità dei profili presenti in azienda; il livello di inclusione dei processi di recruiting; il livello di turnover del personale; la presenza dell’inclusività tra i valori aziendali. Una volta analizzati questi punti si può predisporre un piano per l’introduzione di una politica aziendale inclusiva. In questa fase, può essere utile affidarsi ad un esperto di diversity management. Includere le politiche Diversity e Inclusion nel core business Il processo di promozione dell’inclusione come valore fondante di un’azienda inizia proprio dalla sua presenza nella cultura aziendale. Solo inserendo inclusione e diversità nella strategia aziendale sarà possibile rappresentarle e condividerle a tutti i livelli e farle diventare un punto di forza del benessere organizzativo. Saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti Le differenze in termini di esperienza, ruolo, preparazione, formazione e background culturale non devono essere viste come un limite, né come il pezzo di un puzzle da incastrare a forza in una casella dove non entra bene. Queste differenze sono proprio ciò che può rendere un team di lavoro più efficiente e performante, per questo le imprese dovrebbero garantire opportunità di crescita a tutti i livelli. Rendere inclusivo il processo di recruiting L’inclusione inizia già a partire dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro. Se questo è uno dei valori che la tua azienda intende perseguire, scrivere un annuncio che risulti inclusivo servirà ad attratte talenti in linea con la cultura aziendale. Il colloquio di lavoro e il successivo periodo di inserimento sono altri due momenti fondamentali per promuovere il concetto di inclusione e assicurarsi che la risorsa che si intende inserire in azienda sia davvero in linea con esso. Favorire e premiare trasparenza e meritocrazia Monitorare il livello di soddisfazione dei collaboratori, anche per quanto riguarda l’attuazione di politiche di inclusione aziendali, è fondamentale per creare un ambiente dove discriminazione e penalizzazioni causate dalle differenze di genere, etnia, orientamento sessuale o culturale non abbiano posto. Per questo è utile promuovere politiche di ascolto rivolte ai dipendenti, ad esempio attraverso la somministrazione di sondaggi o colloqui one-to-one. In un’impresa dove la produttività e l’efficienza sono valutate in base al raggiungimento di determinati obiettivi, è importante anche adattare questi obiettivi alle singole capacità e attitudini. Usare il welfare aziendale come strumento di inclusione Tra gli strumenti più utili che una compagnia ha a disposizione per attuare una politica aziendale votata all’inclusione e garantire a tutti pari opportunità, il welfare aziendale è di sicuro uno dei principali. Adottare un piano di welfare che introduca misure come lo smart-working per favorire il bilanciamento vita-lavoro di chi ha una famiglia, promuovere corsi di formazione e percorsi di tutoraggio per i nuovi assunti, istituire una banca ore, attivare un sistema di car sharing per facilitare gli spostamenti dei dipendenti con difficoltà motorie, offrire benefit come i voucher welfare per premiare il raggiungimento degli obiettivi sono tutti strumenti che, se usati nel modo giusto, favoriscono l’inclusione.
