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RAPPORTO UP DAY SUGLI IMPATTI DEL WELFARE SOCIALE PER IL CONTRASTO ALLA VULNERABILITÁ

Novembre 25, 2022
Secondo l’Osservatorio 2022 firmato Up Day e Tecnè, i buoni sociali si sono rivelati una misura molto efficace e apprezzata nel mitigare le situazioni di vulnerabilità sociale.
La crisi economica determinata dalla pandemia ha aggravato le condizioni socio economiche in Italia, generando nuova povertà e ampliando l’area della vulnerabilità. Rispetto al 2019, la situazione economica delle famiglie è peggiorata nel 44% dei casi, invariata nel 48%, mentre solo l’8% ha dichiarato un miglioramento.
Nell’ultimo anno, poi, un ruolo importante nel deterioramento della condizione socioeconomica delle famiglie italiane lo ha avuto anche l’inflazione. A ottobre i prezzi sono cresciuti dell’11,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, ma se si considerano solo i beni alimentari l’aumento è stato del 13,1%.
Il peso dell’inflazione ha spinto sotto la linea di galleggiamento milioni di individui. Con un tasso di inflazione tra il 12 e il 14%, il 35% delle famiglie (27 milioni di individui) vive una qualche forma di disagio, che va dalla povertà assoluta a una vulnerabilità lieve.
Una condizione che costringe le famiglie più esposte a far quadrare il bilancio con complesse strategie di contenimento delle spese. L’86% delle famiglie vulnerabili ha tagliato i consumi che riguardano l’abbigliamento, il 78% ridotto i consumi delle utenze domestiche, il 72% risparmiato sulla spesa alimentare e il 54% ha rinunciato a visite mediche.
É quanto emerge dal Rapporto firmato Up Day, azienda tra i leader sul mercato italiano delle soluzioni di benessere per le Imprese e le Persone, e Tecnè, tra i principali istituti di ricerca politiche, sociali ed economiche.
L’indagine si è svolta tra maggio e ottobre 2022, effettuando 3.011 interviste a un campione di maggiorenni residenti in Italia, con un sovracampionamento di responsabili e/o operatori dei servizi sociali (totale interviste: 203), beneficiari di buoni spesa sociali (totale interviste: 407) e beneficiari del reddito/pensione di cittadinanza (totale interviste: 401). Per le analisi e le stime di contesto si è fatto riferimento alle banche dati ISTAT, MEF e INPS.
La ricerca ha messo in evidenza come la crisi economica abbia accelerato il diffondersi di nuove forme di povertà, con profili provenienti da classi sociali diverse, ma accomunati da condizioni di fragilità. Rientrano tra questi, coloro che vivono una condizione di povertà intermittente (determinata da condizioni negative, anche temporanee come una malattia o una spesa imprevista) e coloro che si ritrovano trascinati in una condizione di grave vulnerabilità economica perché il reddito che avevano ha perso potere d’acquisto. Da menzionare anche i “working poors” ovvero coloro che hanno un lavoro, ma che purtroppo non garantisce più un reddito sufficiente per una vita senza stenti: nel lavoro dipendente, l’incidenza della povertà tra il 2007 e il 2021 è salita dal 7 al 10% e nelle famiglie operaie dall’11 al 17%.
Le misure di sostegno: diversi impieghi e indici di gradimento
Per far fronte a questa situazione straordinaria, sono stati introdotti i “buoni spesa sociali” e il “reddito di cittadinanza”. Si tratta di due misure diverse, alternative e complementari.
I primi, finanziati con il Decreto Sostegni bis a partire dalla crisi pandemica, sono erogati dai Comuni per concedere una tantum aiuti alle famiglie vulnerabili in difficoltà per l’acquisto di alimenti, farmaci e beni di prima necessità; il secondo, presente sin dal 2019, è invece soprattutto pensato per individui disoccupati ed è una misura continuativa nel tempo.
Nella fotografia scattata dall’indagine, le persone coinvolte nei benefici della misura del reddito di cittadinanza, a settembre 2022, risultano circa 2.5 milioni, per un assegno medio mensile pari a 551 euro; i beneficiari del buono spesa sociale sono stati invece, per ogni singola erogazione finanziata dal 2021 al 2022, 1.9 milioni per un importo medio “una tantum” di 250 euro.
Inoltre, la ricerca evidenzia che il RDC è complementare al tasso di occupazione, con incidenza maggiore nel Mezzogiorno rispetto al centro-nord e a beneficio soprattutto della fascia di individui sotto la linea di povertà; i BSS, invece, si caratterizzano per una maggiore omogeneità sul territorio nazionale e una più elevata relazione positiva con l’occupazione, a sostegno principalmente delle famiglie vulnerabili e quella a povertà intermittente.
Questo tipo di configurazione socioeconomica è riscontrabile anche nella messa a terra dei due strumenti: infatti, mentre i BSS sono utilizzati in prevalenza per acquistare beni alimentari e bisogni primari, il RDC agisce su un raggio più ampio e meno diretto a soddisfare un bisogno specifico.
Le due misure sono poi state messe a confronto, per capire impatti e giudizi espressi dall’opinione pubblica, dai beneficiari dei buoni spesa, del reddito di cittadinanza e dai responsabili dei servizi sociali: tra questi ultimi, la valutazione del reddito di cittadinanza è del 63% ma i buoni spesa sociali sono considerati positivamente dal 100% degli addetti al settore. In generale, i BSS raccolgono un livello di gradimento più alto sia nell’opinione pubblica nel suo complesso che tra i singoli segmenti.
Come un bisturi, infatti, i buoni spesa sociali sono uno strumento mirato e preciso per l‘utilizzo che se ne fa. Inoltre, convertendo direttamente in consumi sono in grado di stimolare il mercato con performance migliori di altri ammortizzatori sociali.
Una misura da valutare anche nell’ambito delle proposte per la gestione della nuova disponibilità 2023, stanziata dal Governo.
“Dal Rapporto si evince come strumenti come i buoni spesa sociali siano un importante supporto per le famiglie più vulnerabili e per l‘economia reale, nell’attuale quadro d’incertezza economica. Auspichiamo che questo supporto alle famiglie possa avere continuità nel tempo, anche dopo i periodi strettamente emergenziali. Come Up Day, con ricerche come questa, vogliamo stimolare alla riflessione istituzioni e stakeholder del settore, con l‘obiettivo finale comune di favorire la società tutta” dichiara Mariacristina Bertolini, Direttore Generale e Vicepresidente Up Day.
News
Novembre 25, 2022
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Maggio 25, 2023
Welfare Aziendale
Welfare contrattuale, tutto quello che c’è da sapere
Il welfare contrattuale si traduce nel benessere dei dipendenti grazie a una serie di benefit che mirano a soddisfare numerose esigenze della sfera personale e professionale.
Il welfare è un insieme di prestazioni che le aziende mettono a disposizione a sostegno dei lavoratori in modo che questi possano avere la possibilità di conciliare al meglio lavoro e vita privata. In questo articolo parleremo della differenza fra welfare contrattuale e aziendale con un’attenzione particolare al CCNL nazionale Metalmeccanici e alle novità previste dall’ultimo rinnovo.
Welfare contrattuale: cos'è?
Cosa sapere sul welfare contrattuale
Il rinnovo del CCNL Metalmeccanici Industria
Welfare contrattuale in busta paga: cosa cambia
Welfare contrattuale: cos'è?
Il welfare contrattuale rientra nel welfare aziendale, ovvero l’insieme delle prestazioni e delle iniziative che un’azienda mette in atto per incrementare il benessere dei lavoratori e delle famiglie utilizzando strumenti alternativi alla retribuzione di base. Vedremo però più avanti in cosa differiscono le due tipologie di welfare.
Chiamato anche welfare negoziale, il welfare contrattuale nasce dalla stipula di un contratto che può essere individuale o collettivo (aziendale, territoriale o nazionale) ed è costituito da un insieme di beni e servizi messi a disposizione del lavoratore con lo scopo di rispondere a tutti quei bisogni di natura sociale che possono manifestarsi nel corso della vita privata e lavorativa. Questi strumenti possono consistere nella fornitura diretta di determinati servizi di welfare, nel rimborso di alcune somme o in entrambe le soluzioni. Scegliere di introdurre un piano welfare in un’impresa equivale a migliorare il clima aziendale, la produttività e il work-life balance.
Cosa sapere sul welfare contrattuale
All’interno del welfare contrattuale rientra una grande varietà di prestazioni e servizi, tra i quali il lavoratore potrà scegliere per soddisfare le proprie esigenze personali e familiari. Qualche esempio? Fra i fringe benefit e i flexible benefit principali è possibile trovare:
buoni pasto
buoni acquisto
buoni carburante
welfare voucher
corsi di formazione
assistenza sanitaria integrativa
mutui e prestiti agevolati
smart working
previdenza complementare
servizi di baby-sitting
rimborso delle rette per gli asili nido o per le spese scolastiche
I benefici per gli impiegati sono quindi innegabili e sono in grado di migliorare davvero la qualità della vita. Ma per quanto riguarda le aziende, quali sono i vantaggi del welfare contrattuale? Sono benefici a senso unico? Assolutamente no. Le imprese che attuano un piano di welfare per i propri dipendenti hanno la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, rendono possibile un ambiente di lavoro sereno, e fanno sì che aumenti la motivazione dei dipendenti, l’attaccamento all’azienda e la produttività, andando invece diminuire il tasso di assenteismo e il turnover aziendale.
