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Settembre 01, 2022
Welfare Aziendale
Ferie solidali: cosa sono e cosa sapere
Introdotte dal Jobs Act, le ferie solidali sono uno strumento che permette ai lavoratori in difficoltà di ottenere una maggiore tutela.
Dal 2015, anno di entrata in vigore del Jobs Act, i lavoratori hanno la possibilità di donare ai colleghi in difficoltà ore e giorni di ferie che eccedono le 4 settimane obbligatorie stabilite dalla legge. Quali sono, esattamente, le modalità di donazione delle ferie e chi ha diritto a riceverle? Ne parliamo in questa guida all’istituto delle ferie solidali.
Che cosa si intende per ferie solidali?
La disciplina delle ferie solidali in Italia
Altri istituti: la banca ore solidale
Gli strumenti di welfare aziendale per garantire il benessere dei lavoratori
Day welfare: la soluzione per gestire il welfare aziendale
Che cosa si intende per ferie solidali?
Quando si parla di ferie solidali si intendono i giorni di ferie a cui i lavoratori dipendenti decidono di rinunciare per donarli ai colleghi che abbiano necessità di assentarsi dal lavoro per assistere i figli minorenni con problemi di salute. Allo stesso modo, anche i riposi solidali sono giorni di riposo che un lavoratore può donare a un collega, sempre per la stessa motivazione.
L’istituto delle ferie solidali è piuttosto recente, in quanto è stato introdotto in Italia nel 2015, grazie al cosiddetto Jobs Act.
La legge Loi Mathys e la nascita delle ferie solidali
A spingere il governo italiano a varare questa misura è stata la legge emanata in Francia nel 2014, la cosiddetta Loi Mathys, dopo la lunga battaglia di due genitori che hanno perso il figlio a causa di un tumore al fegato, il piccolo Mathys, appunto.
Quando il padre del bambino ha terminato i giorni di permesso a sua disposizione, i colleghi, in accordo con l’azienda, hanno deciso di donargli i loro per permettergli di continuare a seguire il figlio nel suo percorso di cura. In Francia, infatti, non esisteva ancora una legge che regolamentasse le ferie solidali.
Solo grazie alla tenacia dell’associazione fondata dai genitori di Mathys dopo la sua morte la Francia ha potuto ottenere una legge che consente ai lavoratori di donare le ferie ai colleghi.
Poco dopo, anche l’Italia ha varato una legge simile.
La disciplina delle ferie solidali in Italia
A disciplinare l’istituto delle ferie solidali è il Decreto Legislativo 151 del 2015, che, all’articolo 24, introduce e regolamenta le ferie solidali. La norma prevede che i lavoratori abbiano la possibilità di cedere ferie e riposi ai colleghi, su base volontaria e a titolo gratuito.
In particolare, hanno diritto ad usufruire delle ferie e dei riposi solidali i lavoratori dipendenti con figli minori in particolari condizioni di salute e che necessitino di cure costanti.
Per quanto riguarda le modalità di cessione, invece, è consentito a chi voglia donare le proprie ferie:
di donare ai colleghi in stato di necessità solo i giorni di ferie non goduti che eccedono le quattro settimane previste dalla legge. La stessa cosa vale per i riposi;
di donare i giorni di riposo che fanno parte delle cosiddette festività soppresse;
di donare ferie e riposi solo ad altri dipendenti della propria azienda.
La norma rimanda poi, alla contrattazione collettiva, il compito di stabilire le condizioni e le modalità di fruizione delle ferie solidali. Nei settori produttivi il cui CCNL non preveda una regolamentazione delle ferie solidali, queste ultime non sono previste, a meno che non intervenga direttamente l’azienda con una contrattazione di secondo livello.
Ferie annuali e riposi settimanali: cosa dice la legge?
L’istituto delle ferie solidali consente ai lavoratori di donare ai colleghi solamente quei giorni di ferie e di riposo che eccedono il limite stabilito dalla legge.
Le ferie e i riposi settimanali rappresentano, infatti, un diritto garantito ai lavoratori dall’articolo 36 della Costituzione.
Secondo quanto stabilito dal D. Lgs 66/2003, ogni lavoratore ha diritto a quattro settimane di ferie obbligatorie. Inoltre, due delle quattro settimane di ferie annuali obbligatorie devono essere fruite nell’anno di maturazione.