Come stimolare i propri dipendenti a dare il meglio di loro stessi in azienda
Novembre 07, 2022
Gestione Risorse Umane

Motivazione al lavoro, come stimolare i propri dipendenti a dare il meglio di loro stessi in azienda

La motivazione è ciò che dà uno scopo al comportamento delle persone. In ambito lavorativo, la motivazione è la spinta che permette ai dipendenti di impegnarsi per fare bene il proprio lavoro   I lavoratori sono la chiave del successo di un’organizzazione. Se i dipendenti non sono motivati e, quindi, non avvertono la necessità di svolgere bene e con impegno il proprio lavoro, l’impresa ne risente. Per questo è importante capire quali sono i fattori che condizionano in positivo e in negativo la motivazione dei collaboratori di un’azienda e intervenire per stimolare i propri dipendenti a dare il meglio di loro stessi. Ecco alcune strategie e consigli per mantenere alta la motivazione nella propria azienda. Cosa si intende per "motivazione al lavoro"? Le teorie alla base della motivazione al lavoro Motivazione al lavoro: quali fattori analizzare per migliorarla? Come motivare i lavoratori e i gruppi di lavoro Cosa si intende per "motivazione al lavoro"? Mentre, in senso più generale, la motivazione si può definire come la spinta data dalla necessità di ognuno di noi di soddisfare un bisogno, quando si parla di motivazione al lavoro ci si riferisce alla spinta interiore che porta una persona ad impegnarsi in modo serio e diligente in ciò che fa. La motivazione dei lavoratori, cioè la spinta a lavorare bene, si basa principalmente su quanto i dipendenti si trovino in sintonia con gli obiettivi e i valori aziendali. Comprendere quanto siano motivati i propri collaboratori è fondamentale per un’azienda che voglia mantenersi sana e avere buoni livelli di produttività. Per riuscirci, bisogna innanzitutto comprendere che, anche se hanno tutti il desiderio di raggiungere gli obiettivi aziendali, ciò che spinge le persone a dare il meglio di sé al lavoro non è uguale per tutti. Alcuni sono spinti da motivazioni intrinseche, altri da motivazioni estrinseche. Tipi di motivazione al lavoro La motivazione a svolgere bene il proprio lavoro può essere divisa in due differenti tipologie: motivazioni intrinseche motivazioni estrinseche Le motivazioni intrinseche sono impulsi che provengono dall’interiorità di una persona. Come, ad esempio, i valori in cui crede, che la portano a raggiungere gli obiettivi aziendali perché li trova in linea con i suoi valori personali. Le motivazioni estrinseche sono invece influenzate da fattori esterni, come il desiderio di apparire realizzati agli occhi di colleghi e conoscenti. Conoscere la differenza tra questi due tipi di motivazione aiuta a creare un sistema di riconoscimenti bilanciato, capace di mantenere soddisfatti sia i dipendenti spinti da motivazioni intrinseche, sia coloro che sono spinti da motivazioni estrinseche. Le teorie alla base della motivazione al lavoro Le aziende che desiderano adottare delle strategie per far sì che i propri collaboratori diano il meglio di sé dovrebbero anche conoscere a fondo alcune tra le teorie più autorevoli che sono state sviluppate nel secolo scorso nell’ambito della motivazione sul lavoro. Di particolare interesse sono la piramide dei bisogni di Maslow e la teoria igienico-motivante di Frederick Herzberg. La piramide dei bisogni di Maslow Secondo lo psicologo statunitense Abraham Maslow, che nel 1954 ideò e divulgò la cosiddetta “piramide dei bisogni”, ogni individuo ha delle necessità che è chiamato a soddisfare in modo progressivo, partendo da quelli più elementari, che si trovano alla base della piramide, fino ad arrivare ai più complessi che, invece, si trovano in cima. bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.); bisogni di sicurezza e protezione; bisogni di appartenenza (affetto); bisogni di stima, prestigio e successo; bisogni di realizzazione di sé (soddisfazione delle proprie aspettative). Se si provasse ad applicare la piramide dei bisogni di Maslow all’ambito lavorativo, al primo posto, in cui si trovano i bisogni fisiologici, ci sarebbero sicuramente la retribuzione e gli incentivi offerti ai lavoratori, ma anche il work-life balance. Al secondo posto, dove si trovano sicurezza e protezione, si potrebbe mettere il contratto di lavoro e le condizioni lavorative, anche nell’ambito della sicurezza sul lavoro. Al terzo