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Bonus Benzina 2023: tutto quello che c’è da sapere

Gennaio 16, 2023
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio, il Decreto Legge 14 gennaio 2023, n. 5 che estende, anche per il 2023, il bonus benzina di 200€, come contributo che le aziende possono erogare ai propri dipendenti.
Come funziona nel dettaglio?
Non è necessario presentare alcuna domanda, in quanto è una forma di welfare aziendale che le aziende private possono offrire ai propri dipendenti in maniera autonoma.
I bonus non prevedono nessuna tassazione per dipendenti e sono integralmente deducibili per le aziende.
In base alla norma, possono accedere al beneficio solo i datori di lavoro privati e non le amministrazioni pubbliche.
La platea dei beneficiari include solo i lavoratori dipendenti.
I buoni possano essere corrisposti da subito, senza necessità di accordi contrattuali
Il bonus benzina di 200 euro non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente e rappresenta un'ulteriore agevolazione rispetto a quella generale già prevista dall'articolo 51 del Tuir di 258,23 €; va quindi conteggiata in maniera separata rispetto agli altri benefit, chiarisce ancora l'Agenzia.
I buoni benzina possono essere erogati anche per finalità retributive. In questa ipotesi, l'erogazione deve avvenire nell'anno in corso e in «esecuzione dei contratti aziendali o territoriali», nel rispetto della normativa prevista, per i premi di risultato.
Il buono carburante Up Day
Il buono carburante Up Day è semplice da ordinare, distribuire e gestire.
Disponibile in formato pdf può essere consegnato all’azienda che sceglie di distribuirlo attraverso i propri canali ai dipendenti, oppure inviato da Up Day direttamente alla mail del dipendente.
E per chi usufruisce della Piattaforma Day Welfare, è possibile convertire il credito disponibile, in buoni carburante.
Chi sono i partner di Up Day
Q8, IP, Eni sono i partner di Day.
Abbiamo scelto Partner per garantire sicurezza nei rifornimenti e capillarità sul territorio nazionale con un ampio numero di stazioni di servizio.
Sono 11.000 le stazioni in tutta Italia.
I buoni carburante dei Partner hanno tagli predefiniti per semplificare il numero di buoni da consegnare ai dipendenti.
Come specificato dall’agenzia delle entrate, Il buono carburante si affianca agli altri strumenti di Welfare adottati dalle aziende come i Fringe Benefit, per garantire maggior benessere al dipendente.
Es. 200€+258,23€
Contattaci
Per ricevere una consulenza e le soluzioni più adatte alle tue esigenze, puoi contattarci al numero
800 834 009 oppure scrivere a info@day.it.
Welfare Aziendale
Gennaio 16, 2023
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ULTIMI ARTICOLI

Gennaio 30, 2023
Buoni Acquisto
Nuovi Partner Cadhoc
Buone notizie per Cadhoc!
Da oggi, sulla app ‘Buoni Up Day’ e sul portale utilizzatori.day.it nuovi Partner saranno presenti per rendere il nostro buono acquisto ancora più cool!
Toys, Bimbi Store, Comet, Motivi, Oltre, Fiorella Rubino e il Gruppo ESSILOR LUXOTTICA ( Granvision, Solaris e Salmoiraghi e Viganò ) i nuovi brand a disposizione, per chi ha ricevuto un buono Cadhoc e sceglie di convertirlo in gift card di altri partner.
Registrandoti sulla app “Buoni Up Day” o sul portale dedicato agli utilizzatori delle soluzioni Up Day, puoi gestire i Buoni Shopping Cadhoc in maniera semplice e pratica.
Cadhoc cartacei? Caricali in wallet
Se hai a disposizione dei buoni Cadhoc cartacei e vuoi convertirli in gift card di altri partner, come prima cosa dovrai accedere in WALLET e caricare i tuoi buoni in app con una semplice scansione del codice a barre presente sul buono o manualmente inserendo N°di serie e PIN.
Cadhoc digitali ? Procedi all’attivazione
Se invece hai dei buoni Cadhoc digitali, per iniziare il tuo shopping accedi in WALLET, fai click sul pulsante “Attiva buoni”, inserisci il tuo Codice Fiscale e il PIN di attivazione che hai ricevuto via mail e conferma. Questa operazione ti verrà richiesta solo la prima volta.
Scegli il partner
Dopo aver attivato i buoni Cadhoc puoi entrare nella sezione ONLINE e utilizzarli per acquistare le gift card dei nostri partner. Qui puoi selezionare i buoni Cadhoc da utilizzare e acquistare gift card di pari importo.
Contatti
Per ricevere una consulenza e le soluzioni più adatte alle tue esigenze, contattaci al numero 800 834 009 oppure scrivi a info@day.it

Gennaio 19, 2023
Buoni Acquisto
Convertire i buoni Cadhoc in buoni benzina
Scopri i vantaggi dei buoni benzina e come convertire il buono regalo Cadhoc in buoni spendibili al tuo distributore di fiducia per risparmiare sul carburante.
In questo articolo puoi trovare tutte le informazioni sui voucher Cadhoc e sulla possibilità di convertirli in buoni carburante.
Qual è la differenza tra buono carburante e carta carburante?
Cadhoc: il buono versatile che può trasformarsi in voucher welfare
I voucher Cadhoc possono essere usati come buoni carburante?
Come trasformare i buoni Cadhoc in buoni carburante
Come utilizzare i buoni Cadhoc? scopri le nostre guide online
Bonus benzina 2022: l’agevolazione per i dipendenti
Qual è la differenza tra buono carburante e carta carburante?
I buoni carburante sono dei buoni acquistabili presso le compagnie petrolifere o i provider di servizi come Up Day e spendibili presso le stazioni di servizio convenzionate nel momento in cui si deve pagare il rifornimento.
Non vanno confusi con la carta carburante, che è lo strumento che viene utilizzato per pagare i rifornimenti effettuati con l’auto aziendale da dipendenti e liberi professionisti.
Cadhoc: il buono versatile che può trasformarsi in voucher welfare
Mentre i buoni pasto elettronici e cartacei sono lo strumento preferito dalle aziende per agevolare il dipendente che effettua la pausa pranzo al lavoro, i buoni spesa come Cadhoc possono essere utilizzati per erogare ai lavoratori servizi di welfare e premi di produttività. Chi riceve buoni regalo Cadhoc sa di poter spendere il credito avuto in dono presso molti dei negozi che fanno parte del network di partner Day. L’utilizzatore può facilmente scoprire all’interno della app “Buoni Up Day” o sul portale dedicato agli utilizzatori delle soluzioni Up Day, quali sono i punti vendita fisici dei partner più vicini e i negozi online.
I voucher Cadhoc possono essere usati come buoni carburante?
Sì, è possibile usare i vocuher Cadhoc come buoni carburante. Seguendo una semplice procedura di conversione online all’interno della app “Buoni Up Day” o sul portale dedicato agli utilizzatori delle soluzioni Up Day, dove l’utilizzatore può trasformare i suoi voucher in un buono carburante da spendere presso le catene Q8, ENI e IP.
Non è possibile, invece, convertire i buoni pasto in buoni benzina.
Come trasformare i buoni Cadhoc in buoni carburante
Registrandoti sulla app “Buoni Up Day” o sul portale dedicato agli utilizzatori delle soluzioni Up Day, puoi gestire i Buoni Cadhoc in maniera semplice e pratica.
Se utilizzi già la soluzione Buoni Pasto all’interno della app, non occorre fare una nuova registrazione. Se invece non sei ancora registrato, in pochi passaggi puoi attivare il tuo account Up Day, ti basterà scaricare dagli store la app o accedere al portale.
[caption id="attachment_20462" align="aligncenter" width="300"] App e sito utilizzatori[/caption]
Come prima cosa, se hai a disposizione dei buoni Cadhoc cartacei e vuoi convertirli in gift card di altri partner, dovrai accedere in WALLET e caricare i tuoi buoni in app con una semplice scansione del codice a barre presente sul buono o manualmente inserendo N°di serie e PIN.
Se invece hai dei buoni Cadhoc digitali, per iniziare il tuo shopping accedi in WALLET, fai click sul pulsante “Attiva buoni”, inserisci il tuo Codice Fiscale e il PIN di attivazione che hai ricevuto via mail e conferma. Questa operazione ti verrà richiesta solo la prima volta.