Altri istituti: la banca ore solidale
Il comparto metalmeccanico, nel 2018, ha provveduto ad inserire nella contrattazione collettiva un ampliamento dell’istituto delle ferie solidali, istituendo la banca ore solidale per promuovere un sistema basato sulla solidarietà e sul supporto reciproco tra colleghi.
Grazie ad essa, a beneficiare della donazione delle ferie solidali possono essere anche quei lavoratori che si trovano in situazione di grave necessità o siano afflitti da patologie gravi e le donne vittime di violenza quest’ultima estensione della banca ore solidale è stata aggiunta nel rinnovo del CCNL metalmeccanici del 2021), superando così i limiti imposti dalla legge, che circoscrive la cessione solidale di ferie e riposi solo nel caso in cui un lavoratore si debba occupare di figli malati gravemente.
Possono fare richiesta delle ferie solidali previste dalla banca ore quei lavoratori che abbiano terminato tutti i permessi a loro disposizione, non più di due volte l’anno e per un numero massimo di 30 giorni. Il regolamento, inoltre, prevede che il lavoratore che ne ha fatto richiesta utilizzi le ferie solidali entro tre mesi. Al termine di questo periodo, i giorni non utilizzati torneranno nella disponibilità di chi le ha donate.
Le quote di ferie cedibili nell’ambito della banca ore solidale sono costitute dalle ferie accantonate per cui non siano stati ancora versati i contributi previdenziali.
Gli strumenti di welfare aziendale per garantire il benessere dei lavoratori
La creazione dell’istituto delle ferie solidali è stato un grande passo avanti nell’ambito del sostegno alle famiglie e al benessere dei lavoratori e può essere inserito a pieno titolo tra le misure di welfare che un’azienda può offrire ai propri dipendenti per garantire un miglioramento del bilanciamento vita-lavoro. Tra i servizi di welfare più apprezzati dai lavoratori ci sono, infatti, quelli pensati per il sostegno alla famiglia e per garantire il benessere personale dei lavoratori.
Oltre alle ferie solidali, ci sono tante altre misure di welfare aziendale che le aziende possono decidere di offrire ai collaboratori per garantire una migliore gestione del work-life balance. Tra le più diffuse ci sono sicuramente lo smart working, ma anche l’assicurazione sanitaria, la possibilità di aderire a un fondo pensionistico complementare, il rimborso delle spese sostenute per l’istruzione dei figli o per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi pubblici o del carburante per recarsi al lavoro.
Molto apprezzato è anche l’istituto della banca ore, che permette ai lavoratori di accantonare le ore di lavoro straordinario e di utilizzarle poi sotto forma di giorni di ferie, invece di ricevere il compenso in busta paga.
Per offrire alcuni di questi servizi di welfare ai propri dipendenti, le aziende possono scegliere di erogare dei voucher welfare, come Cadhoc di UpDay. Uno strumento facile da acquistare e da gestire tanto per le imprese quanto per i lavoratori, che possono utilizzarlo per acquistare beni e servizi presso i partner convenzionati.
Inoltre, come tutti i fringe benefit, il voucher welfare è esente da tassazione e totalmente deducibile se il suo importo non supera la soglia di 258,23 euro stabilita dalla legge.
Day welfare: la soluzione per gestire il welfare aziendale
Per le aziende che desiderino offrire ai propri collaboratori un piano di welfare bilanciato, che sappia rispondere alle loro esigenze, UpDay mette a disposizione Day Welfare, la piattaforma che permette alle aziende di tutte le dimensioni di gestire in modo facile il proprio piano di welfare.
Il reparto delle risorse umane potrà monitorare senza difficoltà la gestione dei vari servizi di welfare offerti, mentre i lavoratori potranno accedere al portale ed essere guidati passo, passo nella composizione e nella gestione del proprio piano di welfare individuale, scegliendo i servizi che più si adattano alle proprie esigenze, tra quelli messi a disposizione dall’azienda.

Agosto 02, 2022
Welfare Aziendale
Team building aziendale: quando e perché farlo
Creare un ambiente di lavoro armonioso, sereno e più produttivo: questo è lo scopo del team building aziendale.
