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Luglio 19, 2023
Welfare Aziendale
Banca ore, in cosa consiste e come funziona?
Con la banca ore i lavoratori possono accantonare le ore di straordinario per usufruire di permessi extra.
Le aziende hanno a disposizione diversi strumenti per offrire ai lavoratori dipendenti delle misure di welfare che permettano loro di gestire la propria attività lavorativa con maggiori autonomia e flessibilità. Uno dei più apprezzati è la banca ore: un ausilio che permette di ottenere permessi extra sfruttando le ore di lavoro straordinario svolte durante l’anno. In questa guida ti spiegheremo tutto quel che c’è da sapere sul funzionamento della banca ore.
Cos'è e come funziona la banca ore?
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Come si calcola la banca ore
Tassazione della banca ore
Banca ore e busta paga
Banca ore e part time
La banca ore nel CCNL del Commercio
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Che cos'è la banca ore solidale
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Cos’è e come funziona la banca ore?
La banca ore è uno strumento che permette al lavoratore di accantonare in un conto individuale le ore di lavoro straordinario svolte nel corso dell’anno e trasformarle poi in permessi retribuiti extra. Prevista dalla maggior parte dei CCNL, la banca ore è inserita nel quadro normativo che in Italia disciplina l’orario di lavoro, la Legge 24/06/1997 n. 196, con riferimento ai criteri stabiliti dalla direttiva CRR n.93/104 per quanto riguarda l’orario lavorativo normale e straordinario.
Le ore di straordinario sono le ore di lavoro prestate oltre l’orario di lavoro normale, che per legge è fissato nel limite di 40 ore settimanali, anche se i contratti collettivi hanno la facoltà di fissare un limite inferiore o superiore, purché non vengano superate le 48 ore settimanali.
Al contrario di altri strumenti di welfare aziendale, la banca ore non è regolamentata da leggi precise, ma direttamente dal CCNL di categoria, dalla contrattazione di secondo livello o dal contratto individuale di ciascun lavoratore dipendente.
Di solito, la banca ore viene proposta come un’alternativa al pagamento in busta paga delle ore di straordinario. Il lavoratore, cioè, può scegliere di accantonare queste ore nel suo portafoglio virtuale e utilizzarle in seguito, sotto forma di permessi extra.
Ci sono poi alcuni casi, come quello del contratto collettivo dei metalmeccanici, che prevedono che, anche se un dipendente decide di accantonare le ore di lavoro straordinario nella banca ore, queste vengano comunque pagate (di solito con un importo pari al 50% della paga spettante per le ore di lavoro svolte in eccesso).
Mentre i lavoratori con contratto a tempo indeterminato possono sempre accedere all’istituto della banca ore, i lavoratori con contratto a tempo determinato possono accedervi solo se questa possibilità è prevista dal contratto collettivo di riferimento.
La banca ore è considerata a tutti gli effetti una misura di welfare aziendale perché offre al lavoratore una maggiore flessibilità e gli permette di migliorare il proprio work-life balance, così da dedicare più tempo alla vita privata.
Banca ore e riposo compensativo: quale differenza?
La legge stabilisce che, dopo sei giorni di lavoro continuato, il lavoratore dipendente abbia diritto ad uno stacco di 24 ore, che, solitamente, coincide con il riposo settimanale.
Se il dipendente non gode del giorno di riposo settimanale perché ha effettuato delle ore di lavoro straordinario, questo deve essere necessariamente recuperato.
I riposi compensativi sono quindi i giorni di riposo di cui il lavoratore usufruisce per recuperare i giorni di riposo persi a causa dello straordinario.
Di solito, l’istituto della banca ore va a sostituire i riposi compensativi, che, quindi, vengono erogati solamente qualora il contratto di lavoro non la preveda.
Banca ore: come ed entro quando utilizzarla
Normalmente, le ore di lavoro straordinario accantonate nella banca ore possono essere utilizzate per richiedere le ore di permesso a partire dal mese successivo a quello in cui sono state svolte, chiedendo l’autorizzazione al datore di lavoro con un tempo di preavviso congruo. L’utilizzo di permessi extra va ad intaccare il monte della banca ore, senza erodere le ferie o i giorni di riposo a cui ha diritto il dipendente.
Se il lavoratore non usufruisce delle ore di permesso entro la scadenza delle stesse può richiedere che queste vengano pagate come normali ore di lavoro. La scadenza delle ore accantonate in banca ore non è fissa, perché ogni contratto ha condizioni diverse. Le aziende, di solito, concedono almeno un anno di tempo per usufruire delle ore accantonate.
In caso di una lavoratrice rientrata dalla maternità, è bene sapere che può utilizzare i permessi accumulati in banca ore cumulandoli con i riposi per allattamento regolati dall’INPS.
Come si calcola la banca ore
All’interno del conto della banca ore vengono quindi inserite tutte le ore di lavoro straordinario che il lavoratore ha deciso di accantonare per poter usufruire di permessi aggiuntivi rispetto alle ferie o ai riposi. In molti casi, la contrattazione collettiva prevede che al suo interno confluiscano anche i permessi ROL e le ex festività non goduti.
Il numero di ore accantonabili nella banca ore viene stabilito dal contratto collettivo, che può anche stabilire che una certa quota di ore di lavoro straordinario vi confluisca automaticamente.
Ogni volta che il lavoratore faccia richiesta di permessi accedendo alla banca ore, le ore utilizzate vengono scalate dal monte ore.
Di solito, quando si avvicina il momento della scadenza delle ore accantonate, si esegue un calcolo per scoprire quante ore siano rimaste all’interno della banca ore. Il calcolo si esegue sottraendo il numero di ore di cui il lavoratore ha usufruito dal totale di ore accantonate. Se il saldo è pari a zero, il lavoratore non potrà più usufruire dei permessi extra fino a che non abbia accumulato altre ore di lavoro in banca ore. Se, invece, il saldo è a credito, queste vengono retribuite in busta paga secondo gli importi stabiliti dal CCNL.