[caption id="attachment_20460" align="aligncenter" width="155"] App 'Buoni UP Day' sezione incentivi[/caption]
Da buoni Cadhoc a buoni carburante
Dopo aver attivato i buoni Cadhoc puoi entrare nella sezione ONLINE e utilizzarli per acquistare le gift card dei nostri partner, in questo caso puoi cliccare su Q8, ENI o IP.
[caption id="attachment_20461" align="aligncenter" width="155"] Sezione ONLINE per acquisto gift card.[/caption]
Qui puoi selezionare i buoni Cadhoc da utilizzare e acquistare una gift card di pari importo, in quanto i buoni non sono frazionabili. Una volta confermato l’acquisto, puoi tornare nella home della app, cliccare su GIFT CARD ed aprire l’ultimo acquisto effettuato per poter prendere visione della tua gift card di uno dei partner benzina scelto ed estrapolarne il codice del buono regalo.
[caption id="attachment_20459" align="aligncenter" width="155"] Gift Card[/caption]
Come utilizzare i buoni Cadhoc? Scopri le nostre guide online
Cadhoc è il buono regalo nato per erogare il welfare aziendale e premiare il personale aziendale e ringraziare clienti e fornitori. Vantaggioso per le aziende e, naturalmente, per i lavoratori che ricevono in dono questo tipo di servizio, offre agli utilizzatori la possibilità di scegliere tra tante soluzioni di impiego diverso. Nelle nostre guide online trovi tutte le informazioni per utilizzare Cadhoc nel modo che preferisci:
Guida per fare acquisti su Amazon;
Contatti
Facile, immediato, pratico. Il buono Cadhoc è un voucher versatile e moderno come quello inventato dal gruppo francese UP permette di fare. Per chiarimenti e info specifiche:
Telefono: 051 2106750. Dal lunedì al venerdì 9.00-12.30 / 14.30-17.00;
Bonus benzina 2023: l’agevolazione per i dipendenti
Anche per il 2023, a causa dei rincari subiti dai carburanti, il governo ha istituito il bonus benzina, un’agevolazione che i datori di lavoro possono decidere di erogare ai dipendenti come strumento di welfare aziendale per aiutarli ad ammortizzare le spese sostenute per il carburante.
Si tratta di un bonus che deve necessariamente essere erogato sotto forma di buoni carburante.
I maggiori vantaggi fiscali del bonus benzina, derivanti dal fatto che viene erogato sotto forma di buoni, sono:
è interamente deducibile e non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente se non supera i 200 euro;
non fa cumulo con i 258,23 euro previsti per l’erogazione dei fringe benefit esenti da tassazione.
Questo bonus benzina dello Stato sarà erogato fino alla fine del 2023 (e il dipendente può usarlo fino alla data di scadenza che è riportata su tale buono).

Gennaio 12, 2023
News
UP DAY SI QUALIFICA COME SOCIETÁ BENEFIT
E’ con grande orgoglio che annunciamo che da oggi Up Day è la prima filiale internazionale del Gruppo Up a qualificarsi come “Società Benefit”, affiancata nel progetto dalla società PwC.
La qualifica ha lo scopo di formalizzare l’impegno già assunto dall’azienda in ambito ESG sulle tematiche di equità, trasparenza, inclusività e vicinanza al territorio, che fanno parte del suo DNA e della visione di gestione aziendale, mutuati anche dalla Capogruppo, la francese Gruppo Up, che ha la stessa volontà di diventare “entreprise à mission” entro questo mese.
Cos'è una società benefit
La Società Benefit rappresenta un modello innovativo, che valorizza l’aspetto umano e sociale del fare impresa, poiché persegue, oltre agli obiettivi di profitto, una o più finalità di beneficio comune, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territorio e ambiente. Concetto giuridico introdotto in Italia nel 2016, come primo Paese UE dopo gli Stati Uniti, rappresenta un’evoluzione del concetto stesso di azienda. Non sono infatti una no profit ma rappresentano l’espressione di un paradigma più evoluto: integrano nel proprio oggetto sociale, oltre ai propri interessi economici e obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo (o di ridurre quello negativo) nei confronti della comunità e dell’ambiente, con l’obiettivo di creare anche del valore condiviso.
Un nuovo statuto societario
In tal senso, è stato modificato lo statuto societario di Up Day con la variazione della denominazione e l’inserimento nell’oggetto sociale delle attività che l’azienda si propone di perseguire per il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale a beneficio comune, che rientrano in 4 aree d’azione:
GOVERNANCE: promuovere e attuare un fare impresa sostenibile e trasparente nell’ambito della governance societaria e dei processi aziendali;
LAVORATORI: creare un ambiente lavorativo inclusivo e libero da qualsiasi forma di discriminazione, che possa garantire parità di opportunità a tutti i lavoratori, a prescindere dalle circostanze personali di ciascuno, permettendo di riequilibrare vita personale e professionale, promuovendo il benessere personale e la crescita professionale, anche nell’ottica della più proficua integrazione in azienda;
AMBIENTE: ridurre e, per quanto possibile, eliminare esternalità con impatto negativo sull’ambiente, implementando logiche di sostenibilità ambientale, anche al fine di contribuire alla transizione ecologica;
STAKEHOLDERS: valorizzare i territori e il loro tessuto economico-produttivo, selezionando nuovi piccoli esercizi commerciali locali che possano erogare i loro servizi nell’ambito dell’attività caratteristica della Società; supportare economicamente organizzazioni no-profit locali e non, coerentemente con i valori del Gruppo a cui la Società appartiene, sostenendo le categorie più deboli, promuovendone l’inclusione sociale e culturale nella comunità.
Le funzioni e i compiti volti al raggiungimento delle finalità di beneficio comune, previste dall’Oggetto sociale, saranno attribuite a un Responsabile affiancato da un Gruppo di lavoro dedicato.
La direzione di Up Day
“Diventare una Società Benefit è sinonimo non solo della naturale concretizzazione delle azioni compiute da Up Day negli ultimi anni, ma rappresenta anche la volontà di impegnarci affinché ogni nostra decisione e ogni nostra attività possa generare un impatto positivo. Siamo infatti convinti che la ricerca del profitto non possa più essere l'unico obiettivo che un'azienda deve perseguire: è sempre più importante prevedere di ridistribuire parte di questa ricchezza anche a chi ha contribuito a crearla, dipendenti e tutta la filiera con cui collaboriamo.
È quindi con molto orgoglio che annunciamo che Up Day è la prima filiale internazionale del Gruppo Up a qualificarsi come Società Benefit.” Dichiara Marc Buisson Presidente e Amministratore Delegato Up Day.
“La nostra azienda ha tra i suoi asset fondanti la responsabilità sociale e l’economia solidale, ed è infatti sempre stata orientata verso lo sviluppo e l’implementazione di pratiche sostenibili finalizzate a creare valore. La nostra volontà di essere vicini a temi sociali e di equità e trasparenza per rendere coerente il nostro percorso, si concretizza quindi in questa importante qualifica a Società Benefit.
Ed è proprio nell’ottica di equità e di valore partecipato, che anche quest’anno abbiamo deciso di condividere con i dipendenti gli ottimi risultati raggiunti erogando 2.700€ ciascuno, sotto forma di welfare aziendale, per affiancarli e supportarli nella vita di ogni giorno.” Conclude Mariacristina Bertolini Vicepresidente e Direttore Generale Up Day

Dicembre 29, 2022
Gestione Risorse Umane
Quali saranno le caratteristiche delle aziende del futuro?
Nei prossimi anni le aziende dovranno essere pronte ad affrontare il cambiamento che sta investendo la società e i settori produttivi. Ma quali sono le caratteristiche che devono avere le aziende del futuro per superare con successo le sfide di un mondo in continua evoluzione?
Negli ultimi anni la società ha subito trasformazioni profonde e repentine che hanno messo le imprese di tutti i settori di fronte alla necessità di innovarsi, affrontando profondi cambiamenti sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista culturale, per riuscire non solo ad adattarsi, ma a prosperare.
Per attuare un cambiamento che risponda alla necessità di innovazione dei processi e dei valori su cui si fonda una compagnia è importante sapere quali sono le caratteristiche che deve avere un’azienda del futuro. Vuoi saperne di più? Ne parliamo in questo articolo.
