Gestione Risorse Umane

La nostra missione è portare benessere sia all’interno delle aziende sia nella vita delle persone, offrendo servizi di qualità.

ferie non godute - foto di un calendario con una sdraio
Giugno 30, 2025
Gestione Risorse Umane

Ferie non godute, cosa sapere sulla loro corretta gestione e tassazione

Le ferie sono un diritto fondamentale del lavoratore sancito dall’art. 36 della Costituzione italiana, volto a garantire il recupero psico-fisico e il benessere della persona. Tuttavia, può succedere di non poterne usufruire durante l’anno lavorativo a causa di molteplici fattori come esigenze organizzative, personali o eventi imprevedibili. Per questo motivo, potresti ritrovarti ad aver accumulato giorni di ferie non goduti. Questo accumulo pone interrogativi importanti in merito alla loro gestione, liquidazione e tassazione, soprattutto in caso di cessazione del rapporto di lavoro. In questo articolo rispondiamo a tutte le tue domande. Cosa si intende per ferie non godute Come si gestiscono le ferie non godute alla cessazione del rapporto di lavoro Calcolo delle ferie non godute: come avviene Come vengono pagate le ferie non godute Quando vengono pagate le ferie non godute Tassazione delle ferie non godute: cosa sapere Ferie non godute e TFR Prescrizione e decadenza: fino a quando si possono rivendicare le ferie non godute Obblighi del datore di lavoro Ferie non godute in caso di malattia o maternità Come evitare l’accumulo eccessivo di ferie Cosa si intende per ferie non godute Le ferie non godute sono i giorni di riposo annuale maturati dal lavoratore che, per varie ragioni, non sono stati effettivamente utilizzati. Ogni lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie retribuite all’anno, ma la contrattazione collettiva può prevedere periodi più lunghi. Se queste ferie non vengono godute entro determinati limiti temporali, possono accumularsi. Come si gestiscono le ferie non godute alla cessazione del rapporto di lavoro In linea generale, le ferie devono essere godute durante il rapporto di lavoro. Tuttavia, in caso di cessazione, che sia per volontà del datore di lavoro o che sia per quella del dipendente, le ferie non godute devono essere liquidate economicamente. Vediamo ora alcuni casi specifici: 1.      Licenziamento Se il lavoratore viene licenziato e ha ancora delle ferie maturate ma non utilizzate, il datore di lavoro è obbligato a versare l'equivalente economico dei giorni residui. Questo, di norma, avviene con l’ultima busta paga, detta anche “busta paga di cessazione”. 2.      Dimissioni Anche nel caso di dimissioni volontarie, il lavoratore ha diritto alla liquidazione delle ferie non godute. L’importo corrispondente sarà calcolato sulla base dell’ultima retribuzione percepita e versato unitamente agli altri emolumenti spettanti alla cessazione del rapporto. 3.      Contratto a tempo determinato Per i lavoratori a tempo determinato, la regola è la stessa: le ferie maturate e non godute vanno compensate economicamente alla fine del contratto. In alcuni casi, i contratti prevedono una retribuzione "onnicomprensiva", ma le ferie devono sempre essere contabilizzate e liquidate a parte. Calcolo delle ferie non godute: come avviene Il calcolo delle ferie non godute si basa sul numero di giorni maturati e non utilizzati. I giorni di ferie maturano proporzionalmente al periodo lavorato. Ad esempio, se un lavoratore matura 26 giorni all’anno e lavora per 6 mesi, avrà maturato circa 13 giorni. La contabilità del personale, supportata da software gestionali o consulenti del lavoro, tiene traccia delle ferie accumulate da ciascun dipendente. Come vengono pagate le ferie non godute Le ferie non godute sono monetizzate sulla base dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita. Questo include: Paga base Scatti di anzianità Indennità fisse Superminimi Eventuali voci fisse della contrattazione collettiva Sono escluse dalla base di calcolo le componenti variabili non continuative, come premi occasionali o rimborsi spese. Quando vengono pagate le ferie non godute Il pagamento avviene generalmente con l’ultima busta paga, in concomitanza con la cessazione del contratto di lavoro. Il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere l’importo dovuto entro i termini previsti per il pagamento dell’ultima mensilità. Tassazione delle ferie non godute: cosa sapere Le ferie non godute sono considerate a tutti gli effetti reddito da lavoro dipendente. Pertanto, sono soggette: all’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) alle addizionali regionali e comunali ai contributi previdenziali INPS Essendo liquidate in un’unica soluzione, possono determinare una maggiore incidenza fiscale per effetto della tassazione progressiva, facendo “scattare” scaglioni di imposta più alti. Ferie non godute e TFR Le ferie non godute non rientrano direttamente nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), ma possono indirettamente influenzarlo. Questo accade perché l’indennità sostitutiva delle ferie è considerata a tutti gli effetti una retribuzione e quindi contribuisce ad aumentare l'importo complessivo su cui calcolare il TFR, se percepita prima della cessazione definitiva del rapporto. Prescrizione e decadenza: fino a quando si possono rivendicare le ferie non godute È importante sapere che, in base alla normativa vigente, il lavoratore ha un termine di 10 anni per rivendicare il pagamento delle ferie non godute in caso di cessazione del rapporto. Tuttavia, se il lavoratore ha avuto la possibilità di usufruirle ma non lo ha fatto per scelta propria, il diritto può prescriversi dopo due anni dalla scadenza del periodo di riferimento. Obblighi del datore di lavoro In base alla normativa vigente, il lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie retribuite ogni anno. Di queste, almeno due settimane devono essere godute in modo continuativo, così da permettere un reale recupero psico-fisico. Lo stabilisce l'articolo 2109 del Codice Civile. Inoltre, il decreto legislativo 66/2003 prevede che queste ferie vengano utilizzate entro l’anno in cui maturano, o al massimo entro i 18 mesi successivi. Questo significa che non solo si ha diritto al riposo, ma anche che si deve esercitare tale diritto in tempi certi, per tutelare salute e benessere del lavoratore. Il datore di lavoro ha l’obbligo non solo di permettere al dipendente di usufruire delle ferie, ma anche di invitarlo attivamente a farlo. La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che il datore deve dimostrare di aver informato il dipendente del rischio di perdita del diritto se non esercitato. Se non lo fa, le ferie non godute restano esigibili anche oltre i limiti di prescrizione ordinaria. Ferie non godute in caso di malattia o maternità Se un lavoratore è in malattia o maternità, il periodo di assenza non fa decorrere il termine di prescrizione delle ferie. In altre parole, i giorni di ferie maturati e non goduti a causa dell’assenza restano validi anche oltre i limiti temporali, e devono essere fruiti o liquidati una volta rientrati. Come evitare l’accumulo eccessivo di ferie Se vuoi evitare il problema delle ferie non godute (e il possibile incorrere a una tassazione maggiorata), è buona prassi: pianificare periodi di ferie annuali in modo equilibrato monitorare periodicamente la situazione residua prevedere ferie obbligatorie in certi periodi (come la chiusura estiva) prevedere politiche aziendali che incentivino l’uso delle ferie la gestione preventiva è sempre preferibile alla liquidazione postuma. Le ferie non godute rappresentano un aspetto delicato del rapporto di lavoro, sia dal punto di vista giuridico che fiscale. Una corretta gestione richiede attenzione alle norme, trasparenza nella comunicazione e tempestività nella pianificazione. Lavoratori e datori di lavoro hanno entrambi responsabilità importanti nel garantire il rispetto di questo diritto fondamentale. Essere informati su come avviene la liquidazione, la tassazione e l’influenza sul TFR è essenziale per evitare errori o contenziosi, soprattutto al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Una persona clicca le icone dei bonus del welfare su un tablet
Giugno 26, 2025
Gestione Risorse Umane

BluBonus: il ponte tra welfare pubblico e aziendale, ora anche da ascoltare

