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Cosa Sono i Buoni acquisto Cadhoc e Dove Utilizzarli
Luglio 19, 2024
I buoni acquisto Cadhoc sono una soluzione ideale per chi desidera fare un regalo versatile e sempre gradito. Questi buoni possono essere utilizzati in una vasta gamma di negozi e offrono una flessibilità che pochi altri regali possono eguagliare. Ma cosa sono esattamente i buoni shopping Cadhoc e in quali negozi possono essere spesi?
Cosa sono i buoni Shopping Cadhoc
Come utilizzare i buoni spesa Cadhoc
In che genere di negozi possono essere spesi
I vantaggi per i datori di lavoro che li acquistano
Cosa Sono i Buoni Shopping Cadhoc?
I buoni acquisto Cadhoc sono noti anche come buoni spesa o buoni regalo. Possono essere sia cartacei che digitali: è possibile stamparli quando necessario, ma possono essere utilizzati anche in formato digitale.
Possono essere utilizzati come premio per dipendenti, come regalo o come omaggio in contesti aziendali. La loro versatilità e facilità d'uso li rendono particolarmente apprezzati sia da chi li riceve che da chi li dona.
Questi buoni acquisto sono multibrand, il che significa che possono essere spesi presso oltre 30 mila partner convenzionati appartenenti a diverse categorie merceologiche. Per citarne alcuni: Amazon, Zalando, Decathlon, Q8, Esselunga, MediaWorld, ibs, Ikea, Trenitalia, OVS, Intimissimi, Airb&b, Tezenis, Tigotà e tanti altri.
I buoni regalo offrono una grande libertà di utilizzo perché non sono legati a un prodotto specifico. Ciò significa che dipendenti e collaboratori possono utilizzarli presso qualsiasi fornitore della vasta rete di esercizi convenzionati senza essere limitati a una sola piattaforma online o ad un negozio fisico.
Inoltre i buoni spesa Cadhoc sono 100% deducibili? Scopri qui tutti i vantaggi.
Come utilizzare i Buoni Spesa Cadhoc?
Per visualizzare i locali dove utilizzare i tuoi buoni Cadhoc, è necessario scaricare l'app ‘Buoni Up Day’ dagli store, oppure accedere al portale degli utilizzatori.
Nella home dell'app o del portale, puoi scegliere la soluzione che vuoi gestire tra buono pasto, Cadhoc e welfare. Una volta nella home della soluzione Cadhoc, sulla sezione MAPPA, inserendo la città e l’indirizzo è possibile visualizzare l’elenco dei locali sia dei buoni Cadhoc cartacei che digitali.
Oltre a trovare i punti vendita nella tua città dove spendere i buoni Cadhoc, nella sezione ONLINE puoi utilizzare Cadhoc per acquistare le Gift Card dei tuoi brand preferiti. Alcuni dei partner Cadhoc includono: Amazon, Zalando, Decathlon, Q8, MediaWorld, IBS, Ikea, Bata, Sephora, Maisons du Monde, Unieuro, La Rinascente, e molti altri.
In che genere di negozi possono essere spesi
I voucher acquisto o regalo sono l’deale per fare la spesa al supermercato, per comprare carburante o per fare shopping.
Per fare alcuni esempi: puoi usare il tuo buono Cadhoc per regalarti il tuo nuovo tablet, ma anche per acquistare articoli sportivi per te che magari vuoi iniziare a praticare yoga o pilates. Puoi organizzare il tuo prossimo viaggio oppure acquistare qualsiasi oggetto ti serva per arredare la tua nuova casa.
Questi sono solo alcuni esempi, il buono acquisto Cadhoc è uno strumento compatibile con tutti i comportamenti d’acquisto. L’unico che spendi nei brand più noti sul territorio nazionale e che può essere utilizzato per acquistare online tante Gift Card dei propri partner.
I vantaggi per i datori di lavoro che li acquistano
Per i datori di lavoro, imprese individuali o liberi professionisti, enti o aziende, il buono regalo Cadhoc, oltre a promuovere il benessere dei dipendenti e incrementare la loro motivazione, è regolamentato da una normativa fiscale che consente di ridurre i costi aziendali.
Interamente deducibile, esente IVA, senza oneri fiscali e per il 2024 la soglia di esenzione dei fringe benefit sale a 1000 euro per tutti i dipendenti e a 2000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico. Al superamento del limite stabilito, l’intero importo è soggetto a tassazione; entro questi limiti, possono essere inclusi anche i rimborsi delle utenze domestiche di acqua, luce e gas naturale (escluso GPL), delle spese di affitto e degli interessi sul mutuo della prima casa.
Per i premi e le somme erogati nel 2024, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività, come previsto dall’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta al 5%.
Tra i beneficiari dell’agevolazione rientrano i titolari di redditi da lavoro dipendente e di redditi assimilati (co.co.co, lavoro a progetto, amministratori, stagisti, ecc.).
È sufficiente scegliere il valore dei buoni, il taglio, la modalità di consegna (tramite app al dipendente o blocchetto cartaceo) e Up Day si occuperà di tutto il resto.
I buoni shopping Cadhoc rappresentano un'ottima soluzione per chi desidera fare un regalo versatile e apprezzato. Grazie alla loro ampia accettazione in molte categorie di negozi, offrono la libertà di scelta che pochi altri regali possono garantire. Che sia per un compleanno, un anniversario o un premio aziendale, i buoni Cadhoc sono sempre una scelta vincente.
Buoni Acquisto
Luglio 19, 2024
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ULTIMI ARTICOLI
Settembre 27, 2024
Welfare Aziendale
Come convertire il premio di risultato in welfare aziendale
Ad oggi, numerosi sono gli incentivi legati alla contribuzione e vari servizi offerti ai dipendenti che non costituiscono reddito da lavoro dipendente e sono deducibili dal reddito d’impresa, tra questi, può esserci anche il premio di risultato. Costituito generalmente per incentivare l’aumento della produttività, il premio di risultato può ora essere convertito in welfare aziendale. In questo articolo, esamineremo cosa sia il premio di risultato, come sia possibile convertirlo in welfare aziendale, quali siano i limiti e le regole da rispettare e quali siano le implicazioni fiscali di questa scelta.
Che cos'è il premio di risultato
Convertire il premio di risultato in welfare aziendale: è possibile?
Quali sono i limiti di conversione del premio di risultato in welfare
Tassazione del premio di risultato convertito in welfare
Come si converte il premio di risultato in welfare aziendale?
Vantaggi per aziende e dipendenti
Che cos'è il premio di risultato
Il premio di risultato, spesso chiamato anche premio di produttività, è una forma di retribuzione variabile che i dipendenti ricevono al raggiungimento di determinati obiettivi aziendali. Questi obiettivi possono variare dall'incremento del fatturato alla riduzione dei costi operativi, fino al miglioramento della qualità del prodotto o del servizio fornito dall'azienda.
Per usufruire del premio di risultato agevolato, vi deve essere un accordo territoriale o di 2⁰ livello con le parti sindacali che preveda espressamente la possibilità di usufruirne per la totalità dei lavoratori.
Il lavoratore può scegliere se ricevere il premio in busta paga. Le modifiche più recenti alla legge di bilancio che regola il premio di risultato e il welfare aziendale sono avvenute nel 2023 e poi revisionate per l’anno 2024. Per questi anni, l'imposta sostitutiva sull'IRPEF e sulle addizionali regionali e comunali per i premi di risultato è stata ridotta al 5%. Quest’aliquota agevolata può essere applicata su un importo massimo di 3.000 euro annui per i lavoratori dipendenti il cui stipendio non superi gli 80.000 euro, oltre la soglia del quale non è possibile accedere a questi vantaggi fiscali. Questi limiti si applicano ai premi di risultato erogati in base a obiettivi specifici e verificabili, come stabilito dagli accordi collettivi aziendali o territoriali.
Come poi chiarito dall’Agenzia delle Entrate, quest’agevolazione è applicabile anche nel caso in cui l'anno precedente non si sia percepito alcun reddito da lavoro dipendente o se il limite di 80.000 euro sia stato superato a causa di redditi diversi da quelli da lavoro dipendente.
Va tuttavia segnalato che, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta 59/2024, i premi di produttività possono beneficiare dell’imposta sostitutiva del 5% solo se:
almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione deve aumentare in un periodo adeguato
l’incremento deve essere verificabile tramite indicatori numerici stabiliti dalla contrattazione collettiva
anche se non necessariamente legato a un risultato incrementale, il valore raggiunto deve essere superiore a quello dell’anno precedente.
Convertire il premio di risultato in welfare aziendale: è possibile?
Come abbiamo visto, il premio di risultato è soggetto a tassazione, anche se agevolata. Tuttavia è possibile ricevere il premio spettante in forma totalmente esentasse. Come? Attraverso la conversione dello stesso in welfare aziendale, una pratica che sta diventando sempre più diffusa nelle aziende italiane, grazie anche agli incentivi fiscali previsti dalla normativa vigente. Questa conversione non è obbligatoria e può solamente essere effettuata qualora espressamente indicato all’interno dell’accordo negoziale. In questo caso, i dipendenti solitamente nel momento di erogazione del premio, possono decidere se ricevere il premio di risultato in denaro o in servizi di welfare.