Per mantenere buoni livelli di produttività e garantire il benessere dei lavoratori, ogni azienda deve assicurarsi che, tra i suoi dipendenti, ci sia un clima di fiducia, che favorisca la collaborazione. Per costruire e cementare questo clima, può essere utile proporre periodicamente ai dipendenti un’attività di team building.
Ma cos’è, di preciso il team building? Perché è importante per le aziende? Quali sono le attività di team building più diffuse e le regole da seguire per ottenere risultati positivi dall’esperienza? Ne parliamo in questo articolo.
Che cos'è il team building aziendale?
Perché fare team building in azienda?
Cosa fare per rendere il team building davvero efficace?
Quali sono le più diffuse attività di team building aziendale?
Che cos'è il team building aziendale?
La traduzione del termine team building è, letteralmente, “costruire una squadra”. E, in effetti, è proprio questo lo scopo di questa metodologia educativa che si prefigge l’obiettivo di costruire e consolidare i gruppi di lavoro aziendali, favorendo l’integrazione tra dipendenti, migliorandone la comunicazione e la capacità di integrazione.
Le attività di team building che vengono proposte ai dipendenti delle aziende si basano sul lavoro del pedagogo tedesco Kurt Hahn che nel 1941 fondò in Scozia la prima scuola di formazione esperienziale per giovani, dopo essere sfuggito alle persecuzioni naziste.
Perché fare team building in azienda?
Fare team building in azienda è utile per creare una cultura organizzativa forte e migliorare il clima aziendale, rendendolo sereno, improntato alla collaborazione e al dialogo. Raggiungendo questi obiettivi, un’impresa può ottenere diversi vantaggi, quali:
aumento della produttività;
miglioramento dell’employer branding;
riduzione del turnover;
miglioramento della comunicazione interna;
dipendenti con maggiori competenze.
Aumento della produttività
Uno degli scopi principali del team building è quello di favorire un aumento della produttività. Ciò avviene soprattutto perché, attraverso le attività di team building, un’azienda può dimostrare il suo interesse per il benessere dei dipendenti, aumentare la loro motivazione e fornirgli gli strumenti necessari per affrontare le sfide lavorative.
Miglioramento dell’employer branding
Sia le persone che già sono impiegate in un’azienda, sia coloro che cercano nuove opportunità lavorative mettono in cima alla lista delle loro priorità la considerazione che il datore di lavoro ha per il benessere dei dipendenti e per la loro felicità.
Se effettuata nelle giuste modalità, l’attività di team building può diventare un importante strumento di marketing interno e di welfare aziendale. Si tratta, infatti, di un’ottima opportunità per aumentare la fiducia dei lavoratori e, di conseguenza, migliorare l’employer branding dell’azienda. Per dimostrare, cioè, che quell’azienda in particolare valorizza i suoi dipendenti e riconosce l’importanza del loro lavoro.
Riduzione del turnover
Quando i dipendenti sono soddisfatti del loro lavoro e del trattamento che ricevono dal datore di lavoro, sono meno propensi ad abbandonare l’azienda per cercare opportunità migliori.
L’attività di team building, migliorando la soddisfazione dei dipendenti di un’azienda, aiuta a ridurre il turnover e gli effetti negativi di quest’ultimo.
Miglioramento della comunicazione interna
I gruppi di lavoratori che partecipano alle attività di team building sviluppano la capacità di comunicare in modo più efficiente e costruttivo coi colleghi. Ciò permette a questi gruppi di ridurre lo stress ed essere più efficienti e motivati a raggiungere gli obiettivi.
Dipendenti con maggiori competenze
Il team building permette a chi vi prende parte di acquisire nuove abilità e competenze che potranno essergli utili tanto nella vita lavorativa quanto in quella privata. Un vantaggio anche per l’azienda che, in questo modo, avrà dipendenti più preparati e competitivi.
Cosa fare per rendere il team building davvero efficace?
Quella del team building è un’opportunità che le aziende italiane hanno iniziato a cogliere solo di recente. Per questo può capitare che, chi sceglie di introdurre nella propria impresa questo metodo formativo, non abbia bene a fuoco le sue finalità e non sappia come applicarlo affinché risulti uno strumento davvero utile ed efficace.