Quando si parla di welfare, spesso si fa confusione tra ciò che è pubblico – cioè garantito dallo Stato e dalle istituzioni – e ciò che è aziendale, ovvero offerto dalle imprese ai propri collaboratori per migliorare benessere e qualità della vita. Sono due strade diverse, ma parallele, che possono anche incontrarsi. È qui che entra in gioco BluBonus. BluBonus nasce per fare da ponte tra questi due mondi: è una piattaforma pensata per aziende, enti locali, associazioni e provider di welfare aziendale che vogliono aiutare le persone a scoprire e utilizzare i bonus pubblici a cui hanno diritto. Offre un supporto concreto tra agevolazioni, detrazioni, contributi e sostegni, con un linguaggio chiaro, percorsi guidati e – novità delle ultime settimane – anche brevi contenuti audio pensati per orientarsi meglio su temi specifici. Un portale che semplifica davvero il welfare Tante persone perdono bonus e agevolazioni che gli spetterebbero semplicemente perché non ne conoscono l’esistenza o si trovano in difficoltà tra moduli e requisiti poco chiari. BluBonus risponde proprio a questo problema: rendere il welfare pubblico più semplice e accessibile, aiutando a individuare e usare al meglio ciò che già esiste. Il portale raccoglie tutte le agevolazioni disponibili – nazionali, regionali e locali – e le organizza per temi come figli, casa, salute, trasporti, cultura, disabilità, over 65, famiglia e altri ancora. È sempre aggiornato e pensato per essere facile da consultare. In base al profilo della persona, un algoritmo intelligente seleziona i bonus più pertinenti. E per non perdersi nulla, ci sono anche alert via SMS, percorsi guidati, pillole informative e un glossario che chiarisce i termini più tecnici. Un modo concreto per trasformare i diritti in strumenti utili nella vita di tutti i giorni. Dentro Day Welfare: un esempio concreto Un esempio di integrazione efficace è quello di Day Welfare, la piattaforma di Day pensata per costruire con le aziende piani di welfare su misura. Tra i servizi attivabili c’è anche BluBonus, che permette ai dipendenti di scoprire se – oltre ai benefit aziendali – hanno diritto a bonus pubblici legati alla propria situazione familiare, abitativa o sanitaria. Il vantaggio è doppio: da un lato si aumenta il potere d’acquisto reale delle persone, dall’altro si forniscono informazioni chiare e utili, che aiutano davvero a sfruttare le opportunità disponibili. Anche questo è welfare: dare strumenti concreti per orientarsi e accedere a ciò che spetta. Day, non a caso, ha scelto di offrire BluBonus anche ai propri collaboratori, applicando nella quotidianità ciò che propone alle aziende clienti. Un modo per dimostrare che il welfare aziendale può diventare un canale efficace per valorizzare anche quello pubblico – spesso poco conosciuto, ma ricco di risorse. La novità: piccoli podcast per capire meglio i bonus C’è una novità interessante su BluBonus: nelle schede dedicate ai bonus stanno arrivando dei brevi podcast audio di approfondimento. Non sono semplici letture, ma mini-contenuti pensati per spiegare in modo diretto e accessibile come funziona quel bonus, a chi spetta e cosa serve per richiederlo. È un’opzione in più per chi preferisce ascoltare invece di leggere, o vuole informarsi mentre fa altro. L’audio si può avviare direttamente dalla scheda, senza interrompere la navigazione. I primi esempi di podcast sono già disponibili in diverse schede del portale. Tra i temi dedicati alla famiglia e alla genitorialità, si possono ascoltare contenuti nelle pagine sul Congedo parentale per dipendenti, sul Bonus asilo nido INPS e sulla Prestazione universale ultraottantenni non autosufficienti. Per quanto riguarda la casa, gli audio accompagnano le schede sul Bonus per ristrutturazioni e Ecobonus: detrazioni per riqualificazione energetica. Sul fronte della disabilità, sono disponibili podcast nelle pagine dedicate alla Disability Card — che dà accesso a varie agevolazioni e servizi — e alla Carta Blu Trenitalia, oltre ad altre misure legate alla mobilità. Più valore per tutti Per le aziende, BluBonus è un’opportunità concreta: valorizza il piano welfare, offre un servizio utile e riconoscibile per i dipendenti e consente di misurarne l’impatto sociale. Per chi lo utilizza, è uno strumento prezioso per accedere a diritti che spesso restano nascosti dietro burocrazia e linguaggio tecnico. In un momento in cui il benessere delle persone è sempre più centrale – e sempre più una responsabilità condivisa – sapere che esiste uno strumento capace di rendere il welfare pubblico più comprensibile, accessibile e vicino alla quotidianità può fare davvero la differenza. Perché fare welfare, in fondo, è anche questo: offrire soluzioni semplici che aiutano a vivere meglio. Ogni giorno, con un clic.