Questo consente loro di usufruire di una serie di flexible o fringe benefit tra cui un’assistenza sanitaria integrativa, servizi di formazione o sussidi per l’istruzione dei figli a carico, buoni pasto, buoni carburante, servizi di previdenza complementare e molte altre aree legate al benessere personale e familiare.
Ma quali sono i vantaggi della conversione del premio di risultato in welfare? Uno dei principali è la totale esenzione fiscale e contributiva, che permette al lavoratore di ottenere un valore netto maggiore rispetto alla liquidazione del premio in denaro.
Quali sono i limiti di conversione del premio di risultato in welfare
È bene ricordare che la conversione del premio di risultato in welfare aziendale è soggetta a una serie di limiti e condizioni che è importante conoscere per poter sfruttare al meglio questa opportunità. In particolare, questi limiti riguardano principalmente l'importo massimo del premio che può essere convertito in welfare e le tipologie di servizi welfare ammissibili.
Importo massimo
Il dipendente può scegliere di convertire una parte o tutto l’importo di premio risultato in welfare aziendale, mentre la parte eccedente sarà soggetta a tassazione, qualora sia erogata in denaro. È fondamentale per i dipendenti e le aziende monitorare attentamente gli importi erogati e valutare la convenienza della conversione.
Tipologie di servizi welfare
Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è che non tutte le tipologie di welfare aziendale possono essere coperte dalla conversione del premio di risultato. La legge prevede che i servizi welfare debbano rientrare in specifiche categorie previste dall'art. 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Tra questi servizi, i più comuni sono:
Assistenza sanitaria integrativa
Contributi per la previdenza complementare
Spese scolastiche e formazione
Servizi di assistenza per familiari anziani o non autosufficienti
Tassazione del premio di risultato convertito in welfare
Come specificato in precedenza, la conversione del premio di risultato in welfare aziendale è soggetta a un trattamento fiscale agevolato. Infatti, i premi convertiti in servizi di welfare sono esenti sia dall'IRPEF che dai contributi previdenziali. Di conseguenza, l'intero importo del premio convertito può essere utilizzato per accedere ai servizi, senza subire le riduzioni dovute alla tassazione sui redditi da lavoro dipendente.
Esenzione fiscale
L’esenzione fiscale offre un notevole beneficio ai dipendenti, permettendo loro di ottenere un valore netto superiore rispetto alla liquidazione del premio in denaro. Ad esempio, un premio di 1.000 euro convertito in welfare aziendale mantiene il suo valore di 1.000 euro, mentre lo stesso premio liquidato in denaro verrebbe ridotto a causa delle aliquote IRPEF e dei contributi previdenziali applicabili.
Non imponibilità contributiva
Oltre all’esenzione fiscale, la conversione del premio di risultato in welfare comporta anche la non imponibilità contributiva sia per l’azienda che per il lavoratore dipendente. Questo significa che né il dipendente né l’azienda dovranno versare contributi previdenziali sull’importo del premio convertito. Questo aspetto rende la conversione in welfare particolarmente vantaggiosa, soprattutto per le aziende, che possono ridurre il costo del lavoro senza penalizzare i dipendenti.
Come si converte il premio di risultato in welfare aziendale?
Il processo di conversione del premio di risultato in welfare aziendale può variare a seconda delle procedure stabilite dall'azienda, ma generalmente segue alcune fasi comuni. Prendiamo come esempio il caso di Luca, che ha diritto a un premio di risultato pari a 2800 euro per l’anno 2024.
Comunicazione della scelta
Luca ha deciso di convertire parte del suo premio di risultato in welfare e pertanto deve prontamente comunicare la scelta al datore di lavoro; l’azienda in cui Luca lavora ha stabilito che la scelta deve essere presa entro il 31 marzo 2024 e ha messo a disposizione una piattaforma online dove è possibile gestire i servizi di welfare erogati. Luca non dovrà pertanto compilare alcun modulo di richiesta, ma gli basterà accedere alla piattaforma e comunicare la sua scelta direttamente lì.
Assegnazione e utilizzo del welfare
Luca sceglie di convertire 1.000 euro del premio di risultato che gli spetta in welfare. Una volta che Luca ha espresso la volontà di convertire il premio di risultato in welfare, l’azienda gli assegna l’importo totale di 1.000 euro in crediti welfare.
Vantaggi per aziende e dipendenti
La possibilità di convertire il premio di risultato in welfare aziendale offre numerosi vantaggi sia per i dipendenti che per le aziende. Nel caso di Luca, la scelta di convertire il premio di risultato gli permette di ottenere un valore netto (e quindi un potere d’acquisto) maggiore, grazie all’esenzione fiscale e contributiva.
Per l’azienda di Luca, offrire servizi di welfare aziendale rappresenta uno strumento di fidelizzazione e motivazione dei dipendenti, che può contribuire a migliorare il clima aziendale e la produttività. Inoltre, la riduzione del costo del lavoro derivante dalla non imponibilità contributiva rende questa opzione conveniente anche dal punto di vista economico.
In definitiva, la conversione del premio di risultato in welfare aziendale offre un’importante opportunità per migliorare la qualità della vita dei dipendenti e ottimizzare il valore delle retribuzioni variabili. È essenziale, tuttavia, che le aziende informino adeguatamente i propri dipendenti sulla possibilità e le modalità di conversione e sui vantaggi fiscali associati, affinché possano fare una scelta consapevole e vantaggiosa.
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Settembre 20, 2024
Welfare Aziendale
Welfare aziendale e spese scolastiche: tutto quello che c’è da sapere
Retta scolastica, libri, materiali, corsi supplementari. Il costo dell’istruzione per i figli può gravare in modo significativo sull’economia di una famiglia italiana media. Proprio per questo motivo, tra i vari servizi inclusi in un piano di welfare aziendale, i rimborsi relativi alle spese scolastiche sono particolarmente graditi dai lavoratori, poiché permettono di ottenere significativi risparmi economici e di affrontare con maggiore tranquillità le spese per l’istruzione dei figli a carico. In questo articolo, analizziamo nel dettaglio quali spese scolastiche possono essere rimborsate con il welfare aziendale, i limiti e i massimali di esenzione e altri aspetti rilevanti da considerare.
Quali sono le spese scolastiche rimborsabili con il welfare aziendale?
Quali sono i limiti e i massimali di esenzione?
Come attivare il welfare aziendale per le spese scolastiche?
Vantaggi e benefici del welfare aziendale per le famiglie
Quali sono le spese scolastiche rimborsabili con il welfare aziendale?
Come esplicitato nella Circolare n. 14 /E dell’Agenzie delle Entrate, alle famiglie italiane è data la possibilità di detrarre nella dichiarazione dei redditi fino al 19% delle spese scolastiche. Tuttavia, le aziende possono offrire al dipendente anche una serie di crediti di welfare aziendale che possono essere utilizzati per coprire o rimborsare alcune spese scolastiche.
Il welfare aziendale per le spese scolastiche è regolato dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), in particolare dall’articolo 51, comma 2, lettera f-bis, che fa riferimento alle spese sostenute dal dipendente a favore dei familiari per finalità educative.
Secondo il TUIR, le spese rimborsabili con il welfare aziendale includono:
Rette d’iscrizione ad istituti scolastici riconosciuti (dall’asilo nido ai master post laurea)
Le spese relative al pagamento delle rette scolastiche, per scuole private o istituti paritari oppure la retta universitaria, possono essere rimborsabili tramite il welfare aziendale. Questa possibilità rappresenta un significativo aiuto per le famiglie che scelgono un percorso educativo privato per i propri figli, permettendo di ridurre il costo complessivo dell'istruzione.
Mense scolastiche
Questo tipo di rimborso consente ai genitori di ottenere un rimborso parziale o totale dei costi sostenuti per il servizio di mensa scolastica dei figli, sia che si tratti di scuole pubbliche che private.
Frequenza a corsi estivi, extra-scolastici (pre o post scuola), ludoteche, ecc.
Alcuni piani di welfare aziendale includono il rimborso per corsi di lingua o altre attività extrascolastiche che contribuiscono alla formazione e crescita personale degli studenti. Questa categoria può includere anche attività sportive, culturali e artistiche, purché finalizzate all’educazione e allo sviluppo delle competenze dei bambini e ragazzi.
Iscrizione ai corsi per la patente di guida
Anche i corsi svolti per l’ottenimento della patente di guida possono essere rimborsabili tramite il credito di welfare aziendale.
Abbonamento ai mezzi pubblici o per i servizi di scuolabus
Il trasporto scolastico è un'altra spesa che può essere rimborsabile. Questo può includere abbonamenti a servizi di trasporto pubblico utilizzati dai figli per recarsi a scuola o, in alcuni casi, il rimborso delle spese per l'utilizzo di mezzi privati, come scuolabus privati.
Gite e viaggi d’istruzione
I viaggi di istruzione organizzati dalla scuola dell’obbligo o da enti di formazione secondari possono rientrare in alcuni piani di welfare.
Testi e libri scolastici e universitari e/o tool digitali necessari per la didattica a distanza (DAD) come PC o tablet
Un'altra categoria spesso inclusa è quella delle spese per l'acquisto di materiale didattico, come libri di testo, quaderni, cancelleria e dispositivi elettronici utilizzati per lo studio, come tablet e computer.
È comunque importante controllare quali servizi o materiali siano effettivamente rimborsabili secondo il piano di welfare stabilito dalla propria azienda, poiché non tutte le aziende offrono una copertura totale per questo tipo di spese.