Il rinnovo del CCNL Metalmeccanici Industria
Il CCNL dei metalmeccanici è stato il primo a valutare una normativa in ambito welfare, grazie alla contrattazione fra Federmeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. Il rinnovo, quindi, è un importante conferma perché il welfare è diventato a tutti gli effetti una componente strutturale dei trattamenti economici e normativi riservati ai lavoratori di questo settore.
Ma quali sono le novità per il 2023? L’accordo stipulato per il CCNL dei metalmeccanici prevede dei provvedimenti molto importanti su sanità integrativa, welfare, aumenti salariali e previdenza complementare per tutti i lavoratori facenti parte dell’industria metalmeccanica privata, installazione impianti e orafa. Se la tua azienda aderisce a uno di questi CCNL puoi contattare Up Day per ricevere una consulenza fatta su misura.
Sanità integrativa
È confermata l’assistenza sanitaria integrativa attraverso il Fondo Métasalute, creato al fine di elargire prestazioni complementari rispetto a quelle erogate dal SSN, a cui sono iscritti i dipendenti dei datori di lavoro che applicano il CCNL. Questi ultimi hanno a carico e in misura totale la contribuzione di 96 euro annui all’EBM (Ente Bilaterale Metalmeccanici per le piccole e medie industrie metalmeccaniche), somma che permette l’erogazione di prestazioni volte alla tutela del benessere e della salute dei lavoratori iscritti all’Ente.
Welfare contrattuale
Dal 2022 e fino al 2024, il CCNL richiede ai datori di lavoro di fornire per legge, entro il mese di febbraio, strumenti di welfare per un valore pari a 200 euro all’anno e utilizzabili entro e non oltre il 31 dicembre.
Aumenti salariali
A partire dal 1° giugno del 2021, l’accordo CCNL Union-Meccanica-Confapi prevede l’aumento salariale dei minimi contrattuali di 104 euro per la 5° categoria, da sottoporre a riparametrazione per le altre categorie. Inoltre, nel mese di giugno di ogni anno di vigenza del CCNL, è previsto un adattamento dei minimi tabellari in base all’IPCA, ovvero l’Indice Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi appartenenti all’UE, così come fornito dall’ISTAT, “al netto degli energetici importati”.
Previdenza complementare
L’accordo collettivo, inoltre, prevede anche l’aumento del contributo che il datore di lavoro che applichi il CCNL è obbligato a versare al fondo FONDAPI a favore dei suoi dipendenti per la previdenza integrativa. Da gennaio 2022, questo contributo ha subito un incremento dal 1,6% al 2%.
Welfare contrattuale in busta paga: cosa cambia
La differenza sostanziale fra il welfare contrattuale e il welfare aziendale sta nel fatto che nel primo caso è il CCNL di riferimento a stabilire gestione, modalità, termini e condizioni per l’erogazione dei benefit da riservare ai dipendenti. Mentre per quanto riguarda il welfare aziendale, si tratta di un’iniziativa messa in atto in maniera volontaria, unilaterale e senza alcuna negoziazione da parte del datore di lavoro con le rappresentanze dei lavoratori e con i sindacati.
Un’altra importante differenza fra le due tipologie di welfare sta nei limiti di deducibilità dal reddito di impresa, i quali variano a seconda delle prestazioni erogate. A regolare la tassazione dei servizi di welfare all’interno dei CCNL è il Testo Unico Imposte e Redditi, il quale dà la possibilità di dedurre in maniera integrale gli incentivi erogati agli impiegati sotto forma di fringe benefit. In virtù dell’articolo 51 comma 3 del TUIR, per l’azienda è prevista una deducibilità totale, mentre per il dipendente viene applicato un limite di 258,23 euro. Inoltre, i lavoratori che decidono di convertire il premio di produzione in servizi di welfare, grazie all’abbattimento del cuneo fiscale riceveranno il 10% circa in più in busta paga.

Maggio 16, 2023
Welfare Aziendale
Viaggi e vacanze con il welfare aziendale, ecco cosa sapere
I voucher welfare per viaggi e vacanze rappresentano uno strumento sempre più diffuso tra le aziende per premiare i dipendenti. Questi buoni offrono la possibilità di trascorrere le vacanze con la famiglia o con gli amici e di usufruire di numerose agevolazioni su biglietti, strutture, soggiorni e attività di svago. Ma come funzionano esattamente e quali sono i vantaggi?
Il welfare aziendale è un insieme di servizi e di benefici che le aziende scelgono di offrire ai propri dipendenti oltre allo stipendio. Tra i diversi fringe benefits e flexible benefits utilizzati dalle imprese, i buoni welfare per viaggi e vacanze sono tra i più apprezzati perché se da una parte contribuiscono al benessere psicofisico del dipendente, dall’altra migliorano soddisfazione lavorativa e motivazione e consolidano il senso di appartenenza all’azienda. Ma come funzionano di preciso e quali sono le regole per utilizzarli? Ne parliamo in questo articolo.
Cosa sono e come utilizzare i buoni welfare per viaggi e vacanze
Quali sono i vantaggi per i dipendenti
Quali sono i vantaggi per le aziende
Cosa sono e come utilizzare i buoni welfare per viaggi e vacanze
I buoni welfare aziendali per i viaggi rappresentano un’interessante opportunità per tutti i dipendenti che amano trascorrere il tempo libero e le ferie in vacanza. Grazie a questi benefit è possibile infatti coprire una vasta gamma di spese come, ad esempio, pacchetti vacanza, hotel e voli. Ma come funzionano?
L’utilizzo dei buoni welfare per le vacanze è strettamente correlato alle politiche interne e alle scelte dell’azienda. Prima di tutto, i dipendenti dovranno verificare quali strutture, siti web e partner sono convenzionati con la propria azienda. Per farlo basterà consultare la piattaforma di welfare aziendale scelta dal datore di lavoro.
Una volta raccolte queste informazioni, il dipendente potrà prenotare e organizzare la vacanza in autonomia oppure affidandosi a un’agenzia di viaggio convenzionata. In entrambi i casi sarà possibile approfittare di offerte vantaggiose e risparmiare denaro senza rinunciare alla qualità dei servizi.
Per poter utilizzare il welfare aziendale desinato a vacanze e viaggi è molto importante fare riferimento alla normativa vigente. L’utilizzo di questi voucher, infatti, è soggetto ad alcune regole. Prima di tutto, il valore del bonus non può in nessun caso essere corrisposto in contanti. Il lavoratore, infatti, non potrà chiedere denaro in sostituzione del credito previsto dal voucher. Altro dettaglio da non sottovalutare è il divieto di cedere il proprio voucher a terzi. Il dipendente, quindi, potrà utilizzare il buono esclusivamente per l’acquisto di una vacanza per se stesso e per i suoi familiari.
Quali sono i vantaggi per i dipendenti
L’utilizzo dei buoni welfare per viaggi e vacanze offre numerosi benefici ai dipendenti. Non a caso rientrano tra i premi produttivi più apprezzati dai lavoratori. Ecco le ragioni principali:
Benessere psicologico: che sia in estate o in inverno, al mare o in montagna, passare il tempo libero in vacanza con la famiglia, gli amici o persino con i colleghi ha un effetto estremamente positivo sul proprio benessere psicologico. Le vacanze, si sa, riducono lo stress e aiutano a migliorare l’umore. Di conseguenza, un lavoratore più sereno nella sfera privata lo sarà anche in quella lavorativa;
Risparmio di denaro: i dipendenti che utilizzano i buoni welfare per viaggi e vacanze hanno l’opportunità di risparmiare anche tramite rimborso e quindi di coprire, in parte o del tutto, spese di trasporto, pasti, alloggio e altri servizi o attività, riducendo così la spesa complessiva;
Flessibilità: grazie a questi benefit aziendali il dipendente può organizzare la vacanza con la massima flessibilità, assecondando le proprie esigenze e preferenze personali per quanto riguarda destinazioni, periodo, attività da svolgere e tipo di alloggio. In base alle convenzioni e alle opzioni disponibili nella piattaforma welfare, potrà infatti selezionare il tipo di vacanza che più gli si addice;
Acquisizione di nuove competenze: il dipendente potrà scegliere se organizzare la propria vacanza con i colleghi per partecipare a eventi, corsi di formazione e seminari. In questo modo potrà coniugare momenti di svago a opportunità di crescita professionale e avrà l’occasione di rafforzare il legame con i colleghi di lavoro, cosa che contribuirà a creare un clima lavorativo armonioso, positivo e collaborativo.