Tassazione della banca ore
Le ore di lavoro accantonate in banca ore sono soggette alla tassazione IRPEF e al pagamento dei contributi previdenziali.
La tassazione della banca ore avviene però in momenti diversi rispetto alla retribuzione ordinaria. Le ore di straordinario che finiscono in banca ore, infatti, non vengono tassate al momento del loro accantonamento, ma nel momento in cui vengono utilizzate o rimborsate.
Se, ad esempio, un lavoratore decide di usufruire di 8 ore di permesso scalandole dalla banca ore, queste non saranno decurtate dalla retribuzione di base. Pertanto, le ore di permesso verranno retribuite come normali ore di lavoro e saranno assoggettata alla tassazione IRPEF e al versamento dei contributi INPS.
Se, invece, il lavoratore non utilizza le ore accantonate in banca ore e le stesse vengono monetizzate, il versamento dei contributi e dell’IRPEF avverrà nel momento in cui avviene il pagamento in busta paga delle stesse.
Banca ore e busta paga
Le ore di lavoro straordinario effettuate da un lavoratore vengono sempre inserite in busta paga. Se un dipendente usufruisce della banca ore, però, cambiano il momento e le modalità con cui queste ore vengono registrate sul cedolino.
Ecco qualche esempio pratico per comprendere meglio come viene inserita la banca ore in busta paga.
Esempio 1: il lavoratore chiede che le ore di straordinario gli vengano pagate
Giuseppe, nel mese di marzo, effettua 10 ore di lavoro straordinario:
6 ore sono retribuite con la maggiorazione del 25%
4 ore, effettuate nei giorni festivi, sono retribuite con la maggiorazione del 55%
Di solito, Giuseppe effettua giornate lavorative di 6 ore e la sua retribuzione ordinaria è di 10,50 euro all’ora.
Le ore di straordinario, in questo caso, fruttano a Giuseppe 143,80 euro. L’imponibile contributivo è pari al totale delle competenze, comprensive di straordinario.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Lavoro straordinario 25%
6
€13,12
€78,72
Lavoro straordinario al 55%
4
€16,27
€65,08
Esempio 2: il lavoratore chiede che le ore di straordinario vengano accantonate in banca ore
Giuseppe decide che le 10 ore di lavoro straordinario svolte nel mese di marzo vengano accantonate in banca ore. In questo caso, il contratto collettivo del suo settore prevede che gli vengano corrisposte maggiorazioni nella retribuzione anche nel caso in cui lo straordinario venga accantonato in banca ore.
Ponendo il caso che Giuseppe abbia già 6 ore accantonate in banca ore, con l’aggiunta di quelle maturate nel mese di marzo queste saliranno a 16. In busta paga, invece, gli verranno riconosciuti 40,42 euro per le ore di straordinario effettuate.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Maggiorazione banca ore 12,5%
6
€11,81
€18,37
Maggiorazione banca ore 27,5%
4
€13,38
€22,05
Esempio 3: il lavoratore usufruisce delle ore accantonate
Nel mese di maggio, Giuseppe non effettua straordinario, ma decide di usufruire di 5 delle ore accantonate in banca ore. In questo caso, in busta paga verrà indicato che il lavoratore ha deciso di usare 5 ore di permesso, prendendole dalla banca ore, il cui saldo scende a 11.
Queste ore non vengono sottratte dalla retribuzione oraria base, in quanto Giuseppe ha diritto alla paga ordinaria anche qualora usufruisca della banca ore.
La base imponibile, in questo caso, è data dalla retribuzione base, che è comprensiva delle ore di permesso della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Recupero banca ore
5
Esempio 4: il lavoratore non usufruisce delle ore accantonate entro la scadenza stabilita
È scaduto l’anno di tempo che l’azienda concede ai suoi dipendenti per usufruire delle ore accantonate in banca ore. Giuseppe ha ancora a disposizione 11 ore residue che verranno monetizzate nel mese di dicembre dell’anno successivo.
In questo caso, oltre alla retribuzione base, al lavoratore spetteranno anche 115,50 euro per la liquidazione delle ore della banca ore non godute.
La base imponibile per la contribuzione sarà costituita dalla retribuzione base e dall’importo della monetizzazione della banca ore.
DESCRIZIONE
QUANTITÀ
DATO BASE
COMPETENZE
Retribuzione base
162
€10,50
€1701,00
Monetizzazione banca ore
10
€10,50
€115,50
Banca ore e part time
Per quanto riguarda il part-time, è bene ricordare che in questi tipi di contratto non è prevista una banca ore, bensì quattro giorni all’anno di permessi frazionati, ovvero 30 ore, che devono essere proporzionati all’orario di lavoro del dipendente.
Per i lavoratori part-time, inoltre, c’è la possibilità di accedere alla banca ore solo se in possesso di un contratto di lavoro part-time verticale, perché, normalmente, gli straordinari non sarebbero permessi. Questa possibilità, tuttavia, rimane condizionata dalle regole stabilite dal CCNL.
È obbligatorio utilizzare i permessi frazionati, detti anche PFR, entro e non oltre il 31 dicembre sotto forma di permessi retribuiti, anche frazionabili nel limite di almeno 1 ora. Questi, potranno essere utilizzati unendoli a periodi di ferie. Nel caso in cui il lavoratore non dovesse utilizzarli entro la data stabilita, tali permessi saranno perduti e non monetizzati.
La banca ore nel CCNL del Commercio
Il CCNL del Commercio prevede che il datore di lavoro possa utilizzare la banca ore per gestire eventuali picchi di lavoro tramite l’accantonamento delle ore straordinarie.
I lavoratori possono godere dei riposi compensativi in pacchetti di 4 o 8 ore. Inoltre, è permessa la fruizione in maniera collettiva – quindi contemporaneamente da più dipendenti - dei riposi compensativi, purché questi non comprendano i mesi di luglio, agosto e settembre e la forza lavoro assente non superi il 10%.