Quali sono i limiti e i massimali di esenzione?
Quando si parla di welfare aziendale e spese scolastiche è sempre importante conoscere i limiti e i massimali di esenzione che sono consentiti da una parte dalla legge vigente e dall’altra dal piano di welfare offerto dall’azienda. I limiti in questione determinano l’importo massimo dei rimborsi che possono essere ricevuti da un dipendente senza incorrere alla tassazione applicabile.
Secondo la Legge di bilancio relativa al 2024 la soglia di esenzione per i dipendenti con figli a carico arriva a un massimo di 2.000 euro annui, mentre per gli altri lavoratori la soglia è pari a 1.000 euro.
Va però notato che, oltre al limite complessivo relativo a tutti i benefit di welfare aziendale, alcuni piani possono prevedere dei massimali specifici per ogni categoria di spesa. Ad esempio, un’azienda potrebbe stabilire un tetto massimo per il rimborso delle spese relative alla retta scolastica o al trasporto. Per questo motivo, è importante che le aziende informino prontamente i propri dipendenti circa il regolamento del proprio piano di welfare per spiegare quali siano i massimali applicabili. Se l’azienda offre una piattaforma digitale per la gestione dei servizi di welfare aziendale proposti, il dipendente potrà consultare servizi a disposizione e massimali applicabili direttamente lì.
Anche le modalità di rimborso delle spese scolastiche possono variare a seconda del piano di welfare proposto. In alcuni casi, il dipendente deve presentare la documentazione che attesta le spese sostenute (come ricevute o fatture) per ottenere il rimborso. Esistono tuttavia modalità alternative, come l’erogazione di voucher da utilizzare per le spese scolastiche.
Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che alcuni servizi di welfare non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali. Come detto in precedenza, alcune spese scolastiche possono essere detratte nella dichiarazione dei redditi, ma non è possibile cumulare la detrazione fiscale con il rimborso tramite welfare. Pertanto, è importante che il lavoratore dipendente sia a conoscenza di tutte le informazioni per poter scegliere l'opzione più vantaggiosa.
Come attivare il welfare aziendale per le spese scolastiche?
Se l’azienda mette a disposizione dei propri dipendenti una piattaforma online, attivare il welfare aziendale per le spese scolastiche è molto semplice. Sulla piattaforma, il dipendente può consultare i servizi offerti, verificare le soglie previste, caricare le ricevute delle spese scolastiche sostenute e richiedere il rimborso. In alternativa, il dipendente dovrà compilare dei moduli cartacei. Alcune aziende offrono anche un servizio di assistenza come incontri formativi e workshop per aiutare i dipendenti a navigare tra le opzioni disponibili e a comprendere al meglio come utilizzare i benefit a loro disposizione.
Vantaggi e benefici del welfare aziendale per le famiglie
Da una parte il welfare aziendale dedicato all'istruzione dei figli rappresenta uno strumento prezioso per un'azienda che desidera promuovere il benessere dei propri dipendenti, migliorare la propria reputazione e incrementare l’employee rentention, mentre dal punto di vista dei dipendenti i principali vantaggi sono derivanti dal trattamento fiscale agevolato di cui questi benefit godono, poiché non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.
Inoltre, per ricevere i rimborsi richiesti attraverso la dichiarazione dei redditi, i dipendenti devono attendere l'anno successivo a quello in cui la spesa è stata sostenuta e possono recuperarne solo una parte; invece, i rimborsi di welfare aziendale sono rilasciati nell’anno in cui la spesa è stata svolta (solitamente il mese successivo a quello in cui il lavoratore ha fatto richiesta).
Il welfare aziendale rappresenta, quindi, uno strumento potente per migliorare la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie. Le spese scolastiche, in particolare, costituiscono un’ingente spesa per molte famiglie italiane e poterle rimborsare tramite il welfare aziendale offre un concreto aiuto economico e permette ai lavoratori di incrementare il loro potere d’acquisto.099999'ì
Luglio 18, 2024
Buoni Pasto
Piramide alimentare: mangiare sano consapevolmente
La piramide alimentare è un modello nutrizionale ideato per spiegare in maniera facile e intuitiva la composizione degli alimenti cardine della dieta mediterranea. Con questa vengono elencati i cibi da consumare e in quali quantità: per rendere facile la comprensione dello schema, è stato pensato quindi di creare una struttura a piramide - nella quale inserire in base alle proporzioni gli ingredienti necessari per una corretta alimentazione. Dimentichiamo quindi diete stressanti, regimi alimentari estremi e il detox; seguendo lo schema della piramide alimentare si promette uno stile di vita sano e bilanciato.
La piramide alimentare come funziona
Piramide alimentare : i 6 livelli
Una soluzione per mangiare sano
Come funziona?
Il modello della piramide alimentare è piuttosto intuitivo, ma analizziamo velocemente come funziona. Grazie alla struttura piramidale, il procedimento è semplice: gli alimenti che stanno alla base della piramide sono quelli privilegiati e di cui il consumo deve essere maggiore. Salendo verso il vertice della figura, la quantità e la cadenza settimanale di assunzione degli alimenti si riduce. Ciò che si trova nella punta - per esempio - saranno gli ingredienti da mangiare settimanalmente con una cadenza più sporadica.
Ma quali sono gli alimenti inseriti nella piramide alimentare? La risposta sta alla base della composizione della dieta mediterranea. Gli alimenti si ripartiscono in un 50/60% di carboidrati, 20/30% circa di grassi e un 10% dalle proteine.
Piramide alimentare: i 6 livelli
La piramide alimentare si struttura su 6 livelli principali, che sono:
Alla base troviamo gli alimenti vegetali, ovvero frutta e verdura. Questi vanno consumati circa 5 volte al giorno, cercando di seguire le regole di stagionalità. Un ottimo consiglio è quello di consumare le verdure crude o preparate con metodi cottura leggeri, come al vapore o al forno.
Nel secondo livello la piramide ospita i glucidi - o carboidrati complessi. Pasta, pane, riso e tutti i cereali sono importanti per favorire energia al nostro cervello e a tutto il corpo. Si consiglia un consumo dalle 4 alle 6 porzioni al giorno, preferendo quelli integrali o a basso indice glicemico.
A metà del modello piramidale - al terzo posto - si posizionano i grassi o condimenti. Vanno consumate circa 2/3 porzioni a dì, in particolare l’olio extravergine di oliva. Altre fonti possono essere la frutta secca, l’avocado e i semi.
Al quarto livello troviamo latte, formaggi e yogurt - per apportare all’organismo una buona dose di calcio. Consuma circa 2/3 porzioni di questi alimenti, preferendo i formaggi magri e leggeri.
Quasi al vertice troviamo le proteine, ovvero carne, pesce, uova e legumi. Questi alimenti sono fondamentali per i muscoli, da consumare non troppo spesso - circa 1 o 2 volte al giorno.
Al vertice della piramide, infine, gli alimenti che vanno mangiati più sporadicamente. Sono dolci, snack, bevande zuccherate, insaccati e alcolici. Nessuno li demonizza, ma fai attenzione al consumo eccessivo di questi alimenti.
Una soluzione per mangiare sano
Se vuoi seguire un’alimentazione improntata sulla dieta mediterranea e la piramide alimentare - ma hai pochissimo tempo per organizzarti e cucinare - Nutribees potrebbe essere una soluzione importante. Compilando il test nutrizionale gratuito e inserendo alcuni dati sulla tua condizione fisica, ti verranno consigliati i piatti più adatti alle tue esigenze. Ogni settimana il servizio propone una scelta di più di 40 piatti a settimana, preparati da executive chef secondo la regola del piatto sano e i principi della dieta mediterranea.
Con Nutribees puoi ordinare quando vuoi e pagare con i buoni pasto Day.
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Luglio 11, 2024
Welfare Aziendale
Welfare aziendale e interessi sui mutui: cosa prevede la normativa
Il welfare aziendale è un tema cruciale per aziende e lavoratori, poiché mira a offrire una serie di benefici e vantaggi per migliorare la qualità della vita dei dipendenti. Di conseguenza, le normative che lo regolano vengono frequentemente aggiornate per rispondere alle attuali esigenze economico-sociali del Paese. In particolare, recenti modifiche legislative mirano a potenziare il benessere dei lavoratori e a facilitare l’accesso alla proprietà immobiliare. In questo articolo, forniremo un'analisi approfondita delle normative attuali, evidenziando i principali cambiamenti e le implicazioni per lavoratori e datori di lavoro per quanto riguarda gli interessi sul mutuo.
Welfare aziendale: una panoramica normativa
Principali novità del 2024
Interessi sui mutui: nuove disposizioni legislative
Rimborso degli interessi passivi del mutuo
Welfare aziendale e interessi sui mutui: quali i vantaggi per le aziende
Welfare aziendale: una panoramica normativa
Quando si parla di welfare aziendale si intendono quell’insieme di servizi o benefit offerti da un’azienda ai propri dipendenti, che hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita e il benessere sul posto del lavoro e nella vita di tutti i giorni. Le recenti normative italiane riflettono questa tendenza, introducendo misure che facilitano tali benefici e dimostrando l'importanza di integrare il supporto abitativo nelle strategie di welfare aziendale.
