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Esenzione fringe benefit, ecco che cosa cambia per il 2023

Luglio 04, 2023
Nel 2022 sono state tante le novità al Decreto Aiuti Quater di fine anno che riguardavano da vicino il mondo del lavoro. Ma cosa cambia nel 2023?
Per il 2023, grazie alla Legge 3 luglio 2023, n. 85, la soglia di esenzione aumenta a 3.000 €, ma solo per dipendenti con figli fiscalmente a carico. Il limite resta a 258,23€ per tutti gli altri dipendenti.
Cosa sono i fringe benefits e perché riconoscerli al dipendente
Soglia dei fringe benefits e incentivi: uno sguardo al passato
Quali sono le novità 2023 sulla tassazione dei fringe benefit
Fringe benefit e auto aziendali: cosa cambia nel 2023
Cadhoc il fringe benefit ideale per azienda e dipendenti
Cadhoc nel welfare aziendale
COSA SONO I FRINGE BENEFITS E PERCHÉ RICONOSCERLI AL DIPENDENTE
I fringe benefits sono beni e servizi erogati dalle aziende ai dipendenti su base volontaria, nell’ambito di politiche di welfare aziendale volte a migliorare la qualità della vita e la produttività dei collaboratori. Essi sono costituiti sia da strumenti e agevolazioni che migliorano e facilitano la vita lavorativa del dipendente, sia da benefici di cui i collaboratori possono usufruire nella loro sfera privata, durante il tempo libero, per perseguire i propri interessi, e a cui possono avere accesso anche le famiglie. Alcuni esempi sono i buoni spesa e i buoni acquisto per beni e servizi di vario genere, come viaggi e vacanze con il welfare aziendale.
I fringe benefits sono benefici accessori che, in passato, molte aziende vedevano solo come costi aggiuntivi da evitare il più possibile, oppure come vantaggi a cui avevano diritto solo i dipendenti delle grandi aziende. Il massimo che veniva concesso ai lavoratori era una gratifica in busta paga, più o meno generosa, se il bilancio di quell’anno mostrava un segno positivo.
Oggi, invece, sempre più imprese, anche di medie e piccole dimensioni, sono attente alle esigenze dei propri collaboratori e si sono rese conto del valore aggiunto che comporta la concessione di questo tipo di agevolazioni, a partire dallo smart working, sempre più diffuso. Questo perché ci si è accorti che i dipendenti appagati e soddisfatti sono più produttivi e rappresentano quindi un vantaggio per l’azienda, che vedrà così aumentare il proprio potenziale. Inoltre, i fringe benefit non concorrono a formare il reddito del lavoro dipendente (art. 51 comma 3 del TIUR), cosa che costituisce un altro grande vantaggio per il lavoratore.
Riconoscere i fringe benefits al dipendente significa investire nel capitale umano della propria impresa, e questo è importante perché:
I dipendenti che si sentono più gratificati e meno stressati sono più produttivi;
si crea un rapporto di fiducia più stretto tra l’impresa e i suoi collaboratori;
si riduce il turnover;
la reputazione aziendale subisce un miglioramento visibile;
le persone talentuose in cerca di lavoro vengono invogliate ad entrare a lavorare in azienda;
Inserire i fringe benefits nel proprio piano di welfare aziendale è conveniente per le aziende anche da un punto di vista fiscale, perché ad essi il fisco riserva una tassazione agevolata. In questo caso, l'importo esente dei fringe benefit di 3000€, può essere riconosciuto anche per i rimborsi delle utenze domestiche di acqua, luce e gas (sempre solo per i dipendenti con figli fiscalmente a carico).
SOGLIA DEI FRINGE BENEFIT E INCENTIVI: UNO SGUARDO AL PASSATO
Negli ultimi anni sono stati diversi gli interventi legislativi atti a incentivare i datori di lavoro a erogare beni e servizi per sostenere il reddito dei loro dipendenti e contrastare le numerose difficoltà di un periodo di crisi. Già nel 2020, anno della pandemia da Covid-19, il legislatore aveva previsto di raddoppiare la soglia di esenzione fiscale da 258,23 a 516,46 euro per l’intero periodo d’imposta 2020, confermando il raddoppio anche per l’anno 2021.
Per quanto riguarda l’anno appena passato, il 2022, è stato necessario fornire ulteriori incentivi e sostegni ai lavoratori a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia. Il governo ha quindi deciso di portare a 3000 euro il limite sotto al quale non sarebbero stati tassati i fringe benefit erogati dalle aziende ai propri dipendenti nel corso del 2022. Un altro aiuto ha riguardato la possibilità per i datori di lavoro di erogare ai propri dipendenti buoni carburante da 200 euro, che rimane anche per tutto il 2023.
QUALI SONO LE NOVITÀ 2023 SULLA TASSAZIONE DEI FRINGE BENEFIT
È bene ricordare che la norma a cui fare riferimento è l’articolo 51, comma 3, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina la tassazione del reddito da lavoro dipendente.
Ecco le novità introdotte nel 2023 dalla normativa:
Il limite di 3000 euro è valido solo per dipendenti con figli fiscalmente a carico. Il limite resta a 258,23€ per tutti gli altri dipendenti. Al superamento del limite stabilito, il valore è soggetto a tassazione per l’intero importo; nell’ambito di questo importo, possono essere riconosciuti, solo per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, anche i rimborsi delle utenze domestiche di acqua, luce e gas.
Resta la possibilità di riconoscere buoni benzina fino a un valore di 200 euro per ciascun lavoratore.
FRINGE BENEFIT E AUTO AZIENDALI: COSA CAMBIA NEL 2023
Un capitolo a parte merita ciò che riguarda fringe benefit e auto aziendali. L’auto aziendale è fra i fringe benefit più utilizzati dalle aziende, sia essa da utilizzare per esigenze personali del dipendente che per l’attività lavorativa (la cosiddetta auto ad uso promiscuo). Ma cosa cambia nel 2023?
Se fino al primo luglio 2020 era possibile usufruire di un fringe benefit del 30% indipendentemente dal livello di emissioni di CO2 del veicolo, a partire da tale data – 2023 compreso - la soglia da tassare risulta ridotta sulle vetture più ecologiche. Si passa infatti dal 30% al 25% per le percorrenze medie di 15.000 km l’anno e, per quanto riguarda i livelli di inquinamento, saranno premiati i veicoli elettrici o ibridi.
Quali sono i valori di inquinamento e le soglie di riferimento che incidono sulla percentuale del fringe benefit?
25% con emissioni CO2 inferiori a 60 g/Km;
30% con emissioni CO2 tra 61 e 160 g/Km;
50% con emissioni CO2 tra 161 e 190 g/Km;
60% con emissioni CO2 superiori a 190 g/Km.
Per conoscere la tassa dell’auto aziendale in fringe benefit è necessario consultare le tabelle ACI pubblicate ogni anno, che riportano valori differenti a seconda del modello del veicolo. In breve, in queste tabelle è indicato il costo chilometrico di ogni auto aziendale in base alle emissioni inquinanti. Come spiegato, più il mezzo è inquinante più risulta alto il conteggio, compresi gli oneri fiscali a esso collegati a carico del dipendente.
CADHOC IL FRINGE BENEFIT IDEALE PER AZIENDA E DIPENDENTI
Cos’è Cadhoc? È il voucher shopping di Up Day, soluzione perfetta per gratificare il personale, fidelizzare i clienti, premiare la forza vendita.
Un dono sempre indovinato, sia per chi lo fa che per chi lo riceve.
Chi riceve questa tipologia di voucher ha il vantaggio di decidere in che modo spenderlo. Può essere un voucher per fare shopping nelle migliori catene di negozi, oppure può essere convertito in buoni da spendere negli shop e-commerce più cliccati della rete.
CADHOC NEL WELFARE AZIENDALE
Cadhoc inoltre è la soluzione per i rinnovi contrattuali nazionali di categoria che prevedono flexible benefit obbligatori al loro interno. Il buono spesa per acquistare benzina, libri scolastici, alimentari ecc. che si adatta alle diverse esigenze dei lavoratori. Un esempio? Il contratto Metalmeccanico, Orafi e Argentieri, Telecomunicazioni e Confapi Comunicazione e Servizi Innovativi.
Il buono shopping universale per incentivare e motivare il personale, fidelizzare i clienti e premiare la forza vendita è l’ideale in ogni occasione dell’anno ed è la soluzione per gratificare in modo personale qualunque collaboratore, dal più tradizionalista al nativo digitale grazie alla sua spendibilità on e offline.
Tanti vantaggi fiscali alle aziende, perché Cadhoc è l’incentivo che soddisfa davvero i desideri di tutti.
Per avere maggiori info su Cadhoc:
Per acquistare i voucher shopping è a disposizione il Numero Verde 800834009 e la mail info@day.it.
Per acquistare direttamente Cadhoc l’e-commerce CadhocShop è la soluzione più immediata ed efficace.
Buoni Acquisto
Luglio 04, 2023
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Settembre 11, 2023
Buoni Pasto
Buoni pasto in maternità, che cosa stabilisce la normativa?
I buoni pasto rappresentano un benefit aziendale utilissimo e apprezzato sia dalle aziende che dai lavoratori. Ma si ha diritto a riceverli durante la maternità e l’allattamento?
I buoni pasto sono uno dei benefit aziendali più apprezzati dai lavoratori e, secondo la normativa, spettano a tutti i dipendenti subordinati. Si tratta di un servizio di mensa sostitutivo da utilizzare durante la pausa pranzo e non solo. Questi fringe benefit risultano vantaggiosi sia per gli impiegati che per l’azienda che li eroga tramite welfare aziendale, poiché grazie a questi è possibile ottenere diverse agevolazioni fiscali, oltre a favorire il benessere di tutti i lavoratori. Ma cosa succede quando la dipendente si trova in maternità? Scopriamolo in questo articolo.
Congedo di maternità: cosa sapere
Buoni pasto durante il congedo di maternità
Buoni pasto durante il periodo di allattamento
Come sostenere le lavoratrici con il welfare aziendale
Congedo di maternità: cosa sapere
Prima di tutto, è importante sapere che esistono diversi tipi di congedi di maternità e il riconoscimento dei buoni pasto dipende dalla fonte di erogazione. Ma andiamo con ordine e vediamo prima quali sono le differenze fra:
Maternità obbligatoria
Maternità facoltativa
Maternità anticipata
Maternità obbligatoria
La maternità obbligatoria, chiamata anche congedo di maternità obbligatorio, è il periodo in cui la dipendente deve astenersi obbligatoriamente dal lavoro durante la gravidanza e il puerperio o, in altri casi, a seguito di adozione o affidamento di minori. Questo periodo dura 5 mesi e può avere inizio:
durante i due mesi che precedono la data presunta del parto;
durante i tre mesi successivi al parto effettivo.
Oltre a essere un obbligo da parte del datore di lavoro, è anche un diritto indisponibile della lavoratrice. In altre parole, l’astensione dal lavoro non può essere in nessun caso oggetto di rinuncia, nemmeno in caso di ottime condizioni di salute della madre e del feto. L’INPS riconosce in questo caso un’indennità pari all’80% dello stipendio percepito dalla lavoratrice.
Maternità facoltativa
Una volta trascorso il periodo di congedo di maternità obbligatorio che, come abbiamo visto, è pari a 5 mesi complessivi, la lavoratrice ha il diritto di richiedere ulteriori mesi di astensione facoltativa dal lavoro dopo la nascita o l’adozione del figlio. Inoltre, la maternità facoltativa può essere richiesta da entrambi i genitori nei primi 12 anni di vita del figlio, quindi è un diritto riconosciuto anche al lavoratore padre. A differenza del congedo obbligatorio, viene indennizzato dall’INPS al 30% della retribuzione e può essere utilizzando anche sotto forma di permessi.
Maternità anticipata
In alcuni casi è possibile o necessario usufruire della maternità anticipata. Nello specifico, la lavoratrice può richiedere di anticipare il periodo di maternità obbligatorio quando sussistono gravi malattie o complicanze che possono compromettere la gravidanza oppure quando le condizioni lavorative o ambientali non possono essere ritenute consone per tutelare la salute del bambino e/o della donna. Lo stesso vale quando la donna è addetta a lavorazioni pericolose, pesanti e/o insalubri e non è possibile assegnarle altre mansioni compatibili con il suo attuale stato di salute.