Organizzare il futuro: quali sono le sfide che deve affrontare un’azienda
La trasformazione digitale come strumento per dettare le regole del cambiamento
Obiettivo sostenibilità: un elemento fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici e sociali
Dalla struttura gerarchica al team work
La semplificazione del lavoro: un elemento fondamentale per l’azienda del futuro
Saper trattenere i talenti nell’epoca della great resignation
Organizzare il futuro: quali sono le sfide che deve affrontare un’azienda?
Già prima che la pandemia di Covid-19 facesse la sua comparsa sullo scenario internazionale, chi era alla guida di un’azienda si rendeva conto di essere al comando di una sorta di dinosauro in via d’estinzione. Giganti lenti e affaticati, resi impacciati da strutture organizzative troppo complicate e da un eccesso di burocrazia. Tutte caratteristiche di aziende organizzate per prosperare in un’epoca basata sulla standardizzazione e sulla prevedibilità, di cui la pandemia ha accelerato la definitiva scomparsa. In particolare, sono stati quattro i macro-trend emersi in questi ultimi due anni che hanno sancito la fine definitiva delle vecchie regole della gestione aziendale:
una maggiore connessione. L’interconnessione globale tra le persone a tutte le latitudini sta non solo accelerando il cambiamento, ma anche dettandone le regole. Le informazioni capaci di circolare liberamente e muoversi istantaneamente escludendo e, talvolta, sfidando le gerarchie esistenti sono portatrici di un inevitabile caos. Un caos che determina un’imprevedibilità dei cambiamenti che è allo stesso tempo positiva e negativa e che le organizzazioni devono per forza riconoscere e accettare, per poter prosperare;
automazione senza precedenti. Le tecnologie diffuse su larga scala e il basso costo di periferiche e macchinari stanno cambiando per sempre il modo in cui chi occupa posizioni di comando crea valore e migliora l’efficienza di un’organizzazione. Al contrario del passato, non c’è più bisogno che i lavoratori si trasformino in macchine per garantire la produttività di un’impresa;
riduzione dei costi di vendita. Il meccanismo del libero mercato, che è il motivo principale per cui le società di profitto hanno prosperato negli ultimi 200 anni, sta rapidamente diventando ininfluente perché sempre più persone si stanno organizzando nella gig economy, la cosiddetta “economia dei lavoretti”;
cambiamenti generazionali. I millennial e, ancora di più, i lavoratori appartenenti alla generazione Z, non si comportano nello stesso modo delle generazioni precedenti. Hanno necessità e priorità differenti e non hanno paura di lottare per ottenere condizioni di lavoro che gli permettano di ottenere un miglior work-life balance.
Come può un’azienda affrontare con successo queste nuove tendenze ed essere pronta per il cambiamento? Ecco le caratteristiche fondamentali delle aziende del futuro:
digitalizzazione;
sostenibilità;
self-governance;
semplificazione del lavoro;
capacità di trattenere i talenti.
La trasformazione digitale come strumento per dettare le regole del cambiamento
Oggi l’adattabilità è un fattore decisivo per un’azienda che abbia intenzione non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare. E saper accogliere le sfide della digitalizzazione è fondamentale per raggiungere questo obiettivo.
Da quando la pandemia ha reso necessario spostare una parte consistente delle attività dal mondo fisico a quello virtuale, sono molte le aziende che hanno deciso di investire nella tecnologia e in soluzioni software che migliorino l’efficienza dell’attività e la customer experience.
Molte imprese si sono trovate anche a fare i conti con il tema della sicurezza digitale, degli attacchi hacker e delle fughe di dati sensibili, che devono essere necessariamente risolti con investimenti mirati, così che i dipendenti possano lavorare serenamente e i clienti affidarsi all’azienda avendo la certezza di essere al sicuro.
Anche investire nell’intelligenza artificiale, per automatizzare e snellire determinati processi e migliorare la customer experience è un fattore comune a molte aziende che guardano con fiducia al futuro.
La trasformazione digitale impone anche alle aziende di investire nella formazione dei dipendenti, così da disporre di talenti formati per le professioni digitali del futuro.
Obiettivo sostenibilità: un elemento fondamentale per affrontare i cambiamenti climatici e sociali
La sostenibilità è forse una delle sfide più grandi che le imprese di oggi si trovano ad affrontare. Gli effetti dell’emergenza climatica e della pandemia non si possono ignorare perché hanno un impatto non trascurabile sull’immagine delle aziende e sulle loro possibilità di crescita:
adattare i processi per renderli compatibili con uno sviluppo sostenibile;
investire in politiche aziendali basate sui temi di rilevanza sociale;
adottare strategie di governance che tengano conto del mutato contesto sociale;
sono tutti obiettivi che sempre più imprese perseguono attivamente e continueranno a perseguire nel prossimo futuro.
Dalla struttura gerarchica al team work
La modifica delle strutture organizzative è un tema centrale per le aziende che non vogliono subire il cambiamento ma dettarne le regole. L’attuale struttura gerarchica a piramide che caratterizza l’organizzazione del lavoro di molte aziende verrà sostituita da reti di team caratterizzate dalla collaborazione e da un forte livello di autonomia, dove la leadership non è più affidata a una singola persona, che svolge anche il ruolo di supervisore. La responsabilità di eseguire il lavoro in modo corretto, di raggiungere gli obiettivi prefissati e affrontare i problemi è affidata a tutti i membri del team in uguale misura.
Questa modifica della struttura gerarchica, per avere luogo, dovrà comportare anche una circolazione più libera delle informazioni e un miglioramento della comunicazione interna.
La semplificazione del lavoro: un elemento fondamentale per l’azienda del futuro
La burocrazia e i processi aziendali troppo complessi sono diventati un ostacolo allo svolgimento delle attività lavorative in modo fluido ed efficiente. La maggior parte dei lavoratori e dei manager più attenti al cambiamento si aspetta che, nei prossimi anni, i sistemi e i processi aziendali vengano snelliti maggiormente, risultando più semplificati e dinamici. Anche l’ambiente di lavoro diventa più flessibile, con l’ufficio che non è più la sede di lavoro principale. Un cambiamento che ha già iniziato a manifestarsi con la diffusione dello smart working.
In questo contesto, i reparti delle risorse umane giocano un ruolo sempre più fondamentale e possono diventare la forza trainante del cambiamento:
rendere i conflitti costruttivi;
attuare una cultura meritocratica;
supportare la classe media del management nello sviluppare competenze volte ad ottenere il massimo dai team di lavoro;
pianificare la crescita del personale e del percorso di carriera nel rispetto delle inclinazioni di ciascuno.
La semplificazione del lavoro, inoltre, non può prescindere da nuovi metodi di valutazione delle performance.
La maggior parte dei lavoratori si aspetta, in futuro, un ambiente di lavoro in cui la valutazione delle prestazioni annuali individuali siano sostituite da feedback costanti forniti sia a livello individuale, sia a livello di team.
Saper trattenere i talenti nell’epoca della great resignation
Quella in cui ci troviamo adesso può essere definita come un’era post-digitale, in cui è in atto un profondo cambiamento culturale che può essere affrontato solo ascoltando le necessità dei lavoratori e andando incontro alle loro esigenze con misure di welfare aziendale che coinvolgano anche gli strumenti digitali. Così, accanto a benefit sempre apprezzati come i buoni pasto o i rimborsi per le spese di trasporto, i talenti millennials e gen Z che si affacciano oggi sul mondo del lavoro si aspettano un coinvolgimento totale attraverso soluzioni di:
smart working e forme di lavoro ibrido;
gamification;
comunicazione digitale, attraverso campagne sincere e trasparenti, che testimonino la responsabilità sociale dell’azienda;
team building e formazione continua.

Dicembre 27, 2022
Gestione Risorse Umane
Diversità e inclusione in azienda, le sfide del prossimo futuro
Un’azienda moderna non può ignorare la necessità di abbracciare un valore importante come l’inclusione. Ma quante sono le aziende che sanno cosa sia, esattamente, l’inclusione e come essere un’impresa inclusiva?
Tra le sfide che deve affrontare un’azienda moderna, la capacità di adattarsi ai cambiamenti della società e rendersi inclusiva è sicuramente una delle più importanti. Saper attuare dei cambiamenti per eliminare i fenomeni di discriminazione e dare a tutti i collaboratori le stesse opportunità di lavoro e di crescita può diventare un importante valore aggiunto per un’impresa.
Vuoi sapere se la tua attività è davvero inclusiva o come puoi renderla tale? In questo articolo puoi trovare spunti interessanti per aiutare la tua azienda a crescere anche sotto questo importante aspetto.