Il CCNL del Commercio, inoltre, prevede che per il sabato o il giorno in cui nell’arco di una settimana si verifica un’intensità di lavoro più alta, la percentuale di dipendenti a riposo scenda al 5% della forza complessiva occupata.
Ma come si richiedono i riposi compensativi maturati con il lavoro straordinario accantonato in banca ore? In realtà è piuttosto semplice: basta infatti inoltrare al datore di lavoro un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi.
Per concludere, il datore di lavoro è tenuto entro e non oltre il 31 dicembre a fornire a ogni lavoratore il dettaglio sulla maturazione delle ore di straordinario depositate in banca ore sia degli eventuali riposi compensativi detratti.
La banca ore nel CCNL dei Metalmeccanici
Per quanto riguarda il CCNL dei Metalmeccanici e Piccola Industria, secondo la normativa in vigore ogni ora svolta oltre le 40 ore settimanali potrà essere caricata nella banca ore e retribuita come lavoro straordinario o, altrimenti, come riposo compensativo.
I lavoratori avranno la possibilità di usufruire dei riposi compensativi seguendo la stessa prassi dei ROL, mentre le ore di straordinario accumulate, se non utilizzate entro due anni, sarà obbligatorio liquidarle in busta paga.
Infine, l’accordo firmato per l’industria metalmeccanica prevede che qualora il lavoratore volesse accantonare le ore straordinarie effettuate in banca ore, dovrà comunicarlo entro il mese in cui si svolgeranno gli straordinari.
Che cos’è la banca ore solidale?
La banca ore solidale segue il principio che tutti i lavoratori possano cedere i propri riposi e ferie ai colleghi che, ad esempio, debbano assistere un parente bisognoso di cure o un figlio ammalato, nel rispetto tuttavia della loro fruizione minima.
È possibile cedere esclusivamente le ferie aggiuntive che eccedano le quattro settimane annuali e i riposi che superino quelli minimi definiti per legge, ovvero oltre le undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore e 24 ore di riposo consecutivo ogni sette giorni.
È importante sottolineare che la cessione deve sempre e in ogni caso avere luogo a titolo gratuito.
Che differenza c'è tra flessibilità oraria e banca ore?
Molti si chiedono spesso se ci sia una differenza fra flessibilità oraria e banca ore. Per flessibilità oraria si intende un insieme di istituti contrattuali che permettono ai lavoratori di sfruttare un orario di lavoro da poter distribuire nell’arco di una giornata, di una settimana o di un mese, entro i limiti stabiliti dai vari contratti collettivi nazionale e da quelli aziendali.
Per fare un esempio, con l’orario flessibile i dipendenti possono entrare o uscire dal luogo di lavoro entro delle fasce orarie prestabilite e non per forza a una determinata ora (è la cosiddetta flessibilità in entrata e in uscita). In questo modo quindi il lavoratore non solo acquisisce una maggiore autonomia decisionale, ma ha la possibilità di conciliare al meglio gli impegni lavorativi e la sua vita privata.
Altri esempi di flessibilità oraria sono l’orario concentrato, ossia la possibilità di non fare la pausa pranzo in modo da poter uscire in anticipo dal posto di lavoro, e il lavoro ad isole, che consente a un gruppo di dipendenti che svolgono la stessa mansione di organizzarsi in autonomia per permettere ai singoli di assentarsi senza che ciò crei disagi e incida sulla qualità del lavoro, il cui svolgimento sarà comunque garantito dagli altri dipendenti del team.
La banca ore, come spiegato in questo articolo, non è altro che un altro modello organizzativo per far sì che i lavoratori abbiano una maggiore flessibilità lavorativa e quindi una migliore conciliazione vita-lavoro.

Giugno 19, 2023
Welfare Aziendale
Fringe benefit e alloggio al dipendente, qual è la normativa e la tassazione
La concessione di un alloggio ai dipendenti è un fringe benefit che viene erogato in alcuni casi specifici e che segue determinate regole stabilite dal TUIR. Ecco cosa sapere.
I fringe benefit sono una forma di retribuzione integrativa che viene riconosciuta ai dipendenti sotto forma di beni e servizi in aggiunta allo stipendio. Tra i benefit più diffusi e apprezzati rientrano, ad esempio, l’assegnazione dell’auto aziendale a uso promiscuo, i buoni acquisto, il maggiordomo aziendale, il rimborso delle spese di trasporto per raggiungere la sede di lavoro, piani previdenziali e molti altri ancora.
In questo articolo parleremo in modo dettagliato dell’alloggio concesso ai dipendenti, dalle regole previste dalla normativa vigente alle diverse tipologie di immobili utilizzabili, e faremo degli esempi pratici per calcolare il valore del fringe benefit per gli alloggi di servizio.
Alloggio al dipendente: cos’è e a chi va assegnato
Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa
Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio?
Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale
Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici
Alloggio al dipendente: che cos’è e a chi va assegnato
Tra i numerosi benefici che un datore di lavoro può scegliere di destinare ai propri dipendenti tramite fringe benefits rientra anche l’assegnazione di un alloggio. Ad eccezione di alcuni casi regolamentati dai CCNL o da altre tipologie di contrattazione collettiva o individuale, non vige nessun obbligo per le aziende riguardo l’erogazione di questo benefit, sia quando viene richiesto al lavoratore di svolgere l’attività lontano dalla sede di lavoro indicata nel contratto, sia quando è necessario effettuare una trasferta temporanea.
Un alloggio aziendale viene assegnato:
a guardiani e custodi
per ricollocare i collaboratori in altre sedi lavorative
per assumere personale qualificato che vive lontano dalla sede di lavoro principale
Provvedere alle esigenze abitative dei dipendenti può sembrare all’apparenza un costo non necessario per un datore di lavoro. In realtà, aderire a un piano di welfare che metta al centro il benessere dei dipendenti rappresenta un grande investimento per l’azienda ed equivale a una perfetta strategia sia per rendere il lavoro godibile e gratificante sia per attirare nuovi talenti e favorire l’integrazione dei dipendenti nel team di lavoro.
