Welfare Aziendale

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Premio produttività e welfare aziendale
Luglio 24, 2023
Welfare Aziendale

Premi produttività e welfare aziendale

Quando un’azienda, durante l’anno, ottiene performance migliori dell’anno precedente - aumentando i guadagni o diventando più efficiente ad esempio - può riconoscere ai dipendenti una somma in denaro a titolo di gratifica. Scopri cosa sono i premi produttività, a chi spettano e come vengono tassati.   I premi di produttività sono compensi che il datore di lavoro può erogare al dipendente, in aggiunta allo stipendio, come riconoscimento per i risultati ottenuti. Ecco tutto quello che c’è da sapere sui premi produttività e sulla tassazione agevolata. Cos’è il premio produttività Premio di produttività in busta paga Premi produttività come strumento per migliorare il clima aziendale Vantaggi e benefici del premio di produttività Premio produttività: a chi spetta Differenza tra premio produttività e bonus dipendenti Tassazione del premio produttività Detassazione premi: come funziona Premio di produttività, malattia e maternità Premio di produttività a fondo pensione Cos’è il premio produttività La gestione delle aziende contemporanee è sempre più orientata verso il Management by Objectives o Management by Results (MBO – MBR), una tecnica che basa l’attività dell’azienda sul raggiungimento di obiettivi ben precisi e facilmente misurabili. Il premio di produttività è un riconoscimento economico aggiuntivo rispetto alla retribuzione di base, che il datore di lavoro corrisponde ai propri dipendenti per aver contribuito al conseguimento di determinati obiettivi, stabiliti in sede di contrattazione. I premi di risultato sono importi legati a un miglioramento delle performance dell’azienda, riscontrabile negli incrementi misurabili di produttiva, redditività, qualità efficienza e innovazione. Possono quindi venire corrisposti ai lavoratori una volta all’anno, in sede di chiusura del bilancio aziendale, oppure dalle due alle quattro volte l’anno, se sono legati alla presentazione dei bilanci intermedi.  Premio di produttività in busta paga Il dipendente che ha diritto al premio di produttività può scegliere tra due diverse modalità di fruizione dello stesso. Il lavoratore, infatti, può decidere di ricevere un premio una tantum in busta paga, in denaro, soggetto a tassazione agevolata per importi fino a 3.000 euro (se il reddito del lavoratore non supera gli 80.000 euro), oppure può decidere di convertire la somma che gli spetta in voucher da utilizzare per ottenere servizi di welfare aziendale.   Con i voucher erogati in sostituzione del premio di produttività il dipendente può accedere a un paniere di beni e servizi predisposto dall’azienda, che può comprendere: badanti; buoni spesa; assistenza domiciliare per familiari anziani e disabili; baby-sitter; asilo nido; borse di studio per i familiari; servizi di trasporto; rette per centri estivi e invernali; acquisto di libri scolastici; servizi di mensa; servizi di assistenza sanitaria integrativa; polizze di previdenza complementare; investimenti in azioni. Il datore di lavoro può anche decidere di erogare il premio produttività sotto forma di una partecipazione agli utili dell’azienda. Quali voci presenti in busta paga si riferiscono al premio di produzione? Solitamente il premio di produttività viene indicato in una voce distinta dallo stipendio di base o da altri eventuali indennità o bonus. A seconda delle convenzioni adottate dal datore di lavoro, tale voce potrebbe essere “Incentivo produzione” o “Premio produzione”. In alcuni casi, tuttavia, il premio di produzione potrebbe venir suddiviso in ulteriori voci in modo da indicare la parte relativa ai risultati aziendali e quella che concerne invece la performance individuale. I premi di produttività come strumento per migliorare il clima aziendale Il clima aziendale rappresenta la percezione delle persone rispetto al proprio ambiente di lavoro. Un’azienda con un clima aziendale negativo è soggetta a fenomeni quali scarsa motivazione del personale, assenteismo, cali di produttività, performance deludenti. Per questo è importante che il clima aziendale sia sempre positivo. Le cause di un clima aziendale negativo possono essere ricercate in: presenza di processi inutili, pesanti e procedure lunghe e inefficaci; comunicazione poco efficace; incapacità di stabilire le priorità; assenza di riconoscimenti per il lavoro svolto dai dipendenti. Un’azienda che, analizzando il proprio clima aziendale, si accorga che quest’ultimo viene percepito come negativo, ha a disposizione diversi strumenti per migliorare la situazione. Ad esempio, offrire ai lavoratori la possibilità di lavorare in smart working, per favorire la conciliazione vita lavoro o rendere più snella ed efficiente la comunicazione interna. Anche offrire premi di produzione legati al raggiungimento di determinati obiettivi è un buon modo per migliorare il clima aziendale e dimostrare ai collaboratori che il loro lavoro è apprezzato.   Vantaggi e benefici del premio produttività I premi di produttività sono considerati strumenti fondamentali da tutte le imprese che puntano sul welfare aziendale come mezzo per raggiungere livelli di efficienza e innovazione più elevati. L’erogazione del premio di produttività può risultare molto vantaggiosa sia per il datore di lavoro, sia per il dipendente: il primo si ritroverà ad avere collaboratori ancor più motivati nel raggiungere gli obiettivi prefissati, e potrà assistere a un incremento della produttività, del prestigio del proprio marchio e degli utili. Il secondo non solo vedrà premiati i suoi sforzi e si sentirà quindi gratificato e motivato a fare sempre meglio, ma sarà anche più felice di ricevere il bonus sapendo che è soggetto a tassazione ridotta. Per non parlare poi del fatto che, nel caso decidesse di convertirlo in beni e servizi, questi risulterebbero totalmente esenti dalle tasse fino a un importo massimo di 3.000 euro. Il datore di lavoro che desidera gratificare i propri dipendenti e incentivarli nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, ha a disposizione la cosiddetta lettera di premio in busta paga. Si tratta di un documento che comunica la ricezione del premio e che contiene le seguenti informazioni; La data in cui il lavoratore riceverà il premio La motivazione e l’importo del premio erogato; Il nome e il numero di matricola del dipendente; Dettagli su eventuali tasse e contributi; Limitazioni e condizioni eventuali del premio; La firma del rappresentante del datore di lavoro. Premio produttività: a chi spetta? Il premio di produttività spetta a tutti i lavoratori che prestano lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato in aziende del settore privato, purché tale agevolazione sia prevista dal CCNL, dal contratto di 2° livello aziendale e territoriale o dagli accordi sindacali. Per poter essere considerato a tutti gli effetti un premio di risultato e godere, perciò, delle agevolazioni fiscali previste dalla legge, il premio di risultato deve: essere legato a incrementi della produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione; essere connesso a obiettivi misurabili secondo i criteri di misurazione fissati in fase di sottoscrizione del contratto; venire erogato alla totalità dei dipendenti, o a un determinato settore produttivo o categoria, e non a un singolo lavoratore. L’ammontare del premio di produttività non è mai fisso, ma varia in base all’incremento dei parametri a cui l’azienda ha deciso di legarli. Il datore di lavoro, inoltre, non è obbligato a erogare la stessa somma a tutti i dipendenti, ma può decidere di corrispondere premi di importi diversi a seconda che i lavoratori appartengano o meno a un determinato reparto produttivo, basandosi sulla retribuzione annua lorda o, ancora, sui giorni di presenza e sulle ore lavorate. Nel caso in cui le performance dei parametri a cui è legata l’assegnazione del premio di produttività risultino inferiori alle soglie prefissate, secondo la normativa vigente, l’azienda non ha la facoltà di erogare il premio produttività soggetto a tassazione agevolata.   