Rete di comunicazione interna
Giugno 19, 2025
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Welfare aziendale e comunicazione, combinazione vincente per il benessere

Oggi è chiaro a tutti: prendersi cura delle persone fa bene anche al business. Il welfare aziendale è uno degli strumenti migliori per farlo, perché migliora la qualità della vita dei dipendenti, rafforza la cultura interna, aiuta a trattenere i talenti e rende l’azienda più attrattiva. Ma anche il piano welfare più completo rischia di restare sulla carta se non viene diffuso nel modo giusto. La comunicazione è la chiave per farlo conoscere, il ponte per farlo capire e sentire davvero dalle persone. Il welfare come leva strategica e culturale Personalizzazione e continuità per una comunicazione efficace Un metodo concreto per il welfare efficace Il welfare come leva strategica e culturale Il welfare non è solo un insieme di benefit o vantaggi economici, ma un messaggio che racconta i valori e la visione dell’azienda verso chi ci lavora. Comunicare efficacemente significa trasformare servizi e iniziative in un'esperienza concreta, capace di coinvolgere emotivamente e rafforzare il senso di appartenenza. Per farlo servono semplicità e accessibilità. Per far arrivare il messaggio a tutti in modo chiaro e senza barriere bisogna usare canali diversi, dal digitale agli incontri dal vivo. Ma non basta: bisogna anche creare momenti di coinvolgimento, come workshop, storytelling e ambassador interni, per far sentire ciascuno protagonista del proprio benessere. Personalizzazione e continuità per una comunicazione efficace Ogni azienda e ogni persona sono uniche, la comunicazione quindi deve essere calibrata sui diversi bisogni e profili, supportata da dati e da feedback continui per poter migliorare. L’integrazione tra progettazione e comunicazione è indispensabile: solo collaborando, HR, marketing e partner specializzati possono costruire dei piani coerenti con l’identità aziendale e capaci di parlare davvero alle persone. Così il welfare diventa una leva strategica per la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa, contribuendo a organizzazioni più resilienti, inclusive e attrattive. Un metodo concreto per il welfare efficace Per supportare le aziende in questo percorso, esistono approcci strutturati come il metodo Day Welfare, che accompagna passo dopo passo dalla definizione degli obiettivi strategici all’analisi del contesto interno ed esterno, proseguendo con la consultazione dei dipendenti, la progettazione operativa e la pianificazione della comunicazione e della formazione. Questo metodo copre un’ampia gamma di politiche, che spaziano dai servizi sociosanitari e assistenziali all’educazione, dalla valorizzazione delle persone al benessere fisico e psicologico, includendo anche il sostegno economico, la mobilità e la conciliazione tra vita e lavoro, per creare un’offerta welfare completa e personalizzata. Insomma, welfare e comunicazione vanno a braccetto: senza un'efficace diffusione e coinvolgimento, anche il piano welfare più completo rischia di non fare davvero la differenza. Proprio su questi temi si è focalizzato recentemente l’evento ESG & Welfare, organizzato da Day e BOOM by CRIF, che ha evidenziato come il metodo Day Welfare possa essere un ottimo alleato per le aziende che vogliono progettare e raccontare al meglio i propri piani, mettendo davvero al centro le persone e i loro bisogni.
Business Ethics mani che raccolgono tanti piccoli sassi
Giugno 12, 2025
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Business Ethics: la strada verso un’impresa responsabile e di successo

In un'economia in continua evoluzione, dove la fiducia dei consumatori conta più che mai, l’etica non è solo una questione di principio: è una leva strategica per il successo delle imprese. Questo approccio, noto come Business Ethics, promuove modelli di impresa basati su responsabilità, trasparenza e sostenibilità, dimostrando che è possibile coniugare i risultati economici con l’integrità e il rispetto per le persone e per l’ambiente. Cos'è la Business Ethics Un po' di storia I diversi approcci all'etica d'impresa Dove si applica la Business Ethics Perché conviene scegliere l'etica Cos'è la Business Ethics La Business Ethics riguarda quell’insieme di valori e di principi che aiutano le aziende a fare scelte corrette e responsabili. Non si tratta solo di evitare comportamenti scorretti, ma di costruire un modo di fare impresa basato sulla fiducia, sul rispetto per le persone e sull’idea che il successo si possa condividere. Scegliere un approccio etico vuol dire restare fedeli ai propri valori, creare relazioni sincere e durature con clienti, collaboratori e partner, contribuire in modo concreto a migliorare la società. Un po' di storia La Business Ethics, così come la conosciamo oggi, risale agli anni ’70, quando alla Bentley University è nato il primo dipartimento dedicato a questa materia. Ma le sue radici culturali affondano molto più indietro: dalla filosofia di Aristotele ai modelli organizzativi dei monasteri Benedettini, fino ai pensatori moderni come Adam