Fringe benefit e alloggi ai dipendenti: tipologie e normativa
Il datore di lavoro può assegnare al dipendente diversi tipi di alloggi. Ecco i principali:
Alloggi a uso foresteria
Immobili concessi in uso ai dipendenti
Fabbricati strumentali pro tempore
A seconda della tipologia di alloggio, la normativa stabilisce regole diverse per la deducibilità. I documenti e le leggi che definiscono la gestione e le regole per gli alloggi concessi ai dipendenti come fringe benefit sono: l’articolo 51 e l’articolo 95 del TUIR, la Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del dicembre 1997, il Decreto Legislativo n.314 del 2 settembre 1997 e il Testo Unico delle imposte sui Redditi. Vediamo nel dettaglio i diversi casi.
Alloggi a uso foresteria
Nel caso di immobili concessi ai dipendenti per uso temporaneo (foresterie), il TUIR stabilisce che al datore di lavoro spetta una deducibilità totale dei costi sostenuti.
Immobili concessi in uso al dipendente
In questo caso la normativa regola anche il pagamento dei canoni di affitto e tutte le spese relative alla manutenzione dei fabbricati concessi e stabilisce che i costi sostenuti dal datore di lavoro sono deducibili ma soltanto per un importo non superiore al reddito percepito dal dipendente. Il fringe benefit rappresenta il limite massimo dei costi deducibili dal datore di lavoro.
Fabbricati strumentali pro tempore
Questa tipologia di alloggio viene concessa ai dipendenti che per esigenze lavorative abbiano trasferito la loro residenza anagrafica. Per il periodo d'imposta nel quale avviene il trasferimento e nei due periodi successivi, le spese di manutenzione e il canone di locazione, anche finanziaria, sono deducibili dal reddito d’impresa nella loro totalità.
Cosa succede se il dipendente lascia l’alloggio?
Gli immobili concessi ai dipendenti che si sono trasferiti per servizio, secondo l’articolo 43, comma 2 del TUIR, sono da considerarsi immobili strumentali durante il triennio. Ma cosa succede se il dipendente decide di lasciare l’alloggio prima che si concluda il triennio? In questo caso, l’unità immobiliare concessa al lavoratore non si considera più strumentale. Ciò significa che non potrà essere riconosciuta la deducibilità totale dei costi sostenuti dall’azienda. Tuttavia, è possibile applicare le disposizioni di favore qualora la stessa unità abitativa venga nuovamente concessa.
Fringe benefit e alloggi al dipendente: disciplina fiscale
Così come gli altri fringe benefit erogabili dall’azienda, anche in caso di concessione di unità immobiliari ai dipendenti sussistono le condizioni per usufruire di sgravi fiscali.
Il TUIR identifica diverse tipologie di immobili:
fabbricati iscritti al catasto
fabbricati non iscritti al catasto
fabbricati con obbligo di dimora, come nel caso dei portieri degli stabili o dei custodi dell’azienda
fabbricati senza obbligo di dimora, come quelli destinati ai dipendenti
Per quanto riguarda i fabbricati iscritti al catasto e concessi in uso, locazione o comodato al dipendente, il valore del fringe benefit alloggio equivale alla differenza fra quanto corrisponde il lavoratore per usufruire del fabbricato e la rendita catastale dell’immobile, incluse le spese e le utenze a carico del datore di lavoro come, ad esempio, le spese di condominio e le spese per acqua, gas ed energia elettrica.
Nel caso di immobili non iscritti al catasto, invece, il fringe benefit è costituito dalla differenza tra quanto corrisposto dal dipendente e il valore del canone di locazione stabilito in regime vincolistico o, in sua mancanza, dal valore di libero mercato.
Come calcolare il fringe benefit per l’alloggio al dipendente: esempi pratici
Per stabilire il valore convenzionale da sottoporre a contribuzione fiscale e previdenziale occorre fare riferimento all’art. 51 del d.p.r. 917-1986.
Per fare chiarezza, ecco un esempio che ti aiuterà a comprendere un po’ meglio come calcolare il fringe benefit in caso di concessione di un immobile iscritto al catasto.
Considerando che l’unità abitativa abbia una rendita catastale pari a 3000 euro, spese inerenti pari a 800 euro e una somma complessiva trattenuta al lavoratore pari a 900 euro per l’utilizzo del fabbricato, il fringe benefit tassato per il dipendente corrisponderà a 2.900 euro (3.800 - 900).
Vediamo adesso un esempio concreto per conoscere la tassazione del fringe benefit con riguardo agli alloggi che non necessitano di iscrizione al catasto, come ad esempio i fabbricati che si trovano all’estero. Supponendo che il canone annuo di locazione versato dal dipendente sia pari a 15.000 euro, sottraendo le somme eventualmente corrisposte dal lavoratore pari, ad esempio, a 1.200 euro (100 euro al mese), il fringe benefit tassato sarà pari a 13.800 euro (15.000 – 1.200).
Nel caso sussista per i dipendenti che svolgono determinate funzioni l’obbligo di dimorare presso uno degli alloggi di servizio, come accade per i custodi, il fringe benefit sarà pari al 30% della differenza fra la rendita catastale, comprese tutte le spese inerenti e non, e il valore corrisposto dal dipendente. Tornando al primo esempio, su un immobile iscritto al catasto, il reddito da lavoro dipendente (ovvero, tassato) corrisponderà al 30% di 2.900 euro, ovvero a 870 euro.
Se hai bisogno di una consulenza o ti serve aiuto per orientarti nel mondo dei fringe benefit dai un’occhiata alla nostra piattaforma di welfare aziendale.