Quali sono i vantaggi per le aziende
Le aziende hanno a disposizione diverse soluzioni per premiare i dipendenti. Vuoi saperne di più? Dai un’occhiata al portale Day Welfare e scopri tutti i modi per creare un piano welfare su misura basato sulle esigenze aziendali e volto al benessere dei dipendenti.
I buoni welfare aziendali da spendere per vacanze e viaggi rappresentano un grande vantaggio anche per il datore di lavoro. Ecco alcuni dei principali benefici:
Vantaggi fiscali: questa tipologia di premio aziendale può essere dedotta fiscalmente come spese per il personale, riducendo in questo modo il costo del lavoro;
Fidelizzazione dei dipendenti: i dipendenti che riceveranno questi benefici potranno sentirsi maggiormente apprezzati e gratificati. Tutto ciò si traduce in un minor tasso di turnover aziendale e di assenteismo e in un ambiente di lavoro più stabile e piacevole;
Maggiore produttività: il buono welfare per viaggiare può rappresentare un incentivo per i dipendenti e far sì che questi si sentano maggiormente motivati a raggiungere gli obiettivi lavorativi;
Immagine dell’azienda e maggiore attrattività: l’azienda che sceglie di premiare i propri dipendenti con questi bonus avrà maggiori possibilità di distinguersi dalla concorrenza e di attirare talenti e potenziali candidati, creando così un team di lavoro più performante e di alto livello.

Maggio 08, 2023
Buoni Pasto
Chi lavora in smart working ha diritto ai buoni pasto?
L’utilizzo sempre più diffuso dello smart working ha generato diversi quesiti sui diritti dei dipendenti che ne usufruiscono. Uno di questi riguarda l’erogazione dei buoni pasto. Ecco cosa sapere.
Lo smart working è una modalità di lavoro agile che sempre più aziende decidono di concedere ai propri dipendenti. Secondo la legge, il lavoratore agile ha diritto allo stesso trattamento dei dipendenti che si recano in sede ogni giorno. Tuttavia, la normativa non specifica se tale trattamento riguardi anche i buoni pasto e la giurisprudenza spesso ne nega il diritto, anche se con alcune eccezioni.
La tua azienda ti ha proposto di lavorare in smart working e vuoi sapere se hai diritto ad usufruire dei buoni pasto? Vediamo tutto quello che c’è da sapere.
Buoni pasto e smart working
La normativa sui buoni pasto
Il datore di lavoro può comunque erogare i buoni pasto?
Cosa dice la sentenza del Tribunale di Venezia del 2020?
Buoni pasto e smart working
Questa modalità di lavoro è sempre più impiegata dalle imprese in quanto rende possibile un maggiore equilibrio fra lavoro e vita personale favorendo, di conseguenza, un maggiore benessere del dipendente.
Mentre in passato i lavoratori potevano svolgere il proprio impiego esclusivamente all’interno delle aziende, oggi sono sempre di più le persone che scelgono di svolgere il proprio lavoro quotidiano da remoto, almeno per parte della settimana. Questo perché tale modalità di lavoro alleggerisce le problematiche legate ai vincoli di orario e di luogo.
E aumenta il numero di aziende che si rende conto dei benefici che comporta offrire ai dipendenti la possibilità di lavorare da remoto e gestire il proprio lavoro con maggiore autonomia.
Lo smart working, infatti, presenta indubbi vantaggi per un lavoratore, dato che non richiede la sua presenza fisica in azienda e gli garantisce una maggiore flessibilità sia per quanto riguarda la scelta dell’orario di lavoro, sia per quanto riguarda la sede dove svolgere la propria prestazione lavorativa. Che può essere, ad esempio, la propria casa, un bar o uno spazio in coworking.
I buoni pasto sono tra gli strumenti più utilizzati da imprese e aziende. Vengono erogati ai dipendenti che si trovano a consumare i pasti fuori casa durante le ore lavorative. Sono molto apprezzati anche dagli stessi lavoratori, in quanto permettono di ottenere un risparmio ragguardevole sulla spesa sostenuta per i pasti. Spesa che incide notevolmente sullo stipendio di chi si ritrova a mangiare fuori casa ogni giorno.
Per questo, uno dei dubbi che più di frequente sorgono in coloro che vorrebbero lavorare in modalità agile è se, anche operando in smart working, potranno continuare a ricevere i buoni pasto e a poter godere di questa opportunità o se rischiano che l’azienda decida la sospensione della loro erogazione.
Spesso, infatti, viene fatta la considerazione che, svolgendo la propria mansione a casa, il lavoratore non abbia la necessità di acquistarsi il pranzo e, quindi, non abbia diritto ad usufruire del buono pasto.
Ma le cose stanno davvero così?
La normativa sui buoni pasto
Iniziamo col dire che, nonostante i buoni pasto siano un’agevolazione prevista dalla legge (come indennità sostitutiva di mensa), nessuna azienda è tenuta a corrisponderli ai propri dipendenti qualora non disponga di una mensa aziendale, in quanto essi non hanno una natura retributiva ma rappresentano un’erogazione a carattere assistenziale.
Pertanto, sono considerati benefici accessori (i cosiddetti fringe benefit). Un’impresa è tenuta a erogarli solo nel caso in cui siano previsti dai contratti collettivi nazionali delle varie categorie.
Fatta questa premessa, entriamo più nello specifico e andiamo a vedere cosa dice la normativa su buoni pasto e smart working.
Per capire se, secondo la legge, un lavoratore abbia diritto o meno a ricevere i buoni pasto anche operando in smart working, bisogna fare riferimento non solo alle norme che regolano l’erogazione di questo tipo di agevolazione, ma anche alla legge che regola il lavoro agile.
Iniziamo dai buoni pasto. La norma che ne regola le modalità di erogazione e la fruizione è il Decreto 122 del 7 giugno 2007. Tale decreto individua gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa attraverso l’uso dei buoni pasto e stabilisce i requisiti per l’erogazione degli stessi.
In particolare, al comma C dell’articolo 4, il decreto stabilisce che hanno diritto a ricevere i buoni pasto solo coloro che prestano lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche nel caso in cui l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Tale diritto è esteso anche alle risorse che abbiano instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione non subordinato.
Anche se lo smart working non è espressamente citato, questa definizione non ha vincoli particolarmente stringenti e lascia ampio spazio di interpretazione, specialmente nella parte in cui dice che si ha diritto a ricevere il buono pasto anche qualora l’orario giornaliero di lavoro non preveda una pausa per il pranzo.
Per avere una risposta più esaustiva, proviamo a vedere cosa dice la Legge n° 81 del 22 maggio 2017 che, al capo II, dà precise disposizioni in merito al lavoro agile.
Il comma 1 dell’articolo 20, in particolare, afferma che il lavoratore che svolge la propria occupazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello applicato nei confronti delle risorse che svolgono le stesse mansioni all’interno dell’azienda.
In questo caso, pur non avendo un preciso riferimento ai buoni pasto, la norma può essere interpretata a favore del rilascio dei buoni pasto anche allo smart worker, in quanto quest’ultimo ha diritto al medesimo trattamento del lavoratore che svolge la propria occupazione esclusivamente all’interno dell’azienda.
Sempre nella stessa legge, all’articolo 19, viene specificato inoltre che le modalità di lavoro agile devono essere regolamentate da un accordo individuale scritto tra il datore di lavoro e il proprio dipendente. Tale accordo può comprendere anche l’erogazione dei buoni pasto.
Dunque possiamo concludere che i buoni pasto non sono espressamente concessi durante lo smart working, ma non sono neanche espressamente vietati.
La scelta su cosa fare dipende quindi solo ed esclusivamente dall’azienda.
Il datore può comunque erogare i buoni pasto?
Come abbiamo visto, la normativa che disciplina l’erogazione dei buoni pasto è piuttosto ampia e lascia ampia discrezionalità ai datori di lavoro.
Anche se non li obbliga a erogare i buoni pasto (a meno che non siano compresi nei contratti collettivi nazionali), essi possono decidere autonomamente di offrire questo bonus ai propri dipendenti.
La stessa normativa, sebbene non faccia specifico riferimento allo smart working, lascia intendere che anche i dipendenti che operano da remoto abbiano diritto a ricevere questo tipo di prestazione.
Molte aziende scelgono di erogare i buoni pasto anche alle risorse che svolgono la propria attività in via telematica, in quanto sanno benissimo che questi dipendenti non lavorano solo da casa, ma si spostano anche in spazi di coworking o in altre sedi aziendali. C’è da dire poi che anche quando il lavoratore si trova nella propria abitazione, si ritrova a consumare i pasti durante l’orario di lavoro, perciò potrebbe comunque avere diritto al buono pasto.
Altre aziende, invece, ritengono che, operando da casa, il proprio dipendente non abbia bisogno di spendere soldi per il pasto, perciò il buono pasto non gli sarebbe necessario, così come il servizio di mensa aziendale.
A volte, sono gli stessi accordi sindacali a limitare la possibilità di uno smart worker di ottenere i buoni pasto.