Buoni pasto durante il congedo di maternità
Come accennato, il riconoscimento dei buoni pasto nel periodo di maternità obbligatoria dipende sostanzialmente dalla fonte di erogazione. Cosa vuol dire? Significa che le dipendenti hanno diritto ai buoni pasto durante tale periodo solo se il regolamento interno aziendale, il contratto individuale o la contrattazione li prevedono. Trattandosi di un elemento del trattamento economico e normativo che l’azienda è obbligata a garantire ai propri lavoratori, infatti, anche nel periodo di maternità dovrà essere garantito questo servizio.
Diversamente accade invece quando il buono pasto è erogato dal datore di lavoro su base volontaria, in assenza di un accordo individuale. In questo caso la lavoratrice non avrà il diritto a ricevere i buoni pasto.
In ogni caso, qualora la dipendente in maternità abbia diritto al servizio sostitutivo di mensa aziendale, questi non contribuiranno alla formazione del reddito da dipendente fino al limite giornaliero di 8 euro in caso di buoni pasto elettronici o di 4 euro in caso di buoni pasto cartacei.
È importante sapere che ciò che la legge prevede per la maternità obbligatoria vige anche in caso di paternità obbligatoria con l’unica differenza che invece di durare 5 mesi la sua durata è pari a 10 giorni.
E per quanto riguarda invece i buoni pasto durante il congedo parentale? A prescindere dai contratti collettivi e dalla modalità di erogazione, purtroppo, durante la maternità facoltativa e il congedo parentale non sono previsti questi benefit per i lavoratori.
Buoni pasto durante il periodo di allattamento
Tutte le donne dipendenti in maternità devono sapere che anche durante l’allattamento vengono maturati i buoni pasto. La Cassazione ha stabilito che la dipendente ha diritto al riconoscimento dei buoni pasto soltanto se la sua prestazione lavorativa è di almeno 6 ore al giorno o pari a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva. Infatti, l’erogazione dei buoni pasto è correlata al diritto a fare un intervallo in una giornata lavorativa con una durata superiore a sei ore.
Come sostenere le lavoratrici in maternità con il welfare aziendale
Ogni azienda può scegliere di sostenere i dipendenti che sono diventati genitori e, nello specificato, le neo o future mamme, in svariati modi. È possibile scegliere fra numerosi benefit come ad esempio i voucher welfare, che danno alle madri e ai padri la possibilità di acquistare beni e servizi necessari durante il periodo di maternità e per i bambini in generale (asili nido, baby sitter, ecc); i rimborsi spesa, i buoni regalo e molti altri ancora.
Oltre ai benefit citati, i datori di lavoro hanno a loro disposizione una vasta gamma di fringe benefit da scegliere in base alle esigenze dei propri dipendenti e dell’azienda stessa, che risultano convenienti per tutti in quanto prevedono numerose agevolazioni fiscali e contribuiscono al miglioramento del clima aziendale e del benessere generale dei lavoratori.

Settembre 04, 2023
Welfare Aziendale
Welfare aziendale: che cos’è e come funziona
Il termine welfare aziendale si usa per indicare tutte quelle misure messe in campo dalle aziende per garantire il benessere del lavoratore e favorire la conciliazione vita-lavoro.
Negli ultimi decenni si è assistito ad una contrazione progressiva delle misure di welfare pubblico, in particolare in ambiti come la sanità e le pensioni. Per questo motivo, le recenti normative orientate ad agevolare le iniziative di welfare finalizzate a sostenere e supportare il welfare pubblico hanno trovato terreno fertile nelle aziende private.
I datori di lavoro sono sempre più sensibili e interessati alla qualità della vita dei propri dipendenti, sia nell’ambiente di lavoro, sia nella vita privata. Tanto che sono sempre di più le aziende, anche di medie e piccole dimensioni, che decidono di attuare piani di welfare aziendale per sostenere e premiare i propri collaboratori.
Ma cos’è, di preciso, il welfare aziendale, e come lo si può applicare in concreto? Leggi la nostra guida per trovare le risposte a tutte le tue domande sul welfare aziendale.
Cosa significa welfare aziendale?
Come funziona il welfare aziendale?
Quando viene erogato il welfare aziendale
Come funziona il welfare aziendale in busta paga? Un esempio
Piani di welfare aziendale: gestione e finanziamento
Esempi di welfare aziendale
Welfare aziendale pro e contro
Piani di welfare: quando funzionano davvero?
Come accedere al welfare aziendale
Qual è la differenza tra fringe benefit e welfare aziendale?
Cosa significa welfare aziendale?
Secondo la definizione di AIWA (Associazione Italiana Welfare Aziendale) il termine “welfare aziendale” si usa per indicare tutte quelle somme, beni, prestazioni, opere e servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese, la cui finalità di rilevanza sociale li escluda, in tutto o in parte, dalla formazione del reddito da lavoro dipendente.
Rientrano, perciò, nell’ambito del welfare aziendale tutte le attività promosse dal datore di lavoro che contribuiscono a favorire il benessere dei dipendenti. Gran parte di queste attività, in particolare quelle cui è riconosciuta una rilevanza sociale, contemplano importanti vantaggi fiscali e contributivi tanto per l’azienda quanto per i lavoratori coinvolti.
Tuttavia, i vantaggi fiscali e contributivi non sono i soli benefici di cui godono le imprese e i lavoratori che hanno accesso al welfare.
Le misure adottate dalle aziende in questo ambito, offerte sia ai lavoratori, sia ai loro familiari, sono finalizzate a migliorare il work-life balance e la soddisfazione dei dipendenti.
L’impresa, invece, vedrà aumentare il benessere organizzativo, la motivazione e la produttività del personale.
Come funziona il welfare aziendale?
L’applicazione delle misure di welfare aziendale è diversa per ogni azienda, anche se tutte le imprese che scelgono di offrire delle agevolazioni ai propri collaboratori devono seguire lo stesso percorso, che si compone di almeno 5 fasi fondamentali:
analisi dei benefit e delle misure già adottate, dei costi e dei canali di finanziamento del piano (risorse proprie, premio di risultato);
analisi della popolazione aziendale e dei suoi fabbisogni;
progettazione del piano. Scelta delle misure di welfare più idonee a soddisfare le esigenze dei lavoratori, investimento delle somme necessarie alla sua attuazione, pianificazione degli obiettivi e individuazione delle modalità di erogazione dei benefit aziendali;
informazione dei dipendenti riguardo all’attuazione del piano di welfare, dei suoi contenuti e delle modalità scelte dall’azienda per erogare i benefit;
monitoraggio delle performance del piano di welfare.
L’azienda, quindi, dopo aver individuato eventuali misure di welfare già esistenti, analizza i bisogni dei propri dipendenti e pianifica di conseguenza un PWA (Piano di Welfare Aziendale) cercando di conciliare la disponibilità di risorse, eventuali obblighi contrattuali e le aspettative del personale.
Le misure che compongono il PWA possono essere:
di tipo organizzativo, ad esempio operando sull’orario di lavoro;
di tipo compensativo prevedendo ad esempio l’erogazione di prestazioni e servizi per la generalità o categorie omogenee di dipendenti.
È importante che il welfare aziendale non sia inteso in termini retributivi perché non è stato concepito dal legislatore per sostituire la retribuzione.
Quando viene erogato il welfare aziendale
La Circolare INPS numero 73 del 24 giugno 2022 fornisce novità importanti per ciò che riguarda il calendario dei pagamenti dell’indennità. In sintesi, i dipendenti riceveranno un bonus di 200 euro a luglio, mentre le altre categorie dovranno attendere il mese di ottobre per l’erogazione del bonus.
È stato inoltre rinnovato il CCNL Metalmeccanici, siglato da alcune organizzazioni sindacali e associazioni datoriali, che sarà valido per i prossimi 3 anni, fino al 30 giugno 2024. Tra le novità introdotte, i lavoratori del settore avranno diritto a 200 euro all'anno di flexible benefit, che potranno utilizzare per acquistare beni o servizi. Le aziende dovranno mettere a disposizione di tutti i dipendenti questi strumenti di welfare entro giugno di ogni anno, e i lavoratori avranno fino a maggio dell'anno successivo per usufruirne. I dipendenti con contratto a tempo indeterminato e determinato con almeno 3 mesi di anzianità nell'anno potranno beneficiare di queste novità e le aziende potranno offrire una gamma di flexible benefit tra cui scegliere.
Come funziona il welfare aziendale in busta paga? Un esempio
La modifica dell'articolo 51 del Tuir del 2016 ha reso il welfare aziendale uno strumento molto utile per ridurre il cuneo fiscale delle aziende. Il welfare aziendale prevede che l'azienda offra ai propri dipendenti dei benefici esenti da contributi e tasse. Vediamo insieme un esempio pratico.
Se l'azienda vuole erogare un premio di 1000€ al dipendente, dovrà spendere circa 1500€, in quanto il premio verrà tassato e il dipendente riceverà solo circa 700€. Invece, con il welfare aziendale, i 1000€ pagati dall'azienda sono netti per il dipendente e l'azienda risparmierà sul costo del lavoro.
Il welfare aziendale può essere attivato tramite un regolamento interno e può comprendere servizi e beni come voucher per la sanità, assicurazioni, corsi di formazione e attività sportive. In questo modo, l'azienda può migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti e allo stesso tempo ottenere vantaggi fiscali.
Piani di welfare aziendale: gestione e finanziamento
Negli ultimi anni si sono proposte sul mercato diverse imprese (i cosiddetti provider) che offrono servizi di supporto alle aziende che intendono implementare i propri piani di welfare aziendale con erogazione di flexible benefit.
Generalmente, quest’attività è gestita mediante piattaforme web: dei veri e propri portali all’interno dei quali i lavoratori trovano tutti i benefit messi a loro disposizione dal datore di lavoro, a cui possono attingere utilizzando i crediti welfare assegnati a ciascuno dall’azienda.
La fonte di tali importi dipende dall’origine del piano di welfare. Sostanzialmente, i crediti welfare sono riconducibili a tre macrocategorie di finanziamento:
Welfare contrattuale. Deriva da obblighi che il datore di lavoro si è assunto aderendo a un contratto collettivo nazionale o di secondo livello (aziendale o territoriale), oppure emanando un regolamento che lo vincola all’erogazione del welfare aziendale anche se l’iniziativa è volontaria e unilaterale;
Welfare derivato dalla trasformazione del Premio di Risultato aziendale (PDR). In questo caso, il welfare aziendale deriva dalla possibilità che il legislatore ha dato ai lavoratori di scegliere se ricevere il proprio premio di risultato sotto forma di un bonus in denaro, direttamente in busta paga, con tassazione agevolata al 10% o in misure di welfare non soggette ad alcuna tassazione;
Welfare volontario unilaterale, concesso in autonomia dal datore di lavoro in piena liberalità (in questo caso, secondo la legge, la deducibilità fiscale del PWA è limitata al 5 per mille del costo generale annuo del lavoro).
Esempi di welfare aziendale
Il welfare aziendale è un insieme di iniziative che ha come obiettivo principale il benessere e la salute dei lavoratori, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di assistenza sanitaria, mobilità e conciliazione tra vita privata e vita lavorativa. Il welfare aziendale si basa prevalentemente sull’erogazione di benefit che riguardano sia il lavoratore stesso, sia la sua famiglia:
Previdenza complementare;
Buoni carburante;
Buoni acquisto;
Sanità integrativa (assicurazione sanitaria);
Assistenza e cura dei familiari;
Educazione e istruzione dei figli: rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette di asilo nido, scuola dell’infanzia, doposcuola e centri estivi, acquisto di libri e testi scolastici;
Accesso ad attività culturali e ricreative: abbonamenti a cinema, teatri, musei e altri luoghi di cultura;
Rimborso delle spese di trasporto pubblico locale: rimborso delle spese sostenute per i viaggi di andata e ritorno dal lavoro;
Finanziamenti e mutui;
Acquisti (limitatamente ai fringe benefit, quindi, a 258,23€ annui per dipendente);
Corsi di formazione;
Buoni regalo.
Tuttavia, sarebbe errato confondere il welfare aziendale con la sola erogazione dei benefit.
Tra le tante forme che può assumere ci sono anche diverse iniziative che hanno lo scopo di offrire un maggiore sostegno alla vita lavorativa dei dipendenti come:
flessibilità oraria;
smart working;
telelavoro;
banca ore.
Welfare aziendale pro e contro
Il welfare aziendale rientra in una logica di “total reward” che rappresenta un’evoluzione del concetto di retribuzione tradizionalmente inteso.