Il team building, infatti, non deve essere un gioco o un momento di svago fine a sé stesso e non va trattato come tale. Per questo, quando si decide di introdurre questo metodo formativo in azienda e di proporlo ai dipendenti, ci si deve anche assicurare di strutturare le attività in modo che abbiano davvero valore.
Ecco gli elementi fondamentali di un’attività di team building di successo:
analisi del clima aziendale e delle eventuali criticità dei gruppi che prenderanno parte alle attività;
definizione degli obiettivi;
comunicazione trasparente;
apertura al dialogo;
pianificazione equilibrata delle attività;
monitoraggio dei risultati.
Analisi del clima aziendale e delle eventuali criticità dei gruppi che prenderanno parte alle attività
Dal momento che lo scopo dell’attività di team building è quello di migliorare il clima aziendale e la comunicazione tra i componenti dei vari gruppi di lavoro, è importante analizzare la situazione dell’organizzazione e le dinamiche di interazione tra i lavoratori, così da comprenderne i punti di forza e i punti sui quali, invece, occorre lavorare. Solo così si potrà scegliere l’attività più adatta alle esigenze di una determinata impresa e ottenere dei vantaggi concreti.
Definizione degli obiettivi
Dopo aver capito quali sono gli ambiti su cui intervenire come, ad esempio, la comunicazione, la coesione o la capacità di problem solving dei dipendenti, è importante definire gli obiettivi dell’attività di team building che si andrà a svolgere.
Comunicazione trasparente
È importante che chi si occupa della formazione aziendale fornisca al manager del gruppo di lavoro (o il reparto di risorse umane) tutte le informazioni necessarie sugli obiettivi da raggiungere e sulle modalità di svolgimento delle attività.
Apertura al dialogo
Perché il team building funzioni, è importante che tutte le parti coinvolte siano aperte al dialogo; non ci devono essere costrizioni e tutti devono essere d’accordo su quali siano gli obiettivi da raggiungere e sul modo migliore per farlo.
Pianificazione equilibrata delle attività
Perché il team building rappresenti un vero e proprio percorso di crescita e offra un’opportunità concreta di miglioramento per i gruppi di persone che vi prendono parte, è importante non solo che risponda alle esigenze di miglioramento dell’azienda, ma anche che sia calibrato in modo da dare a tutti l’opportunità di svolgere serenamente le attività proposte. Questo aspetto, in particolare, va considerato se si sceglie di proporre ai lavoratori delle attività outdoor o indoor, che richiedono anche un certo impegno fisico.
Monitoraggio dei risultati
A differenza dei viaggi incentive, che rappresentano un premio per i lavoratori e vengono offerti dalle aziende solo in determinate occasioni, il team building dovrebbe essere un’attività che viene proposta regolarmente (anche solo una o due volte l’anno). Tra una sessione e l’altra, poi, è fondamentale monitorare i risultati, in modo da capire se ci siano stati dei miglioramenti e, nel caso cosa si possa fare per mantenere i risultati raggiunti. Se, invece, l’attività svolta non ha dato i risultati sperati, monitorarne l’evoluzione dà la possibilità di capire cosa non ha funzionato e proporre, in futuro, qualcosa di diverso.
Quali sono le più diffuse attività di team building aziendale?
Le esperienze offerte nell’ambito del team building sono davvero infinite e vanno dai giochi di ruolo alle simulazioni di vita reale, a vere e proprie attività sportive. Possono essere svolte sia all’aperto (team building outdoor), sia all’interno (team building indoor), in azienda o al di fuori di essa.
Ecco alcune idee per fare team building scelte tra le attività più in voga al momento:
escape room. L’obiettivo di questa attività è quello di trovare la via d’uscita da una stanza chiusa lavorando in gruppo;
caccia al tesoro. Come l’escape room, anche la caccia al tesoro aiuta i membri di un gruppo a migliorare il lavoro di squadra e la capacità di condividere informazioni per raggiungere un obiettivo;
cooking. Quest’attività richiede ai partecipanti di cucinare dei piatti ed è ottima per migliorare l’organizzazione e la gestione del tempo e favorire la creatività;
giochi di fiducia. Ai partecipanti vengono proposte delle attività da svolgere in coppia per raggiungere gli obiettivi prefissati;
giochi di ruolo e simulazioni di vita reale. Da svolgere in gruppo, permettono alle persone di uscire dalla loro comfort zone, sperimentando situazioni diverse da quelle che si affrontano nello svolgimento delle normali attività aziendali, a migliorare la capacità di problem solving;
adventure park. Si tratta di attività all’aria aperta da praticare singolarmente o in squadra, che prevedono dei percorsi realizzati in un ambiente naturale con ponti di corda da attraversare, passaggi su funi e cavi e così via;
attività sportive. I classici giochi di squadra, dal calcio alla pallavolo, sono ideali per rafforzare la coesione e lo spirito di squadra e migliorare la comunicazione;
escursioni in montagna, a piedi o in mountain bike.