I dipendenti privati, quindi, devono rifarsi ai contratti individuali e collettivi propri della propria azienda e del proprio settore per sapere se hanno diritto al riconoscimento dei buoni pasto anche qualora lavorino da remoto.
Starà al datore di lavoro stabilire se un lavoratore che opera in smart working abbia diritto ai buoni pasto.
Se stai già lavorando in smart working o stai per iniziare a farlo, controlla cosa prevede il contratto collettivo nazionale del tuo settore, e l’accordo che hai stipulato con la tua azienda, per verificare che all’interno degli stessi siano compresi anche i buoni pasto e quindi anche tu abbia diritto ad usufruirne. Vuoi approfondire questo argomento? Ecco cosa sapere:
Se il buono pasto è incluso nella contrattazione collettiva o nel contratto individuale, è possibile riceverlo anche lavorando in smart working. In tal caso, infatti, qualsiasi modifica contrattuale deve essere concordata fra le parti e potrebbe essere necessario un accordo sindacale. In seguito vedremo alcune eccezioni;
Se si tratta invece di un’erogazione concessa autonomamente dall’azienda, questa può essere modificata con un atto unilaterale o interno. Per fare un esempio, la sentenza di Cassazione 16135/2020 precisa che anche nel caso in cui il buono pasto sia una prestazione erogata come prassi aziendale da diversi anni, il datore di lavoro può interromperla in qualsiasi momento, senza che il dipendente possa pretenderne il diritto. Quando l’erogazione di buoni pasto è prevista dal regolamento aziendale, l’obbligo può essere variato unilateralmente dal datore di lavoro, nel rispetto dei limiti previsti nel regolamento.
Per concludere, nonostante non ci sia alcuna legge che obblighi i datori di lavoro a corrispondere i buoni pasto, sussistono ancora tutte le agevolazioni fiscali. Infatti, fornire dei benefit sotto forma di buono pasto non comporta un aumento dei costi o una tassazione aggiuntiva e sono comunque possibili sia le detrazioni dell’IVA sull’acquisto sia le deduzioni.
Trattandosi di un’integrazione del reddito che non è sottoposta a tassazione, l’erogazione dei buoni pasto rimane un benefit estremamente apprezzato dal lavoratore, che avrà modo di utilizzarlo senza commissioni aggiuntive presso ristoranti, supermercati e locali tamponando così le spese personali.
Cosa dice la sentenza del Tribunale di Venezia del 2020?
Nel decreto 3463 dell’8 luglio 2020 il Tribunale di Venezia ha affermato che, alla luce del fatto che il buono pasto tecnicamente non fa parte della retribuzione del dipendente da un punto di vista normativo, il suo diritto a ricevere questo benefit non sussiste. Ma cosa è successo di preciso?
Nel 2020 la Federazione Metropolitana della FP CGIL di Venezia ha presentato un ricorso al Tribunale nei confronti del Comune di Venezia per non aver riconosciuto l’erogazione dei buoni pasto ai lavoratori in smart working durante il periodo emergenziale causato dalla pandemia da Covid-19, senza previa contrattazione con le varie organizzazioni sindacali. Il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso con le seguenti motivazioni:
come previsto dagli articoli 45 e 46 del CNNL Regioni e Autonomie Locali del 14 settembre 2000, per la maturazione del buono pasto è necessario che l’orario di lavoro sia strutturato con scadenze orarie specifiche e che il dipendente consumi il pranzo o il pasto in generale fuori dall’orario di lavoro;
come disposto dall’articolo 87, comma 1 del decreto legislativo 18/2020 e dal DPCM dell’11/03/2020, il lavoro agile è stato imposto per legge alle pubbliche amministrazioni come modalità ordinaria di lavoro. Di conseguenza, non si è trattata propriamente di una scelta dell’ente sul modo di organizzare gli uffici e, pertanto, non è stata oggetto di informativa sindacale;
ai sensi della sentenza n.31137/2019 della Cassazione, i buoni pasto sono dei bonus facenti parte del welfare aziendale con lo scopo di conciliare le esigenze del dipendente con il lavoro e sono conseguenti alla tipologia di organizzazione del lavoro - ad esempio, nel caso di una pausa pranzo ridotta. Nel caso del lavoro agile, il lavoratore ha tutto il tempo per organizzare i propri tempi di lavoro e pertanto l’obbligo a carico dell’azienda non sussiste.

Maggio 08, 2023
News
Rinnovo CCNL metalmeccanici 2023: tutte le novità
L’accordo per il CCNL del settore metalmeccanico, entrato in vigore nel 2021, sarà valido fino al 30 giugno 2024. Ecco cosa comprende e tutte le novità.
Il 5 febbraio 2021 è stato firmato il nuovo contratto collettivo per il settore metalmeccanico, che conferma le disposizioni in materia di welfare aziendale e introduce importanti novità in tema di retribuzione.
In questo articolo potrai trovare tutte le informazioni sul rinnovo della contrattazione collettiva per i metalmeccanici, che rimarrà valida dal 2021 al 2024.
Cosa dice il CCNL metalmeccanici sui buoni pasto
Novità normative 2022
Novità retributive
Cosa dice il CCNL metalmeccanici sui buoni pasto?
L’articolo 8, Sezione Quarta del CCNL metalmeccanici si occupa di regolamentare l’erogazione dei servizi di mensa aziendale per le imprese del settore. Vista la complessità e la non omogeneità degli istituti in vigore, stabilisce che nelle aziende rimangano in vigore le regole stabilite attraverso gli accordi stipulati fin d’ora, per quanto riguarda il servizio di mensa aziendale.
Ciò vuol dire che le imprese possono scegliere di erogare i buoni pasto ai propri collaboratori seguendo le regole stabilite dalla normativa vigente (art. 51 del TUIR), anche per quanto riguarda le tasse. Questo significa che i buoni pasto erogati ai lavoratori dipendenti del settore metalmeccanico sono esenti da tassazione per un tetto massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per i buoni pasto elettronici.
Nel caso venga corrisposta in busta paga un’indennità di mensa in denaro, questa è compresa nel calcolo del reddito da lavoro dipendente ma non è computabile ai fini del calcolo del TFR.
Novità normative 2022
Con l’entrata in vigore del nuovo CCNL metalmeccanici, sono stati confermati alcuni istituti contrattuali e sono state stabilite condizioni di maggior favore in diverse aree. Ecco, nel dettaglio, tutte le novità normative previste dalla contrattazione collettiva per il settore metalmeccanico.
Welfare aziendale
In materia di welfare aziendale ci sono importanti conferme e novità, che riguardano i flexible benefit, la previdenza complementare, l’assistenza sanitaria e lo smart working.
Flexible Benefit
Per quanto riguarda i flexible benefit è stato confermato l’importo di 200 euro annui stabilito dalla precedente contrattazione collettiva. Si tratta di un importo che le imprese utilizzare per erogare beni e servizi finalizzati a migliorare la vita personale e familiare dei lavoratori. I Flexible Benefit vengono messi a disposizione dei dipendenti ogni anno nel mese di giugno e dovranno essere utilizzati entro il 31 maggio dell’anno successivo.
Flexible benefit su misura
Up Day mette a disposizione delle aziende e dei loro collaboratori le soluzioni più adatte alle diverse esigenze. Soluzioni che sono fiscalmente vantaggiose, facili da gestire e personalizzate.
In linea con quanto stabilito dal contratto, soddisfano i desideri di tutti. Si tratta dei buoni spesa Cadhoc e della piattaforma Day Welfare.
I buoni spesa Cadhoc, rappresentano la soluzione ideale per adempiere alle condizioni previste in materia di welfare aziendale perché sono uno strumento pratico, immediato e soddisfacente sia per l’azienda che per il dipendente. L’azienda recupera l’importo speso per il loro acquisto attraverso la deduzione della fattura e il dipendente gode di un importo netto, senza trattenute, da poter spendere nelle principali catene GDO, nel negozio preferito o anche nei migliori e-commerce online. Con Cadhoc si va incontro alle esigenze di tutti: a quelle della famiglia numerosa che può spendere il suo buono per la spesa alimentare a quella del lavoratore giovane, il quale può decidere di investire in libri, tecnologia, prodotti sportivi, buoni carburante e altro.
Il Fringe Benefit è 100% deducibile per i dipendenti fino ad un massimo di 258,23 euro all’anno.
Oltre ai voucher, Day mette a disposizione delle imprese e dei loro dipendenti la piattaforma Day Welfare, lo strumento ideale per gestire beni e servizi alla persona e alla famiglia e migliorare il benessere dei dipendenti.
Day welfare offre pacchetti on line personalizzabili e facili da selezionare, perfetti per soddisfare le esigenze di tutti i dipendenti, che offrono la possibilità di spendere il credito welfare in una vasta rete di partner presenti su tutto il territorio nazionale (sport, tempo libero, palestre, cinema, shopping e tanto altro).