posto, dove Maslow ha inserito il bisogno di appartenenza, si potrebbero mettere la capacità di lavorare in squadra e la leadership, cioè la capacità dei manager o di chi ha posizioni di comando di comunicare efficacemente gli obiettivi e mantenere compatto il gruppo di lavoro. Al quarto posto, sul piano di stima, prestigio e successo, si dovrebbero inserire i riconoscimenti per il buon lavoro svolto, i premi di risultato e gli avanzamenti di carriera. La teoria igienico-motivante di Frederick Herzeberg Dopo Maslow, anche lo psicologo statunitense Frederick Herzeberg, esperto in direzione aziendale, si è occupato di motivazione al lavoro partendo da uno studio che aveva l’obiettivo di approfondire in che modo si sviluppino i bisogni di stima e di autorealizzazione. Secondo Herzeberg, i fattori che determinano la soddisfazione o l’insoddisfazione del lavoratore possono essere suddivisi in due categorie: fattori igienici. Si tratta di fattori che non sono direttamente alla base della spinta motivazionale ma, se non vengono soddisfatti, rischiano di influire negativamente sulla motivazione dei lavoratori; fattori motivanti. Si tratta di quei fattori, come il riconoscimento e la possibilità di crescere dal punto di vista professionale, che influiscono direttamente sulla motivazione dei lavoratori. Motivazione al lavoro: quali fattori analizzare per migliorarla? Quando si ha il sospetto che la motivazione dei propri collaboratori non sia sufficiente è importante, prima di tutto, analizzare alcuni fattori chiave per comprendere se le ragioni della scarsa spinta motivazionale dei dipendenti possano dipendere da alcuni meccanismi nell’ambito aziendale che non funzionano a dovere. In particolare, si dovrebbero considerare: l’atteggiamento verso i dipendenti dell’azienda di chi ricopre ruoli manageriali e di comando; la capacità di definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine; la leadership, cioè la capacità di guidare e motivare i dipendenti. Oltre ad analizzare questi fattori, è utile anche somministrare periodicamente ai lavoratori dei questionari che hanno lo scopo di misurarne la motivazione. Come motivare i lavoratori e i gruppi di lavoro Mentre in passato si pensava che, per motivare i lavoratori, bastasse offrire loro benefit e premi in denaro, recentemente si è compreso che queste misure, da sole, non sono sufficienti per mantenere alta la fiducia dei lavoratori nell’azienda e incentivare la loro motivazione. Spesso, a fare la differenza sono elementi intangibili o non immediatamente spendibili. Trovare un equilibrio tra questi elementi rappresenta la strada migliore per garantire la soddisfazione dei collaboratori e farli sentire motivati a svolgere al meglio i loro compiti. Cosa si deve fare, in concreto, per motivare i lavoratori? Cambiare la percezione che si ha dei propri collaboratori Definire fin da subito compiti e ruoli Stabilire obiettivi chiari e facilmente raggiungibili Creare un ambiente lavorativo confortevole Offrire ai dipendenti la possibilità di crescere (formazione continua) Mostrare attenzione verso i loro bisogni (work-life balance, smart working) Stabilire un sistema di riconoscimenti al raggiungimento degli obiettivi Offrire dei benefit aziendali Cambiare la percezione che si ha dei propri collaboratori Il primo passo da compiere per aumentare la motivazione dei collaboratori è cambiare la percezione che si ha di loro, guardando al personale non come a una massa indistinta, ma come un gruppo di persone con attitudini e sentimenti individuali che vanno compresi e valorizzati. Il comportamento dell’azienda verso i dipendenti, infatti, ha un grande impatto sulla loro motivazione. Definire fin da subito compiti e ruoli Per far funzionare bene un gruppo di lavoro ed evitare che alcune delle persone che ne fanno parte si sentano demotivate, è importante distinguere fin da subito i ruoli di ciascuno e suddividere i compiti. Stabilire obiettivi chiari e facilmente raggiungibili Spesso, i dipendenti di un’azienda si sentono demotivati perché non hanno ben chiari gli obiettivi che devono raggiungere, né i tempi entro i quali devono completarli. Stabilire obiettivi chiari e prevedere un sistema di premi al raggiungimento degli obiettivi ha un impatto positivo sulla motivazione dei lavoratori. Creare un ambiente lavorativo confortevole Non solo in termini di spazi fisici, che dovrebbero essere ampi e