Smith, John Nash e Adriano Olivetti, che hanno cercato di trovare un equilibrio tra profitto e valori umani. È soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008 che l’etica è tornata al centro del dibattito economico, spingendo aziende e consumatori a chiedere maggiore trasparenza e responsabilità. Da allora, sempre più imprese si impegnano per essere sostenibili, ottengono certificazioni etiche e mettono in primo piano i propri valori sia nella produzione che nella comunicazione e nella cultura aziendale, rendendola parte integrante del modo di fare impresa. I diversi approcci all’etica d’impresa Nel tempo sono emersi diversi modi per integrare l’etica nel modello operativo delle aziende. I principali sono: Regolatorio: prevede l’adozione di codici etici e regole comportamentali, utili ma spesso focalizzati su cosa evitare più che su cosa promuovere. Certificativo: si basa su standard e certificazioni, come quelle B-Corp, che attestano l’impegno dell’azienda verso pratiche sostenibili e responsabili. Alternativo: adotta modelli organizzativi diversi da quelli tradizionali, come cooperative o Società Benefit, che perseguono uno scopo sociale oltre al profitto. Capitalistico: cerca di trasformare il mercato dall’interno, dimostrando che l’etica può essere anche un vantaggio competitivo, capace di migliorare performance e reputazione. Dove si applica la Business Ethics L’etica può trovare applicazione in ogni ambito dell’azienda. Nella produzione e nella logistica, significa ridurre sprechi e limitare l’impatto ambientale. Nel marketing e nella comunicazione vuol dire promuovere l’impresa in modo coerente con i suoi valori, parlando al consumatore con rispetto e trasparenza. Nelle vendite e nell’assistenza clienti si traduce nella costruzione di relazioni di fiducia, autentiche e durature. In ambito di leadership e cultura interna, si manifesta nella valorizzazione delle persone e nella promozione di un ambiente inclusivo. E anche sul piano economico-finanziario, fare scelte etiche vuol dire distribuire il valore in modo equo e puntare a una crescita solida e sostenibile. Perché conviene scegliere l’etica Integrare l’etica nel proprio business non è solo una scelta giusta, è anche strategica. Le aziende che operano in modo responsabile ottengono spesso risultati migliori nel tempo, costruiscono una reputazione solida, fidelizzano i clienti e coinvolgono maggiormente i propri collaboratori. Le realtà che adottano criteri ESG – legati all’ambiente, al sociale e alla governance – sono oggi tra le più stabili anche sui mercati finanziari. Oggi, scegliere l’etica non è un vincolo, è una strategia lungimirante. È ciò che può fare davvero la differenza per chi vuole costruire valore duraturo, dentro e fuori l’azienda. È il caso ad esempio di Day, che dimostra come la Business Ethics possa tradursi in scelte concrete e durature. Diventare Società Benefit è stato il passo naturale di un percorso già orientato a valori come equità, trasparenza e attenzione al territorio. Un impegno che si riflette nei suoi servizi – dal buono pasto, al buono Cadhoc, fino al welfare aziendale – pensati per migliorare la qualità della vita delle persone e generare un impatto positivo, dentro e fuori l’impresa.
HR: cosa sono le risorse umane e di cosa si occupano
Aprile 01, 2025
Gestione Risorse Umane

HR: cosa sono le Risorse Umane e come valorizzare il capitale umano in azienda

Rappresentano il capitale umano di un’azienda, il suo più grande valore. Ecco perché è importante sapere cosa sono e come valorizzare le risorse umane. Con il superamento dell’organizzazione scientifica del lavoro, anche il concetto di risorse umane ha subito un notevole cambiamento. Cambiamento che si riflette sui metodi di gestione del personale, sempre più articolati e finalizzati a garantire il benessere dei lavoratori. Negli ultimi anni, in particolare dopo la pandemia, il ruolo delle risorse umane è diventato centrale nel ripensamento dei modelli organizzativi: flessibilità, digitalizzazione e benessere psicosociale sono diventati pilastri della nuova normalità aziendale. Vuoi saperne di più sul concetto di risorse umane e sui metodi più efficaci per valorizzare il capitale umano di un’azienda? In questo articolo troverai tutte le risposte che ti servono. Cosa sono le risorse umane? Cosa si intende per “risorse umane” in azienda? Perché per un’azienda sono fondamentali le risorse umane? Quali sono le diverse aree nelle risorse umane? Di cosa si occupa l’ufficio HR nelle aziende? HR Manager: che cosa fa e perché è una figura importante in azienda Come valorizzare le risorse umane? Come lavorare nelle risorse umane Cosa sono le risorse umane? Iniziamo proprio dal concetto di risorse umane che, ad oggi, può avere fino a quattro significati diversi: risorse umane inteso come tutti i dipendenti di un’azienda. Nel suo senso più generale, questo termine indica tutto il personale di un’azienda, dai dirigenti agli operai; risorse umane inteso come il reparto che si occupa della gestione dei dipendenti. Un altro significato, più specifico, viene usato per indicare il dipartimento