Giugno 14, 2023
Welfare Aziendale
Sos Pediatra partner della piattaforma Day Welfare
SosPediatra è il nuovo partner disponibile sulla piattaforma Day Welfare.
Ti piacerebbe avere un pediatra sempre a disposizione?
Da genitori sappiamo che il pediatra di famiglia ha una disponibilità molto limitata, ha orari ben precisi di reperibilità e non è obbligato a visitare i bambini a casa.
Anche durante gli orari di visita, per molti di noi portare un bambino malato in ambulatorio può non essere la scelta preferita: perché non è il massimo far uscire di casa un figlio che non sta bene, perché non ci va di esporlo al rischio di contagio con altri bimbi o perché siamo al lavoro e il piccolo è a casa con i nonni o la baby sitter.
E allora come si fa?
Con SosPediatra si possono trovare tante soluzioni:
SosPediatra: servizi disponibili e costi
Video consulto pediatrico online
Day Welfare: una sola piattaforma tante opportunità
SosPediatra: servizi disponibili e costi
SosPediatra è il primo servizio esclusivamente dedicato alla pediatria: pensato per i genitori dei bambini da 0 a 14 anni, offre la possibilità di prenotare visite pediatriche a domicilio tutti i giorni, anche nel weekend, in tutta Italia.
Il servizio è disponibile per gli utenti di day welfare che possono richiederlo direttamente tramite il portale.
La visita domiciliare nei giorni feriali, fino alle 21, costa 100€
Nei giorni festivi, prefestivi, nel weekend e dopo le 21 il prezzo è di 120€
Video consulto pediatrico online
Grazie al servizio di video consulto pediatrico e specialistico è possibile consultare tutti i giorni un pediatra o uno specialista per approfondimenti, consigli e pareri sui principali sintomi e patologie dell’infanzia in video visita. Sul sito di SOSPEDIATRA (www.sospediatra.org) si possono visualizzare tutte le specializzazioni disponibili e poi richiedere la video visita tramite la piattaforma Day Welfare.
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Per i genitori interessati a capire di più e a prendersi cura della salute dei propri figli al meglio, inoltre, SosPediatra ha realizzato una serie di video corsi tenuti da esperti sulle principali tematiche della salute dell’infanzia e della cura della famiglia.
Anche questi servizi sono disponibili sul portale di Day Welfare.
Insieme ci prendiamo cura della salute dei bambini!
Day Welfare: una sola piattaforma, tante opportunità
Day Welfare è la piattaforma di welfare che ti permette di gestire in modo semplice i piani di welfare, componendo le tipologie di benefit in base alle esigenze e preferenze aziendali, orientate al benessere dei tuoi dipendenti. È possibile scegliere tra tanti servizi per offrire un welfare davvero su misura: Assistenza Sanitaria, Famiglia e Istruzione, Famiglia e Assistenza, Trasporto Pubblico Locale, Acquisti e Shopping, Previdenza Complementare, Benessere, Cultura e Salute.

Giugno 12, 2023
Welfare Aziendale
MBO, ovvero Management by Objectives. Cosa vuol dire gestione per obiettivi?
Tra i numerosi sistemi di misurazione aziendale, l’MBO è un metodo di valutazione efficace per migliorare le performance aziendali e la comunicazione tra manager e collaboratori.
La pianificazione del lavoro attraverso l’individuazione di obiettivi da raggiungere è la base dell’MBO, il Management by Objective. Un modello manageriale utilizzato e apprezzato da molte aziende, perché permette di responsabilizzare e coinvolgere maggiormente i collaboratori nell’attività e nelle sorti dell’impresa. L’MBO, uno dei metodi più utilizzati per la valutazione del personale, si basa sui risultati raggiunti alla luce di obiettivi prefissati. A tali obiettivi sono legati avanzamenti di carriera o determinati bonus in busta paga.
In questa guida ti spiegheremo tutto quello che c’è da sapere sulla gestione per obiettivi e come applicarla al meglio.
MBO: qual è il suo significato?
Cosa vuol dire, nella pratica, Management by Objectives
Premi MBO e premi di produttività: sono la stessa cosa?
Tassazione MBO: cosa sapere
Vantaggi del Management by Objectives
Possibili svantaggi
La gestione per obiettivi è ancora attuale e sostenibile?
Mbo: qual è il suo significato?
La prima cosa che viene da chiedersi, quando si legge l’acronimo MBO, è quale sia il suo significato.
MBO significa Management by Objectives, che in italiano può essere tradotto con il termine “gestione per obiettivi”.
Il Management by Objectives, o gestione per obiettivi, è un modello di management ideato da Peter Drucker negli anni ‘50, che si è poi diffuso in tutto il mondo. Sebbene abbia ricevuto alcune critiche, l’MBO è tuttora il modello di gestione delle Risorse umane più impiegato dalle aziende.
Secondo quanto teorizzato da Drucker, un’azienda non deve avere come obiettivo il raggiungimento del massimo profitto, ma ottenere ricavi sufficienti per coprire i costi e i rischi d’impresa, evitando di andare in perdita.
È partendo da questo presupposto che si sviluppa l’MBO. Un modello gestionale che prevede di migliorare l’organizzazione dell’azienda suddividendo l’attività in una pluralità di obiettivi misurabili e raggiungibili, così da offrire maggiore autonomia ai collaboratori e aumentare il loro coinvolgimento nelle sorti dell’impresa.
Ma c’è differenza tra KPI e MBO? Sì. I KPI (Key Performance Indicators) sono degli indicatori chiave di performance utilizzati per misurare il successo di un’attività e per monitorare il raggiungimento degli obiettivi strategici di un’azienda, come ad esempio l’aumento delle vendite, la riduzione dei costi o la fidelizzazione dei clienti. L’MBO invece consiste in un sistema di gestione delle performance che si basa sull’impostazione e il riconoscimento di obiettivi aziendali specifici e misurabili.
Cosa vuol dire nella pratica “Management by Objectives”?