Previdenza Integrativa
A partire dal mese di giugno 2022 è stato previsto un aumento dal 2% al 2,2% per i dipendenti under 35 iscritti al Fondo Cometa (fondo per la previdenza complementare del settore metalmeccanico).
Assistenza Sanitaria Integrativa
Confermata l’assistenza sanitaria a carico delle aziende dell’industria metalmeccanica attraverso il Fondo Métasalute.
Smart Working
Anche la nuova contrattazione collettiva conferma il diritto, per i lavoratori in smart working, di ricevere lo stesso trattamento dei lavoratori in presenza compreso il diritto alla disconnessione e alla tutela della privacy.
Misure per le donne vittime di violenza di genere
Il CCNL metalmeccanici prevede anche delle agevolazioni per le lavoratrici vittime di violenza di genere inserite in un percorso di protezione. In particolare, avranno la possibilità di assentarsi dal lavoro per un periodo di 6 mesi avendo comunque diritto alla retribuzione.
È previsto, inoltre, che le lavoratrici vittime di violenza possano accedere al part-time e allo smart working o ricevere agevolazioni in merito alla flessibilità oraria.
Le lavoratrici avranno anche diritto alla formazione, al loro rientro in azienda e a richiedere il trasferimento alle stesse condizioni economiche e normative.
Novità retributive
Con il rinnovo del contratto collettivo, per i lavoratori del settore metalmeccanico sono entrate in vigore anche diverse modifiche in materia di retribuzione, che prevedono condizioni più favorevoli per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato.
In particolare, è stata prevista l’eliminazione della 1° categoria contrattuale, che comporterà il passaggio di tutti i lavoratori dipendenti delle aziende del settore che ne facevano parte alla seconda categoria. Inoltre, è stato disposto un aumento dello stipendio di base che sarà di 100 euro per il terzo livello e di 112 euro per il quinto livello per il periodo che va dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2024. Gli aumenti verranno erogati in questo modo:
giugno 2021, 25 euro;
giugno 2022, 25 euro;
giugno 2023, 27 euro;
giugno 2024, 35 euro.

Aprile 26, 2023
Welfare Aziendale
Esenzione fringe benefit, ecco che cosa cambia per il 2023
Nel 2022 sono state tante le novità al Decreto Aiuti Quater di fine anno che riguardavano da vicino il mondo del lavoro. Ma cosa cambia nel 2023?
Il tetto dei fringe benefit esentasse, alzato da 600€ a 3.000€ dal Decreto Aiuti quater per il 2022, ha rappresentato un’azione straordinaria per supportare il potere d’acquisto delle famiglie. Ma cosa cambia quest’anno? Ecco cosa sapere sulle novità dei contributi per il 2023, dai nuovi limiti di esenzione ai buoni carburante fino alle nuove disposizioni sulle auto aziendali.
Cosa sono i fringe benefits e perché riconoscerli al dipendente
Soglia dei fringe benefits e incentivi: uno sguardo al passato
Quali sono le novità 2023 sulla tassazione dei fringe benefit
Comunicazione dei fringe benefit 2022: scadenza e procedura
Fringe benefit e auto aziendali: cosa cambia nel 2023
Cadhoc il fringe benefit ideale per azienda e dipendenti
Cadhoc nel welfare aziendale
COSA SONO I FRINGE BENEFITS E PERCHÉ RICONOSCERLI AL DIPENDENTE
I fringe benefits sono beni e servizi erogati dalle aziende ai dipendenti su base volontaria, nell’ambito di politiche di welfare aziendale volte a migliorare la qualità della vita e la produttività dei collaboratori. Essi sono costituiti sia da strumenti e agevolazioni che migliorano e facilitano la vita lavorativa del dipendente, sia da benefici di cui i collaboratori possono usufruire nella loro sfera privata, durante il tempo libero, per perseguire i propri interessi, e a cui possono avere accesso anche le famiglie. Alcuni esempi sono i buoni spesa e i buoni acquisto per beni e servizi di vario genere, come viaggi e vacanze con il welfare aziendale.
I fringe benefits sono benefici accessori che, in passato, molte aziende vedevano solo come costi aggiuntivi da evitare il più possibile, oppure come vantaggi a cui avevano diritto solo i dipendenti delle grandi aziende. Il massimo che veniva concesso ai lavoratori era una gratifica in busta paga, più o meno generosa, se il bilancio di quell’anno mostrava un segno positivo.
Oggi, invece, sempre più imprese, anche di medie e piccole dimensioni, sono attente alle esigenze dei propri collaboratori e si sono rese conto del valore aggiunto che comporta la concessione di questo tipo di agevolazioni, a partire dallo smart working, sempre più diffuso. Questo perché ci si è accorti che i dipendenti appagati e soddisfatti sono più produttivi e rappresentano quindi un vantaggio per l’azienda, che vedrà così aumentare il proprio potenziale. Inoltre, i fringe benefit non concorrono a formare il reddito del lavoro dipendente (art. 51 comma 3 del TIUR), cosa che costituisce un altro grande vantaggio per il lavoratore.
Riconoscere i fringe benefits al dipendente significa investire nel capitale umano della propria impresa, e questo è importante perché:
I dipendenti che si sentono più gratificati e meno stressati sono più produttivi;
si crea un rapporto di fiducia più stretto tra l’impresa e i suoi collaboratori;
si riduce il turnover;
la reputazione aziendale subisce un miglioramento visibile;
le persone talentuose in cerca di lavoro vengono invogliate ad entrare a lavorare in azienda;
Inserire i fringe benefits nel proprio piano di welfare aziendale è conveniente per le aziende anche da un punto di vista fiscale, perché ad essi il fisco riserva una tassazione agevolata.
SOGLIA DEI FRINGE BENEFIT E INCENTIVI: UNO SGUARDO AL PASSATO
Negli ultimi anni sono stati diversi gli interventi legislativi atti a incentivare i datori di lavoro a erogare beni e servizi per sostenere il reddito dei loro dipendenti e contrastare le numerose difficoltà di un periodo di crisi. Già nel 2020, anno della pandemia da Covid-19, il legislatore aveva previsto di raddoppiare la soglia di esenzione fiscale da 258,23 a 516,46 euro per l’intero periodo d’imposta 2020, confermando il raddoppio anche per l’anno 2021.
Per quanto riguarda l’anno appena passato, il 2022, è stato necessario fornire ulteriori incentivi e sostegni ai lavoratori a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia. Il governo ha quindi deciso di portare a 3000 euro il limite sotto al quale non sarebbero stati tassati i fringe benefit erogati dalle aziende ai propri dipendenti nel corso del 2022. Un altro aiuto ha riguardato la possibilità per i datori di lavoro di erogare ai propri dipendenti buoni carburante da 200 euro.
Altri interventi hanno riguardato il pagamento delle utenze domestiche e quindi il bonus bollette. Nello specifico, per la prima volta sono state incluse nel regime di esenzione anche somme erogate e rimborsate ai dipendenti dal datore di lavoro per il pagamento delle bollette di acqua, luce e gas, con la clausola che si trattasse di “immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese” come specificato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n.35/.
QUALI SONO LE NOVITÀ 2023 SULLA TASSAZIONE DEI FRINGE BENEFIT
È bene ricordare che la norma a cui fare riferimento è l’articolo 51, comma 3, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina la tassazione del reddito da lavoro dipendente.
Ecco le novità introdotte nel 2023 dalla normativa:
Il limite di 3000 euro è risultato valido fino al 12 gennaio 2023; pertanto, dopo tale data il valore precedente di 258,23 euro è stato ripristinato. Al superamento del limite stabilito, il valore è soggetto a tassazione per l’intero importo;
È stato introdotto un nuovo adempimento da parte del datore di lavoro, ovvero la trasmissione, entro il 21 febbraio 2023, del valore dei beni e servizi ceduti nel periodo di imposta 2022 a titolo di fringe benefit.
Resta la possibilità di riconoscere buoni benzina fino a un valore di 200 euro per ciascun lavoratore. Tali buoni non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente. È esentasse, è integralmente deducibile dal reddito d’impresa, ma, in forza di una precisazione inserita nel Decreto Trasparenza, è soggetto agli oneri contributivi.
COMUNICAZIONE DEI FRINGE BENEFIT 2022: SCADENZA E PROCEDURA
Il 16 gennaio 2023 l’INPS ha comunicato la scadenza della comunicazione, da parte dei datori di lavoro, dei fringe benefit erogati ai dipendenti nel 2022. La data ultima è stata fissata al 21 febbraio 2023.
Tale informazione ha una duplice importanza: da un lato serve a predisporre le Certificazioni Uniche, mentre dall’altra permette eventuali conguagli di fine anno al lavoratore.
Per inviare tale comunicazione, in quanto sostituti di imposta, i datori di lavoro devono accedere al portale INPS, in particolare alla sezione Comunicazione benefit aziendali, e dopodiché seguire la procedura guidata.
Cosa succede se il datore di lavoro non invia i dati in tempo? Le comunicazioni pervenute in ritardo non potranno far parte del conguaglio fiscale di fine anno. Tuttavia, saranno oggetto di rettifiche della Certificazione Unica, nella quale sarà indicato al contribuente l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.