Luglio 21, 2022
Welfare Aziendale
Cosa sono e come funzionano i permessi retribuiti per i dipendenti
I permessi retribuiti sono dei giorni di assenza dal lavoro che il lavoratore può richiedere solo in determinati casi. Ecco tutto quello che c’è da sapere su questo tipo di permessi
La legge prevede che ogni lavoratore abbia diritto ad almeno un giorno di riposo settimanale e quattro settimane di ferie all’anno per recuperare le energie psico-fisiche e curare i rapporti interpersonali. Ferie e riposi settimanali, tuttavia, non sono gli unici motivi per cui un dipendente possa assentarsi dal lavoro: la legge prevede tutta una serie di casi, come il matrimonio, la nascita di un figlio o l’assistenza di un familiare non autosufficiente, in cui il lavoratore possa richiedere i cosiddetti permessi retribuiti.
Vuoi saperne di più? Ecco una guida che spiega nel dettaglio cosa e quali siano i permessi retribuiti a cui ha diritto un lavoratore dipendente.
Cosa sono i permessi retribuiti?
Varie tipologie di permessi retribuiti
Differenza tra permessi retribuiti e non retribuiti
Differenza tra ferie e permessi retribuiti
Cosa sono i permessi retribuiti?
I permessi retribuiti sono dei periodi di tempo variabili, diversi dalle ferie e dai riposi settimanali, in cui il lavoratore ha diritto di assentarsi dal lavoro mantenendo la retribuzione ordinaria e il diritto a maturare l’anzianità di servizio e le ferie lavorative.
Questi permessi sono connessi a diritti costituzionalmente garantiti ai lavoratori che risultano essere più importanti delle eventuali esigenze produttive ed economiche delle aziende.
La normativa di riferimento per i permessi retribuiti è composta in parte da leggi dello Stato e in parte dai CCNL dei vari comparti. Alcune tipologie di permessi retribuiti, infatti, sono stabilite per legge e, successivamente, possono essere regolamentate dai contratti collettivi e prevedere condizioni di maggior favore per i lavoratori. Altri tipi di permessi retribuiti, invece, possono essere regolamentati solo dal CCNL ed essere fruibili solo dopo che il lavoratore ha raggiunto una certa soglia di anzianità lavorativa.
Varie tipologie di permessi retribuiti
Esistono diverse tipologie di permessi retribuiti che il lavoratore può richiedere per assentarsi dal lavoro in caso di necessità. Ecco quali sono e come sono regolamentati:
ROL (Riduzione dell’Orario di Lavoro): come si maturano e quante ore spettano al lavoratore?
Ex festività
Congedo per matrimonio
Congedo per neogenitori
Donazione di sangue e midollo osseo
Assistenza familiari con handicap (Legge 104/92)
Congedo per lutto
Permessi studio
Congedo per motivi personali
Permessi per allattamento
Permessi elettorali
Permessi per cariche pubbliche elettive
ROL (Riduzione dell’Orario di Lavoro): come si maturano e quante ore spettano al lavoratore?
L’acronimo ROL viene utilizzato per abbreviare il termine Riduzione Orario di Lavoro e viene utilizzato per indicare una particolare tipologia di permessi prevista dalla contrattazione collettiva. In base alle regole previste da ciascun CCNL, il lavoratore accumula un monte ore di cui può usufruire durante l’anno per assentarsi dal lavoro mantenendo comunque il diritto a ricevere la retribuzione e a maturare sia l’anzianità di servizio, sia le ferie.