Mettere in pratica il modello del Management by Objectives significa seguire dei passaggi ben precisi, che vanno dalla definizione della strategia aziendale alla valutazione dei risultati raggiunti:
Definizione degli obiettivi dell’azienda;
Definizione degli obiettivi individuali;
Assegnazione di indicatori di performance agli obiettivi
Monitoraggio dei progressi e delle performance;
Valutazione finale;
Calcolo dei premi.
Definizione degli obiettivi dell’azienda
Il punto di partenza per lo sviluppo di un piano gestionale basato sull’MBO è l’analisi della situazione aziendale (costi, rischio d’impresa, ecc.) e la definizione di obiettivi generali per l’impresa e i singoli settori. Come, ad esempio, incrementare la produzione o il fatturato, o acquisire un certo numero di nuovi clienti, in un determinato lasso di tempo. Durante le realizzazione della lista di obiettivi da conseguire, si dovrà tenere conto di alcuni vincoli, fra cui:
l’effettiva disponibilità di risorse assegnate all’unità organizzativa;
l’autonomia professionale necessaria per lavorare in maniera agile in base al livello di responsabilità dei vari collaboratori;
la preparazione professionale necessaria per ottenere in maniera adeguata il conseguimento degli obiettivi;
la coerenza generale tra gli obiettivi prefissati e le strategie aziendali
Definizione degli obiettivi individuali
Una volta che sono stati definiti gli obiettivi generali, si può passare alla definizione degli obiettivi individuali. Gli obiettivi individuali che vengono definiti all’interno di un piano basato sul Management by Objectives devono rispondere a determinate caratteristiche che vengono racchiuse nell’acronimo S.M.A.R.T (Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Timely) ossia:
Specifici, cioè chiari, che non lascino spazio a dubbi;
Misurabili, cioè verificabili in ogni momento;
Raggiungibili, cioè commisurati alle capacità dei singoli;
Realistici, ossia non impossibili;
Ben definiti nel tempo.
Ad ogni tipologia di obiettivo viene assegnato un valore percentuale che ne determina il peso, cioè l’importanza.
Una volta definiti gli obiettivi, è importante comunicarli in maniera chiara ed esaustiva ai collaboratori, così da non creare equivoci ed instaurare un clima di fiducia tra manager e lavoratori.
Assegnazione di indicatori di performance agli obiettivi
Gli indicatori di performance maggiormente utilizzati appartengono a tre categorie differenti:
Fisici: quando il raggiungimento del risultato è misurato in base all’efficienza dimostrata nell’utilizzo di risorse fisiche;
Economico-reddituali: ovvero correlati alla performance economica finanziaria dell’impresa;
Temporali: quando per raggiungere il risultato atteso è determinante il rispetto di un certo orizzonte temporale.
Monitoraggio dei progressi e delle performance
Effettuare solo una valutazione finale per verificare il raggiungimento degli obiettivi, generalmente, porta al fallimento dei piani di gestione per obiettivi.
Perché un piano basato sull’MBO abbia successo si devono monitorare periodicamente i progressi e le performance dei singoli settori e collaboratori, fornendo dei feedback che li aiutino a capire se stanno andando nella giusta direzione e se il percorso intrapreso li stia portando o meno al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Nel caso in cui i risultati non siano in linea con gli obiettivi programmati, si avrà tutto il tempo per capire quali siano la causa e le motivazioni e risolvere di conseguenza i problemi rilevati.
Valutazione finale
Quando scade il termine temporale fissato per il raggiungimento dell’obiettivo si deve eseguire una valutazione finale. Questa valutazione ha il duplice scopo di verificare che l’obiettivo sia stato effettivamente raggiunto e di offrire un feedback sulla qualità del lavoro svolto.
Calcolo dei premi
Per incentivare i lavoratori e spingerli a dare il massimo, gli obiettivi fissati nei piani che si basano sul Management by Objectives vengono legati a dei premi, che possono essere erogati in denaro o in natura. Il valore del premio di produzione aumenta con l’aumentare della funzione strategica del lavoratore all’interno dell’azienda, e può raggiungere somme pari al 30% della RAL.
Per calcolare il valore dei premi si deve moltiplicare la percentuale di raggiungimento dell’obiettivo per il peso assegnato all’obiettivo, quindi si divide il tutto per 100. Questo dato verrà poi utilizzato per stabilire l’ammontare del premio di risultato, impiegando come base la retribuzione annua lorda, come indicato dai contratti collettivi nazionali. L’erogazione del premio MBO avviene entro l’anno successivo a quello in cui sono stati assegnati gli obiettivi da raggiungere, solitamente fra aprile e giugno.
Premi MBO e premi di produttività: sono la stessa cosa?
Si può dire quasi sempre che i premi di risultato e i premi derivanti dalla gestione MBO siano la stessa cosa.
I premi di produttività possono essere offerti ai lavoratori che operano in determinati settori o alla totalità dei lavoratori di aziende di grandi e piccole dimensioni, anche se il loro valore può variare a seconda della mansione svolta. Regolamentati da leggi specifiche e dai CCNL, sono legati al raggiungimento di obiettivi generali, come gli incrementi di produttività o di fatturato dell’azienda rispetto all’anno precedente.
Secondo quanto previso dalla legge, i premi di risultato che spettano ai lavoratori possono essere convertiti in servizi di welfare aziendale, come, ad esempio, i contributi previdenziali da versare in un fondo pensione aziendale, oppure i voucher welfare, che i lavoratori possono utilizzare per acquistare beni e servizi.
Tassazione MBO: cosa sapere
I premi derivanti dal Management by Objectives sono tassati come redditi da lavoro dipendente, ovvero sono soggetti alla tassazione IRPEF e alle relative addizionali regionali e comunali. Ciò significa che i dipendenti che ricevono un premio MBO dovranno pagare le tasse sul reddito per le somme erogate in base alla loro fascia di reddito di appartenenza, così come avviene per il loro stipendio. Tuttavia, esiste una particolare forma di tassazione agevolata per i premi MBO, nota come regime fiscale agevolato.