Differenza tra premi produttività e i bonus dipendenti Non è una novità questa abitudine di molte aziende di corrispondere ai lavoratori una gratifica in aggiunta al compenso previsto dal contratto quando il bilancio è in attivo o quando un lavoratore è stato particolarmente efficiente nel suo lavoro. Ogni datore di lavoro, infatti, ha diritto di offrire ai propri dipendenti gli incentivi che preferisce. Tuttavia, non tutti i bonus erogati in busta paga hanno le stesse caratteristiche. Mentre i “bonus dipendenti” possono essere erogati in qualsiasi momento, a uno o più dipendenti, senza vincoli particolari, il premio di produttività, per sua natura, deve essere erogato secondo regole e vincoli precisi. Le differenze maggiori tra l’uno e l’altro tipo di bonus, però, risiedono nella contrattazione e nella tassazione. I bonus per i dipendenti non devono per forza essere previsti dai contratti collettivi nazionali, possono essere inseriti nel contratto di lavoro individuale e vengono assoggettati all’aliquota IRPEF prevista per i redditi da lavoro dipendente. Il premio di produttività, invece, deve essere necessariamente previsto nella contrattazione collettiva e negli accordi sindacali di categoria ed è soggetto a una tassazione agevolata.   Tassazione del premio di produttività Adesso che abbiamo visto cos’è il premio di produttività e chi ha diritto a riceverlo, parliamo delle normative che ne regolano la tassazione. A partire dal 2016, la tassazione agevolata dei premi di risultato è diventata strutturale. Ciò significa che i premi di risultato erogati secondo le modalità previste dalla legge non sono soggetti alle aliquote progressive IRPEF bensì ad un’aliquota agevolata in sostituzione di tutte le altre. La normativa di riferimento per quanto riguarda il premio di produttività fino a poco tempo fa era rappresentata dalla Legge di Stabilità del 2016, e dalle Leggi di Bilancio 2017 e 2018 ed era sintetizzata nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n° 5 del 2018. Tale normativa specificava non solo i criteri secondo cui le aziende possono erogare premi di risultato detassabili, ma anche quali tipologie di lavoratori hanno accesso al regime di detassazione del premio di risultato.   La Legge di Bilancio 2023 (Legge 197/2022) ha previsto, all’articolo 1 comma 63, che l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e le addizionali regionali e comunali subiscano una riduzione dal 10% al 5% sulle somme erogate sotto forma di premio di produttività aziendale.   Secondo la legge, hanno diritto a tale agevolazione i lavoratori del solo settore privato che nell’anno d’imposta abbiano conseguito redditi da lavoro dipendente per importi non superiori a 80.000 euro. L’importo massimo del premio produttività assoggettabile alla tassazione agevolata, invece, è di 3.000 euro. Solo nel caso in cui il premio di produzione venga erogato ai dipendenti di aziende che coinvolgono i collaboratori nell’organizzazione del lavoro, tale soglia è innalzata fino a 4.000 euro (solo per i rapporti di lavoro già in essere prima del 24 aprile 2017). Nel caso in cui un lavoratore percepisca premi di risultato da più datori di lavoro, il limite della somma soggetta a tassazione agevolata rimane comunque di 3.000. Facciamo un esempio pratico di tassazione del premio di produttività ai fini IRPEF, prevedendo che il lavoratore abbia percepito, nell’anno di imposta, un premio di risultato lordo del valore di 1.800 euro. Grazie alla tassazione agevolata al 5%, l’importo netto che viene corrisposto in busta paga è pari a 1.710 euro. Senza tassazione agevolata, tale importo sarebbe soggetto a un’aliquota variabile tra il 23% e il 43%, a seconda del reddito imponibile. Secondo le disposizioni di legge, come abbiamo visto, il lavoratore ha la possibilità di convertire – in tutto o in parte – l’importo del premio di produzione in servizi di welfare aziendale. In questo caso, il valore del bene o servizio erogato non concorre alla formazione del reddito imponibile, ed è totalmente esente da tassazione. Questa opzione permette al datore di lavoro di ottenere un risparmio per quanto riguarda l’abbattimento degli oneri contributivi, fissando in questo modo una notevole riduzione del cuneo fiscale. Facciamo un esempio pratico. Un lavoratore percepisce un premio di produttività di 1.200 euro e decide di usufruire di un’agevolazione per il trasporto ferroviario. Tale agevolazione viene quantificata in maniera forfettaria nella cifra di 200 euro. La base imponibile per il calcolo dell’imposta sostitutiva al 5% non sarà più di 1.200 euro: da essa verrà escluso il valore del servizio di trasporto ferroviario, che è di 200 euro. L’imposta sostitutiva verrà perciò applicata solo sulla somma di 1.000 euro. Somma che il lavoratore può decidere di convertire in ulteriori benefit. L’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che i servizi di welfare aziendale vengono considerati percepiti dal dipendente, e quindi esclusi dal reddito imponibile, nel momento in cui il lavoratore compie la scelta di convertire in benefit il suo premio di risultato, anche se tali benefit vengono erogati, o goduti, in un momento successivo.   Detassazione premi: come funziona? L’erogazione dei premi di risultato avviene su base annuale, semestrale o trimestrale, eseguendo un confronto con le prestazioni dell’anno precedente. Per questo, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste per le somme erogate per premi di risultato è importante che ogni anno le aziende depositino presso il Ministero del Lavoro il contratto di 2° livello e i contratti in scadenza e forniscano queste informazioni: il numero dei lavoratori che ricevono il premio di produttività; l’indicatore dei parametri prefissati; il contratto territoriale o aziendale.   Con il premio non tassato in busta paga il lavoratore può beneficiare dell’intero importo senza dover pagare le tasse previste. Questo potrebbe avere un impatto sull’anno seguente perché andrebbe a incidere sul reddito complessivo dell’impiegato e quindi sulla classe di reddito fiscale di appartenenza. Ma quali categorie di lavoratori possono usufruire del premio di produzione detassato? I dipendenti dei lavoratori autonomi, come i titolari di studi privati o ditte; I dipendenti delle aziende private: I dipendenti delle pubbliche amministrazioni che abbiano un contratto di somministrazione di lavoro e quindi dipendenti delle agenzie di lavoro.   Rientrano invece fra i soggetti esclusi dalla detassazione dei premi di risultato: Coloro che percepiscono redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative e a progetto; I dipendenti che beneficiano dell’auto aziendale, di un alloggio aziendale o che ricevono prestiti concessi dal datore di lavoro; I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che hanno un contratto di natura privatistica; I dipendenti che lavorano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni all’anno.   