Gestione Risorse Umane

La nostra missione è portare benessere sia all’interno delle aziende sia nella vita delle persone, offrendo servizi di qualità.

Gen Z e lavoro: un gruppo di colleghi di età diverse
Luglio 07, 2025
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Intergenerazionalità al lavoro: come dialogare davvero con la Gen Z

Oggi, nelle aziende, lavorano fianco a fianco fino a cinque generazioni diverse. Una grande ricchezza, ma anche una sfida complessa: si parla in modo diverso, si hanno aspettative diverse e spesso non si concorda neanche su cosa significhi "lavorare bene". L’arrivo della Gen Z — i nati dalla seconda metà degli anni ’90 in poi — ha reso il confronto tra generazioni ancora più vivace. Questo gruppo porta con sé valori, linguaggi e esigenze completamente nuovi. Per dialogare davvero con loro, le aziende devono mettersi in ascolto e abbandonare alcuni schemi ormai superati. Cosa chiede la Gen Z Un gap culturale da colmare La cultura delle Power Skill Il welfare come ponte tra generazioni Cosa chiede la Gen Z? Il primo passo è capire che la "piramide dei bisogni" della Gen Z è capovolta rispetto a quella delle generazioni precedenti. Un tempo si partiva dalla ricerca di sicurezza e stabilità per puntare, solo dopo, al benessere e alla realizzazione personale. Oggi è l’esatto contrario: per i giovani il punto di partenza è il benessere. Cercano ambienti di lavoro in cui si stia bene, dove ci sia ascolto, autenticità, attenzione al clima relazionale e rispetto concreto delle differenze. Vogliono coerenza tra i valori dichiarati e quelli messi in pratica. Solo dopo arrivano carriera, crescita, sfide. In questa nuova gerarchia, il posto fisso non è più un traguardo e la “gavetta” suscita spesso diffidenza, percepita come qualcosa di superato. Le ricerche lo confermano: la Gen Z dà grande importanza all’inclusione, al supporto dei manager e alla possibilità di essere coinvolta nelle decisioni. Dove queste condizioni mancano, il turnover cresce. Un gap culturale da colmare Spesso i fraintendimenti nascono da due parole chiave: rispetto e responsabilità. Per la Gen Z il rispetto non si deve al ruolo o all’anzianità, ma si conquista attraverso relazioni autentiche, dialogo e ascolto reciproco. Allo stesso tempo, si sentono pronti ad assumersi responsabilità in base a ciò che sanno fare, non all’età o agli anni di esperienza. Valutano le competenze, non i gradi. Questo scarto di visione rischia di generare frustrazione da entrambe le parti: i più giovani si sentono sottovalutati, i più esperti percepiscono una mancanza di umiltà. Ma con gli strumenti giusti – come una leadership aperta, percorsi formativi adeguati e spazi di confronto – questo scontro può diventare un’occasione di crescita per tutti. La cultura delle Power Skill Superare il gap generazionale richiede un cambio di paradigma: serve una cultura che valorizzi relazioni, inclusività e crescita condivisa. In questo contesto, diventano centrali le cosiddette "power skill" — le capacità trasversali come empatia, pensiero critico, comunicazione efficace e gestione delle emozioni. Non si parla più di soft skill: le skill da leggere sono diventate potenti, perché permettono a persone di ogni età di lavorare bene insieme, affrontare il cambiamento e costruire legami significativi. Le aziende che investono davvero su queste competenze, con percorsi di formazione deep dive, immersivi e personalizzati, riescono a coinvolgere la Gen Z senza banalizzarla, stimolandola sia sul piano cognitivo che emotivo. Non si tratta solo di “istruire”, ma di creare spazi dove ognuno possa esplorare e valorizzare ciò che è. Il welfare come ponte tra generazioni Tra gli strumenti concreti per valorizzare tutte le età in azienda, il welfare gioca un ruolo chiave. Quando è pensato in modo flessibile e inclusivo — come nel caso delle soluzioni di Day Welfare — riesce davvero a parlare a tutti. Non si limita a rimborsi o servizi di supporto per chi ha famiglia, ma include anche cultura, benessere, tempo libero, viaggi e formazione. Ognuno può costruirsi un pacchetto su misura, anche proponendo attività di interesse personale da convenzionare. Una recente introduzione molto apprezzata in questa direzione è il servizio di Time Saving in collaborazione con Genius 4U: un Time Sitter aziendale che si occupa di sbrigare le piccole incombenze quotidiane al posto dei dipendenti durante l’orario di lavoro — dalla posta al lavasecco, dal lavaggio dell’auto al ritiro dei pacchi — per restituire davvero alle persone il proprio tempo libero. Oggi non basta "capire i giovani": serve costruire un'alleanza tra generazioni. La Gen Z non è un enigma da decifrare, né una moda passeggera. È il futuro, già presente, delle nostre organizzazioni. Investire su di loro, creare un dialogo autentico e dare spazio alla contaminazione generazionale significa costruire imprese più solide, innovative e pronte al cambiamento. Per tutti.