Il regime fisale agevolato prevede che ai premi MBO riconosciuti nel 2023 venga applicata una detassazione del 5% dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF, secondo la nuova Legge di Bilancio, fino a un massimo di 3.000 euro all’anno. Questo significa che se un dipendente riceve un premio MBO di 5.000 euro, solo i primi 3.000 euro saranno tassati con l’aliquota del 5%, mentre ai restanti 2.000 euro sarà applicata la tassazione ordinaria.
È importante ricordare che il regime fiscale agevolato si applica soltanto ai premi MBO che vengono stabiliti nel rispetto della normativa vigente e che siano riconducibili a obiettivi oggettivi e quantificabili.
Vantaggi del Management by Objectives
L’approccio alla gestione del lavoro offerto dal Management by Objectives consente alle aziende di ottenere diversi vantaggi:
rende più snelli la pianificazione delle attività e i procedimenti;
consente ai manager di concentrarsi su attività davvero importanti, che possano fare la differenza, e di tralasciare quei compiti che portano via molto tempo ma offrono pochi risultati;
spinge i collaboratori ad impegnarsi al massimo delle loro possibilità per raggiungere lo scopo prefissato;
offre ai lavoratori maggiore autonomia lavorativa e maggiore motivazione, senza dover continuamente far riferimento ai superiori per ottenere indicazioni e supporto;
aiuta i manager a migliorare la loro leadership anche attraverso la creazione di percorsi di formazione manageriali più mirati, basati sui risultati dei feedback periodici;
migliora la comunicazione aziendale su tutti i livelli.
Incentiva la focalizzazione su obiettivi a breve termine
Può attrarre nuovi talenti e ridurre il turnover delle risorse
Possibili svantaggi
Nonostante sia una delle tecniche di management più impiegata dalle aziende, l’MBO, se non applicato con attenzione, può comportare diversi svantaggi e offrire risultati opposti a quelli sperati.
Se gli obiettivi fissati sono poco realistici e quasi impossibili da raggiungere, il piano gestionale rischia di fallire e di causare frustrazione tra i lavoratori. Anche quando gli obiettivi fissati sono realistici e facilmente raggiungibili c’è il rischio che i lavoratori ricorrano a pratiche scorrette per ottenere i risultati richiesti, dimenticandosi dell’importanza della collaborazione e concentrandosi solamente sulle performance individuali. Questo perché, spesso, non si tiene nella giusta considerazione il modo in cui questi obiettivi vengono raggiunti e dei possibili comportamenti del team e del datore di lavoro che mirano al loro conseguimento.
Uno dei principali limiti dell’MBO, tuttavia, è rappresentato dal fatto che i piani di gestione sviluppati seguendo i suoi criteri si concentrino troppo sugli obiettivi a breve termine, trascurando gli obiettivi a lungo termine.
Questi sono tutti fattori che, anziché incrementare la produttività e la solidità dell’azienda, ne rallentano l’attività e creano un clima di sfiducia tra i lavoratori.
La gestione per obiettivi è ancora attuale e sostenibile?
Anche quando è applicata in maniera scrupolosa e attenta, la gestione per obiettivi presenta comunque dei limiti che, anche a causa della crescente instabilità dell’ambiente sociale e dei mercati, rischiano di renderla poco efficace.
Per questo negli ultimi anni sono state sviluppate delle strategie che mescolano il Management by Objectives con altre tecniche gestionali.
Management by Performance
Objectives and Key Results
MBP: Management by Performance
Una delle tecniche che sta avendo più successo è il Management by Performance, MBP, o Performance Management. Questa metodologia gestionale è uno strumento misto che, nelle valutazioni, non tiene conto solamente del successo nel raggiungere gli obiettivi, ma anche delle modalità usate per raggiungerli.
OKR: Objectives and Key Results
Un altro metodo per impostare gli obiettivi di un’impresa è il cosiddetto OKR, acronimo per Objectives and Key Results. Questa metodologia è composta da due componenti: gli obiettivi e i risultati chiave. Per quanto riguarda i primi, si intende la descrizione qualitativa di tutto ciò che l’impresa vuole raggiungere. In questo caso gli obiettivi devono essere in grado di sfidare e motivare i team di lavoro oltre che essere brevi e aspirazionali. Per risultati chiave, invece, si intende un set di metriche che puntano a misurare il progresso verso gli obiettivi di riferimento.
Nei prossimi anni, dunque, si potrebbe assistere ad un progressivo abbandono dell’MBO in favore di tecniche miste che permettano alle aziende di guardare al lungo periodo e valorizzare ancora di più le capacità di tutti i lavoratori.

Maggio 25, 2023
Welfare Aziendale
Welfare contrattuale, tutto quello che c’è da sapere
Il welfare contrattuale si traduce nel benessere dei dipendenti grazie a una serie di benefit che mirano a soddisfare numerose esigenze della sfera personale e professionale.
Il welfare è un insieme di prestazioni che le aziende mettono a disposizione a sostegno dei lavoratori in modo che questi possano avere la possibilità di conciliare al meglio lavoro e vita privata. In questo articolo parleremo della differenza fra welfare contrattuale e aziendale con un’attenzione particolare al CCNL nazionale Metalmeccanici e alle novità previste dall’ultimo rinnovo.
Welfare contrattuale: cos'è?
Cosa sapere sul welfare contrattuale
Il rinnovo del CCNL Metalmeccanici Industria
Welfare contrattuale in busta paga: cosa cambia
Welfare contrattuale: cos'è?
Il welfare contrattuale rientra nel welfare aziendale, ovvero l’insieme delle prestazioni e delle iniziative che un’azienda mette in atto per incrementare il benessere dei lavoratori e delle famiglie utilizzando strumenti alternativi alla retribuzione di base. Vedremo però più avanti in cosa differiscono le due tipologie di welfare.