È bene ricordare che quando il dipendente non fornisce tutte le informazioni utili per l’applicazione del regime fiscale agevolato nei tempi e limiti previsti dalla norma agevolativa, il datore di lavoro sarà indotto ad applicare l’imposta sostitutiva anche oltre il limite di premio annuale. In questo caso, dovrà essere cura del dipendente far concorrere al suo reddito complessivo, al momento della dichiarazione dei redditi, i premi di risultato impropriamente assoggettati a imposta sostitutiva. Lo stesso vale nel caso in cui il premio di produzione sia stato concesso sotto forma di benefit detassato.   Premio di produttività, malattia e maternità Nel computo delle ore lavorate al fine di determinare il premio di produzione da destinare ai dipendenti, secondo la Legge di Bilancio 2023 andranno considerati anche: i permessi della Legge 104 anche per badare a familiari o figli disabili o con patologie gravi; l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità e paternità; assenze per gravidanza il 50% dei giorni di congedo parentale retribuito richiesto dai neogenitori; gli infortuni sul lavoro; malattia professionale; donazione di sangue e midollo assenza per ferie permessi e riposi compensativi     Con la sentenza 13 aprile 2022 n.212, infatti, la Corte di Appello di Torino ha dichiarato che se eventuali giorni di assenza dal lavoro causati da ragioni di assistenza o cura per disabilità, proprie o altrui, dovessero incidere sulla determinazione del premio di produzione, come nel caso di assenze “normali”, in questo caso si tratterebbe di discriminazione diretta e tale comportamento da parte di un datore di lavoro avrebbe natura discriminatoria. E sempre in tema di possibili discriminazioni, al fine di evitare una penalizzazione delle assenze per maternità e allattamento da parte delle lavoratrici e in virtù della parità di genere nel sistema premiale, la Legge di Bilancio 2023 stabilisce che il periodo di congedo di maternità obbligatorio va computato nella determinazione della corresponsione del premio di produttività.   Premio di produttività a fondo pensione Con la Legge di Bilancio 2017 e 2023 sono stati introdotti altri vantaggi fiscali a favore dei dipendenti che scelgono di versare il premio di produttività a un fondo di pensione complementare o a un fondo sanitario. Nel caso di premio a previdenza complementare, nello specifico, gli importi dei premi nel limite di 3.000 euro non sono soggetti a imposta sostitutiva del 5% e non concorrono a comporre reddito da lavoro dipendente anche qualora sforino il plafond di deducibilità (3.615 euro per i fondi sanitari e 5.164,57 euro per i fondi pensione). La legge stabilisce che le somme relative a questa tipologia di contribuzione non devono essere tassate nemmeno in fase di prestazione, quindi l’esenzione è totale. Il lavoratore che beneficia di questi vantaggi non deve sostenere alcun costo aggiuntivo.
Banca Ore: in cosa consiste e come funziona?
Luglio 19, 2023
Welfare Aziendale

Banca ore, in cosa consiste e come funziona?

Con la banca ore i lavoratori possono accantonare le ore di straordinario per usufruire di permessi extra. Le aziende hanno a disposizione diversi strumenti per offrire ai lavoratori dipendenti delle misure di welfare che permettano loro di gestire la propria attività lavorativa con maggiori autonomia e flessibilità. Uno dei più apprezzati è la banca ore: un ausilio che permette di ottenere permessi extra sfruttando le ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno. In questa guida ti spiegheremo tutto quel che c’è da sapere sul funzionamento della banca ore.   Cos'è e come funziona la banca ore? Banca ore e riposo compensativo: quale differenza? Banca ore: come ed entro quando utilizzarla Come si calcola la banca ore Tassazione della banca ore Banca ore e busta paga Banca ore e part time La banca ore nel CCNL del Commercio La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici Che cos'è la banca ore solidale Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?   Cos’è e come funziona la banca ore? La banca ore è uno strumento che permette al lavoratore di accantonare in un conto individuale le ore di lavoro straordinario svolte nel corso dell’anno e trasformarle poi in permessi retribuiti extra. Prevista dalla maggior parte dei CCNL, la banca ore è inserita nel quadro normativo che in Italia disciplina l’orario di lavoro, la Legge 24/06/1997 n. 196, con riferimento ai criteri stabiliti dalla direttiva CRR n.93/104 per quanto riguarda l’orario lavorativo normale e straordinario. Le ore di straordinario sono le ore di lavoro prestate oltre l’orario di lavoro normale, che per legge è fissato nel limite di 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi hanno la facoltà di fissare un limite inferiore o superiore, purché non vengano superate le 48 ore settimanali. Al contrario di altri strumenti di welfare aziendale, la banca ore non è regolamentata da leggi precise, ma direttamente dal CCNL di categoria, dalla contrattazione di secondo livello o dal contratto individuale di ciascun lavoratore dipendente. Di solito, la banca ore viene proposta come un’alternativa al pagamento in busta paga delle ore di straordinario. Il lavoratore, cioè, può scegliere di accantonare queste ore nel suo portafoglio virtuale e utilizzarle in seguito, sotto forma di permessi extra. Ci sono poi alcuni casi, come quello del contratto collettivo dei metalmeccanici, che prevedono che, anche se un dipendente decide di accantonare le ore di lavoro straordinario nella banca ore, queste vengano comunque pagate (di solito con un importo pari al 50% della paga spettante per le ore di lavoro svolte in eccesso). Mentre i lavoratori con contratto a tempo indeterminato possono sempre accedere all’istituto della banca ore, i lavoratori con contratto a tempo determinato possono accedervi solo se questa possibilità è prevista dal contratto collettivo di riferimento. La banca ore è considerata a tutti gli effetti una misura di welfare aziendale perché offre al lavoratore una maggiore flessibilità e gli permette di migliorare il proprio work-life balance, così da dedicare più tempo alla vita privata.   Banca ore e riposo compensativo: quale differenza? La legge stabilisce che, dopo sei giorni di lavoro continuato, il lavoratore dipendente abbia diritto ad uno stacco di 24 ore, che, solitamente, coincide con il riposo settimanale. Se il dipendente non gode del giorno di riposo settimanale perché ha effettuato delle ore di lavoro straordinario, questo deve essere necessariamente recuperato. I riposi compensativi sono quindi i giorni di riposo di cui il lavoratore usufruisce per recuperare i giorni di riposo persi a causa dello straordinario. Di solito, l’istituto della banca ore va a sostituire i riposi compensativi, che, quindi, vengono erogati solamente qualora il contratto di lavoro non la preveda.   