Il monte ore di ROL di cui può godere un lavoratore, solitamente, viene calcolato annualmente e matura in base all’anzianità di servizio e alla mansione ricoperta dal dipendente. Le ore di permesso a cui ha diritto sono indicate in busta paga, proprio come i riposi lavorativi e le ferie. Scaduto il termine per la loro fruizione, se non sono state utilizzate, possono essere monetizzate, al contrario di ciò che accade con le ferie lavorative.
ROL e Banca Ore sono la stessa cosa?
No, ROL e Banca Ore non sono la stessa cosa. Mentre il ROL è un istituto previsto dalla legge e regolamentato dal CCNL di riferimento per ciascun comparto, la banca ore è una misura di welfare aziendale che può essere introdotta autonomamente dalle aziende. Al contrario del ROL, la banca ore offre la possibilità di trasformare le ore di straordinario in permessi retribuiti, anziché ricevere il compenso previsto.
Ex festività
Le ex festività sono quelle giornate in cui cadono delle ricorrenze, spesso religiose che, prima, erano considerate come festività nazionali (San Giuseppe, l’Ascensione, la festività del Corpus Domini, SS: Pietro e Paolo e la Festa dell’Unità Nazionale) e adesso non lo sono più.
Secondo gli accordi previsti da alcuni CCNL, se una di queste ex festività cade in una giornata lavorativa, il lavoratore dipendente avrà diritto a chiedere un giorno di permesso retribuito.
Congedo per matrimonio
La legge stabilisce che i lavoratori che contraggono matrimonio civile abbiano diritto a 15 giorni di congedo matrimoniale retribuito.
Il congedo matrimoniale, al contrario di altri istituti, va calcolato tenendo conto anche di eventuali giorni festivi e festività che possano cadere nel periodo delle due settimane successive al matrimonio.
Congedo per neogenitori
L’arrivo di un figlio è un momento molto importante nella vita di una persona, che deve essere adeguatamente tutelato. Per questo, la legge prevede tutta una serie di misure volte a favorire il benessere dei neogenitori e la cura del neonato:
congedo di maternità. Spetta alle donne lavoratrici, che hanno il diritto di astenersi dal lavoro per 5 mesi (sia prima della fine della gravidanza, sia dopo il parto) ricevendo una retribuzione pari all’80% di quella ordinaria;
congedo di paternità. È un periodo di 10 giorni che può essere richiesto dai neopapà alla nascita del figlio e prevede una retribuzione del 100% da parte dell’INPS;
congedo parentale. I neogenitori possono richiedere fino a 6 mesi di congedo dal lavoro, nei primi dodici anni di vita del bambino, per far fronte alle sue esigenze relazionali. Questa tipologia di congedo è retribuita con il 30% della retribuzione ordinaria, ma solo fino al sesto anno di vita del bambino.
Donazione di sangue e midollo osseo
Nel caso in cui un lavoratore dipendente faccia una donazione di sangue con prelievo minimo di 250 grammi di sangue, ha diritto di assentarsi dal lavoro per l’intera giornata in cui ha effettuato la donazione. In questo caso, il lavoratore non subirà alcuna decurtazione sulla retribuzione, purché il prelievo venga effettuato presso un centro autorizzato dal Ministero della Salute.
Per ottenere questa agevolazione, il dipendente dovrà presentare al datore di lavoro un certificato rilasciato dal medico che ha effettuato il prelievo del sangue in cui siano indicati: i dati anagrafici del donatore, la quantità di sangue prelevata, il giorno e l’ora del prelievo, il centro in cui è avvenuto.
Nel caso in cui il lavoratore non sia idoneo alla donazione ha comunque diritto alla retribuzione, limitatamente al tempo necessario all’accertamento di tale inidoneità.
Ai datori di lavoro, inoltre, spetta il rimborso, da parte dell’INPS, delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori nella giornata di donazione.
Assistenza familiari con handicap (Legge 104/92)
I familiari di persone che si trovino in una situazione di disabilità grave ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 della Legge 104/92 hanno diritto a 3 giorni di permesso retribuito al mese, che possono anche essere frazionati in ore.
Possono richiedere questo tipo di agevolazione:
i genitori, anche adottivi o affidatari, di figli che si trovino in una situazione di disabilità grave;
il coniuge, la parte dell’unione civile, il convivente di fatto (art. 1, c. 36-37, l. n.76/2016), i parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità.