FRINGE BENEFIT E AUTO AZIENDALI: COSA CAMBIA NEL 2023
Un capitolo a parte merita ciò che riguarda fringe benefit e auto aziendali. L’auto aziendale è fra i fringe benefit più utilizzati dalle aziende, sia essa da utilizzare per esigenze personali del dipendente che per l’attività lavorativa (la cosiddetta auto ad uso promiscuo). Ma cosa cambia nel 2023?
Se fino al primo luglio 2020 era possibile usufruire di un fringe benefit del 30% indipendentemente dal livello di emissioni di CO2 del veicolo, a partire da tale data – 2023 compreso - la soglia da tassare risulta ridotta sulle vetture più ecologiche. Si passa infatti dal 30% al 25% per le percorrenze medie di 15.000 km l’anno e, per quanto riguarda i livelli di inquinamento, saranno premiati i veicoli elettrici o ibridi.
Quali sono i valori di inquinamento e le soglie di riferimento che incidono sulla percentuale del fringe benefit?
25% con emissioni CO2 inferiori a 60 g/Km;
30% con emissioni CO2 tra 61 e 160 g/Km;
50% con emissioni CO2 tra 161 e 190 g/Km;
60% con emissioni CO2 superiori a 190 g/Km.
Per conoscere la tassa dell’auto aziendale in fringe benefit è necessario consultare le tabelle ACI pubblicate ogni anno, che riportano valori differenti a seconda del modello del veicolo. In breve, in queste tabelle è indicato il costo chilometrico di ogni auto aziendale in base alle emissioni inquinanti. Come spiegato, più il mezzo è inquinante più risulta alto il conteggio, compresi gli oneri fiscali a esso collegati a carico del dipendente.
CADHOC IL FRINGE BENEFIT IDEALE PER AZIENDA E DIPENDENTI
Cos’è Cadhoc? È il voucher shopping di Up Day, soluzione perfetta per gratificare il personale, fidelizzare i clienti, premiare la forza vendita.
Un dono sempre indovinato, sia per chi lo fa che per chi lo riceve.
Chi riceve questa tipologia di voucher ha il vantaggio di decidere in che modo spenderlo. Può essere un voucher per fare shopping nelle migliori catene di negozi, oppure può essere convertito in buoni da spendere negli shop e-commerce più cliccati della rete.
CADHOC NEL WELFARE AZIENDALE
Cadhoc inoltre è la soluzione per i rinnovi contrattuali nazionali di categoria che prevedono flexible benefit obbligatori al loro interno. Il buono spesa per acquistare benzina, libri scolastici, alimentari ecc. che si adatta alle diverse esigenze dei lavoratori. Un esempio? Il contratto Metalmeccanico, Orafi e Argentieri, Telecomunicazioni e Confapi Comunicazione e Servizi Innovativi.
Il buono shopping universale per incentivare e motivare il personale, fidelizzare i clienti e premiare la forza vendita è l’ideale in ogni occasione dell’anno ed è la soluzione per gratificare in modo personale qualunque collaboratore, dal più tradizionalista al nativo digitale grazie alla sua spendibilità on e offline.
Tanti vantaggi fiscali alle aziende, perché Cadhoc è l’incentivo che soddisfa davvero i desideri di tutti.
Per avere maggiori info su Cadhoc:
Per acquistare i voucher shopping è a disposizione il Numero Verde 800834009 e la mail info@day.it.
Per acquistare direttamente Cadhoc l’e-commerce CadhocShop è la soluzione più immediata ed efficace.

Marzo 24, 2023
News
OSSERVATORIO SUL WELFARE SOCIALE: IL NUOVO CONTESTO SOCIOECONOMICO E LE MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ E ALLA VULNERABILITÀ
È stata presentata lunedì 20 marzo, a Istituzioni e Parti Sociali la Ricerca di Up Day e Tecné.
Bologna, Marzo 2023 – Alla presenza del Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali Claudio Durigon, Nico Stumpo Commissione Affari Sociali della Camera, del Segretario Generale UGL Paolo Capone, di Andrea Cuccello Segretario Confederale CISL e del Presidente AIWA Emmanuele Massagli, è stata presentata lunedì 20 marzo 2023, a Roma la ricerca condotta da Up Day e Tecné focalizzata sulle misure di contrasto alla povertà.
“L’incontro di ieri – dichiara Mariacristina Bertolini Direttore Generale e Vicepresidente Up Day – è stata un’importante occasione di confronto con il Governo, l’opposizione e le Parti Sociali per parlare di strumenti a supporto del reddito come i buoni spesa e tutta l’area relativa ai fringe benefit: se il welfare sociale e aziendale entrassero a far parte del salario complessivo delle persone si aumenterebbe il potere d’acquisto di ciascuno, mettendo in moto un circolo virtuoso in cui l’azienda può sostenere il reddito senza essere gravata da tassazione e il Sistema Paese ne potrà trarre un vantaggio in termini di aumento dei consumi con una conseguente ripartenza dell’economia”.
Il contesto di crisi economico-sociale degli ultimi anni ha infatti accelerato il diffondersi di condizioni di povertà diverse da quelle del passato. Per studiare la povertà oggi occorre tenere conto di forme nuove che si manifestano con un processo di mobilità sociale discendente rispetto alla posizione socioeconomica precedente.
“I nuovi poveri” - afferma Carlo Buttaroni Presidente Tecnè - non si configurano come una classe sociale omogenea e facilmente identificabile, bensì come una massa indistinta dai profili rarefatti. Si tratta di un grande aggregato sociale composto da vulnerabili, quasi poveri e poveri, provenienti da classi sociali assai diverse”.
In particolare, i “working poors” rappresentano un fenomeno rilevante dal punto di vista economico e sociale, perché esprimono una condizione che ha radici nel lavoro stesso che non è più in grado di garantire un reddito sufficiente per una vita senza stenti.
Se la condizione di povertà o quasi-povertà riguarda circa una famiglia su cinque (19%), l’area della vulnerabilità coinvolge l’11% delle famiglie.
La pandemia di Covid-19 esplosa nel 2020 ha avuto un impatto senza precedenti sull’economia italiana, ma, a fronte di un crollo del PIL pari a -9%, la povertà è diminuita scendendo al 10,1% dall’11,4% del 2019.
A questo calo degli indici di povertà hanno dato un contributo determinante gli interventi volti a mitigare gli impatti della pandemia, evitando che il blocco di alcuni settori produttivi e il rallentamento dell’economia aggravasse ancora di più la crisi sociale, oltre all’entrate a regime del reddito di cittadinanza nel 2019.
“Il reddito di cittadinanza come strumento a supporto del reddito è fallito – dichiara Claudio Durigon Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali – La ricerca presentata da up Day e Tecnè ci fa capire che la povertà è ancora forte in Italia e bisogna quindi concentrarsi sia nel dare strumenti a supporto, ma anche valorizzare il lavoro attraverso la detassazione e salari proporzionati ai fabbisogni”.
“Il reddito di cittadinanza – aggiunge Nico Stumpo Commissione Affari Sociali della Camera – è stato certamente una misura di grande aiuto in un momento di profonda difficoltà del Paese dovuto alla pandemia e alla crisi economica. Ora è necessario però pensare ad un nuovo modello per l’Italia capace di allargare la fascia del ceto medio utile a far ripartire il Paese. In tale contesto è fondamentale proseguire in questo dialogo tra le parti su welfare, diritti e salari utili ad accrescere la ricchezza all’intero sistema”.
I buoni spesa sociali rientrano tra questi interventi e sono stati finanziati con il Decreto Sostegni bis che ha introdotto agevolazioni per famiglie, lavoratori e imprese danneggiati dagli effetti delle restrizioni adottate a livello nazionale per contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid. Tra le misure previste c’era, appunto, lo stanziamento di 500 milioni di euro da erogare ai Comuni per concedere aiuti alle famiglie in difficoltà per l’attivazione di iniziative di solidarietà alimentare, mediante il meccanismo dei buoni per la spesa. La misura è stata finanziata nel 2021 e rinnovata nel 2022. I beneficiari dei buoni spesa sociali, per ogni singola erogazione finanziata, sono stati in media 1.9 milioni (con 900mila nuclei percettori) per un importo medio “una tantum” di 250 euro.
Con i buoni spesa le persone e le famiglie in difficoltà hanno avuto accesso a contributi economici per acquistare alimenti, farmaci e beni di prima necessità. I buoni spesa venivano erogati direttamente dai comuni che stabilivano la platea di beneficiari, le modalità di assegnazione e le procedure per presentare domanda.
“L’utilizzo dei buoni spesa – spiega Paolo Capone Segretario Generale UGL – riesce a restituire un quadro di valutazione preciso e oggettivo su dove e come sono stati utilizzati. Uno strumento utilissimo e concreto per dare supporto alle famiglie: per questo la politica deve saper distinguere tra vero sostegno alla fragilità e il ricorso a politiche attive per far tornare gli occupabili a lavorare quando è possibile”.