Banca ore: come ed entro quando utilizzarla Normalmente, le ore di lavoro straordinario accantonate nella banca ore possono essere utilizzate per richiedere le ore di permesso a partire dal mese successivo a quello in cui sono state svolte, chiedendo l’autorizzazione al datore di lavoro con un tempo di preavviso congruo. L’utilizzo di permessi extra va ad intaccare il monte della banca ore, senza erodere le ferie o i giorni di riposo a cui ha diritto il dipendente. Se il lavoratore non usufruisce delle ore di permesso entro la scadenza delle stesse può richiedere che queste vengano pagate come normali ore di lavoro. La scadenza delle ore accantonate in banca ore non è fissa, perché ogni contratto ha condizioni diverse. Le aziende, di solito, concedono almeno un anno di tempo per usufruire delle ore accantonate. In caso di una lavoratrice rientrata dalla maternità, è bene sapere che può utilizzare i permessi accumulati in banca ore cumulandoli con i riposi per allattamento regolati dall’INPS. Come si calcola la banca ore All’interno del conto della banca ore vengono quindi inserite tutte le ore di lavoro straordinario che il lavoratore ha deciso di accantonare per poter usufruire di permessi aggiuntivi rispetto alle ferie o ai riposi. In molti casi, la contrattazione collettiva prevede che al suo interno confluiscano anche i permessi ROL e le ex festività non goduti. Il numero di ore accantonabili nella banca ore viene stabilito dal contratto collettivo, che può anche stabilire che una certa quota di ore di lavoro straordinario vi confluisca automaticamente. Ogni volta che il lavoratore faccia richiesta di permessi accedendo alla banca ore, le ore utilizzate vengono scalate dal monte ore. Di solito, quando si avvicina il momento della scadenza delle ore accantonate, si esegue un calcolo per scoprire quante ore siano rimaste all’interno della banca ore. Il calcolo si esegue sottraendo il numero di ore di cui il lavoratore ha usufruito dal totale di ore accantonate. Se il saldo è pari a zero, il lavoratore non potrà più usufruire dei permessi extra fino a che non abbia accumulato altre ore di lavoro in banca ore. Se, invece, il saldo è a credito, queste vengono retribuite in busta paga secondo gli importi stabiliti dal CCNL. Tassazione della banca ore Le ore di lavoro accantonate in banca ore sono soggette alla tassazione IRPEF e al pagamento dei contributi previdenziali. La tassazione della banca ore avviene però in momenti diversi rispetto alla retribuzione ordinaria. Le ore di straordinario che finiscono in banca ore, infatti, non vengono tassate al momento del loro accantonamento, ma nel momento in cui vengono utilizzate o rimborsate. Se, ad esempio, un lavoratore decide di usufruire di 8 ore di permesso scalandole dalla banca ore, queste non saranno decurtate dalla retribuzione di base. Pertanto, le ore di permesso verranno retribuite come normali ore di lavoro e saranno assoggettata alla tassazione IRPEF e al versamento dei contributi INPS. Se, invece, il lavoratore non utilizza le ore accantonate in banca ore e le stesse vengono monetizzate, il versamento dei contributi e dell’IRPEF avverrà nel momento in cui avviene il pagamento in busta paga delle stesse. Banca ore e busta paga Le ore di lavoro straordinario effettuate da un lavoratore vengono sempre inserite in busta paga. Se un dipendente usufruisce della banca ore, però, cambiano il momento e le modalità con cui queste ore vengono registrate sul cedolino. Ecco qualche esempio pratico per comprendere meglio come viene inserita la banca ore in busta paga. Esempio 1: il lavoratore chiede che le ore di straordinario gli vengano pagate Giuseppe, nel mese di marzo, effettua 10 ore di lavoro straordinario: 6 ore sono retribuite con la maggiorazione del 25% 4 ore, effettuate nei giorni festivi, sono retribuite con la maggiorazione del 55% Di solito, Giuseppe effettua giornate lavorative di 6 ore e la sua retribuzione ordinaria è di 10,50 euro all’ora. Le ore di straordinario, in questo caso, fruttano a Giuseppe 143,80 euro. L’imponibile contributivo è pari al totale delle competenze, comprensive di straordinario. DESCRIZIONE QUANTITÀ DATO BASE COMPETENZE Retribuzione base 162 €10,50 €1701,00 Lavoro straordinario 25% 6 €13,12 €78,72 Lavoro straordinario al 55% 4 €16,27 €65,08 Esempio 2: il lavoratore chiede che le ore di straordinario vengano accantonate in banca ore Giuseppe decide che le 10 ore di lavoro straordinario svolte nel mese di marzo vengano accantonate in banca ore. In questo caso, il contratto collettivo del suo settore prevede che gli vengano corrisposte maggiorazioni nella retribuzione anche nel caso in cui lo straordinario venga accantonato in banca ore. Ponendo il caso che Giuseppe abbia già 6 ore accantonate in banca ore, con l’aggiunta di quelle maturate nel mese di marzo queste saliranno a 16. In busta paga, invece, gli verranno riconosciuti 40,42 euro per le ore di straordinario effettuate. DESCRIZIONE QUANTITÀ DATO BASE COMPETENZE Retribuzione base 162 €10,50 €1701,00 Maggiorazione banca ore 12,5% 6 €11,81 €18,37 Maggiorazione banca ore 27,5% 4 €13,38 €22,05   Esempio 3: il lavoratore usufruisce delle ore accantonate Nel mese di maggio, Giuseppe non effettua straordinario, ma decide di usufruire di 5 delle ore accantonate in banca ore. In questo caso, in busta paga verrà indicato che il lavoratore ha deciso di usare 5 ore di permesso, prendendole dalla banca ore, il cui saldo scende a 11. Queste ore non vengono sottratte dalla retribuzione oraria base, in quanto Giuseppe ha diritto alla paga ordinaria anche qualora usufruisca della banca ore. La base imponibile, in questo caso, è data dalla retribuzione base, che è comprensiva delle ore di permesso della banca ore. DESCRIZIONE QUANTITÀ DATO BASE COMPETENZE Retribuzione base 162 €10,50 €1701,00 Recupero banca ore 5 Esempio 4: il lavoratore non usufruisce delle ore accantonate entro la scadenza stabilita È scaduto l’anno di tempo che l’azienda concede ai suoi dipendenti per usufruire delle ore accantonate in banca ore. Giuseppe ha ancora a disposizione 11 ore residue che verranno monetizzate nel mese di dicembre dell’anno successivo. In questo caso, oltre alla retribuzione base, al lavoratore spetteranno anche 115,50 euro per la liquidazione delle ore della banca ore non godute. La base imponibile per la contribuzione sarà costituita dalla retribuzione base e dall’importo della monetizzazione della banca ore. DESCRIZIONE QUANTITÀ DATO BASE COMPETENZE Retribuzione base 162 €10,50 €1701,00 Monetizzazione banca ore 10 €10,50 €115,50   Banca ore e part time Per quanto riguarda il part-time, è bene ricordare che in questi tipi di contratto non è prevista una banca ore, bensì quattro giorni all’anno di permessi frazionati, ovvero 30 ore, che devono essere proporzionati all’orario di lavoro del dipendente. Per i lavoratori part-time, inoltre, c’è la possibilità di accedere alla banca ore solo se in possesso di un contratto di lavoro part-time verticale, perché, normalmente, gli straordinari non sarebbero permessi. Questa possibilità, tuttavia, rimane condizionata dalle regole stabilite dal CCNL. È obbligatorio utilizzare i permessi frazionati, detti anche PFR, entro e non oltre il 31 dicembre sotto forma di permessi retribuiti, anche frazionabili nel limite di almeno 1 ora. Questi, potranno essere utilizzati unendoli a periodi di ferie. Nel caso in cui il lavoratore non dovesse utilizzarli entro la data stabilita, tali permessi saranno perduti e non monetizzati. La banca ore nel CCNL del Commercio Il CCNL del Commercio prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la banca ore per gestire eventuali picchi di lavoro tramite l’accantonamento delle ore straordinarie. I lavoratori possono godere dei riposi compensativi in pacchetti di 4 o 8 ore. Inoltre, è permessa la fruizione in maniera collettiva – quindi contemporaneamente da più dipendenti - dei riposi compensativi, purché questi non comprendano i mesi di luglio, agosto e settembre e la forza lavoro assente non superi il 10%. Il CCNL del Commercio, inoltre, prevede che per il sabato o il giorno in cui nell’arco di una settimana si verifica un’intensità di lavoro più alta, la percentuale di dipendenti a riposo scenda al 5% della forza complessiva occupata. Ma come si richiedono i riposi compensativi maturati con il lavoro straordinario accantonato in banca ore? In realtà è piuttosto semplice: basta infatti inoltrare al datore di lavoro un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi. Per concludere, il datore di lavoro è tenuto entro e non oltre il 31 dicembre a fornire a ogni lavoratore il dettaglio sulla maturazione delle ore di straordinario depositate in banca ore sia degli eventuali riposi compensativi detratti.   