che si occupa della gestione del personale; risorse umane inteso come l’attività del reparto HR. Anche l’attività svolta all’interno del dipartimento viene definita con il termine risorse umane; risorse umane inteso come figura professionale. Comprende tutti quei professionisti, dagli addetti agli HR manager, che si occupano di risorse umane. Tutte queste definizioni sono frutto dei cambiamenti che, dagli anni ’60 del ‘900 in poi, sono intervenuti nel modo di fare impresa. E hanno portato le aziende a tenere in maggior considerazione concetti quali la valorizzazione delle capacità personali, la motivazione, il comportamento organizzativo. Quando, insomma, si è iniziato a comprendere il valore delle persone che lavorano per un’impresa. Cosa si intende per “risorse umane” in azienda? Quando si parla di risorse umane in azienda ci si riferisce sia all’insieme dei lavoratori, sia al reparto che si occupa della gestione dei dipendenti. Che, spesso, viene indicato anche con il termine inglese human resources o con la sua abbreviazione, HR. Il reparto HR si occupa della gestione delle risorse umane a 360°, dalla selezione del personale alla creazione di una cultura aziendale solida, agli aspetti amministrativi (contrattualistica, adempimenti burocratici, compilazione di buste paga). Perché per un’azienda sono fondamentali le risorse umane? Negli ultimi decenni le risorse umane, intese come capitale umano delle imprese, hanno assunto sempre più valore agli occhi dei datori di lavoro. I singoli lavoratori non sono più visti dai manager come elementi intercambiabili tra loro, ma come un insieme di competenze, conoscenze e abilità che deve essere salvaguardato. Il successo di un’impresa e il suo livello di competitività, infatti, si misurano anche attraverso fattori quali: qualità e competenze dei singoli lavoratori; capacità di ogni lavoratore di raggiungere gli obiettivi prefissati; basso tasso di turnover e assenteismo; capacità di attrarre e trattenere i talenti. Le risorse umane, insomma, hanno un ruolo centrale nello sviluppo e nella crescita dell’azienda. Per questo, un’impresa che abbia investito del tempo nella selezione e nella formazione del personale si deve preoccupare del benessere e della soddisfazione dei suoi dipendenti. Oggi queste figure devono anche essere in grado di interpretare i dati – grazie agli strumenti di HR Tech e people analytics – per prendere decisioni strategiche più rapide, personalizzate e predittive. L'HR si trasforma sempre più in un partner strategico di business, capace di contribuire direttamente alla competitività dell’impresa. Ed è qui che entrano in gioco le risorse umane intese come dipartimento aziendale e come professionisti. I cambiamenti avvenuti nella nostra società e nei modelli di business utilizzati nella gestione aziendale hanno reso necessaria la presenza di nuove figure professionali che utilizzano un mix di economia, psicologia e business management per garantire alle imprese quel benessere aziendale che non può prescindere dal benessere dei dipendenti. Quali sono le diverse aree nelle risorse umane? Nelle risorse umane esistono due macroaree principali e sono quelle che riguardano i cosiddetti aspetti soft e hard. Queste competenze possono coesistere nella stessa persona, ma è anche possibile trovare persone distinte specializzate in una delle due aree. Ma andiamo un po’ più nel dettaglio. Le competenze soft, o soft skills, comprendono gli aspetti più human del ruolo, come ad esempio la formazione, lo sviluppo e la selezione del personale (il cosiddetto recruiting), la misurazione dell’atmosfera aziendale e l’impostazione dei piani di carriera. Le hard skills, invece, riguardano tutto quello che concerne l’amministrazione del personale e quindi gli aspetti più burocratici: buste paghe e retribuzioni, relazioni sindacali, contratti, gestione del registro d’impresa e così via. Di cosa si occupa l’ufficio HR nelle aziende? Un’azienda con molti dipendenti, perciò, non può fare a meno di avere un reparto dedicato alle risorse umane. Questo perché la gestione del personale comporta la messa in campo di numerose attività, procedure e strategie, che hanno lo scopo di garantire efficienza e stabilità. Occuparsi delle risorse umane, infatti, non consiste semplicemente nella rilevazione delle presenze e delle assenze e nella gestione di ferie e permessi. Ma cosa fa quindi di preciso chi lavora in un ufficio che si occupa di gestione delle risorse umane? si fa portavoce delle necessità dell’azienda svolge attività di reclutamento e selezione del personale si occupa di formazione del personale si occupa della comunicazione interna valuta le performance dei lavoratori promuove la soddisfazione e il benessere dei dipendenti Si fa portavoce delle necessità dell’azienda Ogni azienda ha caratteristiche proprie che la distinguono dalle altre, ha obiettivi ben definiti da perseguire ed opera in un contesto specifico. Per queste ragioni è importante avere ben chiare le competenze e le capacità che si ricercano nei futuri dipendenti. Le risorse umane si occupano di capire quali siano le competenze e