Che cosa si intende per diversità e inclusione
Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro?
Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva?
Come promuovere diversità e inclusione in azienda
Che cosa si intende per diversità e inclusione
Diversità e inclusione. Due termini quasi sempre associati l’uno all’altro, di cui si sente parlare sempre più spesso, in moltissimi ambiti della società. E che, spesso, vengono anche usati senza comprenderne appieno il significato o escludendone qualche aspetto importante.
Prima di vedere come un’azienda possa diventare inclusiva, partiamo dalla definizione di ciò che rende necessario affrontare questo cambiamento per poter definire il proprio brand e ambiente di lavoro come etico: la diversità.
La parola diversità viene utilizzata per indicare tutte le differenze che esistono tra le persone:
età;
genere;
abilità psicomotorie;
orientamento sessuale;
religione;
etnia;
background culturale e socioeconomico.
Il termine inclusione, invece, viene utilizzato per indicare tutte quelle strategie che l’azienda mette in atto per offrire le stesse condizioni di lavoro e opportunità a tutti i gruppi di persone che compongono le risorse umane dell’impresa.
Si può definire come inclusiva un’azienda capace di accogliere le diversità e favorirne l’integrazione all’interno dei team di lavoro, riconoscendo la diversità come un valore aggiunto e non come un punto debole.
Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro?
All’interno di una società in rapida evoluzione come quella attuale, le aziende non possono più ignorare le sfide legate al tema dell’inclusione. Ma quali sono i temi legati all’inclusività con cui un’impresa deve fare i conti in questo momento?
ricambio generazionale
uguaglianza di genere
superamento delle differenze etniche, religiose e culturali
Sono tre delle sfide che le aziende che desiderano favorire l’inclusione devono affrontare nel presente e nel prossimo futuro.
Ricambio generazionale
Entro il 2025 il 75% della forza lavoro sarà composto da “millennial”, cioè quella generazione di persone nate tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90.
Il loro ingresso nel mondo del lavoro e l’avvicendamento che sta avvenendo anche nei ruoli di leadership si riflette anche sulle politiche di inclusione delle aziende. Mentre le generazioni precedenti vedono la diversità come un insieme di etnie e demografie diverse da dover amalgamare in qualche modo, i millennial la vedono come un insieme di esperienze, background e prospettive individuali differenti che coesistono in un ambiente di lavoro capace di valorizzare e tirare fuori il meglio da ciascuna esperienza.
Uguaglianza di genere
Quello dell’occupazione femminile è un tema ancora molto attuale poiché il gender gap che riguarda il tasso di occupazione, il salario e la presenza delle donne nei ruoli di responsabilità è ancora molto ampio. Secondo il Gender Gap Report 2021 stilato dal World Economic Forum, in Italia la presenza delle donne nel mondo del lavoro si attesta al 56,5%, con un gender gap del 25%, con una presenza delle donne nei ruoli dirigenziali che non supera il 27%.
Eppure, un’indagine condotta dal Pew Research Center nel 2015 ha evidenziato i tanti punti di forza delle donne inserite nel mondo del lavoro:
sono migliori nell’elaborare compromessi;
mettono al primo posto valori come onestà ed etica;
lottano per ciò in cui credono;
sono più propense a riconoscere il giusto salario ai dipendenti;
sono più disponibili al mentoring aziendale.
Il più recente rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey (elaborato nel 2017), ha rilevato come le imprese che hanno attivato politiche per ridurre il gender gap e hanno una forte componente femminile nei loro team dirigenziali:
sono più competitive;
hanno il 21% in più di probabilità di sperimentare una redditività superiore alla media;
hanno più possibilità di migliorare le loro performance e creare valore a lungo termine.
Superamento delle differenze etniche, religiose e culturali
Le aziende si trovano sempre più spesso ad affrontare il tema delle differenze etniche, religiose e culturali. Non solo all’atto pratico, dovendosi magari occupare degli aspetti burocratici legati all’assunzione di un lavoratore di origini straniere, ma anche per quanto riguarda la valorizzazione delle diversità etniche, religiose e culturali che, se non accolte nel modo giusto, possono diventare una barriera invece di un’occasione di crescita.
Sempre il rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey ha evidenziato come le imprese dove i ruoli di comando sono affidati a gruppi di persone di etnie diverse possono arrivare a superare del 33% le performance delle aziende dello stesso settore che non curano allo stesso modo le politiche di inclusione.
Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva?
Riuscire ad affrontare queste importanti sfide legate al tema della diversità può rappresentare un grande vantaggio per le aziende, come dimostrano anche i dati raccolti dai vari sondaggi. Ecco quali sono i risultati positivi che si possono ottenere attuando una politica aziendale inclusiva:
miglioramento dell’engagement degli impiegati e dell’employer branding;
aumento della capacità di attrarre e trattenere i collaboratori più talentuosi;
aumento della produttività;
miglioramento della comunicazione e delle relazioni con i clienti.
Come promuovere diversità e inclusione in azienda
Una strategia di diversity e inclusion efficace deve avere alla base una visione organizzativa chiara, basata sulla situazione attuale dell’azienda e sugli interventi necessari a modificarla. Per promuovere nel concreto diversità e inclusione in azienda:
valutare la situazione attuale;
includere le politiche di diversity e inclusion nel core business;
saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti;
rendere inclusivo il processo di recruiting;
favorire e premiare trasparenza e meritocrazia;
usare il welfare aziendale come strumento di inclusione.
Valutare la situazione attuale
Per attuare un vero cambiamento orientato ad un approccio inclusivo è importante fare un’analisi obiettiva dell’ambiente aziendale per valutare la sua capacità di accogliere la diversità. Gli aspetti da prendere in considerazione per una valutazione di questo tipo sono:
la diversità dei profili presenti in azienda;
il livello di inclusione dei processi di recruiting;
il livello di turnover del personale;
la presenza dell’inclusività tra i valori aziendali.
Una volta analizzati questi punti si può predisporre un piano per l’introduzione di una politica aziendale inclusiva. In questa fase, può essere utile affidarsi ad un esperto di diversity management.
Includere le politiche Diversity e Inclusion nel core business
Il processo di promozione dell’inclusione come valore fondante di un’azienda inizia proprio dalla sua presenza nella cultura aziendale. Solo inserendo inclusione e diversità nella strategia aziendale sarà possibile rappresentarle e condividerle a tutti i livelli e farle diventare un punto di forza del benessere organizzativo.
Saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti
Le differenze in termini di esperienza, ruolo, preparazione, formazione e background culturale non devono essere viste come un limite, né come il pezzo di un puzzle da incastrare a forza in una casella dove non entra bene. Queste differenze sono proprio ciò che può rendere un team di lavoro più efficiente e performante, per questo le imprese dovrebbero garantire opportunità di crescita a tutti i livelli.
Rendere inclusivo il processo di recruiting
L’inclusione inizia già a partire dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro. Se questo è uno dei valori che la tua azienda intende perseguire, scrivere un annuncio che risulti inclusivo servirà ad attratte talenti in linea con la cultura aziendale. Il colloquio di lavoro e il successivo periodo di inserimento sono altri due momenti fondamentali per promuovere il concetto di inclusione e assicurarsi che la risorsa che si intende inserire in azienda sia davvero in linea con esso.
Favorire e premiare trasparenza e meritocrazia
Monitorare il livello di soddisfazione dei collaboratori, anche per quanto riguarda l’attuazione di politiche di inclusione aziendali, è fondamentale per creare un ambiente dove discriminazione e penalizzazioni causate dalle differenze di genere, etnia, orientamento sessuale o culturale non abbiano posto. Per questo è utile promuovere politiche di ascolto rivolte ai dipendenti, ad esempio attraverso la somministrazione di sondaggi o colloqui one-to-one.
In un’impresa dove la produttività e l’efficienza sono valutate in base al raggiungimento di determinati obiettivi, è importante anche adattare questi obiettivi alle singole capacità e attitudini.
Usare il welfare aziendale come strumento di inclusione
Tra gli strumenti più utili che una compagnia ha a disposizione per attuare una politica aziendale votata all’inclusione e garantire a tutti pari opportunità, il welfare aziendale è di sicuro uno dei principali. Adottare un piano di welfare che introduca misure come lo smart-working per favorire il bilanciamento vita-lavoro di chi ha una famiglia, promuovere corsi di formazione e percorsi di tutoraggio per i nuovi assunti, istituire una banca ore, attivare un sistema di car sharing per facilitare gli spostamenti dei dipendenti con difficoltà motorie, offrire benefit come i voucher welfare per premiare il raggiungimento degli obiettivi sono tutti strumenti che, se usati nel modo giusto, favoriscono l’inclusione.