La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici Per quanto riguarda il CCNL dei Metalmeccanici e Piccola Industria, secondo la normativa in vigore ogni ora svolta oltre le 40 ore settimanali potrà essere caricata nella banca ore e retribuita come lavoro straordinario o, altrimenti, come riposo compensativo. I lavoratori avranno la possibilità di usufruire dei riposi compensativi seguendo la stessa prassi dei ROL, mentre le ore di straordinario accumulate, se non utilizzate entro due anni, sarà obbligatorio liquidarle in busta paga. Infine, l’accordo firmato per l’industria metalmeccanica prevede che qualora il lavoratore volesse accantonare le ore straordinarie effettuate in banca ore, dovrà comunicarlo entro il mese in cui si svolgeranno gli straordinari.   Che cos’è la banca ore solidale? La banca ore solidale segue il principio che tutti i lavoratori possano cedere i propri riposi e ferie ai colleghi che, ad esempio, debbano assistere un parente bisognoso di cure o un figlio ammalato, nel rispetto tuttavia della loro fruizione minima. È possibile cedere esclusivamente le ferie aggiuntive che eccedano le quattro settimane annuali e i riposi che superino quelli minimi definiti per legge, ovvero oltre le undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni sette giorni. È importante sottolineare che la cessione deve sempre e in ogni caso avere luogo a titolo gratuito.   Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore? Molti si chiedono spesso se ci sia una differenza fra flessibilità oraria e banca ore. Per flessibilità oraria si intende un insieme di istituti contrattuali che permettono ai lavoratori di sfruttare un orario di lavoro da poter distribuire nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese, entro i limiti stabiliti dai vari contratti collettivi nazionale e da quelli aziendali. Per fare un esempio, con l’orario flessibile i dipendenti possono entrare o uscire dal luogo di lavoro entro delle fasce orarie prestabilite e non per forza a una determinata ora (è la cosiddetta flessibilità in entrata e in uscita). In questo modo quindi il lavoratore non solo acquisisce una maggiore autonomia decisionale, ma ha la possibilità di conciliare al meglio gli impegni lavorativi e la sua vita privata. Altri esempi di flessibilità oraria sono l’orario concentrato, ossia la possibilità di non fare la pausa pranzo in modo da poter uscire in anticipo dal posto di lavoro, e il lavoro ad isole, che consente a un gruppo di dipendenti che svolgono la stessa mansione di organizzarsi in autonomia per permettere ai singoli di assentarsi senza che ciò crei disagi e incida sulla qualità del lavoro, il cui svolgimento sarà comunque garantito dagli altri dipendenti del team. La banca ore, come spiegato in questo articolo, non è altro che un altro modello organizzativo per far sì che i lavoratori abbiano una maggiore flessibilità lavorativa e quindi una migliore conciliazione vita-lavoro.      
Fringe benefit alloggio al dipendente: normativa e tassazione
Giugno 19, 2023
Welfare Aziendale

Fringe benefit e alloggio al dipendente, qual è la normativa e la tassazione

La concessione di un alloggio ai dipendenti è un fringe benefit che viene erogato in alcuni casi specifici e che segue determinate regole stabilite dal TUIR. Ecco cosa sapere. I fringe benefit sono una forma di retribuzione integrativa che viene riconosciuta ai dipendenti sotto forma di beni e servizi in aggiunta allo stipendio. Tra i benefit più diffusi e apprezzati rientrano, ad esempio, l’assegnazione dell’auto aziendale a uso promiscuo, i buoni acquisto, il maggiordomo aziendale, il rimborso delle spese di trasporto per raggiungere la sede di lavoro, piani previdenziali e molti altri ancora. In questo articolo parleremo in modo dettagliato dell’alloggio concesso ai dipendenti, dalle regole previste dalla normativa vigente alle diverse tipologie di immobili utilizzabili, e faremo degli esempi pratici per calcolare il valore del fringe benefit per gli alloggi di servizio. Alloggio al dipendente: cos’è e a chi va assegnato Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio? Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici   Alloggio al dipendente: che cos’è e a chi va assegnato Tra i numerosi benefici che un datore di lavoro può scegliere di destinare ai propri dipendenti tramite fringe benefits rientra anche l’assegnazione di un alloggio. Ad eccezione di alcuni casi regolamentati dai CCNL o da altre tipologie di contrattazione collettiva o individuale, non vige nessun obbligo per le aziende riguardo l’erogazione di questo benefit, sia quando viene richiesto al lavoratore di svolgere l’attività lontano dalla sede di lavoro indicata nel contratto, sia quando è necessario effettuare una trasferta temporanea. Un alloggio aziendale viene assegnato: a guardiani e custodi per ricollocare i collaboratori in altre sedi lavorative per assumere personale qualificato che vive lontano dalla sede di lavoro principale Provvedere alle esigenze abitative dei dipendenti può sembrare all’apparenza un costo non necessario per un datore di lavoro. In realtà, aderire a un piano di welfare che metta al centro il benessere dei dipendenti rappresenta un grande investimento per l’azienda ed equivale a una perfetta strategia sia per rendere il lavoro godibile e gratificante sia per attirare nuovi talenti e favorire l’integrazione dei dipendenti nel team di lavoro.   Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa Il datore di lavoro può assegnare al dipendente diversi tipi di alloggi. Ecco i principali: Alloggi a uso foresteria Immobili concessi in uso ai dipendenti Fabbricati strumentali pro tempore   A seconda della tipologia di alloggio, la normativa stabilisce regole diverse per la deducibilità. I documenti e le leggi che definiscono la gestione e le regole per gli alloggi concessi ai dipendenti come fringe benefit sono: l’articolo 51 e l’articolo 95 del TUIR, la Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del dicembre 1997, il Decreto Legislativo n.314 del 2 settembre 1997 e il Testo Unico delle imposte sui Redditi. Vediamo nel dettaglio i diversi casi. Alloggi a uso foresteria Nel caso di immobili concessi ai dipendenti per uso temporaneo (foresterie), il TUIR stabilisce che al datore di lavoro spetta una deducibilità totale dei costi sostenuti. Immobili concessi in uso al dipendente In questo caso la normativa regola anche il pagamento dei canoni di affitto e tutte le spese relative alla manutenzione dei fabbricati concessi e stabilisce che i costi sostenuti dal datore di lavoro sono deducibili ma soltanto per un importo non superiore al reddito percepito dal dipendente. Il fringe benefit rappresenta il limite massimo dei costi deducibili dal datore di lavoro. Fabbricati strumentali pro tempore Questa tipologia di alloggio viene concessa ai dipendenti che per esigenze lavorative abbiano trasferito la loro residenza anagrafica. Per il periodo d'imposta nel quale avviene il trasferimento e nei due periodi successivi, le spese di manutenzione e il canone di locazione, anche finanziaria, sono deducibili dal reddito d’impresa nella loro totalità.   Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio? Gli immobili concessi ai dipendenti che si sono trasferiti per servizio, secondo l’articolo 43, comma 2 del TUIR, sono da considerarsi immobili strumentali durante il triennio. Ma cosa succede se il dipendente decide di lasciare l’alloggio prima che si concluda il triennio? In questo caso, l’unità immobiliare concessa al lavoratore non si considera più strumentale. Ciò significa che non potrà essere riconosciuta la deducibilità totale dei costi sostenuti dall’azienda. Tuttavia, è possibile applicare le disposizioni di favore qualora la stessa unità abitativa venga nuovamente concessa.   Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale Così come gli altri fringe benefit erogabili dall’azienda, anche in caso di concessione di unità immobiliari ai dipendenti sussistono le condizioni per usufruire di sgravi fiscali. Il TUIR identifica diverse tipologie di immobili: fabbricati iscritti al catasto fabbricati non iscritti al catasto fabbricati con obbligo di dimora, come nel caso dei portieri degli stabili o dei custodi dell’azienda fabbricati senza obbligo di dimora, come quelli destinati ai dipendenti Per quanto riguarda i fabbricati iscritti al catasto e concessi in uso, locazione o comodato al dipendente, il valore del fringe benefit alloggio equivale alla differenza fra quanto corrisponde il lavoratore per usufruire del fabbricato e la rendita catastale dell’immobile, incluse le spese e le utenze a carico del datore di lavoro come, ad esempio, le spese di condominio e le spese per acqua, gas ed energia elettrica. Nel caso di immobili non iscritti al catasto, invece, il fringe benefit è costituito dalla differenza tra quanto corrisposto dal dipendente e il valore del canone di locazione stabilito in regime vincolistico o, in sua mancanza, dal valore di libero mercato.   Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici Per stabilire il valore convenzionale da sottoporre a contribuzione fiscale e previdenziale occorre fare riferimento all’art. 51 del d.p.r. 917-1986. Per fare chiarezza, ecco un esempio che ti aiuterà a comprendere un po’ meglio come calcolare il fringe benefit in caso di concessione di un immobile iscritto al catasto. Considerando che l’unità abitativa abbia una rendita catastale pari a 3000 euro, spese inerenti pari a 800 euro e una somma complessiva trattenuta al lavoratore pari a 900 euro per l’utilizzo del fabbricato, il fringe benefit tassato per il dipendente corrisponderà a 2.900 euro (3.800 - 900). Vediamo adesso un esempio concreto per conoscere la tassazione del fringe benefit con riguardo agli alloggi che non necessitano di iscrizione al catasto, come ad esempio i fabbricati che si trovano all’estero. Supponendo che il canone annuo di locazione versato dal dipendente sia pari a 15.000 euro, sottraendo le somme eventualmente corrisposte dal lavoratore pari, ad esempio, a 1.200 euro (100 euro al mese), il fringe benefit tassato sarà pari a 13.800 euro (15.000 – 1.200). Nel caso sussista per i dipendenti che svolgono determinate funzioni l’obbligo di dimorare presso uno degli alloggi di servizio, come accade per i custodi, il fringe benefit sarà pari al 30% della differenza fra la rendita catastale, comprese tutte le spese inerenti e non, e il valore corrisposto dal dipendente. Tornando al primo esempio, su un immobile iscritto al catasto, il reddito da lavoro dipendente (ovvero, tassato) corrisponderà al 30% di 2.900 euro, ovvero a 870 euro. Se hai bisogno di una consulenza o ti serve aiuto per orientarti nel mondo dei fringe benefit dai un’occhiata alla nostra piattaforma di welfare aziendale.    
Sos Pediatra partner Day Welfare
Giugno 14, 2023
Welfare Aziendale

Sos Pediatra partner della piattaforma Day Welfare

SosPediatra è il nuovo partner disponibile sulla piattaforma Day Welfare. Ti piacerebbe avere un pediatra sempre a disposizione? Da genitori sappiamo che il pediatra di famiglia ha una disponibilità molto limitata, ha orari ben precisi di reperibilità e non è obbligato a visitare i bambini a casa. Anche durante gli orari di visita, per molti di noi portare un bambino malato in ambulatorio può non essere la scelta preferita: perché non è il massimo far uscire di casa un figlio che non sta bene, perché non ci va di esporlo al rischio di contagio con altri bimbi o perché siamo al lavoro e il piccolo è a casa con i nonni o la baby sitter. E allora come si fa? Con SosPediatra si possono trovare tante soluzioni: SosPediatra: servizi disponibili e costi Video consulto pediatrico online Day Welfare: una sola piattaforma tante opportunità   SosPediatra: servizi disponibili e costi SosPediatra è il primo servizio esclusivamente dedicato alla pediatria: pensato per i genitori dei bambini da 0 a 14 anni, offre la possibilità di prenotare visite pediatriche a domicilio tutti i giorni, anche nel weekend, in tutta Italia. Il servizio è disponibile per gli utenti di day welfare che possono richiederlo direttamente tramite il portale. La visita domiciliare nei giorni feriali, fino alle 21, costa 100€ Nei giorni festivi, prefestivi, nel weekend e dopo le 21 il prezzo è di 120€ Video consulto pediatrico online Grazie al servizio di video consulto pediatrico e specialistico è possibile consultare tutti i giorni un pediatra o uno specialista per approfondimenti, consigli e pareri sui principali sintomi e patologie dell’infanzia in video visita. Sul sito di SOSPEDIATRA (www.sospediatra.org) si possono visualizzare tutte le specializzazioni disponibili e poi richiedere la video visita tramite la piattaforma Day Welfare. Da oggi cercare un parere specialistico non sarà più un intricato iter di ricerca e attesa, spostamenti e appuntamenti rimandati, su SosPediatra trovi dermatologo, nutrizionista, gastroenterologo, allergologo e tutti gli esperti della salute mentale sempre disponibili a sostenere e affiancare la famiglia nella cura dei più piccoli. Per i genitori interessati a capire di più e a prendersi cura della salute dei propri figli al meglio, inoltre, SosPediatra ha realizzato una serie di video corsi tenuti da esperti sulle principali tematiche della salute dell’infanzia e della cura della famiglia. Anche questi servizi sono disponibili sul portale di Day Welfare. Insieme ci prendiamo cura della salute dei bambini! Day Welfare: una sola piattaforma, tante opportunità Day Welfare è la piattaforma di welfare che ti permette di gestire in modo semplice i piani di welfare, componendo le tipologie di benefit in base alle esigenze e preferenze aziendali, orientate al benessere dei tuoi dipendenti. È possibile scegliere tra tanti servizi per offrire un welfare davvero su misura: Assistenza Sanitaria, Famiglia e Istruzione, Famiglia e Assistenza, Trasporto Pubblico Locale, Acquisti e Shopping, Previdenza Complementare, Benessere, Cultura e Salute.  