Ragionando in termini più generali di compensazione piuttosto che di retribuzione, tutte le risorse e i vantaggi che l’azienda mette a disposizione dei propri collaboratori per riconoscerne e valorizzarne l’impegno sono enfatizzate e ottimizzate.
I vantaggi che derivano da questo approccio sono connessi al miglioramento del riconoscimento dell’impegno reciproco e del senso di appartenenza. Esistono quindi vantaggi sia per il dipendente che per l’azienda.
I vantaggi per i lavoratori
Se il welfare aziendale riesce a incidere positivamente sulla qualità della vita e sul benessere dei dipendenti, questi lavoreranno con maggiore soddisfazione e in condizioni di maggiore sicurezza e serenità.
I vantaggi più significativi, oltre a motivazione e compartecipazione, sono:
riduzione dello stress;
miglioramento della conciliazione vita-lavoro, che consente di dedicare più tempo alla vita familiare e alle attività ricreative;
aumento del proprio potere d’acquisto. Misure come l’erogazione di buoni pasto e buoni spesa e il rimborso delle spese di trasporto offrono il grande vantaggio di ottenere un risparmio sulle spese fisse mensili e, di conseguenza, un innalzamento del potere d’acquisto.
Lo stesso risultato lo si ottiene anche consentendo ai dipendenti la possibilità di convertire il premio di risultato in misure di welfare.
I vantaggi per le aziende
Un personale più attento e motivato rappresenta un valore aggiunto per l’azienda, che ottiene numerosi vantaggi tangibili:
incremento della produttività. È una conseguenza quasi automatica del miglioramento del clima aziendale;
riduzione di fenomeni quali assenteismo e turnover;
miglioramento della capacità di attrarre e mantenere i talenti dovuta alla realizzazione di ambienti di lavoro positivi ed accoglienti.
È bene notare, inoltre, che il fenomeno delle grandi dimissioni, noto come "Great Resignation", è stato accentuato dalla pandemia di COVID-19 e sta mettendo ancora oggi sotto pressione molte aziende. Per contrastarlo, le aziende possono implementare piani di welfare aziendale che offrano benefici e vantaggi ai dipendenti con lo scopo di migliorare il benessere dei lavoratori, aumentare il loro impegno e ridurre di conseguenza il rischio di dimissioni.
Vantaggi fiscali per tutti
Secondo quanto stabilito dalla normativa che regola le imposte sui redditi (TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi) sia aziende che lavoratori ottengono anche numerose agevolazioni fiscali dalle misure di welfare.
A seconda della tipologia di benefit erogati e della loro natura giuridica, infatti, si può ottenere un’esenzione parziale o totale dal pagamento delle tasse su questi beni e servizi.
Welfare aziendale: ci sono svantaggi?
No, se applicate all’interno di un piano ben strutturato, le misure di welfare comportano solo vantaggi sia per il datore di lavoro che per il lavoratore dipendente.
Piani di welfare: quando funzionano davvero?
L’efficacia di una buona politica di welfare aziendale dipende da quanto questa è coerente con le altre politiche dell’organizzazione per la gestione e lo sviluppo del personale.
Ogni iniziativa finalizzata al miglioramento del benessere del personale non può risultare credibile, apprezzabile e sostenibile se innestata in un contesto culturale e gestionale che non è percepito dai lavoratori come orientato al riconoscimento e alla valorizzazione delle risorse umane e al soddisfacimento delle loro reali esigenze.
Diverse ricerche hanno ormai chiaramente dimostrato che, potendo scegliere, la maggioranza dei lavoratori chiede innanzitutto maggiore flessibilità d’orario per disporre più liberamente del proprio tempo e maggiore capacità di spesa.
Il welfare aziendale, perciò, diventa un valore aggiunto tanto più importante e riconosciuto quanto più queste premesse sono effettivamente soddisfatte. Altrimenti, anche per non aggiungere frustrazione a frustrazione, è meglio attenersi alla contrattazione e riconoscere quanto dovuto in termini retributivi e contrattuali senza creare aspettative che non si è in grado di soddisfare.
Come accedere al welfare aziendale?
Quando un’impresa sceglie di intraprendere un percorso di welfare strutturato deve innanzitutto stabilire gli obiettivi strategici che intende perseguire, quindi deve coinvolgere il personale e le principali parti interessate (tra cui, prioritariamente, le parti sociali) per stabilire quali fabbisogni s’intendono soddisfare.
Dopo aver chiaramente individuato i target e i risultati attesi, compatibilmente con le risorse disponibili, l’organizzazione pianifica e realizza le misure che ritiene più appropriate per i propri scopi.
In questa fase, l’esperienza di un provider di welfare aziendale e il supporto tecnologico che questi può fornire sono molto utili per poter continuare a concentrare le proprie energie sul core business primario e ottenere il massimo dal proprio piano di welfare.
Lo scopo di uno specialista qualificato quale è il provider di welfare aziendale è infatti quello di gestire il piano in tutti i suoi aspetti: dalle incombenze amministrative e gestionali all’erogazione dei benefit ai dipendenti.
Dopo aver definito i servizi e i beni dei quali è possibile usufruire, è importante comprendere come erogarli in modo pratico ed efficace. Una volta attivato il piano di welfare aziendale, i lavoratori possono accedere a un portale personalizzato per fruire dei servizi e dei crediti welfare.
Day Welfare è il portale di Up Day che consente di gestire in modo semplice i piani di welfare aziendale rendendo facile e sicura l’esperienza sia del personale sia delle funzioni che si occupano della gestione e dell’amministrazione del personale.
La piattaforma welfare per la gestione dei flexible benefit può essere utilizzata da qualsiasi dispositivo ed è possibile capire quali sono i benefit a disposizione e utilizzarli in modo semplice, intuitivo e rapido. Inoltre, è presente un servizio di assistenza completo per i dipendenti e per i referenti aziendali. In questo modo, il welfare aziendale può essere offerto in modo efficiente e comodo per i dipendenti, migliorando la soddisfazione dei collaboratori e l'efficienza dell'azienda.
Grazie alle convenzioni stipulate con imprese che si occupano di servizi alla persona e con importanti partner commerciali, attraverso la piattaforma Day Welfare è possibile offrire ai propri dipendenti un ampio ventaglio di beni e servizi.
Qual è la differenza tra fringe benefit e welfare aziendale?
Il welfare aziendale e i fringe benefit sono entrambi strumenti a disposizione delle aziende per incentivare e premiare i propri dipendenti, ma esistono alcune differenze significative fra i due.
Il welfare aziendale riguarda un insieme di prestazioni e servizi offerti dall'azienda ai propri dipendenti con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita del lavoratore e della sua famiglia. Questi servizi sono di solito erogati in modo gratuito o scontato e possono riguardare ad esempio l'assistenza sanitaria integrativa, l'accesso a servizi di asilo nido, il supporto per l'acquisto di beni come computer o biciclette. Inoltre, il welfare aziendale è in genere riconosciuto a tutti i dipendenti o a una specifica categoria.
I fringe benefits, invece, sono vantaggi e premi aggiuntivi che l'azienda concede ai propri dipendenti. Essi possono riguardare ad esempio la possibilità di partecipare a eventi sportivi o culturali, l'accesso a corsi di formazione, la concessione di auto aziendali o il rimborso spese per pasti e trasporti. I fringe benefit possono essere concessi a tutti i dipendenti o solo a una parte di essi in base alla loro posizione all'interno dell'azienda o ai risultati raggiunti.
Sebbene negli ultimi anni il legislatore abbia innalzato il limite di non imponibilità dei fringe benefit, la soglia per il welfare aziendale è molto più alta e deve sottostare a una rigida regolamentazione. Ad ogni modo, sia i fringe benefits che il welfare aziendale contribuiscono a migliorare il clima aziendale e il benessere dei lavoratori.

Agosto 31, 2023
Buoni Acquisto
Scopri dove spendere i buoni Cadhoc
Sono oltre 25.000 i negozi presso cui spendere i buoni acquisto Cadhoc. In questa breve guida troverai le istruzioni per identificare gli esercizi on e off line e poter spendere i tuoi buoni.
Cadhoc è la soluzione per i dipendenti 100% deducibile, esente IVA, senza oneri fiscali e previdenziali, spendibile dove, come e quando si vuole, per acquistare ciò di cui si ha più bisogno.
Spesa | Carburante | Elettronica | Casa | Bellezza | Animali e tanto altro.
Cosa sono i buoni shopping Cadhoc
Trova i negozi dove spendere i buoni Cadhoc
Cadhoc i vantaggi per chi li acquista
Come diventare partner Cadhoc
Cosa sono i buoni shopping Cadhoc
I buoni Cadhoc, sono dei buoni acquisto chiamati anche buoni spesa, buoni shopping o buoni regalo, che puoi trovare sia in formato cartaceo che digitale.
Diversamente dai buoni pasto hanno un importo variabile e permettono a chi li riceve di utilizzarli per beni e servizi di diversa natura. Gli acquisti non devono necessariamente limitarsi ai generi alimentari, ma possono comprendere anche prodotti per la cura della persona o della casa, giochi per bambini, vestiti e molto altro ancora.
Cadhoc è il buono acquisto universale per incentivare e motivare il personale, fidelizzare i clienti e premiare la forza vendita.
Ideale in ogni occasione dell'anno è la soluzione per gratificare in modo personale qualunque collaboratore, dal più tradizionalista al nativo digitale grazie alla possibilità di essere speso nei punti vendita dei brand più noti in tutta Italia e nei siti più cool del web.
Il buono shopping universale che si trasforma in ciò che si desidera: moda, viaggi, sport, carburante e tanto altro.
Trova i negozi dove spendere i buoni Cadhoc
Per visualizzare i locali dove spendere i tuoi buoni Cadhoc, è necessario scaricare dagli store la app 'Buoni Up Day', oppure accedere sul portale degli utilizzatori.
Nella home della app o del portale è necessario scegliere la soluzione che vuoi gestire tra buono pasto, Cadhoc e welfare.
Una volta nella home della soluzione Cadhoc , in basso a destra puoi cliccare nella sezione MAPPA e inserire la città e l’indirizzo in cui verificare l’elenco dei locali. Esiste l’opzione di visualizzazione sia di Cadhoc cartaceo che digitale.
Una volta visualizzato l’elenco, è possibile cliccare su FILTRA e “filtrare” tra le tipologie di negozi e categorie merceologiche.
Oltre a scoprire i punti vendita della tua città dove spendere i buoni Cadhoc, tornando nella sezione ONLINE puoi utilizzare Cadhoc per acquistare le Gift Card dei tuoi brand preferiti.
Alcuni dei partner Cadhoc: Amazon, Zalando, Decathlon, Q8, MediaWorld, Ibs, Ikea, Bata, Sephora, Maison Du Monde, Unieuro, La Rinascente etc.
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Cadhoc i vantaggi per chi li acquista
Per i datori di lavoro, ditte individuali o liberi professionisti, enti o società, il buono regalo Cadhoc oltre ad essere una soluzione che contribuisce al benessere dei dipendenti e aumenta la loro motivazione, è soggetto ad una normativa fiscale, che consente di abbattere i costi aziendali.
100% deducibile, esente IVA, senza oneri fiscali e previdenziali: con la Legge 3 luglio 2023, n. 85, per tutto il 2023, il limite di esenzione fiscale e previdenziale per i fringe benefit passa a 3.000,00€ all’anno per i dipendenti CON figli fiscalmente a carico (compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati), anche se a carico al 50%.
Tra i beneficiari dell’agevolazione rientrano i titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (co.co.co, lavoro a progetto, amministratori, stagisti, etc.).
Per i dipendenti SENZA figli fiscalmente a carico, il limite per i Buoni Acquisto Cadhoc rimane a 258,23€, e NON si possono attivare le utenze domestiche.
Basta scegliere il valore dei buoni, il taglio, la modalità di consegna (via app al dipendente o blocchetto cartaceo) e al resto pensa Up Day.
Come diventare partner Cadhoc
Come si fa ad entrare nella rete Cadhoc? E’ molto semplice: basta contattarci al numero 051 210 6789 dove il nostro call center dedicato si occuperà di fornire tutte le informazioni necessarie per iniziare la collaborazione e darti il benvenuto nella rete Up Day.
Diventando partner Cadhoc, otterrai maggiore visibilità, avrai la possibilità di acquisire nuovi clienti nel tuo negozio ed aumentare così il fatturato.