Dicembre 22, 2022
Welfare Aziendale
Employee engagement, le strategie per coinvolgere i dipendenti in azienda
La felicità e la soddisfazione dei dipendenti giocano un ruolo fondamentale nel successo di un’azienda. Ecco perché non si può ignorare l’employee engagement, ossia il livello di coinvolgimento dei dipendenti nelle sorti dell’impresa.
Sapere se i dipendenti della tua azienda vengono al lavoro solo per senso del dovere o perché amano davvero ciò che fanno. Capire quanto i valori dei singoli collaboratori siano allineati con quelli della tua attività. Comprendere se i benefit e le attività di team building programmate influenzano in modo positivo il clima e la cultura aziendale. Questi sono solo alcuni dei fattori che puoi valutare misurando l’employee engagement della tua impresa.
Se non ne hai mai sentito parlare prima o non hai ben chiaro in che modo possa aiutarti a migliorare il tuo business, potrai trovare utili i nostri consigli e le strategie per misurare l’employee engagement e coinvolgere i dipendenti in azienda.
Che cosa si intende per employee engagement?
Best practices e strategie di employee engagement
Employee engagement ai tempi dello smart working
Che cosa si intende per employee engagement?
Quando si parla di employee engagement si intende il coinvolgimento dei dipendenti nell’ambiente lavorativo. Per coinvolgimento si intendono le percezioni dei lavoratori circa la propria interazione quotidiana con i colleghi e con l’azienda e l’allineamento con i valori e la cultura aziendale.
Ogni giorno i dipendenti di un’azienda compiono azioni e prendono decisioni capaci di influenzare i colleghi e l’azienda stessa. Ugualmente, il modo in cui una compagnia tratta gli impiegati e il modo in cui i lavoratori si rapportano l’uno con l’altro può influenzare positivamente il clima aziendale o mettere a rischio la stabilità dell’azienda.
Va da sé, quindi, che i dipendenti che si sentono coinvolti nell’attività dell’azienda e nel raggiungimento degli obiettivi, e condividono gli stessi valori che la ispirano sono in grado di favorire il successo dell’impresa per cui lavorano e migliorarne le performance.
Best practices e strategie di employee engagement
Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, in seguito alla pandemia è cresciuto il numero di lavoratori che non è più soddisfatto del proprio impiego ed è alla ricerca di nuove opportunità. Ma c’è di più: 1 dipendente si 4 dichiara che il suo senso di appartenenza all’organizzazione per cui lavora è fortemente diminuito tanto che, rispetto al 2020, l’engagement rate, cioè il tasso di coinvolgimento, è diminuito del 16%.
A dimostrazione di ciò, anche in Italia è sempre più diffuso il fenomeno della Great Resignation, cioè le dimissioni di massa che stanno interessando un po’ tutte le aziende del territorio, dalle più grandi alle più piccole. Come si può invertire questa rotta e migliorare l’employee engagement? Seguendo questi 5 consigli:
monitora l’employee engagement
ottimizza il processo di selezione del personale
offri formazione continua
investi nel benessere dei tuoi collaboratori con il welfare aziendale
Monitora l’employee engagement
Per sapere se la tua azienda sta andando nella direzione giusta, è importante monitorare periodicamente i livelli di soddisfazione e coinvolgimento dei dipendenti. Uno degli strumenti più utili che un’organizzazione ha a disposizione per ottenere un feedback dai propri collaboratori sono i sondaggi. Tra le risposte che indicano che un dipendente ha piena fiducia nella sua azienda e si sente coinvolto ci sono:
so cosa ci si aspetta da me e qual è il valore del mio lavoro;
ho le risorse e la formazione necessaria per svolgere al meglio il mio ruolo;
ho l’opportunità di dare il meglio di me ogni giorno;
l’importanza di ciò che faccio è spesso riconosciuta e premiata e mi vengono mosse critiche costruttive, quando è necessario;
mi fido del mio responsabile e so che ha a cuore i miei interessi;
le mie opinioni sono accolte nel modo giusto e tenute in considerazione;
ho l’opportunità di imparare e crescere dal punto di vista professionale e personale.
Se, dai sondaggi effettuati nella tua azienda, non emergono alcuni di questi aspetti, dovrai partire proprio da lì per aumentare il coinvolgimento dei tuoi collaboratori.
Ottimizza il processo di selezione del personale
L’employee engagement inizia nel momento stesso in cui un dipendente viene assunto. Per questo la prima cosa da fare è curare il processo di selezione del personale. Già a partire dall’annuncio di lavoro, un’azienda deve saper comunicare con chiarezza la propria mission, gli obiettivi e ciò che si aspetta dai propri collaboratori, ma anche i valori che ispirano il suo lavoro e i vantaggi che un collaboratore può ottenere. Questa stessa attenzione deve essere mantenuta anche nei primi colloqui e nella delicata fase di inserimento dei nuovi collaboratori in azienda.
Offri formazione continua
La formazione continua, il cosiddetto lifelong learning, è un elemento fondamentale per un’impresa che desideri avere una cultura aziendale solida e dipendenti gratificati. Offrire ai collaboratori la possibilità di acquisire nuove competenze, ma anche programmare attività di team building, contribuisce a far sentire i dipendenti apprezzati e tenuti nella giusta considerazione, migliorando il loro coinvolgimento nel successo dell’azienda.
Investi nel benessere dei tuoi collaboratori con il welfare aziendale
Uno degli strumenti più efficaci che hanno le aziende per dimostrare ai propri dipendenti quanto loro stessi e il loro lavoro siano tenuti in considerazione è il welfare aziendale. Tenere in giusta considerazione le necessità di ciascun lavoratore e offrire beni e servizi che lo aiutino a migliorare la qualità della propria vita e il bilanciamento tra lavoro e vita privata può davvero fare la differenza.
Per questo è importante che ogni azienda abbia attivo un piano di welfare ben strutturato, che comprenda misure capaci di accontentare le richieste dei lavoratori: dai buoni pasto allo smart working, dal rimborso per le spese di viaggio a quello per l’acquisto di testi scolastici per i figli dei dipendenti, sono tanti i benefit che un’azienda può mettere a disposizione dei collaboratori per aumentare il loro coinvolgimento.
Employee engagement ai tempi dello smart working
Tra i fattori che hanno contribuito a destabilizzare i costrutti aziendali esistenti e, di conseguenza, l’employee engagement, la pandemia da Covid-19 è di certo il più importante. Nel giro di pochissimo tempo, molte imprese hanno dovuto necessariamente modificare la propria struttura organizzativa per continuare ad operare anche durante i periodi di lockdown, attivando lo smart working per tutte quelle categorie di lavoratori che possono svolgere il proprio lavoro anche da casa.
La concessione dello smart working, in molti casi, ha intaccato le fondamenta di quei rapporti di lavoro che si basavano sulla presenza quotidiana dei dipendenti sul luogo di lavoro e sul controllo visivo.
Nuovi modelli organizzativi e stili di leadership
Il fatto che molti dipendenti, anche dopo la fine dello stato di emergenza, chiedano di rimanere a lavorare in smart working e siano addirittura disposti a licenziarsi se non ottengono questa agevolazione ha messo molte aziende di fronte a una sfida molto importante, che è quella di saper sviluppare nuovi modelli organizzativi e adottare stili di leadership che non siano più legati alla costante presenza in ufficio dei lavoratori.
In particolar modo, chi ricopre ruoli di management ha dovuto imparare a valutare il lavoro dei collaboratori in modo diverso: non attraverso il numero di ore trascorse alla scrivania, ma per la loro capacità di raggiungere gli obiettivi.
Nasce il digital workplace
L’assenza dei collaboratori dall’ufficio ha reso necessaria la nascita di quello che si può considerare come un ufficio virtuale. Il digital workplace è un ambiente fluido, dove le informazioni e le applicazioni aziendali sono raggiungibili da chiunque e in qualsiasi momento. Gli strumenti di comunicazione utilizzati normalmente nel privato vengono impiegati anche per il lavoro.