La ricerca di Up Day e Tecné ha messo a confronto il gradimento dei Buoni Spesa Sociali e del Reddito di Cittadinanza (RDC). I buoni spesa sociali raccolgono giudizi positivi più alti sia tra la popolazione maggiorenne che tra i singoli stakeholder. In particolare, tra i responsabili dei servizi sociali la valutazione del RDC è molto più alta della media (63% rispetto al 38%), ma inferiore ai Buoni Spesa Sociali considerati positivamente da tutti gli addetti del settore.
Dall’analisi dei dati emergono differenze significative dal punto di vista socioeconomico. Innanzitutto, i beneficiari dei buoni spesa sociali (BSS), cioè le misure complessivamente coinvolte dalla misura, si distribuiscono maggiormente sui nuclei più numerosi, mentre i percettori del reddito/pensione di cittadinanza (RDC) hanno il baricentro più spostato verso il basso. Tra i beneficiari dei buoni spesa sociali, infatti, i nuclei con 3 o 4 componenti
rappresentano il 47%, mentre tra i beneficiari del reddito/pensione di cittadinanza rappresentano il 43%. Le posizioni si ribaltano se si considerano i nuclei di 1 o 2 componenti. In questo caso i percettori di RDC/PDC rappresentano il 41%, mentre i beneficiari di BSS si fermano al 36%.
“I buoni spesa – aggiunge Andrea Cuccello Segretario Confederale CISL – possono diventare un elemento complementare agli strumenti attuali di sostegno al reddito, anche attraverso, dove è possibile, la contrattazione di secondo livello e la bilateralità di settore. L’obiettivo è sicuramente quello di far crescere il livello dimensionale delle imprese, per poter costruire aziende più qualificate, più grandi per far crescere il Paese e il PIL, dove prevedere meccanismi di partecipazione dei lavoratori come proposto dalla Cisl".
Interessante è la distribuzione geografica dei beneficiari delle due misure, messa in relazione il tasso di occupazione e con i valori medi ISEE delle famiglie che hanno presentato Dichiarazioni Sostitutive Uniche: il RDC è complementare al tasso di occupazione, con tassi di incidenza decisamente più elevati nel mezzogiorno rispetto al centro-nord. I buoni spesa sociali, invece, si caratterizzano per una maggiore omogeneità sul territorio nazionale e una più elevata relazione positiva con l’occupazione e valori ISEE determinati da redditi da lavoro.
Il RDC, inoltre, risulta destinato a una fascia prevalentemente sotto la linea di povertà, mentre i buoni spesa sociali sono una misura di sostegno all’area della vulnerabilità e della povertà intermittente. Infatti, mentre i buoni spesa sociali sono utilizzati in grande prevalenza per acquistare beni alimentari, il reddito di cittadinanza agisce su un raggio più ampio e meno diretto a soddisfare un bisogno specifico.
“Sono molte le differenze tra il bonus monetario diretto (es: il bonus Renzi), il reddito di cittadinanza e il buono sociale – spiega infine Emmanuele Massagli Presidente AIWA - Tralasciando le diverse finalità, bene concentrarsi sul metodo. Il primo è uno strumento che non si scarica sui consumi e viene destinato a risparmio. La seconda è una misura assistenzialistica che poco attiva la persona e che supera gli enti locali. Il terzo, contemporaneamente, implica maggiori consumi, incoraggia lavoro regolare e genera gettito. Per questo mi aspetto che il Governo torni a riflettere anche sugli altri dispositivi che si avvantaggiano di questo metodo: mi riferisco ai fringe benefit, da strutturare definitivamente su cifre coerenti con il costo della vita attuale, e al welfare aziendale sociale regolato dall'articolo 51, comma 2 del TUIR, da ampliare prevedendo servizi aggiuntivi come, ad esempio, le spese per gli affitti degli studenti fuori sede, la mobilità sostenibile, il sostegno al terzo settore, le spese condominiali e le bollette.”
“La collaborazione e il connubio tra pubblico e privato – conclude Mariacristina Bertolini Direttore Generale e Vicepresidente Up Day – è fondamentale per fornire a cittadini e lavoratori soluzioni rapide a costo zero, proprio come abbiamo fatto nel periodo di pandemia, supportando i Comuni nell’erogazione dei titoli di servizio. Strumenti per aziende ed enti volti a migliorare la vita di tutti in un contesto di trasparenza e collaborazione”.

Marzo 08, 2023
Welfare Aziendale
Il maggiordomo aziendale per regalare tempo e serenità ai lavoratori
Bollette da pagare, pacchi da spedire, incombenze quotidiane.. la vita delle persone può essere piena di impegni inderogabili. E' qui che entra in gioco il maggiordomo aziendale, un benefit esclusivo pensato per prendersi cura del personale.
Attivando il servizio Salva Tempo, puoi avere a disposizione della tua azienda, una figura professionale, anche in versione digitale, per regalare tempo e serenità a tutti i lavoratori.
Un ‘opportunità per aumentare la produttività in azienda, rispondere alle necessità dei dipendenti e incrementare la conciliazione vita-lavoro.
Il maggiordomo aziendale si affianca ai piani di welfare Aziendale per gestire premi on top, premi di risultato e obblighi che derivano dai Contratti Nazionali del Lavoro:
Come funziona il servizio
Perchè scegliere il welfare aziendale
Perchè attivare le soluzioni Up Day per il timesaving e il cargiving
Ricerca e dati sul welfare aziendale
Come funziona il servizio
Up Day analizza le esigenze dell’azienda e propone i servizi su misura per i dipendenti.
In seguito l’azienda attiva un abbonamento di pacchetti e servie il dipendente accede ai servizi pagando solo quelli che utilizza.
Il maggiordomo gestisce così le richieste e le coordina con i partner selezionati sul territorio.
Servizi salvatempo per semplificare la quotidianità dei dipendenti
Perchè scegliere il welfare aziendale
Welfare Aziendale: stare bene sul luogo di lavoro
Con Welfare Aziendale si indicano tutti quei benefit, prestazioni, servizi che vanno oltre la componente monetaria della retribuzione e che vogliono essere di supporto alla qualità di vita dei dipendenti.
Genius4U nasce proprio dalla consapevolezza che la vita quotidiana è stressante e che il tempo ha un grande valore. Per questo ci occupiamo di organizzare e gestire in azienda tutti i servizi salva-tempo di cui c’è bisogno nella quotidianità, per una vita più facile e serena.
Perché attivare le soluzioni Up Day per il timesaving e il cargiving
Per l’azienda:
Deduzione della spesa dal reddito di impresa
Incremento delle performance e positività
Riduzione del turnover
Benessere aziendale
Rafforzamento legame con il territorio
Per i lavoratori:
Risparmio di tempo
Miglioramento equilibrio vita-lavoro
Accesso a prodotti e servizi esclusivi
Rafforzamento legame con l’azienda
Ricerca e dati sul welfare aziendale
L’86% dei lavoratori vorrebbe avere nella propria azienda dei servizi salva-tempo che possano concretamente essere di aiuto a bilanciare meglio vita professionale e personale, alleviando le preoccupazioni esterne e permettendo di vivere la quotidianità con più serenità e meno stress.
McKinsey & Company
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Chiedi una consulenza su misura, contattaci ad info@day.it oppure al numero 800 834 009

Febbraio 21, 2023
Buoni Pasto
Pagamenti elettronici: sicuri anche per legge
I pagamenti elettronici sono sicuri? La normativa europea e del garante della privacy ne garantiscono la sicurezza.
Negli ultimi anni i pagamenti elettronici sono sempre più diffusi. E lo saranno sempre di più, grazie alle norme che promuovono la trasformazione digitale nell’ambito delle transazioni commerciali. Questa spinta verso i pagamenti elettronici è anche il motivo per cui la legge ne garantisce la sicurezza, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Ecco cosa dice la normativa del garante della privacy sui pagamenti elettronici.
Cosa sono i pagamenti elettronici?
Categorie di pagamenti digitali
Pagamenti elettronici sicuri per legge con le regole del Garante della Privacy
La sicurezza dei pagamenti elettronici garantita anche a livello europeo
Up Day garantisce la sicurezza degli utenti
Cosa sono i pagamenti elettronici?
I pagamenti elettronici o digitali sono gli acquisti di beni e servizi effettuati con mezzi diversi dal denaro contante, come le carte di pagamento fisiche e digitali (carta di credito, carta di debito, carta prepagata), le App di pagamento sul telefono, il credito telefonico, il borsellino elettronico, i bonifici bancari effettuati attraverso l’home banking.
Categorie di pagamenti digitali
I pagamenti digitali possono essere catalogati in diversi modi. Un primo modo è quello che li divide in old digital payment (come, ad esempio le carte di credito e debito e le prepagate) e new digital payment (ad esempio i pagamenti effettuati tramite App sul telefono).