Ferie non godute - calendario
Giugno 30, 2025
Gestione Risorse Umane

Ferie non godute, cosa sapere sulla loro corretta gestione e tassazione

Le ferie sono un diritto fondamentale del lavoratore sancito dall’art. 36 della Costituzione italiana, volto a garantire il recupero psico-fisico e il benessere della persona. Tuttavia, può succedere di non poterne usufruire durante l’anno lavorativo a causa di molteplici fattori come esigenze organizzative, personali o eventi imprevedibili. Per questo motivo, potresti ritrovarti ad aver accumulato giorni di ferie non goduti. Questo accumulo pone interrogativi importanti in merito alla loro gestione, liquidazione e tassazione, soprattutto in caso di cessazione del rapporto di lavoro. In questo articolo rispondiamo a tutte le tue domande. Cosa si intende per ferie non godute Come si gestiscono le ferie non godute alla cessazione del rapporto di lavoro Calcolo delle ferie non godute: come avviene Come vengono pagate le ferie non godute Quando vengono pagate le ferie non godute Tassazione delle ferie non godute: cosa sapere Ferie non godute e TFR Prescrizione e decadenza: fino a quando si possono rivendicare le ferie non godute Obblighi del datore di lavoro Ferie non godute in caso di malattia o maternità Come evitare l’accumulo eccessivo di ferie Cosa si intende per ferie non godute Le ferie non godute sono i giorni di riposo annuale maturati dal lavoratore che, per varie ragioni, non sono stati effettivamente utilizzati. Ogni lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie retribuite all’anno, ma la contrattazione collettiva può prevedere periodi più lunghi. Se queste ferie non vengono godute entro determinati limiti temporali, possono accumularsi. Come si gestiscono le ferie non godute alla cessazione del rapporto di lavoro In linea generale, le ferie devono essere godute durante il rapporto di lavoro. Tuttavia, in caso di cessazione, che sia per volontà del datore di lavoro o che sia per quella del dipendente, le ferie non godute devono essere liquidate economicamente. Vediamo ora alcuni casi specifici: 1.      Licenziamento Se il lavoratore viene licenziato e ha ancora delle ferie maturate ma non utilizzate, il datore di lavoro è obbligato a versare l'equivalente economico dei giorni residui. Questo, di norma, avviene con l’ultima busta paga, detta anche “busta paga di cessazione”. 2.      Dimissioni Anche nel caso di dimissioni volontarie, il lavoratore ha diritto alla liquidazione delle ferie non godute. L’importo corrispondente sarà calcolato sulla base dell’ultima retribuzione percepita e versato unitamente agli altri emolumenti spettanti alla cessazione del rapporto. 3.      Contratto a tempo determinato Per i lavoratori a tempo determinato, la regola è la stessa: le ferie maturate e non godute vanno compensate economicamente alla fine del contratto. In alcuni casi, i contratti prevedono una retribuzione "onnicomprensiva", ma le ferie devono sempre essere contabilizzate e liquidate a parte. Calcolo delle ferie non godute: come avviene Il calcolo delle ferie non godute si basa sul numero di giorni maturati e non utilizzati. I giorni di ferie maturano proporzionalmente al periodo lavorato. Ad esempio, se un lavoratore matura 26 giorni all’anno e lavora per 6 mesi, avrà maturato circa 13 giorni. La contabilità del personale, supportata da software gestionali o consulenti del lavoro, tiene traccia delle ferie accumulate da ciascun dipendente. Come vengono pagate le ferie non godute Le ferie non godute sono monetizzate sulla base dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita. Questo include: Paga base Scatti di anzianità Indennità fisse Superminimi Eventuali voci fisse della contrattazione collettiva Sono escluse dalla base di calcolo le componenti variabili non continuative, come premi occasionali o rimborsi spese. Quando vengono pagate le ferie non godute Il pagamento avviene generalmente con l’ultima busta paga, in concomitanza con la cessazione del contratto di lavoro. Il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere l’importo dovuto entro i termini previsti per il pagamento dell’ultima mensilità. Tassazione delle ferie non godute: cosa sapere Le ferie non godute sono considerate a tutti gli effetti reddito da lavoro dipendente. Pertanto, sono soggette: all’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) alle addizionali regionali e comunali ai contributi previdenziali INPS Essendo liquidate in un’unica soluzione, possono determinare una maggiore incidenza fiscale per effetto della tassazione progressiva, facendo “scattare” scaglioni di imposta più alti. Ferie non godute e TFR Le ferie non godute non rientrano direttamente nel calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), ma possono indirettamente influenzarlo. Questo accade perché l’indennità sostitutiva delle ferie è considerata a tutti gli effetti una retribuzione e quindi contribuisce ad aumentare l'importo complessivo su cui calcolare il TFR, se percepita prima della cessazione definitiva del rapporto. Prescrizione e decadenza: fino a quando si possono rivendicare le ferie non godute È importante sapere che, in base alla normativa vigente, il lavoratore ha un termine di 10 anni per rivendicare il pagamento delle ferie non godute in caso di cessazione del rapporto. Tuttavia, se il lavoratore ha avuto la possibilità di usufruirle ma non lo ha fatto per scelta propria, il diritto può prescriversi dopo due anni dalla scadenza del periodo di riferimento. Obblighi del datore di lavoro In base alla normativa vigente, il lavoratore ha diritto ad almeno quattro settimane di ferie retribuite ogni anno. Di queste, almeno due settimane devono essere godute in modo continuativo, così da permettere un reale recupero psico-fisico. Lo stabilisce l'articolo 2109 del Codice Civile. Inoltre, il decreto legislativo 66/2003 prevede che queste ferie vengano utilizzate entro l’anno in cui maturano, o al massimo entro i 18 mesi successivi. Questo significa che non solo si ha diritto al riposo, ma anche che si deve esercitare tale diritto in tempi certi, per tutelare salute e benessere del lavoratore. Il datore di lavoro ha l’obbligo non solo di permettere al dipendente di usufruire delle ferie, ma anche di invitarlo attivamente a farlo. La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che il datore deve dimostrare di aver informato il dipendente del rischio di perdita del diritto se non esercitato. Se non lo fa, le ferie non godute restano esigibili anche oltre i limiti di prescrizione ordinaria. Ferie non godute in caso di malattia o maternità Se un lavoratore è in malattia o maternità, il periodo di assenza non fa decorrere il termine di prescrizione delle ferie. In altre parole, i giorni di ferie maturati e non goduti a causa dell’assenza restano validi anche oltre i limiti temporali, e devono essere fruiti o liquidati una volta rientrati. Come evitare l’accumulo eccessivo di ferie Se vuoi evitare il problema delle ferie non godute (e il possibile incorrere a una tassazione maggiorata), è buona prassi: pianificare periodi di ferie annuali in modo equilibrato monitorare periodicamente la situazione residua prevedere ferie obbligatorie in certi periodi (come la chiusura estiva) prevedere politiche aziendali che incentivino l’uso delle ferie la gestione preventiva è sempre preferibile alla liquidazione postuma. Le ferie non godute rappresentano un aspetto delicato del rapporto di lavoro, sia dal punto di vista giuridico che fiscale. Una corretta gestione richiede attenzione alle norme, trasparenza nella comunicazione e tempestività nella pianificazione. Lavoratori e datori di lavoro hanno entrambi responsabilità importanti nel garantire il rispetto di questo diritto fondamentale. Essere informati su come avviene la liquidazione, la tassazione e l’influenza sul TFR è essenziale per evitare errori o contenziosi, soprattutto al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Bonus welfare pubblico Blubonus: una persona clicca le icone dei bonus
Giugno 26, 2025
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BluBonus: il ponte tra welfare pubblico e aziendale, ora anche da ascoltare