MBO, OVVERO MANAGEMENT BY OBJECTIVES. COSA VUOL DIRE GESTIONE PER OBIETTIVI?
Giugno 12, 2023
Welfare Aziendale

MBO, ovvero Management by Objectives. Cosa vuol dire gestione per obiettivi?

Tra i numerosi sistemi di misurazione aziendale, l’MBO è un metodo di valutazione efficace per migliorare le performance aziendali e la comunicazione tra manager e collaboratori. La pianificazione del lavoro attraverso l’individuazione di obiettivi da raggiungere è la base dell’MBO, il Management by Objective. Un modello manageriale utilizzato e apprezzato da molte aziende, perché permette di responsabilizzare e coinvolgere maggiormente i collaboratori nell’attività e nelle sorti dell’impresa. L’MBO, uno dei metodi più utilizzati per la valutazione del personale, si basa sui risultati raggiunti alla luce di obiettivi prefissati. A tali obiettivi sono legati avanzamenti di carriera o determinati bonus in busta paga.   In questa guida ti spiegheremo tutto quello che c’è da sapere sulla gestione per obiettivi e come applicarla al meglio. MBO: qual è il suo significato? Cosa vuol dire, nella pratica, Management by Objectives Premi MBO e premi di produttività: sono la stessa cosa? Tassazione MBO: cosa sapere Vantaggi del Management by Objectives Possibili svantaggi La gestione per obiettivi è ancora attuale e sostenibile? Mbo: qual è il suo significato? La prima cosa che viene da chiedersi, quando si legge l’acronimo MBO, è quale sia il suo significato. MBO significa Management by Objectives, che in italiano può essere tradotto con il termine “gestione per obiettivi”. Il Management by Objectives, o gestione per obiettivi, è un modello di management ideato da Peter Drucker negli anni ‘50, che si è poi diffuso in tutto il mondo. Sebbene abbia ricevuto alcune critiche, l’MBO è tuttora il modello di gestione delle Risorse umane più impiegato dalle aziende. Secondo quanto teorizzato da Drucker, un’azienda non deve avere come obiettivo il raggiungimento del massimo profitto, ma ottenere ricavi sufficienti per coprire i costi e i rischi d’impresa, evitando di andare in perdita. È partendo da questo presupposto che si sviluppa l’MBO. Un modello gestionale che prevede di migliorare l’organizzazione dell’azienda suddividendo l’attività in una pluralità di obiettivi misurabili e raggiungibili, così da offrire maggiore autonomia ai collaboratori e aumentare il loro coinvolgimento nelle sorti dell’impresa. Ma c’è differenza tra KPI e MBO? Sì. I KPI (Key Performance Indicators) sono degli indicatori chiave di performance utilizzati per misurare il successo di un’attività e per monitorare il raggiungimento degli obiettivi strategici di un’azienda, come ad esempio l’aumento delle vendite, la riduzione dei costi o la fidelizzazione dei clienti. L’MBO invece consiste in un sistema di gestione delle performance che si basa sull’impostazione e il riconoscimento di obiettivi aziendali specifici e misurabili.   Cosa vuol dire nella pratica “Management by Objectives”? Mettere in pratica il modello del Management by Objectives significa seguire dei passaggi ben precisi, che vanno dalla definizione della strategia aziendale alla valutazione dei risultati raggiunti: Definizione degli obiettivi dell’azienda; Definizione degli obiettivi individuali; Assegnazione di indicatori di performance agli obiettivi Monitoraggio dei progressi e delle performance; Valutazione finale; Calcolo dei premi.   Definizione degli obiettivi dell’azienda Il punto di partenza per lo sviluppo di un piano gestionale basato sull’MBO è l’analisi della situazione aziendale (costi, rischio d’impresa, ecc.) e la definizione di obiettivi generali per l’impresa e i singoli settori. Come, ad esempio, incrementare la produzione o il fatturato, o acquisire un certo numero di nuovi clienti, in un determinato lasso di tempo. Durante le realizzazione della lista di obiettivi da conseguire, si dovrà tenere conto di alcuni vincoli, fra cui: l’effettiva disponibilità di risorse assegnate all’unità organizzativa; l’autonomia professionale necessaria per lavorare in maniera agile in base al livello di responsabilità dei vari collaboratori; la preparazione professionale necessaria per ottenere in maniera adeguata il conseguimento degli obiettivi; la coerenza generale tra gli obiettivi prefissati e le strategie aziendali   Definizione degli obiettivi individuali Una volta che sono stati definiti gli obiettivi generali, si può passare alla definizione degli obiettivi individuali. Gli obiettivi individuali che vengono definiti all’interno di un piano basato sul Management by Objectives devono rispondere a determinate caratteristiche che vengono racchiuse nell’acronimo S.M.A.R.T (Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Timely) ossia: Specifici, cioè chiari, che non lascino spazio a dubbi; Misurabili, cioè verificabili in ogni momento; Raggiungibili, cioè commisurati alle capacità dei singoli; Realistici, ossia non impossibili; Ben definiti nel tempo. Ad ogni tipologia di obiettivo viene assegnato un valore percentuale che ne determina il peso, cioè l’importanza. Una volta definiti gli obiettivi, è importante comunicarli in maniera chiara ed esaustiva ai collaboratori, così da non creare equivoci ed instaurare un clima di fiducia tra manager e lavoratori. Assegnazione di indicatori di performance agli obiettivi Gli indicatori di performance maggiormente utilizzati appartengono a tre categorie differenti: Fisici: quando il raggiungimento del risultato è misurato in base all’efficienza dimostrata nell’utilizzo di risorse fisiche; Economico-reddituali: ovvero correlati alla performance economica finanziaria dell’impresa; Temporali: quando per raggiungere il risultato atteso è determinante il rispetto di un certo orizzonte temporale.   Monitoraggio dei progressi e delle performance Effettuare solo una valutazione finale per verificare il raggiungimento degli obiettivi, generalmente, porta al fallimento dei piani di gestione per obiettivi. Perché un piano basato sull’MBO abbia successo si devono monitorare periodicamente i progressi e le performance dei singoli settori e collaboratori, fornendo dei feedback che li aiutino a capire se stanno andando nella giusta direzione e se il percorso intrapreso li stia portando o meno al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Nel caso in cui i risultati non siano in linea con gli obiettivi programmati, si avrà tutto il tempo per capire quali siano la causa e le motivazioni e risolvere di conseguenza i problemi rilevati.   Valutazione finale Quando scade il termine temporale fissato per il raggiungimento dell’obiettivo si deve eseguire una valutazione finale. Questa valutazione ha il duplice scopo di verificare che l’obiettivo sia stato effettivamente raggiunto e di offrire un feedback sulla qualità del lavoro svolto.   