luminosi e favorire il benessere di chi li occupa. Assicurarsi che tra i colleghi ci sia un clima disteso e che i collaboratori abbiano il modo di incontrarsi per socializzare durante la giornata lavorativa aiuta a mantenere buoni i rapporti tra collaboratori. Offrire ai dipendenti la possibilità di crescere Sia che abbiano già un lavoro, sia che cerchino nuove opportunità, tra i requisiti che oggi le persone cercano in un lavoro non c’è solo un buon stipendio. L’autorealizzazione rimane una delle leve più potenti per aumentare la motivazione al lavoro. Oggi, sono sempre di più i lavoratori che scelgono di lavorare in aziende che offrono loro la possibilità di crescere, innanzitutto dal punto di vista della carriera. Tuttavia, anche la formazione continua rappresenta un requisito imprescindibile. Le aziende che offrono ai collaboratori la possibilità di acquisire nuove competenze, anche non strettamente legate all’ambito lavorativo, contribuiscono ad aumentare la loro motivazione. Mostrare attenzione verso i loro bisogni Se, in passato, i lavoratori erano interessati soprattutto ad avere una buona retribuzione, senza curarsi più di tanto dell’orario di lavoro, oggi non è più così. Dopo la pandemia da Covid-19 il mondo del lavoro ha subito profondi cambiamenti, con i lavoratori che si sono resi conto di non essere più disposti a sacrificare vita privata e tempo libero in cambio di un congruo stipendio. Per questo le misure che favoriscono un miglioramento del bilanciamento vita-lavoro, come lo smart working o la possibilità di richiedere il part time in determinate situazioni sono tutte ottime leve per stimolare la motivazione dei dipendenti. Stabilire un sistema di riconoscimenti al raggiungimento degli obiettivi Offrire bonus e premi di produzione al raggiungimento di determinati obiettivi, individuali o aziendali, è utile a far sentire i dipendenti apprezzati e a migliorare la loro fiducia nelle proprie capacità e nell’azienda. Up Day mette a disposizione delle aziende che desiderano premiare i loro dipendenti per il buon lavoro svolto i voucher welfare Cadhoc. Disponibili sia in formato cartaceo, sia in formato elettronico, sono esenti da tassazione fino alla soglia prevista dalla legge di €258,23 e sono spendibili presso numerosi partner, online e negozi fisici. Offrire dei benefit aziendali I benefit aziendali, se rientrano in un piano di welfare che prevede anche altre misure, come lo smart-working, rappresentano un’ottima soluzione per migliorare la motivazione dei lavoratori. Tra i più richiesti ci sono l’auto aziendale e i buoni pasto, ma anche i rimborsi degli abbonamenti ai trasporti pubblici che il lavoratore usa per andare al lavoro e il sostegno alle spese familiari.
Rientro in ufficio dopo lo smart working: come gestirlo efficacemente e senza traumi
Aprile 27, 2022
Gestione Risorse Umane

Rientro in ufficio dopo lo smart working: come gestirlo efficacemente e senza traumi

Con l’arrivo della pandemia da Covid-19 per molte imprese passare da una modalità di lavoro in presenza a lavorare da remoto o allo smart working è stata una scelta obbligata per diminuire i rischi per i dipendenti. Scelta che è proseguita anche dopo il primo periodo di lockdown, a causa dell’arrivo di nuove ondate di contagi e dell’introduzione del Green Pass e dell’obbligo vaccinale. Con il progressivo allentamento delle misure sanitarie necessarie al contenimento della pandemia e la fine dello stato di emergenza, per molte aziende è arrivato il momento di decidere se e come proseguire lo smart working o tornare al passato con il lavoro in presenza. In questo articolo proviamo ad analizzare la situazione e a capire quale possa essere la strategia migliore da adottare per garantire il benessere aziendale in una fase tanto delicata. Come è cambiato il lavoro durante la pandemia e quali sono le prospettive per il futuro? Rientro in ufficio o smart working. Cosa pensano i dipendenti?  