Pertanto, il 2024 porta con sé importanti cambiamenti nella normativa riguardante gli interessi sui mutui. Queste modifiche mirano a rendere più accessibile l’acquisto della casa, a supportare le famiglie e a stimolare il mercato immobiliare.
Principali novità del 2024
La più recente legge di bilancio ha introdotto in via sperimentale, per il solo anno 2024, un innalzamento della soglia dei fringe benefit (benefici e compensi esentasse) che le aziende possono offrire ai propri dipendenti. La nuova soglia è stata aumentata a 1000 euro per i dipendenti senza figli e a 2000 euro per quelli con figli, rispetto ai precedenti 258 euro.
A differenza dell’anno passato, nel 2024 i datori di lavoro potranno erogare direttamente o rimborsare ai dipendenti anche le somme destinate all'affitto della prima casa o agli interessi sul mutuo per la prima casa per un valore inferiore o uguale alle soglie stabilite. L'Agenzia delle Entrate chiarisce che, in assenza di una definizione precisa nella norma, il concetto di "prima casa" deve essere inteso come "abitazione principale", in linea con le detrazioni fiscali previste per gli interessi passivi sui mutui e i canoni di locazione. Pertanto, le spese coperte dalla disposizione devono riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti dal dipendente, dal coniuge o dai familiari, nei quali il dipendente o i suoi familiari risiedano abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le spese.
Inoltre, si precisa che, se il contratto di affitto o il mutuo è intestato al coniuge o a un altro familiare, sono rimborsabili sia le spese di affitto che gli interessi sul mutuo, purché l'immobile in questione costituisca l'abitazione principale del lavoratore. Per quanto riguarda le "spese per l'affitto", si deve considerare il canone indicato nel contratto di locazione registrato e pagato nell'anno.
Interessi sui mutui: nuove disposizioni legislative
Come chiarito dalla Circolare n. 5/2024, nell’anno corrente, le normative sui mutui ipotecari subiscono importanti cambiamenti, influenzando sia i datori di lavoro sia i dipendenti. Ma quali sono questi cambiamenti? Vediamoli insieme in dettaglio.
Cambiamenti nelle agevolazioni per i mutui giovani
Nel 2024, le agevolazioni sui mutui per i giovani sotto i 36 anni subiscono significative modifiche. Sebbene il Fondo di Garanzia e l'adeguamento al TEGM siano prorogati fino al 31 dicembre 2024, la defiscalizzazione sull'acquisto della casa e sul mutuo non sarà più applicabile. Pertanto, a partire da gennaio 2024, tornano in vigore le agevolazioni tradizionali per l'acquisto della prima casa:
Imposta di registro al 2%
Imposta ipotecaria di 50€
Imposta catastale di 50€
Aliquota ridotta dal 10% al 4% per le vendite soggette a IVA (in questo caso, le imposte ipotecarie e catastali ammonteranno a 200€ ciascuna).
Categorie Prioritarie
I commi da 9 a 13 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2024 introducono significative modifiche alle categorie prioritarie, includendo ora le "famiglie numerose" che soddisfano specifiche condizioni:
Nuclei familiari con tre figli di età inferiore ai 21 anni e un ISEE non superiore a 40.000 euro annui
Nuclei familiari con quattro figli di età inferiore ai 21 anni e un ISEE non superiore a 45.000 euro annui
Nuclei familiari con cinque o più figli di età inferiore ai 21 anni e un ISEE non superiore a 50.000 euro annui
Altre Categorie Prioritarie
Sempre la legge di bilancio, ci informa che, oltre alle famiglie numerose, ora rientrano nelle categorie prioritarie anche:
Giovani coppie coniugate o conviventi more uxorio, che abbiano costituito il nucleo familiare da almeno due anni
Nuclei familiari monogenitoriali con figli minori conviventi
Conduttori di alloggi di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati
Giovani di età inferiore a 36 anni
Rimborso degli interessi passivi del mutuo
Oltre alle agevolazioni sugli interessi dei mutui, il governo ha introdotto incentivi per la ristrutturazione delle abitazioni e l’adozione di misure di efficienza energetica. In questo caso, il rimborso può essere richiesto anche sugli interessi passivi nel caso di acquisto, costruzione o ristrutturazione di prima o seconda casa. Ma come? Vediamolo insieme.
Per richiedere il rimborso degli interessi passivi sul mutuo, il dipendente dovrà dichiarare le rate previste nel piano di ammortamento. Questo permetterà di calcolare la quota di interessi passivi rimborsabile. Il rimborso verrà poi accreditato direttamente sul conto corrente dove vengono addebitate le rate del mutuo intestato (o cointestato) al dipendente. Questo processo garantisce un supporto immediato e concreto, poiché il rimborso avviene contestualmente all'addebito della rata del mutuo.
Come comunicatoci nella legge di bilancio 2024, un vantaggio significativo del rimborso tramite credito welfare è che non è limitato al 19%, come nel caso della detrazione IRPEF. Questo è particolarmente utile per i dipendenti che pagano una quota di interessi passivi superiore a quella detraibile. In tali casi, il rimborso attraverso il credito welfare può rappresentare un'opzione più vantaggiosa rispetto alla detrazione fiscale.
Va notato inoltre che, oltre al rimborso tramite credito welfare, lo stesso dipendente ha la possibilità di detrarre gli interessi passivi del mutuo tramite la dichiarazione dei redditi, ottenendo il 19% sugli interessi sostenuti (fino a 4.000 euro per la prima casa e circa 2.000 euro per la seconda).
Welfare aziendale e interessi sui mutui: quali i vantaggi per le aziende
Il rimborso degli interessi sui mutui rappresenta uno dei benefit più apprezzati dai dipendenti, poiché riguarda un aspetto fondamentale della vita, cioè la propria abitazione, specialmente nel caso della prima casa. Questo tipo di beneficio non solo risponde a una necessità concreta, ma contribuisce anche a migliorare il benessere e la soddisfazione dei lavoratori.
Attivare un servizio di questo tipo può davvero aiutare le aziende a intercettare i migliori talenti sul mercato, rendendole più competitive nel recruiting, grazie all'immagine positiva acquisita. Inoltre, maggiori benefici migliorano l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti, riducendo l’assenteismo in modo significativo. Inoltre, in termini di employee retention, ossia della capacità di trattenere dipendenti, questo tipo di benefit può contribuire significativamente a una riduzione delle spese per l’azienda, causate da un elevato turnover.
Le normative introdotte nel 2024 in Italia in materia di welfare aziendale e interessi sui mutui riflettono un impegno concreto del governo nel migliorare il benessere dei cittadini e sostenere lo sviluppo economico. Le misure di welfare aziendale mirano a creare un ambiente di lavoro più supportivo e bilanciato, promuovendo al contempo la sostenibilità e l’innovazione. D’altra parte, le disposizioni sugli interessi sui mutui offrono un significativo supporto finanziario per le categorie prioritarie e i lavoratori in generale, favorendo l’accesso alla proprietà immobiliare.
È quindi fondamentale che aziende e cittadini siano informati e consapevoli delle opportunità offerte dalla nuova normativa, affinché possano trarne il massimo beneficio. La collaborazione tra settore pubblico e privato sarà cruciale per il successo di queste politiche, che rappresentano un passo importante verso un futuro più prospero e sostenibile p
Giugno 28, 2024
Buoni Acquisto
Nuovi Partner Cadhoc
Buone notizie per Cadhoc!
Da oggi, sulla app ‘Buoni Up Day’ e sul portale utilizzatori.day.it nuovi Partner saranno presenti per rendere il nostro buono acquisto ancora più cool!
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Cadhoc cartacei? Caricali in wallet
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Cadhoc digitali ? Procedi all’attivazione
Se invece hai dei buoni Cadhoc digitali, per iniziare il tuo shopping accedi in WALLET, fai click sul pulsante “Attiva buoni”, inserisci il tuo Codice Fiscale e il PIN di attivazione che hai ricevuto via mail e conferma. Questa operazione ti verrà richiesta solo la prima volta.
Scegli il partner
Dopo aver attivato i buoni Cadhoc puoi entrare nella sezione ONLINE e utilizzarli per acquistare le gift card dei nostri partner. Qui puoi selezionare i buoni Cadhoc da utilizzare e acquistare gift card di pari importo.
Contatti
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Giugno 18, 2024
Welfare Aziendale
Rimborso welfare e detrazioni 730, ecco cosa sapere
Il welfare aziendale comprende un insieme di beni e servizi offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti, finalizzati a migliorare il benessere e la qualità della vita lavorativa. Questi benefit possono avere un impatto positivo anche sulla dichiarazione dei redditi.
Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati. In questo modello, le spese detraibili e le spese deducibili operano in modo diverso per ridurre il carico fiscale. Le spese detraibili sono quelle che riducono l'imposta lorda in una certa percentuale, mentre le spese deducibili diminuiscono direttamente l'ammontare del reddito complessivo. Pertanto, se un contribuente ha sostenuto entrambe le tipologie di spese, il processo di calcolo sarà il seguente:
Determinazione del reddito imponibile: si sottraggono le spese deducibili dal reddito complessivo, abbassando così il reddito imponibile su cui sarà calcolata l'imposta lorda.
Riduzione dell'imposta lorda: una volta calcolata l'imposta lorda sul reddito imponibile, questa viene ulteriormente ridotta sottraendo una percentuale delle spese detraibili.