Quando si parla di welfare, spesso si fa confusione tra ciò che è pubblico – cioè garantito dallo Stato e dalle istituzioni – e ciò che è aziendale, ovvero offerto dalle imprese ai propri collaboratori per migliorare benessere e qualità della vita. Sono due strade diverse, ma parallele, che possono anche incontrarsi. È qui che entra in gioco BluBonus. BluBonus nasce per fare da ponte tra questi due mondi: è una piattaforma pensata per aziende, enti locali, associazioni e provider di welfare aziendale che vogliono aiutare le persone a scoprire e utilizzare i bonus pubblici a cui hanno diritto. Offre un supporto concreto tra agevolazioni, detrazioni, contributi e sostegni, con un linguaggio chiaro, percorsi guidati e – novità delle ultime settimane – anche brevi contenuti audio pensati per orientarsi meglio su temi specifici. Un portale che semplifica davvero il welfare Tante persone perdono bonus e agevolazioni che gli spetterebbero semplicemente perché non ne conoscono l’esistenza o si trovano in difficoltà tra moduli e requisiti poco chiari. BluBonus risponde proprio a questo problema: rendere il welfare pubblico più semplice e accessibile, aiutando a individuare e usare al meglio ciò che già esiste. Il portale raccoglie tutte le agevolazioni disponibili – nazionali, regionali e locali – e le organizza per temi come figli, casa, salute, trasporti, cultura, disabilità, over 65, famiglia e altri ancora. È sempre aggiornato e pensato per essere facile da consultare. In base al profilo della persona, un algoritmo intelligente seleziona i bonus più pertinenti. E per non perdersi nulla, ci sono anche alert via SMS, percorsi guidati, pillole informative e un glossario che chiarisce i termini più tecnici. Un modo concreto per trasformare i diritti in strumenti utili nella vita di tutti i giorni. Dentro Day Welfare: un esempio concreto Un esempio di integrazione efficace è quello di Day Welfare, la piattaforma di Day pensata per costruire con le aziende piani di welfare su misura. Tra i servizi attivabili c’è anche BluBonus, che permette ai dipendenti di scoprire se – oltre ai benefit aziendali – hanno diritto a bonus pubblici legati alla propria situazione familiare, abitativa o sanitaria. Il vantaggio è doppio: da un lato si aumenta il potere d’acquisto reale delle persone, dall’altro si forniscono informazioni chiare e utili, che aiutano davvero a sfruttare le opportunità disponibili. Anche questo è welfare: dare strumenti concreti per orientarsi e accedere a ciò che spetta. Day, non a caso, ha scelto di offrire BluBonus anche ai propri collaboratori, applicando nella quotidianità ciò che propone alle aziende clienti. Un modo per dimostrare che il welfare aziendale può diventare un canale efficace per valorizzare anche quello pubblico – spesso poco conosciuto, ma ricco di risorse. La novità: piccoli podcast per capire meglio i bonus C’è una novità interessante su BluBonus: nelle schede dedicate ai bonus stanno arrivando dei brevi podcast audio di approfondimento. Non sono semplici letture, ma mini-contenuti pensati per spiegare in modo diretto e accessibile come funziona quel bonus, a chi spetta e cosa serve per richiederlo. È un’opzione in più per chi preferisce ascoltare invece di leggere, o vuole informarsi mentre fa altro. L’audio si può avviare direttamente dalla scheda, senza interrompere la navigazione. I primi esempi di podcast sono già disponibili in diverse schede del portale. Tra i temi dedicati alla famiglia e alla genitorialità, si possono ascoltare contenuti nelle pagine sul Congedo parentale per dipendenti, sul Bonus asilo nido INPS e sulla Prestazione universale ultraottantenni non autosufficienti. Per quanto riguarda la casa, gli audio accompagnano le schede sul Bonus per ristrutturazioni e Ecobonus: detrazioni per riqualificazione energetica. Sul fronte della disabilità, sono disponibili podcast nelle pagine dedicate alla Disability Card — che dà accesso a varie agevolazioni e servizi — e alla Carta Blu Trenitalia, oltre ad altre misure legate alla mobilità. Più valore per tutti Per le aziende, BluBonus è un’opportunità concreta: valorizza il piano welfare, offre un servizio utile e riconoscibile per i dipendenti e consente di misurarne l’impatto sociale. Per chi lo utilizza, è uno strumento prezioso per accedere a diritti che spesso restano nascosti dietro burocrazia e linguaggio tecnico. In un momento in cui il benessere delle persone è sempre più centrale – e sempre più una responsabilità condivisa – sapere che esiste uno strumento capace di rendere il welfare pubblico più comprensibile, accessibile e vicino alla quotidianità può fare davvero la differenza. Perché fare welfare, in fondo, è anche questo: offrire soluzioni semplici che aiutano a vivere meglio. Ogni giorno, con un clic.