Un’opportunità certo, ma non priva di insidie. Per evitare che il digital workplace annulli la barriera tra vita privata e lavorativa e riduca i contatti diretti tra collaboratori è importante migliorare l’employee experience stabilendo dei limiti orari per garantire il diritto alla disconnessione e creare degli spazi di lavoro strutturati per favorire la comunicazione e il confronto.

Dicembre 20, 2022
Welfare Aziendale
Welfare manager: quali sono le caratteristiche di questa nuova figura professionale?
La crescente attenzione delle aziende verso il benessere dei dipendenti ha portato alla crescente richiesta di welfare manager, una figura che si occupa di gestire le strategie intraprese per favorire la soddisfazione dei dipendenti.
Sempre più persone, quando valutano le offerte di lavoro a loro disposizione, danno importanza non solo al compenso, ma anche ai benefit che le aziende mettono a disposizione dei dipendenti. Per questo il welfare aziendale è diventato una risorsa fondamentale per migliorare il clima aziendale, aumentare la produttività e riuscire a trattenere i collaboratori più talentuosi.
Introdurre in azienda una figura come quella del welfare manager è utile per garantire la creazione di piani di welfare ben strutturati e assicurarsi che funzionino nel modo giusto.
Vuoi saperne di più sui compiti e sull’importanza del welfare manager per il benessere di un’azienda? In questo articolo trovi tutte le informazioni che ti servono.
Chi è e di cosa si occupa il welfare manager
Quali competenze deve avere?
I compiti del welfare manager: dall’ideazione al monitoraggio del piano di welfare
Perché il welfare manager sta diventando un'importante figura professionale
Chi è e di cosa si occupa il welfare manager
Il welfare manager è una figura professionale che opera nel settore risorse umane dell’azienda. Il suo compito è quello di progettare, gestire e monitorare le politiche di welfare di un’azienda.
Negli ultimi decenni le imprese di tutte le dimensioni hanno iniziato a prendere sempre più coscienza dell’importanza di garantire il benessere e la soddisfazione dei collaboratori. Non solo perché è stato dimostrato da numerosi studi che avere dipendenti felici e soddisfatti migliori la produttività e riduca assenteismo e turnover. Ma anche perché la normativa è sempre più orientata a garantire il benessere dei lavoratori attraverso leggi e norme che obbligano le aziende a provvedere alle necessità dei dipendenti studiando dei pacchetti di benefit capaci di soddisfarle.
Una delle mansioni più importanti del welfare manager, che non va confuso con il rappresentante sindacale, è proprio quella di fungere da mediatore tra i lavoratori e l’azienda, intercettando le necessità dei primi e cercando di soddisfarle avendo sempre ben chiari gli obiettivi dell’impresa, compreso il rispetto delle misure previste dalla normativa e dai contratti collettivi.
Quali competenze deve avere?
Quella del welfare manager è una figura che ricopre un ruolo di grande responsabilità, che richiede la capacità di destreggiarsi tra competenze tecniche, gestionali, normative e amministrative. Per questo, la formazione di tale professionista, che può essere sia di tipo umanistico, sia di tipo scientifico, deve essere completata da capacità relazionali e organizzative.
Quando si ricerca un welfare manager per la propria azienda, tra le competenze da tenere in considerazione ci sono:
conoscenza approfondita delle regole e normative sul welfare sia per quanto riguarda il settore privato, sia per il settore pubblico;
qualità di leadership, project management e una buona capacità di problem solving;
saper gestire e collocare in modo efficiente le risorse economiche;
avere una buona predisposizione alla comunicazione interpersonale.
Inoltre, un professionista di questo tipo deve mantenersi sempre aggiornato sulle ultime novità riguardanti il mondo del lavoro, il settore in cui opera l’azienda per cui lavora e le normative che interessano l’ambito del welfare.
I compiti del welfare manager: dall’ideazione al monitoraggio del piano di welfare
Uno degli strumenti più efficaci che le aziende hanno a disposizione per garantire il benessere e il corretto bilanciamento vita-lavoro dei dipendenti è il piano di welfare.
Tra i compiti del welfare manager c’è proprio quello di assicurarsi che questa strategia funzioni nel modo migliore. Come? Seguendo queste 5 fasi:
analisi dei bisogni dei dipendenti;
creazione del catalogo dei servizi di welfare;
acquisto dei beni e servizi previsti dal piano;
monitoraggio dei risultati.
1. Analisi dei bisogni dei dipendenti
In questa prima fase il manager, insieme al reparto delle risorse umane, attraverso sondaggi e interviste cerca di individuare quali siano i bisogni dei dipendenti. Ad esempio, la necessità di attivare lo smart working per migliorare il work-life balance, oppure la riduzione dei costi sostenuti per andare e venire dal lavoro. Ma anche la pianificazione di attività di team building utili a rafforzare la cultura e il clima aziendale.
Individuati i principali bisogni del lavoratore, è importante valutare anche i vantaggi fiscali per azienda e dipendenti delle eventuali misure necessarie a soddisfare queste necessità.
2. Creazione del catalogo dei servizi di welfare e definizione del budget
Il catalogo dei servizi di welfare è lo strumento che permette ai lavoratori di conoscere le agevolazioni alle quali può accedere e comporre un paniere di servizi in base alle proprie necessità e al budget stanziato dall’azienda in suo favore.
Contestualmente alla creazione del catalogo il welfare manager si occupa anche di definire il budget necessario a coprire le spese per il welfare.
3. Acquisto dei beni e servizi previsti dal piano
La terza fase del piano di welfare è l’acquisto dei beni e servizi da offrire ai dipendenti. Il compito del welfare manager, in questa fase, è quella di individuare i fornitori migliori, contattarli ed effettuare gli acquisti.
Contestualmente, il manager del welfare si occupa di scegliere la piattaforma più idonea per la gestione del piano. Come Day Welfare, la piattaforma che offre alle aziende un servizio personalizzato per la gestione dei piani di welfare: dall’area dedicata per l’HR manager al portale con App dedicata per i dipendenti, c’è tutto il necessario per garantire il successo e il corretto funzionamento di uno strumento tanto importante.
4. Monitoraggio dei risultati
Il successo di un piano di welfare risiede non solo in un’accurata pianificazione dei servizi ma anche in un attento monitoraggio della loro efficacia. Il compito del welfare manager, assistito dal reparto risorse umane, è quello di verificare che i benefit offerti ai dipendenti siano davvero in grado di soddisfare le loro necessità e rappresentino un valore aggiunto per l’azienda. Esaminando i dati raccolti, il manager può eventualmente decidere di intervenire per modificare e aggiornare il piano di welfare.
Perché il welfare manager sta diventando un'importante figura professionale
Secondo un’indagine svolta dalla Fondazione Ulaop-Crt all'Università degli Studi di Torino, durante la pandemia il 43,3% delle aziende prese in esame ha introdotto la figura del welfare manager e il 94% delle imprese continuerà ad offrire ai collaboratori le misure in aiuto delle famiglie che sono state attivate dalla pandemia.
In un mondo del lavoro dove il welfare aziendale sta assumendo un ruolo sempre più centrale nel garantire il successo di un’azienda, la figura professionale del welfare manager si sta rivelando sempre più indispensabile.
Se le grandi aziende già da tempo ne hanno compreso l’importanza, la stessa cosa non si può dire per molte imprese di piccole e medie dimensioni che solo recentemente stanno iniziando a comprendere i vantaggi del welfare.
Proprio per evitare che i benefit offerti ai dipendenti si rivelino inadatti e determino il fallimento del piano di welfare aziendale, è importante che anche le realtà con pochi dipendenti valutino la necessità di affidarsi a una figura formata appositamente per gestire uno strumento tanto delicato qual è il welfare aziendale.
Tanta è l’importanza del welfare manager che, seppure con una certa lentezza, stanno nascendo dei corsi di formazione specifici per chi voglia intraprendere una carriera di questo tipo, che richiede competenze trasversali e una buona capacità di esercitare la propria leadership.

Dicembre 05, 2022
Buoni Pasto
Tirocini e stage: tutto quello che c’è da sapere su rimborsi e buoni pasto
Il tirocinio, o stage, è uno strumento utile ai giovani per inserirsi nel mondo del lavoro. In questa guida abbiamo raccolto tutte le risposte alle domande sulla retribuzione per le varie tipologie di tirocinio, compreso il diritto a ricevere o meno i buoni pasto.