In questo articolo esploriamo in dettaglio come si dichiarino i premi risultato nel modulo 730 per poter usufruire appieno delle giuste e legittime agevolazioni.
I premi di risultato: cosa sono
Come dichiarare nel 730 i premi di risultato
I premi di risultato: cosa sono
I premi produttività o risultato sono incentivi economici che le aziende erogano ai dipendenti in base al raggiungimento di specifici obiettivi aziendali. Questi obiettivi sono solitamente collegati a miglioramenti della produttività, efficienza, qualità, innovazione e altri parametri di performance aziendale. Ecco una descrizione dettagliata di cosa sono i premi di risultato:
Caratteristiche dei Premi di Risultato
Finalità:
Incentivare le performance: i premi di risultato sono concepiti per motivare i dipendenti a raggiungere obiettivi specifici che migliorano la performance aziendale.
Allineare gli interessi: allineano gli interessi dei dipendenti con quelli dell'azienda, creando un maggiore coinvolgimento e impegno.
Determinazione degli Obiettivi:
Contratti aziendali o territoriali: gli obiettivi legati ai premi di risultato sono definiti attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali.
Indicatori di performance: gli obiettivi possono essere misurati attraverso vari indicatori come incremento di fatturato, riduzione dei costi, miglioramento della qualità del prodotto/servizio, ecc.
Pertanto, i premi di risultato sono compensi erogati ai dipendenti a fronte del raggiungimento di obiettivi aziendali. Possono beneficiare di una tassazione agevolata, con un'imposta sostitutiva del 10%, fino a un massimo di 3.000 euro.
Come dichiarare nel 730 i premi di risultato
La dichiarazione dei premi di risultato nel Modello 730 è un aspetto importante della gestione fiscale per i lavoratori che ricevono tali compensi. I premi di risultato, spesso legati al raggiungimento di obiettivi aziendali o individuali, possono beneficiare di una tassazione agevolata se rispettano determinati criteri.
Requisiti per la tassazione agevolata
Per beneficiare della tassazione agevolata sui premi di risultato, devono essere soddisfatte alcune condizioni:
Il premio deve essere previsto da contratti collettivi aziendali o territoriali.
Il lavoratore deve appartenere a un'azienda del settore privato.
Il premio deve essere legato a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.
Tassazione agevolata
Come detto in precedenza, se i premi di risultato rispettano i requisiti, possono essere tassati con un'imposta sostitutiva del 10%, fino a un massimo di 3.000 euro annui (4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro). Questo regime agevolato si applica solo ai lavoratori con un reddito da lavoro dipendente dell’anno precedente non superiore a 80.000 euro. Per i premi e le somme erogati negli anni 2023 e 2024, l'aliquota dell'imposta sostitutiva è ridotta al 5%.
I contribuenti hanno la possibilità di modificare la tassazione applicata dal datore di lavoro sui premi di risultato se questa risulta meno vantaggiosa, in una delle seguenti situazioni:
Opzione per Tassazione Ordinaria: se il datore di lavoro ha applicato l'imposta sostitutiva sui premi di risultato (punti 572, 576, 592 e 596 della CU 2024), il contribuente può optare per la tassazione ordinaria. In questo caso, i compensi saranno inclusi nel reddito complessivo e le imposte sostitutive già trattenute verranno considerate come acconti Irpef.
Opzione per Tassazione Sostitutiva: se il datore di lavoro ha applicato la tassazione ordinaria (punti 578 e/o 598 della CU 2024) sui premi di risultato, il contribuente può optare per l'imposta sostitutiva del 5%. Questa opzione è disponibile solo se il reddito di lavoro dipendente percepito nel 2022 non supera gli 80.000 euro. In questo caso, i compensi non saranno inclusi nel reddito complessivo fino a un massimo di 3.000 o 4.000 euro lordi e sarà applicata l'imposta sostitutiva del 5%.
Dichiarazione nel Modello 730
I premi di risultato devono essere riportati nella sezione "Redditi da lavoro dipendente e assimilati" del Modello 730. Il datore di lavoro rilascia al dipendente la Certificazione Unica (CU), che riporta anche i premi di risultato percepiti e l'eventuale tassazione agevolata applicata. È fondamentale riportare correttamente queste informazioni per evitare errori e sanzioni.
Ecco un modello step-by-step che mostra come dichiarare i premi risultato nel modello 730:
Verifica dei Requisiti:
Assicurati che i premi di risultato siano soggetti a tassazione agevolata (aliquota ridotta) e che rispettino i criteri stabiliti dalla normativa vigente.
I premi devono essere legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza, o innovazione.
Certificazione Unica (CU):
Il datore di lavoro deve fornire la Certificazione Unica (CU) che riporta l'importo del premio di risultato erogato e l'aliquota applicata.
Sezione da Compilare:
I premi di risultato devono essere indicati nel quadro C del modello 730, sezione "Redditi di lavoro dipendente e assimilati".
Nel rigo C4, inserisci l'importo del premio di risultato soggetto a imposta sostitutiva.
Aliquota Ridotta:
Se il premio di risultato beneficia dell'aliquota ridotta del 5%, specifica questo trattamento agevolato nella compilazione del modello.
Controllo e Conferma:
Verifica che tutti i dati inseriti siano corretti e che corrispondano a quanto indicato nella Certificazione Unica.
Presentazione:
Presenta il modello 730 entro la scadenza prevista per evitare sanzioni o ritardi nella ricezione di eventuali rimborsi.
La gestione delle detrazioni e dei rimborsi nel Modello 730 richiede attenzione e precisione. Conoscere le agevolazioni disponibili, i requisiti necessari e la corretta modalità di dichiarazione può aiutare a ottimizzare la propria posizione fiscale. Consultare un consulente fiscale o utilizzare strumenti di assistenza fiscale online può essere utile per evitare errori e sfruttare al meglio le opportunità di risparmio fiscale offerte dalla legislazione vigente.
Giugno 12, 2024
Buoni Pasto
Deducibilità e detraibilità dei buoni pasto, ecco cosa sapere
I buoni pasto sono uno dei benefit più diffusi tra le aziende con dipendenti che non possiedono una mensa aziendale. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulle normative che ne regolano l’erogazione e la tassazione.
Se le grandi aziende conoscono bene il servizio sostitutivo di mensa tramite buono pasto, non tutte le medie e piccole imprese sanno che anche con pochi dipendenti si può usufruire di un servizio dai molteplici vantaggi. In questo articolo troviamo informazioni utilissime circa detraibilità e deducibilità dei buoni pasto e i vantaggi fiscali per azienda e dipendenti.
Erogazione e tassazione dei buoni pasto: qual è la normativa vigente
Regole di utilizzo dei buoni pasto
Vantaggi fiscali dei buoni pasto
Detraibilità e deducibilità dei buoni pasto
Erogazione e tassazione dei buoni pasto: qual è la normativa vigente
I buoni pasto rappresentano un importante benefit per i dipendenti, regolato da specifiche normative fiscali. Secondo l’art. 51, comma 2, lett. c) del TUIR, i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente fino a determinati limiti: 8 euro per i buoni pasto elettronici e 4 euro per quelli cartacei. Questa esenzione consente ai datori di lavoro di fornire ai propri dipendenti un beneficio senza incidere sul loro reddito imponibile.
Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 122 del 7 giugno 2017 stabilisce quali categorie di lavoratori abbiano diritto ai buoni pasto, individua gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso attraverso i buoni pasto e specifica le caratteristiche che devono avere i buoni cartacei ed elettronici.
Le recenti normative, confermate anche per il 2024, prevedono che i buoni pasto possano essere utilizzati da una vasta gamma di dipendenti, inclusi quelli a tempo pieno, part-time, collaboratori continuativi e lavoratori in smart working.
Regole di utilizzo del buono pasto
Il titolare del buono pasto deve conoscere alcune caratteristiche del servizio:
i ticket consentono all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa dell’importo pari al valore facciale del buono pasto;
i buoni sono dei veri e propri titoli di legittimazione e costituiscono il documento che consente agli esercizi convenzionati di provare alla società di emissione l’avvenuta prestazione nei confronti del titolare del buono;
i buoni pasto spettano ai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non preveda una pausa pranzo; spettano inoltre ai soggetti che abbiano instaurato con l’impresa che li eroga un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
possono essere utilizzati per acquistare generi alimentari pronti al consumo nei supermercati e per usufruire della somministrazione dei pasti nelle attività di ristorazione;
i buoni pasto non sono cedibili, commercializzabili, né convertibili in denaro;
sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale. Non è previsto il resto;
si possono cumulare, e quindi utilizzare, fino a un massimo di 8 buoni contemporaneamente;
vanno utilizzati entro e non oltre la data di validità indicata sul buono. Non sono previste proroghe.
Vantaggi fiscali dei buoni pasto
L’erogazione dei buoni pasto comporta numerosi vantaggi sia per il lavoratore, sia per il datore lavoro, anche sotto il profilo fiscale.
Vantaggi fiscali dei buoni pasto per l'azienda
Le aziende che decidono di attribuire buoni pasto ai propri dipendenti godono di numerosi vantaggi fiscali. Oltre alla possibilità di detrarre integralmente i costi sostenuti per l’acquisto di buoni pasto, le aziende non sono tenute a operare ritenute contributive e previdenziali sul valore dei buoni, purché entro i limiti stabiliti dalla normativa. Questo riduce il costo del lavoro e permette alle imprese di offrire un benefit altamente apprezzato senza gravare eccessivamente sui costi operativi.