le capacità che i top manager ricercano per la loro azienda, così da riuscire a trovare profili in linea con la mission e gli obiettivi aziendali. I valori aziendali e le competenze che il datore di lavoro ricerca vanno coltivati anche tra i membri del team che è già parte dell’impresa. A questo scopo, il reparto HR si impegna nella programmazione di giornate di team building, molto importanti per incrementare il senso di appartenenza all’azienda e lo spirito collaborativo fra i dipendenti. Svolge attività di reclutamento e selezione del personale Il reparto di HR non si occupa solo di stilare una lista delle qualità che dovrebbero avere i dipendenti dell’azienda, ma svolge anche l’attività di ricerca del personale vera e propria; dalla pubblicazione degli annunci di lavoro al colloquio fino alle assunzioni dei dipendenti. Gli strumenti che vengono impiegati per questa attività di recruiting sono diversi e comprendono anche l’utilizzo delle nuove tecnologie: valutazione delle candidature spontanee presenti in archivio; pubblicazione di annunci su riviste e quotidiani dedicati; pubblicazione di annunci su LinkedIn e sui portali dedicati alle offerte di lavoro. Il reparto di HR si occupa anche della ricollocazione del personale e della mobilità interna, ricercando i candidati adatti a ricoprire determinate posizioni lavorative tra i dipendenti. Si occupa di formazione del personale Perché un’azienda possa essere sempre competitiva il personale deve essere adeguatamente formato in ogni momento del suo percorso lavorativo. Le risorse umane si occupano sia di offrire un percorso di formazione necessaria ai nuovi assunti, sia di organizzare corsi di aggiornamento per la riqualificazione dei dipendenti che lavorano già da tempo in azienda. Si occupa della comunicazione interna Il reparto HR si occupa di implementare la comunicazione interna per diffondere la cultura, i valori e le informazioni aziendali in modo chiaro ed efficace, anche servendosi dei nuovi strumenti offerti dal mondo digital. Oltre a ciò, si occupa delle comunicazioni che riguardano sia gli aspetti più quotidiani e pratici della vita aziendale, come ad esempio la pianificazione dei giorni di chiusura aziendale, giornate di formazione o di team building, sia aspetti organizzativi e strutturali, come eventuali modifiche all’organigramma aziendale successivamente a promozioni o a nuovi ingressi nel team. Valuta le performance dei lavoratori La maggior parte delle aziende gestisce la propria attività fissando degli obiettivi globali, di settore e individuali. Uno dei compiti dei dipartimenti di risorse umane è quello di valutare se i lavoratori siano o meno riusciti a raggiungere i propri obiettivi individuali lavorando a uno o più progetti e quindi di portare avanti un’attività di monitoraggio e valutazione del personale. Promuove la soddisfazione e il benessere dei dipendenti Uno dei compiti più importanti del dipartimento delle risorse umane è mettere in atto delle misure di welfare e attuare delle campagne di incentivazione che promuovano la soddisfazione, la salute e il benessere dei dipendenti. Per fare ciò, si prendono in considerazione le richieste e le necessità dei lavoratori e gli obblighi contrattuali derivanti dal CCNL e si crea un piano di welfare aziendale che comprenda misure capaci di rispondere a tutte le necessità. In questo modo, si evita l’insorgere di fenomeni dannosi, come la fuga dei talenti e l’assenteismo. Le priorità delle persone oggi includono il work-life balance, la possibilità di lavorare da remoto, il senso di appartenenza e di scopo (purpose), la salute mentale e la sostenibilità dell’ambiente di lavoro. Per questo, l’HR deve lavorare sempre più in sinergia con i vertici aziendali per costruire una cultura che metta davvero al centro le persone. Le aziende che non abbiano tra il proprio personale un HR manager specializzato nella gestione del welfare possono affidarsi a un provider come Up Day che, attraverso la sua piattaforma Day Welfare, le aiuta a sviluppare e gestire piani di welfare mirati a seconda del budget aziendale e delle reali necessità dell’impresa e dei dipendenti. Oltre i piani welfare si arricchiscono di servizi innovativi legati alla salute mentale, al supporto alla genitorialità, al tempo libero e alla mobilità sostenibile. Si diffondono anche piattaforme di flexible benefits e percorsi di coaching o orientamento professionale per valorizzare ogni fase della vita lavorativa. HR Manager: che cosa fa e perché è una figura importante in azienda A supervisionare tutte queste attività è l’HR Manager. Ma di cosa si occupa di preciso? Questa importante figura è responsabile della gestione di tutti gli aspetti sopraelencati, dalla formazione degli impiegati fino alla gestione dei percorsi di carriera. Si tratta di un ruolo essenziale all’interno di un’azienda perché rappresenta il punto di contatto fra il dipendente e il datore di lavoro e si fa garante della soddisfazione di entrambi, promuovendo condizioni lavorative ottimali per ottenere il miglior risultato. L’HR Manager deve avere competenze e qualità eterogenee, tra cui le