Calcolo dei premi Per incentivare i lavoratori e spingerli a dare il massimo, gli obiettivi fissati nei piani che si basano sul Management by Objectives vengono legati a dei premi, che possono essere erogati in denaro o in natura. Il valore del premio di produzione aumenta con l’aumentare della funzione strategica del lavoratore all’interno dell’azienda, e può raggiungere somme pari al 30% della RAL. Per calcolare il valore dei premi si deve moltiplicare la percentuale di raggiungimento dell’obiettivo per il peso assegnato all’obiettivo, quindi si divide il tutto per 100. Questo dato verrà poi utilizzato per stabilire l’ammontare del premio di risultato, impiegando come base la retribuzione annua lorda, come indicato dai contratti collettivi nazionali. L’erogazione del premio MBO avviene entro l’anno successivo a quello in cui sono stati assegnati gli obiettivi da raggiungere, solitamente fra aprile e giugno.   Premi MBO e premi di produttività: sono la stessa cosa? Si può dire quasi sempre che i premi di risultato e i premi derivanti dalla gestione MBO siano la stessa cosa. I premi di produttività possono essere offerti ai lavoratori che operano in determinati settori o alla totalità dei lavoratori di aziende di grandi e piccole dimensioni, anche se il loro valore può variare a seconda della mansione svolta. Regolamentati da leggi specifiche e dai CCNL, sono legati al raggiungimento di obiettivi generali, come gli incrementi di produttività o di fatturato dell’azienda rispetto all’anno precedente. Secondo quanto previso dalla legge, i premi di risultato che spettano ai lavoratori possono essere convertiti in servizi di welfare aziendale, come, ad esempio, i contributi previdenziali da versare in un fondo pensione aziendale, oppure i voucher welfare, che i lavoratori possono utilizzare per acquistare beni e servizi.   Tassazione MBO: cosa sapere I premi derivanti dal Management by Objectives sono tassati come redditi da lavoro dipendente, ovvero sono soggetti alla tassazione IRPEF e alle relative addizionali regionali e comunali. Ciò significa che i dipendenti che ricevono un premio MBO dovranno pagare le tasse sul reddito per le somme erogate in base alla loro fascia di reddito di appartenenza, così come avviene per il loro stipendio. Tuttavia, esiste una particolare forma di tassazione agevolata per i premi MBO, nota come regime fiscale agevolato. Il regime fisale agevolato prevede che ai premi MBO riconosciuti nel 2023 venga applicata una detassazione del 5% dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF, secondo la nuova Legge di Bilancio, fino a un massimo di 3.000 euro all’anno. Questo significa che se un dipendente riceve un premio MBO di 5.000 euro, solo i primi 3.000 euro saranno tassati con l’aliquota del 5%, mentre ai restanti 2.000 euro sarà applicata la tassazione ordinaria. È importante ricordare che il regime fiscale agevolato si applica soltanto ai premi MBO che vengono stabiliti nel rispetto della normativa vigente e che siano riconducibili a obiettivi oggettivi e quantificabili.   Vantaggi del Management by Objectives L’approccio alla gestione del lavoro offerto dal Management by Objectives consente alle aziende di ottenere diversi vantaggi: rende più snelli la pianificazione delle attività e i procedimenti; consente ai manager di concentrarsi su attività davvero importanti, che possano fare la differenza, e di tralasciare quei compiti che portano via molto tempo ma offrono pochi risultati; spinge i collaboratori ad impegnarsi al massimo delle loro possibilità per raggiungere lo scopo prefissato; offre ai lavoratori maggiore autonomia lavorativa e maggiore motivazione, senza dover continuamente far riferimento ai superiori per ottenere indicazioni e supporto; aiuta i manager a migliorare la loro leadership anche attraverso la creazione di percorsi di formazione manageriali più mirati, basati sui risultati dei feedback periodici; migliora la comunicazione aziendale su tutti i livelli. Incentiva la focalizzazione su obiettivi a breve termine Può attrarre nuovi talenti e ridurre il turnover delle risorse Possibili svantaggi Nonostante sia una delle tecniche di management più impiegata dalle aziende, l’MBO, se non applicato con attenzione, può comportare diversi svantaggi e offrire risultati opposti a quelli sperati. Se gli obiettivi fissati sono poco realistici e quasi impossibili da raggiungere, il piano gestionale rischia di fallire e di causare frustrazione tra i lavoratori. Anche quando gli obiettivi fissati sono realistici e facilmente raggiungibili c’è il rischio che i lavoratori ricorrano a pratiche scorrette per ottenere i risultati richiesti, dimenticandosi dell’importanza della collaborazione e concentrandosi solamente sulle performance individuali. Questo perché, spesso, non si tiene nella giusta considerazione il modo in cui questi obiettivi vengono raggiunti e dei possibili comportamenti del team e del datore di lavoro che mirano al loro conseguimento. Uno dei principali limiti dell’MBO, tuttavia, è rappresentato dal fatto che i piani di gestione sviluppati seguendo i suoi criteri si concentrino troppo sugli obiettivi a breve termine, trascurando gli obiettivi a lungo termine. Questi sono tutti fattori che, anziché incrementare la produttività e la solidità dell’azienda, ne rallentano l’attività e creano un clima di sfiducia tra i lavoratori.   La gestione per obiettivi è ancora attuale e sostenibile? Anche quando è applicata in maniera scrupolosa e attenta, la gestione per obiettivi presenta comunque dei limiti che, anche a causa della crescente instabilità dell’ambiente sociale e dei mercati, rischiano di renderla poco efficace. Per questo negli ultimi anni sono state sviluppate delle strategie che mescolano il Management by Objectives con altre tecniche gestionali. Management by Performance Objectives and Key Results MBP: Management by Performance Una delle tecniche che sta avendo più successo è il Management by Performance, MBP, o Performance Management. Questa metodologia gestionale è uno strumento misto che, nelle valutazioni, non tiene conto solamente del successo nel raggiungere gli obiettivi, ma anche delle modalità usate per raggiungerli. OKR: Objectives and Key Results Un altro metodo per impostare gli obiettivi di un’impresa è il cosiddetto OKR, acronimo per Objectives and Key Results. Questa metodologia è composta da due componenti: gli obiettivi e i risultati chiave. Per quanto riguarda i primi, si intende la descrizione qualitativa di tutto ciò che l’impresa vuole raggiungere. In questo caso gli obiettivi devono essere in grado di sfidare e motivare i team di lavoro oltre che essere brevi e aspirazionali. Per risultati chiave, invece, si intende un set di metriche che puntano a misurare il progresso verso gli obiettivi di riferimento. Nei prossimi anni, dunque, si potrebbe assistere ad un progressivo abbandono dell’MBO in favore di tecniche miste che permettano alle aziende di guardare al lungo periodo e valorizzare ancora di più le capacità di tutti i lavoratori.