Vantaggi fiscali dei buoni pasto per i dipendenti
Per i dipendenti, i buoni pasto rappresentano un vantaggio fiscale significativo poiché non concorrono alla formazione del reddito imponibile fino ai limiti di 8 euro giornalieri per i buoni elettronici e 4 euro per quelli cartacei. Questo significa che i dipendenti possono beneficiare di un incremento del potere d’acquisto senza subire un aumento della tassazione. Inoltre, i buoni pasto non sono soggetti a contributi previdenziali, riducendo ulteriormente il carico fiscale complessivo per i lavoratori.
Quanto si risparmia con i buoni pasto?
Ecco un esempio concreto di risparmio per un’azienda con 10 dipendenti, ai quali vengono erogati buoni pasto elettronici dal valore facciale di €7,00.
Insomma, con l’erogazione dei buoni pasto, il dipendente non subisce oneri a carico in busta paga.
Detraibilità e deducibilità dei buoni pasto
I buoni pasto offrono notevoli vantaggi fiscali alle aziende, grazie alla loro detraibilità e deducibilità.
Detraibilità dell'IVA sui buoni pasto
La detraibilità dell'IVA sui buoni pasto dipende dalla loro forma. Per i buoni pasto elettronici, l’IVA è interamente detraibile con un'aliquota del 4%. Questa detraibilità si applica quando i buoni pasto vengono utilizzati in conformità con la normativa fiscale vigente. Tuttavia, per i buoni pasto cartacei, l’IVA non è detraibile. Questo cambiamento è avvenuto a seguito della soppressione dell’art. 19-bis1, lett. e) del D.P.R. n. 633/1972 da parte dell’art. 83 del D.L. n. 112/2008, che ha eliminato il riferimento all'indetraibilità oggettiva dell'IVA sui buoni pasto.
Deduzione dei costi dei buoni pasto
Le società con partita IVA possono detrarre al 100% i costi sostenuti per l’acquisto di buoni pasto, a condizione che questi siano erogati alla generalità o a categorie specifiche di dipendenti, come stabilito dalla Circ. n. 326/E/1997. Questa deduzione permette alle aziende di ridurre la base imponibile e, di conseguenza, l'imposta sul reddito delle società.
Deducibilità dei buoni pasto in smart working: cosa dice la legge?
Anche i dipendenti in smart working possono beneficiare dei buoni pasto, che rimangono deducibili alle stesse condizioni dei dipendenti che lavorano in sede. La normativa non distingue tra le modalità di lavoro, permettendo così alle aziende di incentivare il lavoro da remoto senza perdere i benefici fiscali associati ai buoni pasto.
Con la crescita del numero di lavoratori che svolgono le proprie mansioni in smart working molte aziende si sono chieste se fosse ancora necessario erogare loro i buoni pasto nelle giornate in cui i dipendenti non si trovano in ufficio e, soprattutto, se, per i buoni pasto erogati nelle giornate di smart working le agevolazioni fiscali continuassero a sussistere.
Sull’argomento si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello numero 956-2631/2020 resa dalla Direzione regionale del Lazio.
Analizzando l’attuale normativa riguardante i servizi sostitutivi di mensa e i buoni pasto, l’Agenzia ha stabilito che l’esenzione dalla tassazione prevista dal TUIR spetti anche nel caso in cui i buoni pasto vengano erogati a lavoratori in smart working in quanto il regime fiscale opera in maniera indipendente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
Ditte individuali e liberi professionisti
Il servizio buono pasto non è un’esclusività delle aziende di grandi dimensioni, delle PMI e i loro dipendenti. Anche altre tipologie di società possono acquistare ticket restaurant. In questi casi però non può essere applicata l’aliquota agevolata del 4% e cambiano altresì le modalità di deduzione della fattura.
I riferimenti legislativi a cui fare riferimento, in questo caso, sono:
DL 112/2008, art. 83, comma 28 bis;
Circolare Ministeriale 6/E del 3/3/2009 per la deducibilità.
Per maggiori informazioni relative a detraibilità e deducibilità per i buoni pasto per lavoratori con partita IVA, ditte individuali e liberi professionisti, consultare l’articolo che approfondisce la conoscenza in merito
Giugno 04, 2024
Buoni Pasto
Come avviene la tassazione dei buoni pasto in busta paga?
I buoni pasto fanno parte dei cosiddetti fringe benefit: beni e servizi aggiuntivi erogati dalle aziende ai propri dipendenti per migliorare la conciliazione vita-lavoro, assoggettati a una tassazione di favore. Ecco come vengono tassati in busta paga i buoni pasto cartacei e quelli elettronici.
I buoni pasto sono dei voucher erogati ai lavoratori dipendenti come servizio sostitutivo di mensa e possono essere utilizzati per acquistare pasti già pronti e prodotti alimentari. I lavoratori che li ricevono sono esentati dal pagamento delle tasse solo fino a determinate soglie stabilite dalla legge. Ecco un’utile guida sulla tassazione dei buoni pasto in busta paga aggiornata con le informazioni necessarie relative all’anno 2024.
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Perché i buoni pasto sono soggetti a tassazione?
C’è differenza tra la tassazione dei buoni pasto cartacei e quelli elettronici?
La tassazione dei buoni pasto per le aziende
La normativa che regola la tassazione dei buoni pasto
Perché i buoni pasto sono soggetti a tassazione?
Esistono diversi tipi di benefit che le aziende possono erogare ai propri dipendenti: i flexible benefits, che sono totalmente esenti dall’imposizione fiscale e contributiva (perché considerati complementari alla retribuzione ordinaria) e i fringe benefits, che, invece, sono soggetti a tassazione parziale perché considerati aggiuntivi rispetto alla normale retribuzione.
I buoni pasto fanno parte dei cosiddetti fringe benefits: beni e servizi considerati come retribuzioni aggiuntive, e quindi esenti dalla tassazione solo se il loro valore non supera le soglie indicate dalla legge. Se un’azienda eroga ai propri dipendenti dei buoni pasto il cui valore è superiore ai limiti stabiliti dalla legge, la differenza verrà inserita in busta paga e il lavoratore dovrà pagarci sopra tasse e contributi.
Inoltre, sia i flexible benefits che i fringe benefits hanno diritto ad essere tassati in maniera agevolata solo se vengono erogati a tutti i dipendenti, o a categorie omogenee di lavoratori.
C’è differenza tra la tassazione dei buoni pasto cartacei e quelli elettronici?
Oggi, le aziende che decidono di erogare ai propri dipendenti un servizio sostitutivo di mensa hanno la possibilità di scegliere se versare in busta paga un’indennità sostitutiva di mensa (indennità che, a parte alcuni rari casi, è totalmente soggetta a tassazione), oppure se offrire loro i buoni pasto.
I buoni pasto sono ticket in forma cartacea o elettronica, di importo variabile, che i lavoratori possono usare per acquistare pasti già pronti, ma anche prodotti alimentari di vario genere.
Al dipendente viene erogato un buono pasto per ciascuna giornata lavorativa. Se si tratta di buoni cartacei, a inizio mese gli viene consegnato un blocchetto contenente il numero di buoni corrispondente alle giornate lavorate nel mese precedente. Se si tratta di buoni elettronici, la card dei buoni pasto viene ricaricata con la cifra corrispondente.
Se il valore di ogni singolo buono pasto supera la soglia stabilita dalla legge, la differenza va inserita in busta paga.
Quindi, per rispondere alla domanda che dà il titolo a questo paragrafo: la tassazione dei buoni pasto è uguale sia per i buoni cartacei, sia per quelli elettronici. Se il loro valore supera le soglie fissate dalla normativa, la quota che eccede viene tassata. Ciò che cambia sono le soglie di esenzione dalla tassazione, più vantaggiose per i buoni elettronici.
Per quanto riguarda la detraibilità e la deducibilità, le società titolari di partita IVA possono dedurre al 100% i costi sostenuti per l’acquisto di buoni pasto, a condizione che questi vengano erogati alla generalità o a categorie di dipendenti. L’IVA, con aliquota al 4%, è interamente detraibile per i buoni pasto elettronici, mentre non è detraibile per quelli cartacei. Inoltre, i titolari d’azienda, i soci e le aziende individuali possono detrarre l’IVA al 10% e il 75% delle spese per un importo massimo pari al 2% del fatturato.
Anche i dipendenti e i collaboratori beneficiano di vantaggi fiscali. Secondo l’art.51, comma 2, lett.C del TUIR, i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente o assimilato e non contribuiscono alla determinazione della base imponibile contributiva. Per i buoni pasto digitali, l’importo complessivo giornaliero che non concorre a formare reddito lavorativo è fissato a 8 euro, mentre per i buoni pasto cartacei il limite giornaliero è fissato a 4 euro.
Dall’anno 2020 e ancora oggi, con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio relativa al 2020, le soglie stabilite sono le seguenti:
Buoni pasto esenti da tassazione fino al limite di 4 euro a buono per buoni cartacei
Buoni pasto esenti da tassazione fino al limite di 8 euro a buono per quelli elettronici.