Un secondo modo è quello che li suddivide in:
Mobile Remote Commerce:questa categoria comprende tutti gli acquisti effettuati online, su siti e App attraverso l’addebito su carta di pagamento o portafoglio elettronico;
Mobile Remote Payment:di questa categoria fanno parte tutti i pagamenti di ricariche telefoniche, bollette, bollettini, parcheggi, biglietti del trasporto, ecc. attraverso il telefono cellulare con servizi come l’home banking o l’App PagoPA con addebito su carta di pagamento o credito telefonico o portafoglio elettronico;
Mobile Proximity Payment: si tratta dei pagamenti effettuati presso i negozi fisici attraverso il cellulare con addebito su carta di pagamento o direttamente sul conto corrente.
Pagamenti elettronici sicuri per legge con le regole del Garante della Privacy
Quando utilizziamo un qualsiasi mezzo di pagamento elettronico forniamo alla società che gestiscono il servizio alcuni dei nostri dati sensibili, come ad esempio il codice fiscale e il numero del documento d’identità. Per questo, nel 2014, il Garante della Privacy ha ritenuto opportuno regolamentare le modalità di pagamento elettronico con una normativa ad hoc, che si concentra in particolare sui pagamenti effettuati nell’ambito del mobile remote payment.
Il Provvedimento generale in materia di trattamento dei dati personali nell'ambito dei servizi di mobile remote payment del 22 maggio 2014 mette al sicuro i dati personali degli utenti da qualunque uso improprio o abuso da parte della società del settore.
Chi acquista beni e servizi online attraverso smartphone, pc o tablet, dice il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, potrà essere sicuro che i dati personali forniti durante la transazione (dati anagrafici, indirizzo, numero di telefono, indirizzo e-mail, etc) non saranno usati per altre finalità, come l’invio di pubblicità o le analisi di marketing, senza il suo chiaro consenso.
Tutti i soggetti coinvolti nelle forniture di servizi di pagamento tramite “mobile remote payment” sono tenuti per legge ad adoperarsi in modo da proteggere i loro clienti dal rischio di uso improprio dei loro dati personali, sia che questi usino un abbonamento o una carta propagata per i loro acquisti. Il provvedimento si estende sia agli operatori della comunicazione elettronica (le compagnie che forniscono il servizio di pagamento tramite cellulare), agli aggregatori (le società che forniscono i siti internet o le app), i venditori (le aziende che offrono contenuti digitali e servizi); nonché tutti gli altri soggetti eventualmente coinvolti nella transazione (come quelli che consentono, anche tramite apposite app, l’accesso al mercato digitale).
La sicurezza dei pagamenti elettronici garantita anche a livello europeo
Anche l’Unione Europea si è espressa in merito alla sicurezza dei pagamenti elettronici, istituendo una normativa che regolamenta tutto ciò che riguarda i pagamenti digitali: si tratta della PSD2. Entrata ufficialmente in vigore nel 2018, questa normativa garantisce:
maggiore integrazione ed efficienza per il mercato dei servizi di pagamento;
condizioni di parità per i soggetti che forniscono i servizi di pagamento;
una maggiore sicurezza delle transazioni e, di conseguenza, una maggiore tutela per i consumatori.
Up Day garantisce la sicurezza degli utenti
A partire dai buoni pasto elettronici e dai vocuher welfare digitali, Up Day è costantemente impegnato nello sviluppo di sistemi e servizi mobile che semplificano la vita dei clienti e degli utilizzatori dei buoni pasto Day, garantendo sempre i massimi livelli di sicurezza e privacy per gli utenti dei suoi servizi. Un esempio di questo impegno è Day Tronic, la nuova app per la gestione dei buoni pasto da supporto mobile, che si basa su più tecnologie, includendo anche l’attualissima NFC per il pagamento tramite smartphone.

Febbraio 20, 2023
Buoni Pasto
Liberi professionisti e fatturazione elettronica. Le soluzioni per le spese di vitto
I buoni pasto rappresentano la soluzione ideale per semplificare la gestione delle spese di vitto da parte dei liberi professionisti dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica.
L’obbligo della fatturazione elettronica ha cambiato da un giorno all’altro le abitudini delle aziende italiane. Se per le imprese più strutturate la gestione è a cura del settore amministrativo e ha semplificato le procedure, più difficoltà ci sono per le ditte individuali e i liberi professionisti. La fattura elettronica, infatti, va emessa anche per piccoli importi. La gestione di tanti documenti legati al vitto può rappresentare un costo e un impegno non indifferente per i lavoratori autonomi e per le aziende che gli commissionano il lavoro. Ecco come l’uso dei buoni pasto e dei buoni regalo può semplificare le operazioni e abbattere i costi.
Fatture elettroniche: come funzionano e chi deve emetterle?
Rimborso spese professionisti e fatturazione: come funziona?
Buoni pasto: la soluzione per semplificare la fatturazione elettronica per ditte individuali e liberi professionisti
Up Day: un’ampia gamma di servizi per aziende e professionisti
Fatture elettroniche: come funzionano e chi deve emetterle?
Quella della fatturazione elettronica è una modalità di fatturazione entrata in vigore nel 2014 che si basa sul Sistema di Interscambio sviluppato dalla Pubblica Amministrazione.
Dopo che il soggetto che deve emettere fattura l’avrà generata e inviata utilizzando un apposito software di fatturazione, questo verrà poi inserito nel sistema di interscambio che provvederà ad inoltrarla al destinatario tramite posta elettronica.
Hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica tutti i soggetti che cedono beni e servizi alla Pubblica Amministrazione e agli enti pubblici, alle aziende e ai professionisti italiani e ai privati residenti in Italia.
Dal 1° luglio 2022 anche i professionisti che operano in regime forfettario e, nell’anno precedente hanno guadagnato più di 25.000 euro, hanno l’obbligo di utilizzare il sistema della fatturazione elettronica.
L’emissione di fattura elettronica non è, invece, obbligatoria, per la cessione di beni e servizi a soggetti privati e aziende non residenti sul territorio italiano.
Rimborso spese professionisti e fatturazione: come funziona?
Quando un professionista svolge un incarico per un’azienda e deve affrontare delle spese per vitto e alloggio ha a disposizione due modi per ottenere il rimborso:
il pagamento delle spese da parte dell’azienda cliente;
il pagamento delle spese da parte del professionista, che poi emetterà una fattura elettronica all’azienda cliente per recuperare quanto speso.
Nel primo caso, chi fornisce i servizi di vitto e alloggio al professionista emetterà la fattura direttamente all’azienda cliente, e il professionista non dovrà occuparsi di nessuna incombenza.
Nel secondo caso, invece, i fornitori di vitto e alloggio emetteranno una fattura al professionista, che pagherà le spese e, per recuperarle, dovrà poi emettere una fattura elettronica a carico dell’azienda cliente, anche se si tratta di piccoli importi. In questo caso, il professionista dovrà pagare le tasse anche sugli importi ricevuti come rimborso spese, poiché questi importi, di fatto, rientrano nel compenso del professionista.
Buoni pasto: la soluzione per semplificare la fatturazione elettronica per ditte individuali e liberi professionisti
Per semplificare la gestione delle spese di vitto e la gestione della contabilità riguardante i rimborsi spese, si può ricorrere al servizio del buono pasto. Il pagamento delle spese sostenute per l’acquisto di generi alimentari attraverso i buoni pasto rende inutile la fatturazione elettronica da parte dell’esercente, in quanto il titolare di Partita Iva farà riferimento a quella emessa dall’azienda emittente dei ticket. Per l’acquisto di pasti già pronti presso i ristoranti e altri esercizi di questo tipo basteranno gli scontrini semplici che accompagneranno la fattura elettronica per giustificare la spesa sostenuta.
Il modo più veloce, semplice ed economico per ordinare i buoni pasto è utilizzare i servizi online di Dayshop, l’e-commerce inventato più di dieci anni fa da Up Day.
Up Day: un’ampia gamma di servizi per aziende e professionisti
Up Day è un provider di servizi di benessere rivolti alle imprese e alle persone. Oltre ai buoni pasto, mette a disposizione di aziende e professionisti un portale per la gestione dei servizi di welfare aziendale, schede carburante e buoni regalo da impiegare per erogare servizi di welfare ai dipendenti o per omaggiare i clienti.
Cos’è Cadhoc?
Cadhoc è il buono spesa Up Day che rappresenta un incentivo efficace e vantaggioso tanto per i lavoratori dipendenti quanto per i clienti a cui viene offerto.
Si tratta di un buono shopping universale ideato appositamente per incentivare e motivare il personale, fidelizzare i clienti e premiare la forza vendita. Cadhoc rappresenta la soluzione ideale in ogni occasione dell’anno per gratificare in modo personale qualunque collaboratore, dal più tradizionalista al nativo digitale, grazie possibilità di utilizzarlo sia nei negozi fisici, sia negli e-commerce. Il voucher welfare Cadhoc offre anche numerosi vantaggi fiscali alle aziende, che, nei casi previsti dalla legge, hanno la possibilità di dedurlo al 100% dalle tasse.

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