Chiamato anche welfare negoziale, il welfare contrattuale nasce dalla stipula di un contratto che può essere individuale o collettivo (aziendale, territoriale o nazionale) ed è costituito da un insieme di beni e servizi messi a disposizione del lavoratore con lo scopo di rispondere a tutti quei bisogni di natura sociale che possono manifestarsi nel corso della vita privata e lavorativa. Questi strumenti possono consistere nella fornitura diretta di determinati servizi di welfare, nel rimborso di alcune somme o in entrambe le soluzioni. Scegliere di introdurre un piano welfare in un’impresa equivale a migliorare il clima aziendale, la produttività e il work-life balance.
Cosa sapere sul welfare contrattuale
All’interno del welfare contrattuale rientra una grande varietà di prestazioni e servizi, tra i quali il lavoratore potrà scegliere per soddisfare le proprie esigenze personali e familiari. Qualche esempio? Fra i fringe benefit e i flexible benefit principali è possibile trovare:
buoni pasto
buoni acquisto
buoni carburante
welfare voucher
corsi di formazione
assistenza sanitaria integrativa
mutui e prestiti agevolati
smart working
previdenza complementare
servizi di baby-sitting
rimborso delle rette per gli asili nido o per le spese scolastiche
I benefici per gli impiegati sono quindi innegabili e sono in grado di migliorare davvero la qualità della vita. Ma per quanto riguarda le aziende, quali sono i vantaggi del welfare contrattuale? Sono benefici a senso unico? Assolutamente no. Le imprese che attuano un piano di welfare per i propri dipendenti hanno la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, rendono possibile un ambiente di lavoro sereno, e fanno sì che aumenti la motivazione dei dipendenti, l’attaccamento all’azienda e la produttività, andando invece diminuire il tasso di assenteismo e il turnover aziendale.
Il rinnovo del CCNL Metalmeccanici Industria
Il CCNL dei metalmeccanici è stato il primo a valutare una normativa in ambito welfare, grazie alla contrattazione fra Federmeccanica, Assistal, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. Il rinnovo, quindi, è un importante conferma perché il welfare è diventato a tutti gli effetti una componente strutturale dei trattamenti economici e normativi riservati ai lavoratori di questo settore.
Ma quali sono le novità per il 2023? L’accordo stipulato per il CCNL dei metalmeccanici prevede dei provvedimenti molto importanti su sanità integrativa, welfare, aumenti salariali e previdenza complementare per tutti i lavoratori facenti parte dell’industria metalmeccanica privata, installazione impianti e orafa. Se la tua azienda aderisce a uno di questi CCNL puoi contattare Up Day per ricevere una consulenza fatta su misura.
Sanità integrativa
È confermata l’assistenza sanitaria integrativa attraverso il Fondo Métasalute, creato al fine di elargire prestazioni complementari rispetto a quelle erogate dal SSN, a cui sono iscritti i dipendenti dei datori di lavoro che applicano il CCNL. Questi ultimi hanno a carico e in misura totale la contribuzione di 96 euro annui all’EBM (Ente Bilaterale Metalmeccanici per le piccole e medie industrie metalmeccaniche), somma che permette l’erogazione di prestazioni volte alla tutela del benessere e della salute dei lavoratori iscritti all’Ente.
Welfare contrattuale
Dal 2022 e fino al 2024, il CCNL richiede ai datori di lavoro di fornire per legge, entro il mese di febbraio, strumenti di welfare per un valore pari a 200 euro all’anno e utilizzabili entro e non oltre il 31 dicembre.
Aumenti salariali
A partire dal 1° giugno del 2021, l’accordo CCNL Union-Meccanica-Confapi prevede l’aumento salariale dei minimi contrattuali di 104 euro per la 5° categoria, da sottoporre a riparametrazione per le altre categorie. Inoltre, nel mese di giugno di ogni anno di vigenza del CCNL, è previsto un adattamento dei minimi tabellari in base all’IPCA, ovvero l’Indice Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi appartenenti all’UE, così come fornito dall’ISTAT, “al netto degli energetici importati”.
Previdenza complementare
L’accordo collettivo, inoltre, prevede anche l’aumento del contributo che il datore di lavoro che applichi il CCNL è obbligato a versare al fondo FONDAPI a favore dei suoi dipendenti per la previdenza integrativa. Da gennaio 2022, questo contributo ha subito un incremento dal 1,6% al 2%.
Welfare contrattuale in busta paga: cosa cambia
La differenza sostanziale fra il welfare contrattuale e il welfare aziendale sta nel fatto che nel primo caso è il CCNL di riferimento a stabilire gestione, modalità, termini e condizioni per l’erogazione dei benefit da riservare ai dipendenti. Mentre per quanto riguarda il welfare aziendale, si tratta di un’iniziativa messa in atto in maniera volontaria, unilaterale e senza alcuna negoziazione da parte del datore di lavoro con le rappresentanze dei lavoratori e con i sindacati.
Un’altra importante differenza fra le due tipologie di welfare sta nei limiti di deducibilità dal reddito di impresa, i quali variano a seconda delle prestazioni erogate. A regolare la tassazione dei servizi di welfare all’interno dei CCNL è il Testo Unico Imposte e Redditi, il quale dà la possibilità di dedurre in maniera integrale gli incentivi erogati agli impiegati sotto forma di fringe benefit. In virtù dell’articolo 51 comma 3 del TUIR, per l’azienda è prevista una deducibilità totale, mentre per il dipendente viene applicato un limite di 258,23 euro ( aumentato a 2000 € per dipendenti con figli a carico e a 1000 € per tutti gli altri, limitatamente all'anno 2024) . Inoltre, i lavoratori che decidono di convertire il premio di produzione in servizi di welfare, grazie all’abbattimento del cuneo fiscale riceveranno il 10% circa in più in busta paga.