Quanto dovrebbe essere retribuito per legge uno stage o un tirocinio? Fino a qualche anno la risposta a questa domanda la potevano dare solo le aziende, che decidevano autonomamente se dare o non dare agli stagisti e ai tirocinanti un rimborso più o meno consono al loro contributo all’attività. Dopo anni e anni di abusi e di sfruttamento indiscriminato di giovani neolaureati ed alle prime armi, nel 2013 la riforma Fornero ha imposto che ad ogni tirocinio “formativo e di orientamento” debba corrispondere una qualche forma di rimborso spese, lasciando poi ai consigli regionali la responsabilità di definire le modalità e gli standard delle indennità di questi lavoratori con contratti atipici. Con la legge di Bilancio 2022, poi, sono state introdotte delle ulteriori novità riguardanti la retribuzione del tirocinio extracurricolare.
Vuoi saperne di più sulla retribuzione e sui benefit che spettano a coloro che svolgono un tirocinio? In questa guida trovi tutte le informazioni che ti servono.
Qual è la differenza tra stage, tirocinio curricolare e tirocinio extracurricolare?
Tirocinio curricolare: cos’è?
Tirocinio extracurricolare: cos’è?
Tirocinio extracurricolare: cosa dice la normativa?
Stage e buoni pasto: i tirocinanti possono riceverli?
Tirocinio extracurricolare: la mappa dei rimborsi
Qual è la differenza tra stage, tirocinio curricolare e tirocinio extracurricolare?
Chi vuole avvicinarsi al mondo del lavoro e ha poca esperienza può rimanere confuso nel sentir parlare di stage, tirocini curricolari ed extracurricolari, alternanza scuola-lavoro e così via.
Se, infatti, tutti questi termini si riferiscono a dei tirocini formativi pensati per far acquisire ai giovani competenze pratiche e aiutarli ad inserirsi nel mondo del lavoro, questi strumenti hanno delle notevoli differenze, sia per quanto riguarda le modalità di attuazione, sia per quanto riguarda l’eventuale retribuzione dovuta al tirocinante durante il suo periodo di formazione presso un’azienda.
Iniziamo subito col dire che stage è un altro termine che viene utilizzato per indicare il tirocinio, sia curricolare sia extracurricolare. La vera differenza è tra i due tipi di tirocinio:
Il tirocinio curricolare;
Il tirocinio extracurricolare.
Tirocinio curricolare: cos’è?
Il tirocinio o stage curricolare è una modalità di lavoro che si svolge all’interno di un percorso formativo ed è promosso direttamente dagli enti scolastici.
Uno studente, quindi, svolge lo stage o tirocinio curriculare mentre sta ancora studiando: in questo modo ha la possibilità di fare esperienza sul campo, acquisire nuove competenze che vadano ad arricchire il CV e verificare che quelle già acquisite siano funzionali al lavoro pratico.
Trattandosi di un progetto formativo finalizzato al completamento di un percorso di studi, il tirocinio o stage curriculare non è considerato come un convenzionale rapporto lavorativo subordinato, pertanto non prevede il diritto a ricevere alcuna retribuzione.
Per l’attivazione di un tirocinio curricolare, tuttavia, tra soggetto promotore, soggetto ospitante e tirocinante devono stipulare un’apposita convenzione e predisporre di un piano formativo condiviso.
Della categoria dei tirocini curricolari fa parte anche l’alternanza scuola-lavoro promossa nella scuola secondaria di secondo grado per aiutare gli studenti ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Tirocinio extracurricolare: cos’è?
Il tirocinio extracurricolare è uno stage che ha la finalità di aiutare i giovani o i disoccupati ad inserirsi o a reinserirsi nel mondo del lavoro. Secondo la normativa, si possono individuare tre tipologie di tirocini extracurricolari:
tirocini formativi e di orientamento. Sono percorsi finalizzati ad agevolare le scelte professionali e l'occupabilità dei giovani nel periodo di transizione tra scuola e lavoro. Questo tipo di tirocinio si rivolge alle persone che hanno conseguito un titolo di studio entro e non oltre 12 mesi;
tirocini di inserimento/reinserimento al lavoro. Sono percorsi che hanno la finalità di aiutare le persone a inserirsi, o reinserirsi, nel mondo del lavoro. Sono rivolti principalmente a disoccupati (anche in mobilità) e inoccupati. Possono prendere parte a questi tirocini anche i lavoratori che si trovano in regime di cassa integrazione
tirocini di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento in favore di disabili di cui all'articolo l, comma l, della legge n. 68/99, persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381/91 nonché richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale.
Tirocinio extracurricolare: cosa dice la normativa?
L’istituto del tirocinio è regolamentato in maniera generale dall’articolo 18 della Legge 196/1997. Nel 2012, con la Legge 92/2012, la definizione delle linee guida in materia di tirocini è stata demandata alle regioni.
Nel 2017, la Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano ha emanato le “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento”. Tra le regole stabilite da questo documento ci sono:
l’individuazione dei soggetti che possono fungere da promotori;
i limiti per i soggetti ospitanti, che non possono realizzare più di un tirocinio con il medesimo tirocinante;
la durata massima del tirocinio, che non deve essere inferiore ai due mesi (un mese per i tirocini svolti presso le attività stagionali) e non superare i 12 mesi per quanto riguarda i tirocini formativi e di orientamento e per i tirocini di inserimento/reinserimento al lavoro e i 24 mesi per i tirocini svolti da persone con disabilità;
i casi in cui il tirocinante può richiedere la sospensione dello stage, che comprendono maternità, malattia e infortunio;
le condizioni di attivazione, che prevedono che il tirocinante non possa sostituire i lavoratori subordinati nei periodi di picco dell’attività né il personale assente per maternità, malattia o ferie;
le modalità di attivazione e le garanzie assicurative che il soggetto ospitante deve garantire ai tirocinanti;
le modalità di attuazione del tirocinio;
il numero massimo di stagisti per azienda;
le funzioni del tutor che dovrà seguire lo stagista per tutta la durata del tirocinio;
l’importo minimo dell’indennità di partecipazione (la retribuzione per lo stage extracurricolare viene fissata autonomamente dalle regioni), che prevede una retribuzione su base mensile non inferiore ai 300 euro lordi. Nel caso in cui i tirocinanti siano lavoratori sospesi o precettori di forme di sostegno al reddito, in quanto fruitori di ammortizzatori sociali, l'indennità non viene corrisposta. L’indennità percepita per la partecipazione a un tirocinio è assimilata ai redditi da lavoro dipendente.
Inoltre, la Legge di Bilancio 2022 (Legge 234/2021, art. 1, commi 720-726), ha introdotto delle misure per contrastare gli abusi che possono verificarsi durante lo svolgimento dei tirocini extracurricolari.
Stage e buoni pasto: i tirocinanti possono riceverli?
Secondo quanto stabilito dalla normativa (Legge 122/2017) a poter usufruire dei buoni pasto sono i lavoratori titolari di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato e i collaboratori a progetto. Sono esclusi, quindi, coloro che partecipano a uno stage curricolare o extracurricolare.
Nulla, però impedisce al datore di lavoro di erogare i buoni pasto anche a coloro che prendono parte a uno stage, tanto che alcune regioni hanno previsto questa possibilità nel definire gli importi minimi e massimi dei rimborsi spettanti agli stagisti. I buoni pasto non sono solo uno strumento di sostegno al reddito ideale per integrare l’indennità di partecipazione, ma anche di un’opportunità per l’azienda di fare employer branding e attirare risorse di valore.
Tirocinio extracurricolare: la mappa dei rimborsi
Come stabilisce la normativa, la cifra esatta che ciascuna azienda deve corrispondere ai tirocinanti viene decisa dalle singole regioni. Ecco la mappa dei rimborsi per lo stage extracurricolare regione per regione:
REGIONE
IMPORTO INDENNITÀ
ECCEZIONI
Valle d’Aosta
Indennità minima di €600 per 40 ore settimanali
L’importo si riduce se il tirocinante svolge meno di 40 ore di lavoro settimanali
Lombardia
€500 se il tirocinante svolge almeno l’80 del monte ore mensile
L’importo si riduce a 400 euro se allo stagista vengono corrisposti i buoni pasto o può usufruire della mensa aziendale
Piemonte
Indennità minima di €600 per 40 ore settimanali
Per il part time l’indennità minima è di 300 euro
Trentino Alto-Adige
· Provincia autonoma di Trento. L’indennità massima è di €600.