Inoltre il buono regalo Cadhoc è uno strumento facile da gestire a livello amministrativo.
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Agosto 30, 2023
Welfare Aziendale
Fringe benefits: cosa sono e come funzionano
In questi ultimi anni le aziende si sono fatte sempre più attente ai bisogni e al benessere dei propri dipendenti, attivando delle politiche di welfare aziendale che comprendono anche l’erogazione dei fringe benefits a lavoratori e professionisti. Ma cosa sono, di preciso, i fringe benefits e come funzionano? te lo spieghiamo in questo articolo.
I fringe benefits sono beni e servizi erogati dalle aziende ai dipendenti su base volontaria, nell’ambito di politiche di welfare aziendale volte a migliorare la qualità della vita e la produttività dei collaboratori. Scopri in cosa consistono esattamente questi benefit e come funzionano.
Cosa significa fringe benefits?
Come funziona il fringe benefit?
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
Cosa significa fringe benefits?
Fringe benefits è un termine di origine inglese che si può tradurre in italiano con le parole “benefici accessori”.
Si usa per indicare tutta una serie di benefici in natura che le aziende concedono ai propri dipendenti nell’attuazione delle sempre più diffuse e articolate politiche di welfare aziendale.
Tali vantaggi comprendono beni e servizi di vario genere, che possono essere erogati a tutti i dipendenti oppure a specifiche categorie di lavoratori.
I fringe benefits sono costituiti sia da strumenti e agevolazioni che migliorano e facilitano la vita lavorativa del dipendente, sia da benefici di cui i collaboratori possono usufruire nella loro sfera privata, durante il tempo libero, per perseguire i propri interessi, e a cui possono avere accesso anche le famiglie.
Tra i fringe benefits più apprezzati e diffusi tra i dipendenti delle aziende italiane ci sono:
servizio di mensa aziendale;
buoni pasto e buoni regalo;
auto aziendale;
telefono cellulare, computer e tablet aziendali;
borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti;
corsi di aggiornamento professionale;
case in locazione;
prestiti agevolati;
sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.;
polizze di previdenza complementare;
rimborsi per spese sostenute dal dipendente;
stock options.
polizze assicurative
Come funziona il fringe benefit?
Le modalità di erogazione e fruizione dei beni e servizi che vengono considerati fringe benefits cambiano a seconda del tipo di bene o servizio erogato e sono sostanzialmente 3:
uso aziendale. Il bene o servizio erogato al dipendente dall’azienda viene utilizzato dal lavoratore solo in ambito lavorativo;
uso promiscuo. Il dipendente usa il benefit ricevuto sia per scopi lavorativi, sia per scopi personali;
uso personale. Il lavoratore può usare l’agevolazione ricevuta dall’azienda esclusivamente per fini personali.
Vediamo brevemente come funziona il godimento di alcuni dei fringe benefit più diffusi:
Servizio di mensa aziendale
Le aziende che ne hanno la possibilità mettono a disposizione dei lavoratori un servizio di mensa aziendale dove è possibile pranzare o cenare senza uscire dall’azienda, pagando per il pasto un prezzo agevolato.
In alcuni casi sono offerti al dipendente sia il servizio di mensa aziendale, sia i buoni pasto.
Buoni pasto
I buoni pasto sono uno dei fringe benefit più apprezzati dai lavoratori. Solitamente vengono erogati a tutti i dipendenti di un’azienda. Possono avere un valore compreso tra i 2 e i 15 euro e vengono utilizzati come servizio sostitutivo di mensa.
Non possono essere convertiti in denaro o utilizzati da persone diverse dal titolare, che può usarli per acquistare pasti già pronti o prodotti alimentari negli esercizi convenzionati.
Secondo quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2020, sono esenti dalla tassazione fino ad un massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per i buoni elettronici.
Veicoli aziendali
La macchina aziendale è un benefit che di solito viene concesso solo a determinate categorie di dipendenti. Nella maggior parte dei casi, il dipendente può fare, della vettura, un uso aziendale o promiscuo, cioè usarla sia per lavoro, sia per fini personali. Più raramente l’auto viene concessa al lavoratore per uso personale. L'utilizzo di un'auto ad uso promiscuo da parte di un dipendente è considerato uno dei fringe benefit più apprezzati. La quota di benefit da includere nel reddito imponibile è determinata dal valore convenzionale del bene, definito come un importo forfettario e calcolato in base alle tabelle ACI, che vengono aggiornate annualmente. Il valore del bene assoggettato a tassazione corrisponde al 30% dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km all'anno, calcolato sul costo chilometrico indicato dalle tabelle. Il calcolo preciso della percentuale da inserire in busta paga richiede che il datore di lavoro divida l'importo previsto dalle tabelle ACI per il numero di giorni in cui il dipendente ha l'uso dell'auto. Infine, il fringe benefit dell'auto ad uso promiscuo è soggetto sia all'IRPEF che all'imposizione contributiva.
Telefono, computer o tablet aziendale
I lavoratori che si vedono erogare più spesso questo tipo di benefit sono coloro che lavorano anche in smart working, o che hanno necessità di utilizzare tali strumenti per portare a termine i propri compiti.
Generalmente, questo tipo di fringe benefit viene erogato per l’esclusivo uso aziendale e, talvolta, il dipendente ha la possibilità di farne anche un uso promiscuo.
Voucher e buoni regalo
Si tratta di buoni che possono essere impiegati dal lavoratore nel tempo libero per fare acquisti nei negozi fisici o negli e-commerce. In questa categoria rientrano anche i buoni carburante.
Come i buoni pasto, anche i voucher e i buoni regalo sono nominali e possono essere utilizzati solo dalla persona a cui vengono riconosciuti.
Borse di studio per incentivare l’accesso all’istruzione dei figli dei dipendenti
Alcune imprese decidono di offrire delle borse di studio ai figli dei propri collaboratori per sostenere le spese per l’istruzione superiore. Solitamente, queste borse di studio vengono erogate agli studenti più meritevoli. Le regole per accedervi non sono uguali per tutte le aziende.
Corsi di aggiornamento professionale
I corsi di aggiornamento professionale erogati come fringe benefit ai lavoratori, solitamente, vengono offerti ai lavoratori in aggiunta ai corsi di aggiornamento periodici obbligatori per legge. Essi rappresentano una buona opportunità per i lavoratori che vogliano migliorare le proprie competenze e la propria posizione lavorativa.
Immobili in locazione, uso o comodato
Ci sono diverse aziende che decidono di offrire ai collaboratori, specie a quelli di livello più alto la possibilità di alloggiare in immobili di loro proprietà. Gli alloggi possono essere offerti ai dipendenti in locazione, uso o comodato.
Prestiti agevolati
È una possibilità che viene offerta dal datore di lavoro ai propri dipendenti, i quali possono chiedere un prestito personale o finalizzato. La somma erogata ai lavoratori può provenire dal capitale aziendale oppure da un istituto di credito convenzionato. In entrambi i casi il prestito avrà un tasso agevolato.
Sconti e convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ecc.
Le aziende possono stipulare convenzioni con negozi, palestre, centri benessere, ma anche cinema, teatri e musei per consentire ai propri dipendenti di accedere ai loro servizi a prezzi agevolati. Molte imprese scelgono di erogare ai lavoratori dei voucher welfare, che questi ultimi possono usare per accedere ai servizi convenzionati con la società emettitrice del voucher.
Polizze di previdenza complementare
Molti Contratti Collettivi di Categoria prevedono la possibilità, per i dipendenti delle aziende appartenenti a determinati settori, di stipulare delle polizze di previdenza complementare. I lavoratori possono scegliere di convertire il premio di produttività in contributi da versare su tali polizze.
Rimborsi per spese sostenute dal dipendente
Le aziende i cui collaboratori si trovino spesso a viaggiare per lavoro o sostengano spese di rappresentanza possono decidere di rimborsare in parte o totalmente queste spese.
Tali rimborsi possono essere erogati sia attraverso l’accredito della somma in busta paga, sia attraverso i voucher welfare.
Stock options
Sono pacchetti di azioni che vengono offerti a un prezzo agevolato per periodi di tempo più o meno lunghi ai dipendenti di molte imprese quotate in borsa.
Le aziende ne concedono l’acquisto ai dipendenti per renderli più coinvolti nella gestione diretta dell’impresa e più motivati a far funzionare le cose.
Come si determina il valore dei fringe benefits?
Prima di vedere come si determina il valore dei fringe benefit, rispondiamo subito alla domanda sul perché sia importante determinarlo, che sicuramente ti sarai posto leggendo il titolo del paragrafo.
Determinare il valore dei benefici aziendali offerti ai collaboratori dalle aziende è importante perché molto spesso questi beni e servizi vengono considerati dal fisco come una forma di retribuzione aggiuntiva rispetto alla retribuzione principale, pertanto possono concorrere alla formazione del reddito tassabile sia dell’azienda, sia del lavoratore dipendente, che se li ritroverà in busta paga.
Ecco allora che stabilirne il corretto valore è fondamentale per ottenere un trattamento fiscale equo.
Valore normale
Per determinare il valore della maggior parte dei fringe benefit si tiene in conto il cosiddetto valore normale che, secondo l’articolo 9 del TUIR, è rappresentato dal prezzo o corrispettivo praticato in media per i beni o servizi dello stesso tipo, nel tempo e nel luogo in cui tali beni e servizi sono acquistati, o, comunque, nel periodo di tempo più prossimo.
Valore convenzionale
Per determinare il valore di alcuni fringe benefits, come l’auto aziendale o le case date in locazione, invece, non si prende in considerazione il valore normale del bene, ma una somma costituita dal cosiddetto valore convenzionale.
Per le automobili e i ciclomotori, tale valore è rappresentato da un costo chilometrico fissato dall’ACI, per i fabbricati, invece, è rappresentato dalla differenza tra la rendita catastale e l’importo corrisposto per il godimento di tale bene.
Altro caso in cui si fa valere il valore convenzionale del benefit per determinarne il valore ai fini retributivi è l’erogazione di finanziamenti a tasso ridotto.
Fringe benefit: cosa è cambiato nel 2022 e qual è la situazione attuale
Il Decreto Aiuti Quater del 2022 aveva innalzato la soglia massima dei benefit aziendali a 3.000 euro per il periodo di imposta 2022, consentendo alle imprese di offrire ai propri dipendenti una serie di beni e servizi di welfare aziendale senza formare il reddito di lavoro dipendente. Questo bonus esentasse, valido dal 10 agosto 2022 fino al 31 dicembre 2022, ha rappresentato un segnale importante per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori e supportare le famiglie contro i rincari delle bollette, in particolare delle utenze domestiche come gas e luce.
La normativa nel 2022 ha previsto che la somma dei benefit aziendali fosse da aggiungere ai 200 euro erogabili per il carburante, il cosiddetto bonus benzina. In questo modo, è stato offerto un ulteriore supporto economico ai lavoratori italiani. È importante notare che i benefit aziendali non sono corrispettivi in denaro e non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma sono una forma di retribuzione e welfare aziendale. Questi benefit possono essere costituiti da buoni spesa, buoni acquisto, servizi di welfare, buoni pasto, buoni cultura, formazione, flexible benefit e altre forme di welfare. In ogni caso, i fringe benefit aziendali nel 2022 erano esenti dalle tasse e dai contributi previdenziali fino a un massimo di 3.000 euro annui per lavoratore.
Ma cosa è cambiato nel 2023? Innanzitutto, la norma fiscale di riferimento per la tassazione del reddito da lavoro dipendente è l'articolo 51, comma 3, del TUIR. A partire dal 2023, sono state introdotte alcune novità in merito ai fringe benefit aziendali. La soglia massima di 3000 euro, precedentemente in vigore, è stata applicata solo fino al 12 gennaio 2023 e successivamente ripristinata il valore precedente di 258,23 euro. In caso di superamento del limite stabilito, l'intero importo è soggetto a tassazione. Inoltre, è stato introdotto un nuovo adempimento per i datori di lavoro: la trasmissione, entro il 21 febbraio 2023, del valore dei beni e servizi erogati nel periodo di imposta 2022 come fringe benefit. Rimane la possibilità di riconoscere buoni benzina fino a un valore massimo di 200 euro per ogni lavoratore, che sono esentasse e integralmente deducibili dal reddito d'impresa ma soggetti agli oneri contributivi. Vuoi saperne di più? Leggi il nostro articolo di approfondimento sull’esenzione dei fringe benefit e le novità per il 2023.