Vediamo un esempio concreto della tassazione in busta paga dei buoni pasto cartacei e di quelli elettronici, utilizzando un’aliquota IRPEF convenzionale al 27% (senza tenere conto di eventuali detrazioni da lavoro dipendente o per carichi di famiglia).
Poniamo il caso che a un dipendente, nel mese di maggio, vengano erogati 20 buoni pasto di importo giornaliero pari a €8,50, per un valore di €170,00 complessivi.
Se i buoni pasto fossero cartacei, andrebbe inserita in busta paga la somma di €90 che è ottenuta moltiplicando la differenza tra la soglia di esenzione e l’effettivo valore del buono pasto. Se, invece, i buoni pasto erogati fossero in formato elettronico, in busta paga andrebbe inserito un importo di €10.
Di seguito la tabella con il calcolo degli importi da inserire in busta paga e delle quote INPS e IRPEF da versare, al fine di comprendere meglio la differenza di tassazione tra buoni cartacei e buoni elettronici.
BUONI PASTO CARTACEI
BUONI PASTO ELETTRONICI
VALORE BUONI PASTO (€8,50 x 20)
€ 170,00
€170,00
QUOTA DA INSERIRE IN BUSTA PAGA
(€4,50 X 20) €90
(€0,5 x 20) €10
INPS DA VERSARE (ALIQUOTA 9,19%)
€8,27
€0,91
IRPEF DA VERSARE (ALIQUOTA CONVENZIONALE AL 27%)
€24,30
€2,7
Perché ci sono più vantaggi fiscali se si usano i buoni pasto elettronici?
La recente introduzione della soglia di esenzione più alta per i buoni pasto elettronici li ha resi uno strumento più appetibile per aziende e dipendenti. Ma perché è stata operata questa scelta, da parte del legislatore?
La motivazione principale è che, aumentando la soglia di esenzione dei buoni pasto elettronici fino a 8 euro, si spera di incentivarne l’uso e favorire un progressivo abbandono del mezzo di pagamento cartaceo. Oltre ad essere più pratici da usare rispetto ai cartacei, infatti, i buoni pasto elettronici sono più facilmente tracciabili ed è più difficile che ne venga fatto un uso scorretto sia da parte degli utilizzatori, sia da parte degli esercenti.
Tassazione dei buoni pasto: i vantaggi rispetto all’erogazione dell’indennità in busta paga
Tra i servizi sostitutivi di mensa che l’azienda può erogare ai propri dipendenti non ci sono solo i buoni pasto, ma anche l’indennità sostitutiva di mensa: un importo che viene versato direttamente nella busta paga del lavoratore, come forma di indennizzo per l’assenza di una mensa aziendale dove poter consumare i pasti durante l’orario di lavoro.
Questo tipo di indennità non rientra nella platea dei fringe benefit che il datore di lavoro può erogare ai propri dipendenti, pertanto non è soggetta a tassazione agevolata, ma viene tassata per il suo intero importo.
Gli unici casi in cui questo tipo di agevolazione risulta esente da tassazione fino alla soglia (questa rimasta invariata) di 5,29 euro, sono rappresentati dal versamento dell’indennità ai lavoratori che operano nei cantieri edili, in altre strutture a carattere temporaneo o in unità produttive situate in zone dove siano assenti i servizi di ristorazione.
Sotto il profilo della tassazione, perciò, i buoni pasto, in particolare quelli elettronici, risultano più convenienti per i lavoratori, rispetto all’indennità sostitutiva di mensa, perché la tassazione agevolata riduce l’erosione del loro potere d’acquisto.
La tassazione dei buoni pasto per le aziende
L’azienda che decida di erogare i buoni pasto ai propri dipendenti ottiene numerosi vantaggi fiscali, poiché la loro tassazione prevede numerose agevolazioni.
Tra i vantaggi fiscali dei buoni pasto, anche per il 2024, figura la possibilità per i datori di lavoro di dedurre integralmente i costi relativi all'acquisto dei buoni pasto, a condizione che questi siano erogati alla generalità o a specifiche categorie di dipendenti. Inoltre, il datore di lavoro non è tenuto a operare ritenute contributive e previdenziali sul valore dei buoni pasto, come previsto dall’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR, che non concorre alla determinazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi.
Fino al 2008, l'IVA sui servizi alberghieri e di somministrazione di alimenti e bevande era indetraibile, fatta eccezione delle somministrazioni effettuate nei locali aziendali. Poiché i buoni pasto non rientravano in questa eccezione, l'IVA sui buoni pasto era considerata indetraibile. Con l’entrata in vigore dell’art. 83, D.L. n. 112/2008, è stata soppressa questa disposizione, eliminando così il riferimento all'indetraibilità oggettiva dell'IVA sui buoni pasto.
Come detto, il costo dei buoni pasto è deducibile al 100%. Ciò significa che le imprese che decidono di riconoscerli ai propri collaboratori possono recuperare il costo sostenuto per erogarli in maniera completa.
I buoni pasto elettronici, inoltre, sono soggetti ad un’aliquota IVA agevolata, pari al 4%, anch’essa totalmente deducibile.
Questo vale, però, solo per i buoni pasto elettronici. L’IVA versata dalle aziende per i buoni cartacei, che sono soggetti ad un’aliquota del 10%, non è deducibile in alcun modo.
La normativa che regola la tassazione dei buoni pasto
La normativa di riferimento che regola la tassazione dei buoni pasto è costituita da diverse norme. Le più importanti sono:
la circolare numero 26 E del 2010
l’articolo 51 dei TUIR
il decreto legislativo n°314 del 1997
La circolare numero 26 E del 2010 stabilisce che i buoni pasto siano equiparabili a compensi in denaro e non in natura, pertanto non è possibile convertire il loro valore in denaro.
L’articolo 51 dei TUIR intitolato “Determinazione dei redditi da lavoro dipendente”, aggiornato alla Legge di Bilancio 2020, che si esprime sia sulle soglie di esenzione, sia sulla cumulabilità dei buoni.
Secondo quanto stabilito al comma 2c, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o date in gestione a terzi. Lo stesso articolo, sempre al comma 2c, stabilisce che non concorrono a formare il reddito imponibile le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui esse siano rese in forma elettronica.
Al comma 3 bis viene poi specificato che l’erogazione di beni, prestazioni opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire attraverso l’erogazione di documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.
Questa è la normativa che riguarda l’imposizione fiscale sui redditi. I buoni pasto, però, sono soggetti anche a imposizione contributiva.
Il Decreto Legislativo n°314 del 1997, che ha modificato il TUIR, il Testo Unico sulle Imposte sui Redditi, proprio nella parte riguardante la determinazione dei redditi da lavoro dipendente, ha previsto l’allineamento della base imponibile fiscale con quella previdenziale.
Ciò vuol dire che i buoni pasto sono esenti dal versamento dei contributi fino alle soglie di 4 e 8 euro stabilite dalla normativa.
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Maggio 20, 2024
Welfare Aziendale
Flexible benefits: cosa sono e come funzionano
Oggi sempre più aziende sviluppano piani di welfare aziendale che prevedono di offrire ai dipendenti beni e servizi di varia natura. Scopri cosa sono i flexible benefit e perché sono vantaggiosi per aziende e lavoratori.
Negli ultimi anni è aumentato il numero delle imprese attente ai bisogni dei propri dipendenti e che decidono di rispondere a queste necessità con l’erogazione di beni e servizi per rendere più facile la loro vita lavorativa e familiare.
In questa guida troverai tutto ciò che vuoi sapere sui flexible benefit, cosa sono, come funzionano e quali sono le novità 2024 che li riguardano.
Cosa sono i flexible benefit?
Esempi di flexible benefit
Erogazione dei flexible benefit
Quali sono i vantaggi?
La tassazione dei flexible benefit
Differenza tra flexible benefit e fringe benefit
Esempi di tassazione dei flexible benefit per il 2024
Cosa sono i flexible benefit?
Sono sempre di più le aziende attente al benessere dei propri dipendenti che decidono di attuare dei piani di welfare aziendale per migliorare il cosiddetto “work-life balance”.
I flexible benefit sono uno dei punti cardine di questi piani di welfare aziendale. Si tratta, infatti, di un ventaglio piuttosto ampio di beni e servizi che i datori di lavoro mettono a disposizione dei propri dipendenti.
Oltre a migliorare e rendere più serena la vita dei lavoratori che possono usufruirne, i flexible benefit hanno anche il vantaggio di ridurre il cuneo fiscale, in quanto sono totalmente esclusi dall’imposizione di carichi contributivi e fiscali. Proprio tale vantaggio fa sì che molte persone scelgano di convertire in flexible benefit il proprio premio di risultato.
Perché un lavoratore dipendente abbia diritto a ricevere queste agevolazioni, l’erogazione dei benefit deve essere prevista dal CCNL di riferimento, oppure essere frutto di un accordo stipulato con le rappresentanze sindacali. A volte, sono le stesse imprese a prendere l’iniziativa di predisporre dei piani di welfare che comprendono anche i flexible benefit.
Esempi di flexible benefit
La categoria dei flexible benefit comprende un ventaglio piuttosto ampio di beni e servizi, che le aziende mettono a disposizione dei propri dipendenti per migliorare l’equilibrio vita-lavoro.