risorse umane e comunicazione interna
Giugno 19, 2025
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Welfare aziendale e comunicazione, combinazione vincente per il benessere

Oggi è chiaro a tutti: prendersi cura delle persone fa bene anche al business. Il welfare aziendale è uno degli strumenti migliori per farlo, perché migliora la qualità della vita dei dipendenti, rafforza la cultura interna, aiuta a trattenere i talenti e rende l’azienda più attrattiva. Ma anche il piano welfare più completo rischia di restare sulla carta se non viene diffuso nel modo giusto. La comunicazione è la chiave per farlo conoscere, il ponte per farlo capire e sentire davvero dalle persone. Il welfare come leva strategica e culturale Personalizzazione e continuità per una comunicazione efficace Un metodo concreto per il welfare efficace Il welfare come leva strategica e culturale Il welfare non è solo un insieme di benefit o vantaggi economici, ma un messaggio che racconta i valori e la visione dell’azienda verso chi ci lavora. Comunicare efficacemente significa trasformare servizi e iniziative in un'esperienza concreta, capace di coinvolgere emotivamente e rafforzare il senso di appartenenza. Per farlo servono semplicità e accessibilità. Per far arrivare il messaggio a tutti in modo chiaro e senza barriere bisogna usare canali diversi, dal digitale agli incontri dal vivo. Ma non basta: bisogna anche creare momenti di coinvolgimento, come workshop, storytelling e ambassador interni, per far sentire ciascuno protagonista del proprio benessere. Personalizzazione e continuità per una comunicazione efficace Ogni azienda e ogni persona sono uniche, la comunicazione quindi deve essere calibrata sui diversi bisogni e profili, supportata da dati e da feedback continui per poter migliorare. L’integrazione tra progettazione e comunicazione è indispensabile: solo collaborando, HR, marketing e partner specializzati possono costruire dei piani coerenti con l’identità aziendale e capaci di parlare davvero alle persone. Così il welfare diventa una leva strategica per la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa, contribuendo a organizzazioni più resilienti, inclusive e attrattive. Un metodo concreto per il welfare efficace Per supportare le aziende in questo percorso, esistono approcci strutturati come il metodo Day Welfare, che accompagna passo dopo passo dalla definizione degli obiettivi strategici all’analisi del contesto interno ed esterno, proseguendo con la consultazione dei dipendenti, la progettazione operativa e la pianificazione della comunicazione e della formazione. Questo metodo copre un’ampia gamma di politiche, che spaziano dai servizi sociosanitari e assistenziali all’educazione, dalla valorizzazione delle persone al benessere fisico e psicologico, includendo anche il sostegno economico, la mobilità e la conciliazione tra vita e lavoro, per creare un’offerta welfare completa e personalizzata. Insomma, welfare e comunicazione vanno a braccetto: senza un'efficace diffusione e coinvolgimento, anche il piano welfare più completo rischia di non fare davvero la differenza. Proprio su questi temi si è focalizzato recentemente l’evento ESG & Welfare, organizzato da Day e BOOM by CRIF, che ha evidenziato come il metodo Day Welfare possa essere un ottimo alleato per le aziende che vogliono progettare e raccontare al meglio i propri piani, mettendo davvero al centro le persone e i loro bisogni.