Perché riconoscere i fringe benefits al dipendente?
I fringe benefits sono benefici accessori che, in passato, molte aziende vedevano solo come costi aggiuntivi da evitare il più possibile, oppure come vantaggi a cui avevano diritto solo i dipendenti delle grandi aziende. Il massimo che veniva concesso ai lavoratori era una gratifica in busta paga, più o meno generosa, se il bilancio di quell’anno mostrava un segno positivo.
Oggi, invece, sempre più imprese, anche di medie e piccole dimensioni, sono attente alle esigenze dei propri collaboratori e si sono rese conto del valore aggiunto che comporta la concessione di questo tipo di agevolazioni.
Questo perché ci si è accorti che dei dipendenti appagati e soddisfatti sono più produttivi e rappresentano quindi un vantaggio per l’azienda, che vedrà così aumentare il proprio potenziale.
Riconoscere i fringe benefits al dipendente significa investire nel capitale umano della propria impresa, e questo è importante perché:
i dipendenti che si sentono più gratificati e meno stressati sono più produttivi;
si crea un rapporto di fiducia più stretto tra l’impresa e i suoi collaboratori;
si riduce il turnover;
la reputazione aziendale subisce un miglioramento visibile;
le persone talentuose in cerca di lavoro vengono invogliate ad entrare a lavorare in azienda.
Inserire i fringe benefits nel proprio piano di welfare aziendale è conveniente per le aziende anche da un punto di vista fiscale, perché ad essi è riservata una tassazione agevolata.

Agosto 02, 2023
Buoni Pasto
Buoni pasto per amministratori e soci: ecco cosa sapere
L'assegnazione di buoni pasto agli amministratori e ai soci di una società può essere un'opzione vantaggiosa che prevede delle agevolazioni fiscali, purché siano rispettate le norme fiscali e i limiti di erogazione.
I buoni pasto aziendali sono una forma di remunerazione in natura molto diffusa fra le aziende che decidono di mettere a punto un piano di welfare a favore dei lavoratori dipendenti, degli amministratori e dei soci. Tuttavia, in questi ultimi due casi, è importante sapere che ci sono alcune differenze tra la collaborazione tipica e quella professionale. Nel primo caso, l'amministratore o il socio riceve i buoni pasto come se fosse un dipendente dell'azienda e quindi vengono considerati redditi di lavoro dipendente. Nel secondo caso, invece, l'amministratore o il socio riceve i buoni pasto come rimborso spese e quindi non sono soggetti a tassazione. In entrambi i casi, i buoni pasto sono deducibili dal reddito d'impresa dell'azienda e sono un modo vantaggioso per compensare i collaboratori.
Tuttavia, ci sono dei limiti alla quantità di buoni pasto che si possono assegnare ed è necessario rispettare le norme fiscali per evitare sanzioni. I buoni pasto sono un'ottima soluzione per incentivare la collaborazione e migliorare la qualità della vita dei collaboratori. Ma affrontiamo il tema più nel dettaglio.
Buoni pasto ad amministratori: cosa sapere
Deducibilità dei buoni pasto per gli amministratori
Buoni pasto ai soci: cosa sapere e deducibilità
Buoni pasto ad amministratori: cosa sapere
Fra i benefit più comuni all’interno delle aziende rientra - per scelta dell’azienda, per regolamento aziendale o per quanto previsto dall’accordo collettivo - la somministrazione di vitto. Oltre che attraverso le mense, questa può avere luogo con quelli che sono chiamati servizi sostitutivi di mensa, ovvero la somministrazione di bevande e alimenti – pasti completi - effettuata da esercizi commerciali abilitati, attraverso l’erogazione dei buoni pasto.
I buoni pasto rappresentano un fringe benefit molto richiesto sia dai liberi professionisti che dai dipendenti delle aziende perché fiscalmente conveniente per tutte le parti, essendo esente – parzialmente o integralmente – per tutti i beneficiari, e deducibile per l’impresa che scelga di utilizzarlo.
Oltre alle categorie citate, anche gli amministratori possono rientrare tra i beneficiari di questo utilissimo benefit anche nei casi di collaborazione non necessariamente subordinata. Il compito di un amministratore di società concerne tutto quello che riguarda la gestione della stessa e, per svolgere tale attività, questi ha diritto al cosiddetto compenso dell’amministratore.
È importante sapere che l'erogazione dei buoni pasto agli amministratori dipende dal tipo di contratto, che può essere una collaborazione tipica o una collaborazione professionale. In base a ciò, si può stabilire la deducibilità dei buoni pasto. Nel caso di una collaborazione tipica, l’amministratore non è legato all’impresa da un lavoro subordinato, ma da un rapporto di collaborazione, solitamente continuativa. Il soggetto rientra invece nella collaborazione professionale quando è richiesta una conoscenza tecnico-giuridica correlata direttamente alle prestazioni da lavoro autonomo.
Deducibilità dei buoni pasto per gli amministratori
L'assegnazione dei buoni pasto agli amministratori di una società, sia in caso di collaborazione tipica che professionale, è possibile rispettando i limiti di erogazione e le norme fiscali. In caso di collaborazione tipica, l'amministratore è assimilabile ad un lavoratore dipendente ai fini fiscali, pur non essendoci un rapporto di lavoro subordinato. Ciò significa che il reddito percepito è tassato come quello di un lavoratore dipendente e la tassazione dei buoni pasto segue le stesse regole. A stabilirlo è la legge e in particolare l’articolo 50, comma 1, lett. C-bis del TUIR. Pertanto, così come per i dipendenti, il regime fiscale dei buoni pasto erogati all’amministratore “collaboratore” della società prevederà l’esenzione fino all’importo giornaliero complessivo pari a 8 euro, nel caso di buoni pasto elettronici, e pari a 4 euro, nel caso di buoni pasto cartacei.
Nel caso di collaborazione professionale, invece, l'amministratore emetterà fattura in quanto professionista titolare di Partita IVA e il suo reddito rientrerà nella categoria dei redditi di lavoro autonomo. In questo caso, la tassazione dei buoni pasto segue le regole previste per i possessori di Partita IVA e sarà possibile dedurre i costi ai fini delle imposte dirette fino al 75% nel limite del 2% del fatturato. Secondo la normativa, invece, è interamente detraibile l'IVA del 10%.
Buoni pasto ai soci: cosa sapere e deducibilità
Ma come funziona quando a ricevere i buoni pasto è un socio della società? Prima di tutto, sono definiti soci coloro i quali decidono di creare una società, attraverso un negozio giuridico e detengono quindi un capitale sociale.
Vediamo adesso come si identifica il regime fiscale degli utili percepiti dai soci di un’azienda. Prima di tutto, è necessario fare una distinzione a seconda della natura dell’ente. Ad esempio, per quanto riguarda una società di persone, viene applicato il cosiddetto regime della trasparenza fiscale. Significa che i redditi prodotti da tali soggetti sono imputabili a ogni socio a prescindere dalla percezione e in proporzione alla quota di partecipazione agli utili corrispondenti. Secondo l’articolo 6, comma 3 del TUIR, il reddito da imputare direttamente ai soci è definibile come reddito d’impresa quando è conseguito da società di persone commerciali, ovvero snc e sas.
Nella società di capitali, invece, secondo l’articolo 44 del TUIR, sussiste una tassazione dei dividendi erogati ai soci come redditi di capitale. Fanno eccezione gli utili percepiti dai soci fondatori di un’azienda per i quali, avendo un reddito equiparabile a quello da lavoratore autonomo, vige la disciplina fiscale applicabile agli amministratori con contratto di collaborazione professionale e ai titolari di P.IVA. A parte questa eccezione, la quota corrisposta dalla società al socio, a differenza dell’amministratore, non costituisce un vero e proprio compenso, ovvero il corrispettivo di una prestazione specifica.
Per quanto riguarda il socio assegnatario e il reddito imponibile derivante dall'assegnazione, va notato che a seconda delle circostanze che la determinano, l'assegnazione può o meno produrre reddito imponibile. Se la società decide di assegnare il buono pasto a titolo di distribuzione di utili, sarà tassato in base all'articolo 47, comma 3, del TUIR, che prevede la tassazione del valore imponibile del bene in natura. Invece, se il buono pasto viene erogato come ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale, l'assegnazione ha un valore esclusivamente patrimoniale e non produce ricchezza, quindi non è rilevante ai fini fiscali.
Lo stesso vale se l'assegnazione del buono pasto avviene per pura liberalità della società. Va comunque tenuto presente che se esiste la presunzione legale di distribuzione degli utili, l'assegnazione di riserve di capitale sarebbe riqualificata in utili distribuiti ai soci, tassabili in capo a questi ultimi. In questo caso, anche i buoni pasto concorrerebbero alla formazione del reddito del socio.

Luglio 27, 2023
News
Unicoop Firenze partner dei buoni pasto Up Day
Tutti i supermercati Unicoop Firenze accettano i buoni pasto Up Day: alcune informazioni utili per gli utilizzatori dei buoni pasto che spendono i loro ticket presso la grande distribuzione.
I Buoni Pasto accettati sono sia quelli in formato elettronico che i classici cartacei e li si può spendere in tutta tranquillità presso i 104 punti vendita Unicoop Firenze.
I locali Unicoop più vicini a te
Quanti buoni posso spendere presso Unicoop Firenze
Come utilizzare i buoni pasto all’interno della rete Unicoop
I vantaggi per dipendenti e aziende con i buoni pasto Day
I locali Unicoop più vicini a te
Per verificare i supermercati Unicoop Firenze più vicini a te è a disposizione la mappa dei locali all'interno della nostra app Buoni Up Day e sul nostro portale dedicato agli utilizzatori dei buoni pasto.
Con la app Buoni Up Day e il sito utilizzatori.day.it puoi utilizzare tutti i servizi Up Day con un unico strumento.
Come utilizzare la app ‘Buoni Up Day’ per trovare i negozi Unicoop
All’interno della app, tramite la funzione GESTISCI PRODOTTO puoi associare il prodotto Up Day che utilizzi, per un’esperienza di navigazione personalizzata.
In HOME hai il saldo dei tuoi buoni ed il totale a disposizione.
In GESTISCI CLOUD puoi spostare i tuoi buoni, elettronici o cartacei per un’esperienza digitale. Tante le possibilità di pagamento per assicurarti la spendibilità in ogni tipo di locale. Puoi destinare una parte o la totalità dei buoni all’uso esclusivamente digitale. I buoni in cloud sono spendibili direttamente da smartphone, sia nella rete di punti vendita fisici, sia online sugli e-commerce o piattaforme dei nostri Partner.
In MAPPA cerca i locali che accettano i tuoi buoni, vicino a te o in una località di tuo interesse. I filtri ti aiuteranno a scoprire le specialità gastronomiche, le modalità di pagamento e i servizi che i nostri partner offrono. Sei attento ad uno stile di vita sano e un’alimentazione corretta? Con il filtro PAUSA SANA il tuo pranzo è sempre in equilibrio! Per ogni locale visualizza recensioni, foto e info utili fornite da Google.
In MOVIMENTI tieni sempre tutto sotto controllo. Basta un click per monitorare i buoni pasto validi, i buoni utilizzati con il dettaglio dell’acquisto e i buoni in scadenza da spendere al più presto. RICARICHE la sezione dove è possibile monitorare le ricariche ricevute, lo stato della ricarica e al tocco il dettaglio di ciascuna ricarica: descrizione, data di scadenza, data di inizio validità, valore del buono, numero buoni assegnati e numero di buoni spesi/residui in tempo reale.
La sezione ONLINE permette di poter acquistare nei siti Partner, con il buono pasto elettronico, tante soluzioni per la propria pausa pranzo. Diverse piattaforme di e-commerce che consegnano a domicilio in tutta Italia piatti pronti, spesa o prodotti gastronomici di alta qualità.
Infine nella sezione PROMO trovi tante offerte, promozioni e interessanti iniziative proposte dai nostri Partner.
Quanti buoni posso spendere presso Unicoop Firenze
All’interno della rete dei supermercati Unicoop Firenze è possibile utilizzare lo stesso quantitativo di buoni pasto previsti dal decreto ministeriale 7 giugno 2017 n. 122, che specifica che è possibile utilizzare fino ad un massimo di 8 buoni pasto per ogni singola transazione, cioè per ogni spesa.