principali sono: capacità di insight e problem solving. In un’azienda gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e diventa quindi fondamentale saper trovare un piano b ottimale nel minor tempo possibile; eccellenti capacità comunicative e relazionali. Saper ascoltare l’altro è fondamentale per individuare i percorsi professionali migliori per il dipendente e per raggiungere compromessi che soddisfino sia il lavoratore che l’impresa; ottime conoscenze delle norme in vigore e del funzionamento amministrativo aziendale. Nonostante la componente umana sia fondamentale, è di centrale importanza anche tutta la sfera che riguarda diritti e doveri del dipendente e dell’azienda. Come valorizzare le risorse umane? Un’impresa che desideri avere successo e mantenere la leadership nel proprio settore deve, per prima cosa, prendersi cura di quella che è la sua risorsa più preziosa: il capitale umano; con il suo bagaglio di creatività, intelligenza, tenacia, esperienze personali, motivazione, flessibilità. Il compito del reparto HR e dei suoi manager, perciò, è quello di trovare la strategia migliore per valorizzare le risorse umane dell’impresa. Un buon punto di partenza per ottenere questo risultato consiste nel riservare ai collaboratori la stessa attenzione che si dedica ai clienti. Da qui, si possono sviluppare una serie di iniziative volte ad abbattere lo stress e favorire la conciliazione vita-lavoro, il benessere e la realizzazione personale: delineare degli obiettivi e studiare un sistema di incentivi; investire nello sviluppo della carriera dei collaboratori; attuare strategie di sviluppo del personale. Delineare degli obiettivi e studiare un sistema di incentivi Sempre più aziende, anche in considerazione del numero crescente di lavoratori in smart working, decidono di misurare le loro performance stabilendo degli obiettivi individuali e prevedendo degli incentivi nel caso in cui tali obiettivi vengano raggiunti. In questo modo, i lavoratori ottengono maggiori autonomia e responsabilità e si sentono gratificati quando riescono a raggiungere l’obiettivo prefissato. Investire nello sviluppo della carriera dei lavoratori Aiutare le persone ad esprimere il proprio potenziale, offrendo loro la possibilità di sviluppare la propria carriera: aiuta l’azienda ad allenare competenze per il futuro; attira i talenti; favorisce il coinvolgimento dei lavoratori nelle sorti dell’impresa per cui lavorano. Attuare strategie di sviluppo personale Prima ancora di aiutare i lavoratori a migliorare la propria posizione lavorativa è importante aiutarli a sviluppare il proprio potenziale. Come? Attraverso l’offerta di percorsi di formazione mirati, l’attività di coaching, il mentoring, il team building e la job rotation. Una tecnica che prevede di assegnare periodicamente ai lavoratori una mansione diversa, in modo che imparino a conoscere tutte le fasi del processo aziendale. Negli ultimi anni è diventato sempre più importante aiutare le persone a sviluppare nuove competenze o ad aggiornare quelle già acquisite, per stare al passo con i cambiamenti legati alla digitalizzazione e all’automazione del lavoro. Si parla in questo caso di reskilling, quando si imparano competenze completamente nuove per cambiare ruolo, e di upskilling, quando si approfondiscono o si aggiornano le competenze già esistenti. Per favorire questo sviluppo continuo, le aziende possono utilizzare diversi strumenti, come la formazione continua, l’apprendimento ibrido (che combina momenti in presenza e online) e il microlearning, ovvero brevi contenuti formativi da seguire in modo flessibile, anche sul proprio smartphone. Come lavorare nelle risorse umane Chi desidera lavorare nelle risorse umane deve necessariamente possedere alcuni requisiti essenziali per svolgere al meglio questo ruolo, che da una parte riguardano il percorso di studio e di formazione, mentre dall’altra hanno a che fare con la sfera caratteriale. Ma andiamo più nel dettaglio partendo dal primo gruppo di requisiti, quelli che riguardano la formazione. È importante sottolineare che il percorso formativo di base non ha un ruolo così centrale come si potrebbe pensare. È ovvio che chi possiede una formazione umanistica o di materie psicologiche parte con una marcia in più, ma con la giusta formazione è possibile per tutti intraprendere questo percorso. In particolare, è vivamente consigliato essere in possesso di una laurea triennale o magistrale e aver seguito un master di specializzazione nelle risorse umane. E per quanto riguarda gli aspetti caratteriali? Prima di tutto, è di estrema importanza essere ben organizzati, avere la capacità di tenere sotto controllo una mole elevata di lavoro e saper gestire lo stress in qualsiasi situazione. Altre qualità caratteriali proprie di un buon HR sono diplomazia, chiarezza e ottime capacità di contrattazione e di capire con un solo sguardo i bisogni dei suoi interlocutori. Le modalità per trovare un impiego nelle risorse umane sono le stesse di tutti gli altri ruoli e chi possiede le caratteristiche sopraelencati non farà sicuramente fatica a trovare lavoro come HR.