Rientro in ufficio e smart working: verso un’organizzazione ibrida? Dallo smart working semplificato ai contratti individuali Altri casi da gestire: il rientro in ufficio dopo le ferie Il rientro in ufficio dopo la maternità   Come è cambiato il lavoro durante la pandemia e quali sono le prospettive per il futuro? Prima dell’arrivo della pandemia, in Italia, le modalità di lavoro agile come lo smart working erano ancora poco diffuse, tanto da essere state regolamentate dal punto di vista legislativo solo nel 2017. Con l’arrivo del Covid-19, molte aziende si sono viste costrette a adottare questa modalità di lavoro per non interrompere la loro attività. La fine dell’emergenza sanitaria e il progressivo ritorno alla normalità stanno mettendo nuovamente le imprese nella posizione di prendere una decisione sul modo in cui viene svolto il lavoro dai loro dipendenti. Le aziende dovranno infatti decidere quale modalità di lavoro adottare: ritorno in ufficio a tempo pieno;  una modalità di lavoro ibrida, in parte in presenza, in parte da remoto;  svolgimento del lavoro totalmente da remoto.    Rientro in ufficio o smart working. Cosa pensano i dipendenti? Secondo i dati contenuti nell’indagine “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori” dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), il 46% dei lavoratori intervistati vorrebbe continuare a lavorare in smart working almeno un giorno a settimana, mentre un lavoratore su quattro vorrebbe lavorare in smart working per tre o più giorni a settimana.  Dall’indagine sono emerse però anche alcune criticità, che riguardano soprattutto il diritto alla disconnessione dei dipendenti e l’aumento delle spese per le utenze domestiche, causata dalla maggiore quantità di tempo che i lavoratori trascorrono a casa.  Secondo un’altra ricerca condotta da Ricoh su un campione di 632 lavoratori, il 65% degli intervistati vorrebbe poter tornare ad interagire direttamente coi colleghi, mentre il 31% si sente poco motivato a causa dei problemi legati agli strumenti e alla tecnologia usati per svolgere il proprio lavoro; il 42% dei lavoratori intervistati, poi, ritiene che la cultura aziendale abbia risentito delle restrizione dovute alla pandemia. Sempre dalla stessa ricerca è emerso che il 67% degli intervistati ha dichiarato di desiderare che il datore di lavoro rimanga aperto alla possibilità di concedere ai dipendenti di accedere alle modalità di lavoro flessibile anche dopo la pandemia.     Rientro in ufficio e smart working, verso un'organizzazione ibrida? Sembra evidente che, anche con la fine delle restrizioni, il mondo del lavoro tornerà a una normalità molto diversa da quella a cui si era abituati. La maggior parte delle aziende ha potuto constatare come il ricorso a una modalità di lavoro ibrida non sia andata ad intaccare la produttività dei lavoratori che, in alcuni casi, è addirittura aumentata.  Come confermano diversi studi, non ultimo il World Trend Index di Microsoft, lo smart working è qui per restare e per diventare la nuova normalità per più di un settore professionale. Per non perdere risorse capaci, le aziende dovranno sapersi adeguare al cambiamento, mettendosi in ascolto delle esigenze dei lavoratori e favorendo la flessibilità.  Perché il passaggio tra la modalità di lavoro a cui sono stati costretti in pandemia e la nuova realtà lavorativa sia il meno traumatica possibile per i dipendenti e non finisca per danneggiarle, le imprese non dovranno solo stipulare contratti ad hoc per regolamentare lo smart working, ma anche adottare alcune strategie che possano rendere questa nuova realtà lavorativa un vantaggio per loro stesse e per i dipendenti: promuovere una corretta alternanza tra le prestazioni di lavoro a distanza e quelle in presenza, per far sì che i lavoratori si sentano coinvolti nelle dinamiche aziendali;  ascoltare le necessità dei lavoratori e favorire la transizione verso una modalità di lavoro ibrida;  rinnovare gli spazi aziendali per creare un ponte tra il luogo di lavoro fisico e quello digitale, offrendo ai lavoratori un ambiente accogliente e rilassante, che li invogli a tornare in ufficio;  lavorare sulla cultura aziendale per adattarla alla nuova situazione, curando la comunicazione interna ed organizzando eventi aziendali e di formazione che favoriscano i rapporti sociali e lo scambio di idee;   garantire ed incoraggiare il diritto alla disconnessione dei dipendenti, per favorire la conciliazione vita-lavoro.  