I buoni pasto sono un servizio sostitutivo di mensa e per tale motivo possono essere utilizzati per acquisto di bene alimentari, anche all’interno delle gastronomie di supermercati.
Va da se che per l’acquisto di tutte le altre tipologie di beni inseriti nel carrello della spesa, il pagamento dovrà essere effettuato in denaro e non sarà possibile utilizzare i buoni pasto.
Come utilizzare i buoni pasto all’interno della rete Unicoop
Sia che tu abbia un buono pasto cartaceo che elettronico, potrai utilizzarlo all’interno della rete Unicoop Firenze.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei buoni pasto cartacei, il tutto è molto semplice: l’utilizzatore che li riceve dalla sua azienda, al momento del pagamento della sua spesa, stacca dal suo blocchetto i buoni utili a coprire il valore dei beni alimentari acquistati (ma non a superarlo) e li consegna alla cassiera del supermercato. La differenza tra l’importo totale e i buoni pasto consegnati, potrà essere saldata in denaro.
I buoni pasto elettronici invece, precedentemente caricati all’interno di una card, verranno inseriti dalla cassiera all’interno dell’apposito pos, da cui verrà scalato l’importo dovuto. Anche in questo caso, se l’importo della spesa totale è superiore, la differenza verrà saldata in denaro.
Sull’utilizzo dei buoni pasto elettronici, in questo articolo si possono trovare maggiori approfondimenti.
I vantaggi per dipendenti e aziende con i buoni pasto Day
I buoni pasto sono un servizio sostitutivo di mensa molto apprezzato tanto dagli utilizzatori quanto dalle aziende. L’azienda che li acquista beneficia di molte agevolazioni fiscali e il dipendente/utilizzatore aumenta il suo potere d’acquisto e risparmia sulla sua pausa pranzo.
I buoni pasto rientrano tra i benefit che un’azienda può offrire ai suoi collaboratori. Se regolati dai contratti nazionali collettivi sono obbligatori, diversamente non lo sono ma offrono una serie di vantaggi fiscali, per cui l’azienda li preferisce comunque ad altre soluzioni.
Sono esenti da oneri fiscali e previdenziali
Defiscalizzati fino a 4,00 euro/giorno a dipendente per il buono pasto cartaceo e fino a 8,00 euro/giorno per il buono pasto elettronico
Deducibili e IVA detraibili fino al 100. IVA al 4% per le aziende, IVA al 10% per liberi professionisti (titolari d'azienda e soci, imprese individuali)
Erogabili a tutti i lavoratori, dai dipendenti full time e part time ai collaboratori*, dirigenti, soci, liberi professionisti.
Qui puoi calcolare il tuo risparmio rispetto ad un contributo per la pausa pranzo in busta paga.
Per ricevere una consulenza e le soluzioni più adatte alle tue esigenze puoi contattarci al numero 800 834 009 oppure scrivi a info@day.it

Luglio 24, 2023
Welfare Aziendale
Premi produttività e welfare aziendale
Quando un’azienda, durante l’anno, ottiene performance migliori dell’anno precedente - aumentando i guadagni o diventando più efficiente ad esempio - può riconoscere ai dipendenti una somma in denaro a titolo di gratifica. Scopri cosa sono i premi produttività, a chi spettano e come vengono tassati.
I premi di produttività sono compensi che il datore di lavoro può erogare al dipendente, in aggiunta allo stipendio, come riconoscimento per i risultati ottenuti. Ecco tutto quello che c’è da sapere sui premi produttività e sulla tassazione agevolata.
Cos’è il premio produttività
Premio di produttività in busta paga
Premi produttività come strumento per migliorare il clima aziendale
Vantaggi e benefici del premio di produttività
Premio produttività: a chi spetta
Differenza tra premio produttività e bonus dipendenti
Tassazione del premio produttività
Detassazione premi: come funziona
Premio di produttività, malattia e maternità
Premio di produttività a fondo pensione
Cos’è il premio produttività
La gestione delle aziende contemporanee è sempre più orientata verso il Management by Objectives o Management by Results (MBO – MBR), una tecnica che basa l’attività dell’azienda sul raggiungimento di obiettivi ben precisi e facilmente misurabili.
Il premio di produttività è un riconoscimento economico aggiuntivo rispetto alla retribuzione di base, che il datore di lavoro corrisponde ai propri dipendenti per aver contribuito al conseguimento di determinati obiettivi, stabiliti in sede di contrattazione.
I premi di risultato sono importi legati a un miglioramento delle performance dell’azienda, riscontrabile negli incrementi misurabili di produttiva, redditività, qualità efficienza e innovazione. Possono quindi venire corrisposti ai lavoratori una volta all’anno, in sede di chiusura del bilancio aziendale, oppure dalle due alle quattro volte l’anno, se sono legati alla presentazione dei bilanci intermedi.
Premio di produttività in busta paga
Il dipendente che ha diritto al premio di produttività può scegliere tra due diverse modalità di fruizione dello stesso.
Il lavoratore, infatti, può decidere di ricevere un premio una tantum in busta paga, in denaro, soggetto a tassazione agevolata per importi fino a 3.000 euro (se il reddito del lavoratore non supera gli 80.000 euro), oppure può decidere di convertire la somma che gli spetta in voucher da utilizzare per ottenere servizi di welfare aziendale.
Con i voucher erogati in sostituzione del premio di produttività il dipendente può accedere a un paniere di beni e servizi predisposto dall’azienda, che può comprendere:
badanti;
buoni spesa;
assistenza domiciliare per familiari anziani e disabili;
baby-sitter;
asilo nido;
borse di studio per i familiari;
servizi di trasporto;
rette per centri estivi e invernali;
acquisto di libri scolastici;
servizi di mensa;
servizi di assistenza sanitaria integrativa;
polizze di previdenza complementare;
investimenti in azioni.
Il datore di lavoro può anche decidere di erogare il premio produttività sotto forma di una partecipazione agli utili dell’azienda.
Quali voci presenti in busta paga si riferiscono al premio di produzione? Solitamente il premio di produttività viene indicato in una voce distinta dallo stipendio di base o da altri eventuali indennità o bonus. A seconda delle convenzioni adottate dal datore di lavoro, tale voce potrebbe essere “Incentivo produzione” o “Premio produzione”. In alcuni casi, tuttavia, il premio di produzione potrebbe venir suddiviso in ulteriori voci in modo da indicare la parte relativa ai risultati aziendali e quella che concerne invece la performance individuale.
I premi di produttività come strumento per migliorare il clima aziendale
Il clima aziendale rappresenta la percezione delle persone rispetto al proprio ambiente di lavoro. Un’azienda con un clima aziendale negativo è soggetta a fenomeni quali scarsa motivazione del personale, assenteismo, cali di produttività, performance deludenti. Per questo è importante che il clima aziendale sia sempre positivo.
Le cause di un clima aziendale negativo possono essere ricercate in:
presenza di processi inutili, pesanti e procedure lunghe e inefficaci;
comunicazione poco efficace;
incapacità di stabilire le priorità;
assenza di riconoscimenti per il lavoro svolto dai dipendenti.
Un’azienda che, analizzando il proprio clima aziendale, si accorga che quest’ultimo viene percepito come negativo, ha a disposizione diversi strumenti per migliorare la situazione. Ad esempio, offrire ai lavoratori la possibilità di lavorare in smart working, per favorire la conciliazione vita lavoro o rendere più snella ed efficiente la comunicazione interna.
Anche offrire premi di produzione legati al raggiungimento di determinati obiettivi è un buon modo per migliorare il clima aziendale e dimostrare ai collaboratori che il loro lavoro è apprezzato.
Vantaggi e benefici del premio produttività
I premi di produttività sono considerati strumenti fondamentali da tutte le imprese che puntano sul welfare aziendale come mezzo per raggiungere livelli di efficienza e innovazione più elevati.
L’erogazione del premio di produttività può risultare molto vantaggiosa sia per il datore di lavoro, sia per il dipendente: il primo si ritroverà ad avere collaboratori ancor più motivati nel raggiungere gli obiettivi prefissati, e potrà assistere a un incremento della produttività, del prestigio del proprio marchio e degli utili.
Il secondo non solo vedrà premiati i suoi sforzi e si sentirà quindi gratificato e motivato a fare sempre meglio, ma sarà anche più felice di ricevere il bonus sapendo che è soggetto a tassazione ridotta.
Per non parlare poi del fatto che, nel caso decidesse di convertirlo in beni e servizi, questi risulterebbero totalmente esenti dalle tasse fino a un importo massimo di 3.000 euro.
Il datore di lavoro che desidera gratificare i propri dipendenti e incentivarli nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, ha a disposizione la cosiddetta lettera di premio in busta paga. Si tratta di un documento che comunica la ricezione del premio e che contiene le seguenti informazioni;
La data in cui il lavoratore riceverà il premio
La motivazione e l’importo del premio erogato;
Il nome e il numero di matricola del dipendente;
Dettagli su eventuali tasse e contributi;
Limitazioni e condizioni eventuali del premio;
La firma del rappresentante del datore di lavoro.
Premio produttività: a chi spetta?
Il premio di produttività spetta a tutti i lavoratori che prestano lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato in aziende del settore privato, purché tale agevolazione sia prevista dal CCNL, dal contratto di 2° livello aziendale e territoriale o dagli accordi sindacali.
Per poter essere considerato a tutti gli effetti un premio di risultato e godere, perciò, delle agevolazioni fiscali previste dalla legge, il premio di risultato deve:
essere legato a incrementi della produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione;
essere connesso a obiettivi misurabili secondo i criteri di misurazione fissati in fase di sottoscrizione del contratto;
venire erogato alla totalità dei dipendenti, o a un determinato settore produttivo o categoria, e non a un singolo lavoratore.
L’ammontare del premio di produttività non è mai fisso, ma varia in base all’incremento dei parametri a cui l’azienda ha deciso di legarli.
Il datore di lavoro, inoltre, non è obbligato a erogare la stessa somma a tutti i dipendenti, ma può decidere di corrispondere premi di importi diversi a seconda che i lavoratori appartengano o meno a un determinato reparto produttivo, basandosi sulla retribuzione annua lorda o, ancora, sui giorni di presenza e sulle ore lavorate.
Nel caso in cui le performance dei parametri a cui è legata l’assegnazione del premio di produttività risultino inferiori alle soglie prefissate, secondo la normativa vigente, l’azienda non ha la facoltà di erogare il premio produttività soggetto a tassazione agevolata.
Differenza tra premi produttività e i bonus dipendenti
Non è una novità questa abitudine di molte aziende di corrispondere ai lavoratori una gratifica in aggiunta al compenso previsto dal contratto quando il bilancio è in attivo o quando un lavoratore è stato particolarmente efficiente nel suo lavoro.
Ogni datore di lavoro, infatti, ha diritto di offrire ai propri dipendenti gli incentivi che preferisce. Tuttavia, non tutti i bonus erogati in busta paga hanno le stesse caratteristiche.
Mentre i “bonus dipendenti” possono essere erogati in qualsiasi momento, a uno o più dipendenti, senza vincoli particolari, il premio di produttività, per sua natura, deve essere erogato secondo regole e vincoli precisi.
Le differenze maggiori tra l’uno e l’altro tipo di bonus, però, risiedono nella contrattazione e nella tassazione.
I bonus per i dipendenti non devono per forza essere previsti dai contratti collettivi nazionali, possono essere inseriti nel contratto di lavoro individuale e vengono assoggettati all’aliquota IRPEF prevista per i redditi da lavoro dipendente.
Il premio di produttività, invece, deve essere necessariamente previsto nella contrattazione collettiva e negli accordi sindacali di categoria ed è soggetto a una tassazione agevolata.
Tassazione del premio di produttività
Adesso che abbiamo visto cos’è il premio di produttività e chi ha diritto a riceverlo, parliamo delle normative che ne regolano la tassazione.
A partire dal 2016, la tassazione agevolata dei premi di risultato è diventata strutturale. Ciò significa che i premi di risultato erogati secondo le modalità previste dalla legge non sono soggetti alle aliquote progressive IRPEF bensì ad un’aliquota agevolata in sostituzione di tutte le altre.
La normativa di riferimento per quanto riguarda il premio di produttività fino a poco tempo fa era rappresentata dalla Legge di Stabilità del 2016, e dalle Leggi di Bilancio 2017 e 2018 ed era sintetizzata nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n° 5 del 2018. Tale normativa specificava non solo i criteri secondo cui le aziende possono erogare premi di risultato detassabili, ma anche quali tipologie di lavoratori hanno accesso al regime di detassazione del premio di risultato.