Business Ethics mani che raccolgono tanti piccoli sassi
Giugno 12, 2025
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Business Ethics: la strada verso un’impresa responsabile e di successo

In un'economia in continua evoluzione, dove la fiducia dei consumatori conta più che mai, l’etica non è solo una questione di principio: è una leva strategica per il successo delle imprese. Questo approccio, noto come Business Ethics, promuove modelli di impresa basati su responsabilità, trasparenza e sostenibilità, dimostrando che è possibile coniugare i risultati economici con l’integrità e il rispetto per le persone e per l’ambiente. Cos'è la Business Ethics Un po' di storia I diversi approcci all'etica d'impresa Dove si applica la Business Ethics Perché conviene scegliere l'etica Cos'è la Business Ethics La Business Ethics riguarda quell’insieme di valori e di principi che aiutano le aziende a fare scelte corrette e responsabili. Non si tratta solo di evitare comportamenti scorretti, ma di costruire un modo di fare impresa basato sulla fiducia, sul rispetto per le persone e sull’idea che il successo si possa condividere. Scegliere un approccio etico vuol dire restare fedeli ai propri valori, creare relazioni sincere e durature con clienti, collaboratori e partner, contribuire in modo concreto a migliorare la società. Un po' di storia La Business Ethics, così come la conosciamo oggi, risale agli anni ’70, quando alla Bentley University è nato il primo dipartimento dedicato a questa materia. Ma le sue radici culturali affondano molto più indietro: dalla filosofia di Aristotele ai modelli organizzativi dei monasteri Benedettini, fino ai pensatori moderni come Adam Smith, John Nash e Adriano Olivetti, che hanno cercato di trovare un equilibrio tra profitto e valori umani. È soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008 che l’etica è tornata al centro del dibattito economico, spingendo aziende e consumatori a chiedere maggiore trasparenza e responsabilità. Da allora, sempre più imprese si impegnano per essere sostenibili, ottengono certificazioni etiche e mettono in primo piano i propri valori sia nella produzione che nella comunicazione e nella cultura aziendale, rendendola parte integrante del modo di fare impresa. I diversi approcci all’etica d’impresa Nel tempo sono emersi diversi modi per integrare l’etica nel modello operativo delle aziende. I principali sono: Regolatorio: prevede l’adozione di codici etici e regole comportamentali, utili ma spesso focalizzati su cosa evitare più che su cosa promuovere. Certificativo: si basa su standard e certificazioni, come quelle B-Corp, che attestano l’impegno dell’azienda verso pratiche sostenibili e responsabili. Alternativo: adotta modelli organizzativi diversi da quelli tradizionali, come cooperative o Società Benefit, che perseguono uno scopo sociale oltre al profitto. Capitalistico: cerca di trasformare il mercato dall’interno, dimostrando che l’etica può essere anche un vantaggio competitivo, capace di migliorare performance e reputazione. Dove si applica la Business Ethics L’etica può trovare applicazione in ogni ambito dell’azienda. Nella produzione e nella logistica, significa ridurre sprechi e limitare l’impatto ambientale. Nel marketing e nella comunicazione vuol dire promuovere l’impresa in modo coerente con i suoi valori, parlando al consumatore con rispetto e trasparenza. Nelle vendite e nell’assistenza clienti si traduce nella costruzione di relazioni di fiducia, autentiche e durature. In ambito di leadership e cultura interna, si manifesta nella valorizzazione delle persone e nella promozione di un ambiente inclusivo. E anche sul piano economico-finanziario, fare scelte etiche vuol dire distribuire il valore in modo equo e puntare a una crescita solida e sostenibile. Perché conviene scegliere l’etica Integrare l’etica nel proprio business non è solo una scelta giusta, è anche strategica. Le aziende che operano in modo responsabile ottengono spesso risultati migliori nel tempo, costruiscono una reputazione solida, fidelizzano i clienti e coinvolgono maggiormente i propri collaboratori. Le realtà che adottano criteri ESG – legati all’ambiente, al sociale e alla governance – sono oggi tra le più stabili anche sui mercati finanziari. Oggi, scegliere l’etica non è un vincolo, è una strategia lungimirante. È ciò che può fare davvero la differenza per chi vuole costruire valore duraturo, dentro e fuori l’azienda. È il caso ad esempio di Day, che dimostra come la Business Ethics possa tradursi in scelte concrete e durature. Diventare Società Benefit è stato il passo naturale di un percorso già orientato a valori come equità, trasparenza e attenzione al territorio. Un impegno che si riflette nei suoi servizi – dal buono pasto, al buono Cadhoc, fino al welfare aziendale – pensati per migliorare la qualità della vita delle persone e generare un impatto positivo, dentro e fuori l’impresa.
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