Tra i flexible benefit più diffusi ci sono:
servizi complementari di assistenza sanitaria;
servizio di mensa aziendale;
piani di previdenza complementare;
servizi dei settori benessere, cultura e salute (palestre, cinema e teatri);
buoni per lo shopping e buoni carburante;
corsi di lingua;
rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale;
somme o rimborsi erogati per l’accesso ai servizi di istruzione (anche asili nido e scuole materne) da parte dei familiari dei dipendenti, compreso il servizio di mensa e i servizi extrascolastici, come centri estivi e invernali;
borse di studio per i familiari;
somme o prestazioni erogati per l’accesso ai servizi di cura e assistenza agli anziani o ai familiari non autosufficienti;
servizi di babysitteraggio.
Modalità di erogazione
Quando un’azienda decide di erogare i flexible benefit ai suoi dipendenti ha a disposizione diverse soluzioni.
La prima prevede che, dopo aver individuato i beni e servizi di maggiore utilità per i propri collaboratori, l’azienda crei un “paniere” o “carrello della spesa”, che comprende tutti i benefit di cui possono usufruire, e metta a loro disposizione un budget prestabilito da investire in uno o più dei benefit offerti.
A questo carrello della spesa possono avere accesso anche i lavoratori che decidono di convertire il premio di produzione in servizi di welfare aziendale.
Un’altra modalità a cui ricorrono molte delle aziende che mettono a disposizione dei dipendenti i flexible benefit è quella di fare ricorso a una vera e propria piattaforma di welfare, come ad esempio Day Welfare.
Solitamente, le piattaforme di welfare consentono di progettare e gestire in maniera ottimale i piani di welfare, anche grazie ad accordi e convenzioni stipulati con aziende che si occupano di servizi alla persona, e con marchi commerciali famosi ed affidabili.
In più, le imprese che si affidano a una piattaforma di welfare, hanno la garanzia di mettere a disposizione dei propri collaboratori servizi sempre aggiornati e in linea con le loro esigenze.
Quali sono i vantaggi?
I flexible benefit sono preziosi strumenti che, se pianificati in maniera corretta, rappresentano una vera e propria opportunità di crescita sia per i lavoratori, sia per le aziende.
I lavoratori traggono beneficio dalla fruizione di questi benefit perché:
vedono migliorare la qualità della vita lavorativa e familiare;
hanno a disposizione un maggior potere d’acquisto dato anche dal fatto che i flexible benefit sono esenti da tassazione.
Tra i benefici per le aziende ci sono, invece:
la possibilità di ottimizzare i costi, dal momento che, anche per le imprese, la tassazione dei flexible benefit è agevolata;
l’incremento delle prestazioni dei dipendenti che si traduce in un aumento della produttività (ciò avviene in conseguenza del miglioramento della qualità della vita dei lavoratori);
una maggior fidelizzazione dei propri collaboratori.
La tassazione dei flexible benefit
I flexible benefit sono misure che godono di una tassazione agevolata tanto per le imprese, quanto per i dipendenti, sempre che vengano rispettati determinati vincoli.
Secondo quanto stabilito dalla legge, infatti, se i benefit sono erogati alla collettività dei dipendenti, o ad una categoria specifica di lavoratori e non sono convertibili in denaro, essi non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e sono esclusi anche dagli obblighi contributivi.
Le imprese possono dedurre dalle tasse i costi sostenuti per l’erogazione dei flexible benefit, in maniera totale o parziale, a seconda che la decisione di offrirli ai dipendenti sia frutto di una contrattazione collettiva o di un’iniziativa privata dell’azienda:
nel caso la contrattazione collettiva obblighi i datori di lavoro oppure questi stessi si obblighino mediante un regolamento aziendale specifico, il loro costo è interamente deducibile dalle tasse;
se, invece, è frutto di un’iniziativa privata, la deducibilità è parziale.
La principale normativa di riferimento per la tassazione dei flexible benefit è costituita dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che all’articolo 51 indica quali sono i criteri per la determinazione del reddito di lavoro dipendente e individua le soglie di esenzione e i tassi di esclusione dalla tassazione delle varie tipologie di agevolazioni riconosciute ai lavoratori dipendenti del settore privato.
Le circolari dell’Agenzia delle Entrate n° 28/E del 15/06/2016 e n°5/E del 29/03/2018, invece, forniscono ulteriori chiarimenti in materia.
C’è poi la Legge 208 del 2015, che sancisce un aumento dei servizi che possono essere compresi nella contrattazione, e quindi detassati, e amplia le tipologie di servizi per la famiglia già indicati nel TUIR.
Con la Legge di Bilancio del 2018, infine, anche i servizi di trasporto pubblico entrano a far parte dei fringe benefit a cui possono avere accesso i lavoratori dipendenti.
Più recentemente, il 30 dicembre 2023 è stata promulgata la Legge di Bilancio 2024 (legge n. 213/2023), la quale ha introdotto modifiche significative riguardo alle soglie di esenzione per i fringe benefit forniti dalle aziende ai dipendenti. Questi vantaggi speciali, utilizzabili per spese come utenze domestiche, affitto e interessi sul mutuo, sono detassati fino a 1.000 euro per tutti i dipendenti e fino a 2.000 euro per coloro che hanno figli. Questa esenzione include anche i rimborsi per il pagamento delle utenze domestiche e delle spese di affitto o interessi passivi sul mutuo per la prima casa.
L'agevolazione si applica a entrambi i genitori se il figlio è fiscalmente a carico di entrambi. Pertanto, se entrambi i genitori lavorano e hanno un figlio a carico, entrambi possono beneficiare dell'esenzione fiscale sui fringe benefit fino a 2.000 euro.
Tra i vantaggi offerti ci sono anche i buoni pasto, con un limite giornaliero di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per quelli digitali. Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, il limite di esenzione dalla tassazione è di 3.615 euro all'anno. Tuttavia, questo limite decade se il servizio viene fornito in alternativa al premio di produzione in denaro.
Differenza tra flexible benefit e fringe benefit
Per comprendere meglio come funziona la tassazione dei flexible benefit, bisogna compiere anche un’importante distinzione tra fringe benefit e flexible benefit.
Se è vero, infatti, che entrambe sono due categorie di beni e servizi concessi ai dipendenti dalle aziende, che spesso si sovrappongono, tra le due tipologie di agevolazione ci sono delle sostanziali differenze, che riguardano soprattutto l’inquadramento giuridico e la tassazione.
FRINGE BENEFIT
FLEXIBLE BENEFIT
sono beni e servizi accessori che vengono concessi al lavoratore come forma di remunerazione aggiuntiva rispetto al normale compenso
sono beni e servizi che vengono affiancati alla retribuzione, come misure di sostegno al reddito
possono essere inseriti nel contratto individuale del dipendente, anche senza essere previsti dal CCNL di riferimento o dagli accordi sindacali
vengono erogati alla totalità dei dipendenti, o ad una categoria omogenea degli stessi e sono previsti dai Contratti Collettivi di categoria, oppure sono frutto di contrattazioni sindacali o di iniziative private dell’azienda
concorrono, in tutto o in parte, a formare il reddito da lavoro dipendente
non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, per questo sono totalmente esclusi dall’erogazione di tasse e contributi
possono essere erogati in sostituzione totale o parziale del valore del premio di risultato
Queste sono le principali differenze tra le due categorie di benefit.
Spesso, il datore di lavoro decide di inserire nel paniere dei flexible benefit anche alcuni dei fringe benefit, come ad esempio i buoni spesa. In quel caso, essi sono esclusi dalla formazione della base imponibile solo per le soglie previste dalla legge.
Esempi di tassazione dei flexible benefit per il 2024
Per capire meglio come funziona l’imposizione fiscale nei riguardi dei flexible benefit, prendiamo ad esempio un paniere di beni e servizi-tipo erogato da un’azienda ai suoi dipendenti.
BENI E SERVIZI EROGATI
LIMITI DI ESCLUSIONE DALLA TASSAZIONE
Buoni acquisto e voucher
€1.000*
€2.000 per dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Buoni carburante
Il termine "bonus benzina" o "bonus carburante" si riferisce a buoni cartacei o elettronici che consentono l'acquisto di carburante o la ricarica dei mezzi elettrici. Questi buoni non sono tassati per i dipendenti e sono deducibili per le aziende, senza la necessità di accordi sindacali.
Attualmente, il bonus benzina è stato rinnovato anche per quest'anno con una soglia di 200 euro per ogni dipendente. Oltre tale limite, i buoni erogati concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF.
Assistenza sanitaria
€3.615 all’anno
(il limite decade se il servizio è fornito in sostituzione del premio di risultato in denaro)
Borse di studio per i figli dei dipendenti
Nessun limite
Acquisto dei testi scolastici per i figli dei dipendenti
Nessun limite
Accesso ai centri estivi e diurni per bambini
Nessun limite
Assistenza sanitaria ai parenti non autosufficienti
Nessun limite
Rimborso delle spese di acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico
Nessun limite
Erogazione di servizi di previdenza complementare
€ 5.164,57 all’anno
(il limite decade se il servizio è fornito in sostituzione del premio di risultato in denaro)
Un dipendente ha la possibilità di versare volontariamente una somma fino a un massimo di 5.164,57 euro a un fondo previdenziale e, contemporaneamente, può scegliere di destinare una parte del premio di risultato, pari a 2.000 euro, alla previdenza complementare.
Questo approccio può essere vantaggioso per il dipendente in termini di ottimizzazione fiscale e di costruzione di un piano previdenziale complementare.
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