· Provincia autonoma di Bolzano. In caso di almeno 40 ore di presenza l’indennità oraria è di 4 euro per i maggiorenni e di 3 euro per i minorenni
È prevista una maggiorazione di €1,5 se il luogo di lavoro si trova al di fuori del comune di residenza del tirocinante
Friuli Venezia-Giulia
Indennità minima di €400 per almeno 30 ore settimanali e massima di €500 per 40 ore settimanali
L’importo è innalzato a €800 se il tirocinio è svolto presso un soggetto appartenente alla pubblica amministrazione
Veneto
Indennità minima di €450 se il tirocinante svolge almeno il 70% del monte ore settimanale
In caso vengano corrisposti i buoni pasto, l’importo minimo dell’indennità scende a €350
Liguria
Per l’impiego full time l’indennità è di 500 euro oppure di €400 più un rimborso spese di €100
In caso di presenza tra il 50 e il 69% l’importo viene ridotto a €250
Emilia-Romagna
L’indennità è pari a €450 mensili
Toscana
L’indennità è pari a €500 mensili
Lazio
L’indennità è pari a € 800 mensili a fronte di una frequenza minima del 70% del monte ore previsto dal CCNL di riferimento
Campania
L’importo dell’indennità minima è fissato a €500
Marche
Al tirocinante spetta un’indennità minima di €400 mensili che sale a €500 se il monte ore è di almeno 30 ore settimanali
Umbria
Indennità minima di €400 per 40 ore settimanali
Abruzzo
L’indennità corrisponde a €500 mensili
Basilicata
Indennità minima di €600 mensili
Molise
· Per i tirocini formativi l’Indennità massima è di €450 per 30 ore settimanali.
· Per i tirocini di inserimento/reinserimento l’indennità massima è pari a €400 per il part-time e ad €600 per il full time.
Puglia
Indennità minima €450 mensili
Calabria
Indennità minima di €400 mensili
Sicilia
L’indennità massima è di €500
Sardegna
L’indennità massima è di €600
Il tirocinante viene retribuito anche nel caso in cui usufruisca di ammortizzatori sociali

Novembre 25, 2022
News
RAPPORTO UP DAY SUGLI IMPATTI DEL WELFARE SOCIALE PER IL CONTRASTO ALLA VULNERABILITÁ
Secondo l’Osservatorio 2022 firmato Up Day e Tecnè, i buoni sociali si sono rivelati una misura molto efficace e apprezzata nel mitigare le situazioni di vulnerabilità sociale.
La crisi economica determinata dalla pandemia ha aggravato le condizioni socio economiche in Italia, generando nuova povertà e ampliando l’area della vulnerabilità. Rispetto al 2019, la situazione economica delle famiglie è peggiorata nel 44% dei casi, invariata nel 48%, mentre solo l’8% ha dichiarato un miglioramento.
Nell’ultimo anno, poi, un ruolo importante nel deterioramento della condizione socioeconomica delle famiglie italiane lo ha avuto anche l’inflazione. A ottobre i prezzi sono cresciuti dell’11,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, ma se si considerano solo i beni alimentari l’aumento è stato del 13,1%.
Il peso dell’inflazione ha spinto sotto la linea di galleggiamento milioni di individui. Con un tasso di inflazione tra il 12 e il 14%, il 35% delle famiglie (27 milioni di individui) vive una qualche forma di disagio, che va dalla povertà assoluta a una vulnerabilità lieve.
Una condizione che costringe le famiglie più esposte a far quadrare il bilancio con complesse strategie di contenimento delle spese. L’86% delle famiglie vulnerabili ha tagliato i consumi che riguardano l’abbigliamento, il 78% ridotto i consumi delle utenze domestiche, il 72% risparmiato sulla spesa alimentare e il 54% ha rinunciato a visite mediche.
É quanto emerge dal Rapporto firmato Up Day, azienda tra i leader sul mercato italiano delle soluzioni di benessere per le Imprese e le Persone, e Tecnè, tra i principali istituti di ricerca politiche, sociali ed economiche.
L’indagine si è svolta tra maggio e ottobre 2022, effettuando 3.011 interviste a un campione di maggiorenni residenti in Italia, con un sovracampionamento di responsabili e/o operatori dei servizi sociali (totale interviste: 203), beneficiari di buoni spesa sociali (totale interviste: 407) e beneficiari del reddito/pensione di cittadinanza (totale interviste: 401). Per le analisi e le stime di contesto si è fatto riferimento alle banche dati ISTAT, MEF e INPS.
La ricerca ha messo in evidenza come la crisi economica abbia accelerato il diffondersi di nuove forme di povertà, con profili provenienti da classi sociali diverse, ma accomunati da condizioni di fragilità. Rientrano tra questi, coloro che vivono una condizione di povertà intermittente (determinata da condizioni negative, anche temporanee come una malattia o una spesa imprevista) e coloro che si ritrovano trascinati in una condizione di grave vulnerabilità economica perché il reddito che avevano ha perso potere d’acquisto. Da menzionare anche i “working poors” ovvero coloro che hanno un lavoro, ma che purtroppo non garantisce più un reddito sufficiente per una vita senza stenti: nel lavoro dipendente, l’incidenza della povertà tra il 2007 e il 2021 è salita dal 7 al 10% e nelle famiglie operaie dall’11 al 17%.
Le misure di sostegno: diversi impieghi e indici di gradimento
Per far fronte a questa situazione straordinaria, sono stati introdotti i “buoni spesa sociali” e il “reddito di cittadinanza”. Si tratta di due misure diverse, alternative e complementari.
I primi, finanziati con il Decreto Sostegni bis a partire dalla crisi pandemica, sono erogati dai Comuni per concedere una tantum aiuti alle famiglie vulnerabili in difficoltà per l’acquisto di alimenti, farmaci e beni di prima necessità; il secondo, presente sin dal 2019, è invece soprattutto pensato per individui disoccupati ed è una misura continuativa nel tempo.
Nella fotografia scattata dall’indagine, le persone coinvolte nei benefici della misura del reddito di cittadinanza, a settembre 2022, risultano circa 2.5 milioni, per un assegno medio mensile pari a 551 euro; i beneficiari del buono spesa sociale sono stati invece, per ogni singola erogazione finanziata dal 2021 al 2022, 1.9 milioni per un importo medio “una tantum” di 250 euro.
Inoltre, la ricerca evidenzia che il RDC è complementare al tasso di occupazione, con incidenza maggiore nel Mezzogiorno rispetto al centro-nord e a beneficio soprattutto della fascia di individui sotto la linea di povertà; i BSS, invece, si caratterizzano per una maggiore omogeneità sul territorio nazionale e una più elevata relazione positiva con l’occupazione, a sostegno principalmente delle famiglie vulnerabili e quella a povertà intermittente.
Questo tipo di configurazione socioeconomica è riscontrabile anche nella messa a terra dei due strumenti: infatti, mentre i BSS sono utilizzati in prevalenza per acquistare beni alimentari e bisogni primari, il RDC agisce su un raggio più ampio e meno diretto a soddisfare un bisogno specifico.
Le due misure sono poi state messe a confronto, per capire impatti e giudizi espressi dall’opinione pubblica, dai beneficiari dei buoni spesa, del reddito di cittadinanza e dai responsabili dei servizi sociali: tra questi ultimi, la valutazione del reddito di cittadinanza è del 63% ma i buoni spesa sociali sono considerati positivamente dal 100% degli addetti al settore. In generale, i BSS raccolgono un livello di gradimento più alto sia nell’opinione pubblica nel suo complesso che tra i singoli segmenti.
Come un bisturi, infatti, i buoni spesa sociali sono uno strumento mirato e preciso per l‘utilizzo che se ne fa. Inoltre, convertendo direttamente in consumi sono in grado di stimolare il mercato con performance migliori di altri ammortizzatori sociali.
Una misura da valutare anche nell’ambito delle proposte per la gestione della nuova disponibilità 2023, stanziata dal Governo.
“Dal Rapporto si evince come strumenti come i buoni spesa sociali siano un importante supporto per le famiglie più vulnerabili e per l‘economia reale, nell’attuale quadro d’incertezza economica. Auspichiamo che questo supporto alle famiglie possa avere continuità nel tempo, anche dopo i periodi strettamente emergenziali. Come Up Day, con ricerche come questa, vogliamo stimolare alla riflessione istituzioni e stakeholder del settore, con l‘obiettivo finale comune di favorire la società tutta” dichiara Mariacristina Bertolini, Direttore Generale e Vicepresidente Up Day.

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