Dallo smart working semplificato ai contratti individuali Con la fine dello stato di emergenza e dello smart working semplificato il passo più importante che aziende e lavoratori dovranno compiere sarà sicuramente quello di siglare degli accordi individuali, per regolamentare le modalità di funzionamento del lavoro agile. Fino a questo momento, infatti, grazie a speciali deroghe, le aziende hanno potuto servirsi di questo strumento senza stipulare alcun accordo scritto con i propri dipendenti; se, da un lato, questa semplificazione ha reso possibile garantire l’accesso allo smart working a un numero elevato di lavoratori, dall’altro ha creato dei problemi organizzativi, legati soprattutto all’orario di lavoro e al diritto alla disconnessione, ma anche alla sicurezza. Il datore di lavoro, infatti, è responsabile della salute e sicurezza dei suoi dipendenti anche quando sono in smart working.   Con la stipula degli accordi individuali, lo smart working, d’ora in avanti, può diventare una vera opportunità di crescita tanto per le imprese quanto per i dipendenti. Ma cosa deve contenere, di preciso, un accordo individuale sullo smart working?  in che modo deve avvenire la prestazione lavorativa;  gli obiettivi da raggiungere; le caratteristiche del luogo in cui avverrà la prestazione di lavoro da remoto;  l’orario di lavoro e quando devono essere fatte le pause, specificando anche le modalità di disconnessione dagli strumenti informatici.  Altri casi da gestire: il rientro in ufficio dopo le ferie Il rientro in ufficio dei dipendenti dallo smart working dopo quasi due anni di pandemia è una situazione nuova, che nessuna azienda si era mai trovata ad affrontare prima d’ora. Ci sono, però, altre situazioni, in cui i dipendenti rimangono assenti dall’ufficio per periodi di tempo più o meno brevi. E il modo in cui le risorse umane e i manager gestiscono questa fase di rientro è fondamentale per evitare malumori e cali di produttività.  Ecco alcuni consigli che ti permetteranno di gestire al meglio il rientro in ufficio dei tuoi collaboratori:  ricorda a tutti gli obiettivi da perseguire. Chi rientra dalle ferie ha bisogno di tempo per riprendere il ritmo di lavoro e ricordargli quali sono gli obiettivi da raggiungere può aiutarlo a focalizzarsi sul lavoro;  imposta obiettivi a breve termine. Specialmente dopo il periodo estivo, quando la maggior parte dei lavoratori è appena tornata dalle ferie, impostare obiettivi a breve termine può aiutare a migliorare la concentrazione di ognuno;  non sottovalutare il tono dell’umore dei tuoi collaboratori. C’è chi, al rientro dalle ferie, si sente pieno di energie e chi, invece, è giù di morale e ha bisogno di tempo per riprendere il ritmo di lavoro. Cerca di cogliere i segnali che ti permettano di capire come si sentano i tuoi collaboratori, così potrai organizzare il lavoro in modo da non sovraccaricare chi ancora non è pronto a riprendere a pieno ritmo e gratificare chi, invece, ha tanta voglia di mettersi in gioco;  sfrutta la comunicazione interna per tenere tutti aggiornati sulle attività in programma nel prossimo futuro e sugli obiettivi da raggiungere.  Il rientro in ufficio dopo la maternità Una delle situazioni più delicate da gestire, per chi si occupa di risorse umane, è il ritorno in ufficio delle dipendenti dalla maternità. Questo è un momento molto importante per la vita di una lavoratrice che, se non viene gestito con attenzione, può compromettere il suo benessere lavorativo e il rapporto di fiducia con l’azienda. Partendo dal presupposto che a una lavoratrice, al ritorno dalla maternità, debba essere garantita la stessa mansione che svolgeva prima di assentarsi, o una mansione equivalente. Ci sono alcune best practice che l’azienda può mettere in atto per assicurarsi di offrire tutto il sostegno possibile alle proprie collaboratrici che affrontano un momento tanto delicato e trasformarlo in un’opportunità di crescita per entrambe: assicurare alla lavoratrice un reinserimento graduale nel team di lavoro;  garantire orari di lavoro flessibili, anche offrendole la possibilità di scegliere un orario part-time o lo smart working per almeno due giorni a settimana;  pianificare misure di welfare aziendale studiate in modo specifico per le lavoratrici appena rientrate dalla maternità;   mantenere aperto il dialogo;  fare in modo che la lavoratrice si senta coinvolta, evitando di offrire solo incarichi marginali e poco impegnativi;  assicurarsi che il clima interno all’ufficio non faccia percepire pregiudizi nei confronti della neomamma e del suo impegno;  mantenere un’adeguata comunicazione interna, anche organizzando eventi di team building riservati alle lavoratrici appena tornate dalla maternità che possano coinvolgere anche le dipendenti che hanno già vissuto quest’esperienza.