La Legge di Bilancio 2023 (Legge 197/2022) ha previsto, all’articolo 1 comma 63, che l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e le addizionali regionali e comunali subiscano una riduzione dal 10% al 5% sulle somme erogate sotto forma di premio di produttività aziendale.
Secondo la legge, hanno diritto a tale agevolazione i lavoratori del solo settore privato che nell’anno d’imposta abbiano conseguito redditi da lavoro dipendente per importi non superiori a 80.000 euro.
L’importo massimo del premio produttività assoggettabile alla tassazione agevolata, invece, è di 3.000 euro. Solo nel caso in cui il premio di produzione venga erogato ai dipendenti di aziende che coinvolgono i collaboratori nell’organizzazione del lavoro, tale soglia è innalzata fino a 4.000 euro (solo per i rapporti di lavoro già in essere prima del 24 aprile 2017).
Nel caso in cui un lavoratore percepisca premi di risultato da più datori di lavoro, il limite della somma soggetta a tassazione agevolata rimane comunque di 3.000.
Facciamo un esempio pratico di tassazione del premio di produttività ai fini IRPEF, prevedendo che il lavoratore abbia percepito, nell’anno di imposta, un premio di risultato lordo del valore di 1.800 euro.
Grazie alla tassazione agevolata al 5%, l’importo netto che viene corrisposto in busta paga è pari a 1.710 euro.
Senza tassazione agevolata, tale importo sarebbe soggetto a un’aliquota variabile tra il 23% e il 43%, a seconda del reddito imponibile.
Secondo le disposizioni di legge, come abbiamo visto, il lavoratore ha la possibilità di convertire – in tutto o in parte – l’importo del premio di produzione in servizi di welfare aziendale. In questo caso, il valore del bene o servizio erogato non concorre alla formazione del reddito imponibile, ed è totalmente esente da tassazione. Questa opzione permette al datore di lavoro di ottenere un risparmio per quanto riguarda l’abbattimento degli oneri contributivi, fissando in questo modo una notevole riduzione del cuneo fiscale.
Facciamo un esempio pratico. Un lavoratore percepisce un premio di produttività di 1.200 euro e decide di usufruire di un’agevolazione per il trasporto ferroviario. Tale agevolazione viene quantificata in maniera forfettaria nella cifra di 200 euro.
La base imponibile per il calcolo dell’imposta sostitutiva al 5% non sarà più di 1.200 euro: da essa verrà escluso il valore del servizio di trasporto ferroviario, che è di 200 euro.
L’imposta sostitutiva verrà perciò applicata solo sulla somma di 1.000 euro. Somma che il lavoratore può decidere di convertire in ulteriori benefit.
L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che i servizi di welfare aziendale vengono considerati percepiti dal dipendente, e quindi esclusi dal reddito imponibile, nel momento in cui il lavoratore compie la scelta di convertire in benefit il suo premio di risultato, anche se tali benefit vengono erogati, o goduti, in un momento successivo.
Detassazione premi: come funziona?
L’erogazione dei premi di risultato avviene su base annuale, semestrale o trimestrale, eseguendo un confronto con le prestazioni dell’anno precedente.
Per questo, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste per le somme erogate per premi di risultato è importante che ogni anno le aziende depositino presso il Ministero del Lavoro il contratto di 2° livello e i contratti in scadenza e forniscano queste informazioni:
il numero dei lavoratori che ricevono il premio di produttività;
l’indicatore dei parametri prefissati;
il contratto territoriale o aziendale.
Con il premio non tassato in busta paga il lavoratore può beneficiare dell’intero importo senza dover pagare le tasse previste. Questo potrebbe avere un impatto sull’anno seguente perché andrebbe a incidere sul reddito complessivo dell’impiegato e quindi sulla classe di reddito fiscale di appartenenza.
Ma quali categorie di lavoratori possono usufruire del premio di produzione detassato?
I dipendenti dei lavoratori autonomi, come i titolari di studi privati o ditte;
I dipendenti delle aziende private:
I dipendenti delle pubbliche amministrazioni che abbiano un contratto di somministrazione di lavoro e quindi dipendenti delle agenzie di lavoro.
Rientrano invece fra i soggetti esclusi dalla detassazione dei premi di risultato:
Coloro che percepiscono redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative e a progetto;
I dipendenti che beneficiano dell’auto aziendale, di un alloggio aziendale o che ricevono prestiti concessi dal datore di lavoro;
I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che hanno un contratto di natura privatistica;
I dipendenti che lavorano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni all’anno.
È bene ricordare che quando il dipendente non fornisce tutte le informazioni utili per l’applicazione del regime fiscale agevolato nei tempi e limiti previsti dalla norma agevolativa, il datore di lavoro sarà indotto ad applicare l’imposta sostitutiva anche oltre il limite di premio annuale. In questo caso, dovrà essere cura del dipendente far concorrere al suo reddito complessivo, al momento della dichiarazione dei redditi, i premi di risultato impropriamente assoggettati a imposta sostitutiva. Lo stesso vale nel caso in cui il premio di produzione sia stato concesso sotto forma di benefit detassato.
Premio di produttività, malattia e maternità
Nel computo delle ore lavorate al fine di determinare il premio di produzione da destinare ai dipendenti, secondo la Legge di Bilancio 2023 andranno considerati anche:
i permessi della Legge 104 anche per badare a familiari o figli disabili o con patologie gravi;
l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità e paternità;
assenze per gravidanza
il 50% dei giorni di congedo parentale retribuito richiesto dai neogenitori;
gli infortuni sul lavoro;
malattia professionale;
donazione di sangue e midollo
assenza per ferie
permessi e riposi compensativi
Con la sentenza 13 aprile 2022 n.212, infatti, la Corte di Appello di Torino ha dichiarato che se eventuali giorni di assenza dal lavoro causati da ragioni di assistenza o cura per disabilità, proprie o altrui, dovessero incidere sulla determinazione del premio di produzione, come nel caso di assenze “normali”, in questo caso si tratterebbe di discriminazione diretta e tale comportamento da parte di un datore di lavoro avrebbe natura discriminatoria.
E sempre in tema di possibili discriminazioni, al fine di evitare una penalizzazione delle assenze per maternità e allattamento da parte delle lavoratrici e in virtù della parità di genere nel sistema premiale, la Legge di Bilancio 2023 stabilisce che il periodo di congedo di maternità obbligatorio va computato nella determinazione della corresponsione del premio di produttività.
Premio di produttività a fondo pensione
Con la Legge di Bilancio 2017 e 2023 sono stati introdotti altri vantaggi fiscali a favore dei dipendenti che scelgono di versare il premio di produttività a un fondo di pensione complementare o a un fondo sanitario.
Nel caso di premio a previdenza complementare, nello specifico, gli importi dei premi nel limite di 3.000 euro non sono soggetti a imposta sostitutiva del 5% e non concorrono a comporre reddito da lavoro dipendente anche qualora sforino il plafond di deducibilità (3.615 euro per i fondi sanitari e 5.164,57 euro per i fondi pensione).
La legge stabilisce che le somme relative a questa tipologia di contribuzione non devono essere tassate nemmeno in fase di prestazione, quindi l’esenzione è totale. Il lavoratore che beneficia di questi vantaggi non deve sostenere alcun costo aggiuntivo.

Luglio 19, 2023
Welfare Aziendale
Banca ore, in cosa consiste e come funziona?
Con la banca ore i lavoratori possono accantonare le ore di straordinario per usufruire di permessi extra.
Le aziende hanno a disposizione diversi strumenti per offrire ai lavoratori dipendenti delle misure di welfare che permettano loro di gestire la propria attività lavorativa con maggiori autonomia e flessibilità. Uno dei più apprezzati è la banca ore: un ausilio che permette di ottenere permessi extra sfruttando le ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno. In questa guida ti spiegheremo tutto quel che c’è da sapere sul funzionamento della banca ore.
Cos'è e come funziona la banca ore?
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Come si calcola la banca ore
Tassazione della banca ore
Banca ore e busta paga
Banca ore e part time
La banca ore nel CCNL del Commercio
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Che cos'è la banca ore solidale
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Cos’è e come funziona la banca ore?
La banca ore è uno strumento che permette al lavoratore di accantonare in un conto individuale le ore di lavoro straordinario svolte nel corso dell’anno e trasformarle poi in permessi retribuiti extra. Prevista dalla maggior parte dei CCNL, la banca ore è inserita nel quadro normativo che in Italia disciplina l’orario di lavoro, la Legge 24/06/1997 n. 196, con riferimento ai criteri stabiliti dalla direttiva CRR n.93/104 per quanto riguarda l’orario lavorativo normale e straordinario.
Le ore di straordinario sono le ore di lavoro prestate oltre l’orario di lavoro normale, che per legge è fissato nel limite di 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi hanno la facoltà di fissare un limite inferiore o superiore, purché non vengano superate le 48 ore settimanali.
Al contrario di altri strumenti di welfare aziendale, la banca ore non è regolamentata da leggi precise, ma direttamente dal CCNL di categoria, dalla contrattazione di secondo livello o dal contratto individuale di ciascun lavoratore dipendente.
Di solito, la banca ore viene proposta come un’alternativa al pagamento in busta paga delle ore di straordinario. Il lavoratore, cioè, può scegliere di accantonare queste ore nel suo portafoglio virtuale e utilizzarle in seguito, sotto forma di permessi extra.
Ci sono poi alcuni casi, come quello del contratto collettivo dei metalmeccanici, che prevedono che, anche se un dipendente decide di accantonare le ore di lavoro straordinario nella banca ore, queste vengano comunque pagate (di solito con un importo pari al 50% della paga spettante per le ore di lavoro svolte in eccesso).
Mentre i lavoratori con contratto a tempo indeterminato possono sempre accedere all’istituto della banca ore, i lavoratori con contratto a tempo determinato possono accedervi solo se questa possibilità è prevista dal contratto collettivo di riferimento.
La banca ore è considerata a tutti gli effetti una misura di welfare aziendale perché offre al lavoratore una maggiore flessibilità e gli permette di migliorare il proprio work-life balance, così da dedicare più tempo alla vita privata.
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
La legge stabilisce che, dopo sei giorni di lavoro continuato, il lavoratore dipendente abbia diritto ad uno stacco di 24 ore, che, solitamente, coincide con il riposo settimanale.
Se il dipendente non gode del giorno di riposo settimanale perché ha effettuato delle ore di lavoro straordinario, questo deve essere necessariamente recuperato.
I riposi compensativi sono quindi i giorni di riposo di cui il lavoratore usufruisce per recuperare i giorni di riposo persi a causa dello straordinario.
Di solito, l’istituto della banca ore va a sostituire i riposi compensativi, che, quindi, vengono erogati solamente qualora il contratto di lavoro non la preveda.
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Normalmente, le ore di lavoro straordinario accantonate nella banca ore possono essere utilizzate per richiedere le ore di permesso a partire dal mese successivo a quello in cui sono state svolte, chiedendo l’autorizzazione al datore di lavoro con un tempo di preavviso congruo. L’utilizzo di permessi extra va ad intaccare il monte della banca ore, senza erodere le ferie o i giorni di riposo a cui ha diritto il dipendente.
Se il lavoratore non usufruisce delle ore di permesso entro la scadenza delle stesse può richiedere che queste vengano pagate come normali ore di lavoro. La scadenza delle ore accantonate in banca ore non è fissa, perché ogni contratto ha condizioni diverse. Le aziende, di solito, concedono almeno un anno di tempo per usufruire delle ore accantonate.
In caso di una lavoratrice rientrata dalla maternità, è bene sapere che può utilizzare i permessi accumulati in banca ore cumulandoli con i riposi per allattamento regolati dall’INPS.
Come si calcola la banca ore
All’interno del conto della banca ore vengono quindi inserite tutte le ore di lavoro straordinario che il lavoratore ha deciso di accantonare per poter usufruire di permessi aggiuntivi rispetto alle ferie o ai riposi. In molti casi, la contrattazione collettiva prevede che al suo interno confluiscano anche i permessi ROL e le ex festività non goduti.
Il numero di ore accantonabili nella banca ore viene stabilito dal contratto collettivo, che può anche stabilire che una certa quota di ore di lavoro straordinario vi confluisca automaticamente.
Ogni volta che il lavoratore faccia richiesta di permessi accedendo alla banca ore, le ore utilizzate vengono scalate dal monte ore.
Di solito, quando si avvicina il momento della scadenza delle ore accantonate, si esegue un calcolo per scoprire quante ore siano rimaste all’interno della banca ore. Il calcolo si esegue sottraendo il numero di ore di cui il lavoratore ha usufruito dal totale di ore accantonate. Se il saldo è pari a zero, il lavoratore non potrà più usufruire dei permessi extra fino a che non abbia accumulato altre ore di lavoro in banca ore. Se, invece, il saldo è a credito, queste vengono retribuite in busta paga secondo gli importi stabiliti dal CCNL.
Tassazione della banca ore
Le ore di lavoro accantonate in banca ore sono soggette alla tassazione IRPEF e al pagamento dei contributi previdenziali.
La tassazione della banca ore avviene però in momenti diversi rispetto alla retribuzione ordinaria. Le ore di straordinario che finiscono in banca ore, infatti, non vengono tassate al momento del loro accantonamento, ma nel momento in cui vengono utilizzate o rimborsate.
Se, ad esempio, un lavoratore decide di usufruire di 8 ore di permesso scalandole dalla banca ore, queste non saranno decurtate dalla retribuzione di base. Pertanto, le ore di permesso verranno retribuite come normali ore di lavoro e saranno assoggettata alla tassazione IRPEF e al versamento dei contributi INPS.
Se, invece, il lavoratore non utilizza le ore accantonate in banca ore e le stesse vengono monetizzate, il versamento dei contributi e dell’IRPEF avverrà nel momento in cui avviene il pagamento in busta paga delle stesse.
Banca ore e busta paga
Le ore di lavoro straordinario effettuate da un lavoratore vengono sempre inserite in busta paga. Se un dipendente usufruisce della banca ore, però, cambiano il momento e le modalità con cui queste ore vengono registrate sul cedolino.
Ecco qualche esempio pratico per comprendere meglio come viene inserita la banca ore in busta paga.
Esempio 1: il lavoratore chiede che le ore di straordinario gli vengano pagate
Giuseppe, nel mese di marzo, effettua 10 ore di lavoro straordinario:
6 ore sono retribuite con la maggiorazione del 25%
4 ore, effettuate nei giorni festivi, sono retribuite con la maggiorazione del 55%
Di solito, Giuseppe effettua giornate lavorative di 6 ore e la sua retribuzione ordinaria è di 10,50 euro all’ora.
Le ore di straordinario, in questo caso, fruttano a Giuseppe 143,80 euro. L’imponibile contributivo è pari al totale delle competenze, comprensive di straordinario.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Lavoro straordinario 25%
6
€13,12
€78,72
Lavoro straordinario al 55%
4
€16,27
€65,08
Esempio 2: il lavoratore chiede che le ore di straordinario vengano accantonate in banca ore
Giuseppe decide che le 10 ore di lavoro straordinario svolte nel mese di marzo vengano accantonate in banca ore. In questo caso, il contratto collettivo del suo settore prevede che gli vengano corrisposte maggiorazioni nella retribuzione anche nel caso in cui lo straordinario venga accantonato in banca ore.
Ponendo il caso che Giuseppe abbia già 6 ore accantonate in banca ore, con l’aggiunta di quelle maturate nel mese di marzo queste saliranno a 16. In busta paga, invece, gli verranno riconosciuti 40,42 euro per le ore di straordinario effettuate.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Maggiorazione banca ore 12,5%
6
€11,81
€18,37
Maggiorazione banca ore 27,5%
4
€13,38
€22,05
Esempio 3: il lavoratore usufruisce delle ore accantonate
Nel mese di maggio, Giuseppe non effettua straordinario, ma decide di usufruire di 5 delle ore accantonate in banca ore. In questo caso, in busta paga verrà indicato che il lavoratore ha deciso di usare 5 ore di permesso, prendendole dalla banca ore, il cui saldo scende a 11.
Queste ore non vengono sottratte dalla retribuzione oraria base, in quanto Giuseppe ha diritto alla paga ordinaria anche qualora usufruisca della banca ore.
La base imponibile, in questo caso, è data dalla retribuzione base, che è comprensiva delle ore di permesso della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Recupero banca ore
5
Esempio 4: il lavoratore non usufruisce delle ore accantonate entro la scadenza stabilita
È scaduto l’anno di tempo che l’azienda concede ai suoi dipendenti per usufruire delle ore accantonate in banca ore. Giuseppe ha ancora a disposizione 11 ore residue che verranno monetizzate nel mese di dicembre dell’anno successivo.
In questo caso, oltre alla retribuzione base, al lavoratore spetteranno anche 115,50 euro per la liquidazione delle ore della banca ore non godute.
La base imponibile per la contribuzione sarà costituita dalla retribuzione base e dall’importo della monetizzazione della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Monetizzazione banca ore
10
€10,50
€115,50
Banca ore e part time
Per quanto riguarda il part-time, è bene ricordare che in questi tipi di contratto non è prevista una banca ore, bensì quattro giorni all’anno di permessi frazionati, ovvero 30 ore, che devono essere proporzionati all’orario di lavoro del dipendente.
Per i lavoratori part-time, inoltre, c’è la possibilità di accedere alla banca ore solo se in possesso di un contratto di lavoro part-time verticale, perché, normalmente, gli straordinari non sarebbero permessi. Questa possibilità, tuttavia, rimane condizionata dalle regole stabilite dal CCNL.
È obbligatorio utilizzare i permessi frazionati, detti anche PFR, entro e non oltre il 31 dicembre sotto forma di permessi retribuiti, anche frazionabili nel limite di almeno 1 ora. Questi, potranno essere utilizzati unendoli a periodi di ferie. Nel caso in cui il lavoratore non dovesse utilizzarli entro la data stabilita, tali permessi saranno perduti e non monetizzati.
La banca ore nel CCNL del Commercio
Il CCNL del Commercio prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la banca ore per gestire eventuali picchi di lavoro tramite l’accantonamento delle ore straordinarie.
I lavoratori possono godere dei riposi compensativi in pacchetti di 4 o 8 ore. Inoltre, è permessa la fruizione in maniera collettiva – quindi contemporaneamente da più dipendenti - dei riposi compensativi, purché questi non comprendano i mesi di luglio, agosto e settembre e la forza lavoro assente non superi il 10%.
Il CCNL del Commercio, inoltre, prevede che per il sabato o il giorno in cui nell’arco di una settimana si verifica un’intensità di lavoro più alta, la percentuale di dipendenti a riposo scenda al 5% della forza complessiva occupata.
Ma come si richiedono i riposi compensativi maturati con il lavoro straordinario accantonato in banca ore? In realtà è piuttosto semplice: basta infatti inoltrare al datore di lavoro un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi.
Per concludere, il datore di lavoro è tenuto entro e non oltre il 31 dicembre a fornire a ogni lavoratore il dettaglio sulla maturazione delle ore di straordinario depositate in banca ore sia degli eventuali riposi compensativi detratti.
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Per quanto riguarda il CCNL dei Metalmeccanici e Piccola Industria, secondo la normativa in vigore ogni ora svolta oltre le 40 ore settimanali potrà essere caricata nella banca ore e retribuita come lavoro straordinario o, altrimenti, come riposo compensativo.
I lavoratori avranno la possibilità di usufruire dei riposi compensativi seguendo la stessa prassi dei ROL, mentre le ore di straordinario accumulate, se non utilizzate entro due anni, sarà obbligatorio liquidarle in busta paga.
Infine, l’accordo firmato per l’industria metalmeccanica prevede che qualora il lavoratore volesse accantonare le ore straordinarie effettuate in banca ore, dovrà comunicarlo entro il mese in cui si svolgeranno gli straordinari.
Che cos’è la banca ore solidale?
La banca ore solidale segue il principio che tutti i lavoratori possano cedere i propri riposi e ferie ai colleghi che, ad esempio, debbano assistere un parente bisognoso di cure o un figlio ammalato, nel rispetto tuttavia della loro fruizione minima.
È possibile cedere esclusivamente le ferie aggiuntive che eccedano le quattro settimane annuali e i riposi che superino quelli minimi definiti per legge, ovvero oltre le undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni sette giorni.
È importante sottolineare che la cessione deve sempre e in ogni caso avere luogo a titolo gratuito.
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Molti si chiedono spesso se ci sia una differenza fra flessibilità oraria e banca ore. Per flessibilità oraria si intende un insieme di istituti contrattuali che permettono ai lavoratori di sfruttare un orario di lavoro da poter distribuire nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese, entro i limiti stabiliti dai vari contratti collettivi nazionale e da quelli aziendali.
Per fare un esempio, con l’orario flessibile i dipendenti possono entrare o uscire dal luogo di lavoro entro delle fasce orarie prestabilite e non per forza a una determinata ora (è la cosiddetta flessibilità in entrata e in uscita). In questo modo quindi il lavoratore non solo acquisisce una maggiore autonomia decisionale, ma ha la possibilità di conciliare al meglio gli impegni lavorativi e la sua vita privata.
Altri esempi di flessibilità oraria sono l’orario concentrato, ossia la possibilità di non fare la pausa pranzo in modo da poter uscire in anticipo dal posto di lavoro, e il lavoro ad isole, che consente a un gruppo di dipendenti che svolgono la stessa mansione di organizzarsi in autonomia per permettere ai singoli di assentarsi senza che ciò crei disagi e incida sulla qualità del lavoro, il cui svolgimento sarà comunque garantito dagli altri dipendenti del team.
La banca ore, come spiegato in questo articolo, non è altro che un altro modello organizzativo per far sì che i lavoratori abbiano una maggiore flessibilità lavorativa e quindi una migliore conciliazione vita-lavoro.

Luglio 17, 2023
Buoni Pasto
La tua spesa su Carrefour.it con i buoni pasto Day
I buoni pasto, essendo un servizio sostitutivo di mensa, possono essere utilizzati anche presso i supermercati che aderiscono alla rete dei partner Up Day. In questo articolo di oggi parliamo di Carrefour, entrato a far parte dei nostri partner online.
Da oggi una grande novità per la fruizione dei buoni pasto Day: gli utilizzatori dei nostri buoni pasto potranno infatti fare acquisti sulla piattaforma online di Carrefour e ricevere la spesa a domicilio o ritirarla presso il punto vendita prescelto.
La app 'Buoni Up Day'
La tua spesa online su Carrefour.it
Quanti buoni pasto è possibile utilizzare per la spesa online
La app ‘Buoni Up Day’
Come prima cosa è necessario scaricare la app ‘Buoni Up Day’ o accedere sul sito utilizzatori.day.it, registrarsi e così utilizzare tutti i servizi Up Day con un unico strumento.
Gestire tutti i prodotti, visualizzare i locali dove spendere i buoni e pagare direttamente dallo smartphone. Queste e tanto altre funzioni disponibili.
All’interno della soluzione buoni pasto, è possibile spostare i buoni in GESTISCI CLOUD e spenderli direttamente da smartphone, sia nella rete di punti vendita fisici, sia online sugli e-commerce o piattaforme dei nostri Partner.
Tra i nostri partner della sezione online è da oggi presente anche Carrefour.
La tua spesa online su carrefour.it
Gli utilizzatori che hanno spostato i propri buoni pasto Day in cloud, possono fare acquisti sulla piattaforma online di Carrefour e ricevere la spesa a domicilio o ritirarla presso il punto vendita prescelto.
Su sito di Carrefour o sull’app Carrefour è possibile programmare la consegna a domicilio fino a 5 giorni dall’ordine. Inoltre, è possibile ordinare online e ritirare comodamente la propria spesa nel negozio Carrefour preferito a partire da 2 ore dopo l’ordine, oppure nel parcheggio del punto vendita selezionato.
Su carrefour.it ci sono migliaia di prodotti per la spesa online e promozioni sui propri prodotti preferiti.
Quanti buoni pasto è possibile utilizzare per la spesa online?
Troviamo la risposta nel decreto ministeriale 7 giugno 2017 n. 122 che specifica che è possibile utilizzare fino ad un massimo di 8 buoni pasto per ogni singola transazione, cioè per ogni spesa.
Quindi non solo all’interno della rete fisica dei partner Up Day, ma anche tra quelli presenti nella sezione online della app, è possibile utilizzare lo stesso quantitativo di buoni, a cui potrà essere aggiunta una quota in denaro se il totale dovesse superare l’importo dei buoni pasto.

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