Congedo per lutto
Ai sensi dell’articolo 4 della legge 53/2000, i lavoratori dipendenti hanno il diritto di richiedere un permesso di 3 giorni in caso di decesso o di infermità grave del coniuge o di un parente fino al secondo grado di parentela.
In caso di decesso, il congedo deve essere utilizzato entro 7 giorni dal decesso del familiare.
Permessi studio
Secondo quanto stabilito dall’articolo 10 della Legge 300 del 1970, i lavoratori che seguano un corso di studi finalizzato all’acquisizione di un titolo di studio legalmente riconosciuto hanno diritto a un massimo di 150 ore di permesso (che possono salire fino a 250 ore se il titolo di studio rientra nella scuola dell’obbligo) da utilizzare, nell’arco di 3 anni, per la frequenza del corso di studi.
Il numero esatto di ore di permessi studio concessi al lavoratore, in ogni caso, è demandato alla contrattazione collettiva di ciascuna categoria.
Congedo per motivi personali
Alcuni CCNL, come quello del comparto scuola, prevedono che i lavoratori dipendenti abbiano diritto a 3 giorni di permessi retribuiti per motivi personali, di cui possono usufruire senza specificare la motivazione per cui sono stati richiesti.
Permessi per allattamento
I permessi per allattamento sono dei permessi giornalieri retribuiti concessi alle donne lavoratrici che siano appena diventate madri.
Le lavoratrici con contratto di lavoro full time hanno diritto a due ore al giorno di permesso, mentre chi ha un contratto part time ha diritto a una sola ora di permesso.
Permessi elettorali
I permessi elettorali sono dei permessi retribuiti che vengono concessi ai lavoratori dipendenti che, durante le elezioni, svolgono la funzione di scrutatori, segretari e presidenti nei seggi elettorali.
Hanno diritto a godere di questa agevolazione, che comprende sia il giorno antecedente le votazioni, sia il giorno delle votazioni, sia il giorno degli scrutini, anche i rappresentanti di lista.
Permessi per cariche pubbliche elettive
I lavoratori dipendenti che ricoprano una carica pubblica, come ad esempio assessore comunale o regionale, o consigliere comunale, provinciale o regionale, hanno diritto a richiedere dei permessi retribuiti per le giornate in cui si svolgono le sedute del consiglio a cui appartengono.
Nel caso in cui le sedute si tengano in orario serale, il lavoratore non può recarsi sul luogo di lavoro prima delle 8 del giorno seguente e, nel caso in cui la seduta si protragga oltre la mezzanotte, il dipendente ha diritto ad un permesso retribuito di cui godere il giorno successivo a quello della seduta.
Per poter richiedere questo tipo di permesso, il lavoratore deve fornire al datore di lavoro la documentazione che certifichi gli orari di svolgimento delle sedute.
Differenza tra permessi retribuiti e non retribuiti
La differenza tra permessi retribuiti e permessi non retribuiti riguarda soprattutto il trattamento economico che spetta al lavoratore nel periodo in cui è assente dal lavoro.
I permessi retribuiti, nella maggior parte dei casi, prevedono che al lavoratore venga corrisposta la retribuzione ordinaria e gli permettono di maturare le ferie e accumulare anzianità di servizio, come avviene per le normali giornate di lavoro.
I permessi non retribuiti, invece, consentono al dipendente di assentarsi dal luogo di lavoro ma non gli danno il diritto di ricevere alcuna retribuzione. Nei giorni in cui l’assenza sia dovuta ad un permesso non retribuito, inoltre, il lavoratore non può maturare né le ferie lavorative, né l’anzianità di servizio.
Differenza tra ferie e permessi retribuiti
La differenza principale tra le ferie lavorative e i permessi retribuiti sta nel fatto che le ferie sono un diritto inalienabile del lavoratore sancito dalla legge, la quale stabilisce che un lavoratore abbia diritto ad almeno quattro settimane di ferie all’anno. E, a differenza, ad esempio, dei ROL, le ferie maturate non hanno una data di scadenza e non possono essere monetizzate.

Luglio 04, 2022
Welfare Aziendale
Tragitto casa-lavoro, tutto quello che c’è da sapere
In quali casi viene retribuito? Cosa succede se un lavoratore si infortuna mentre va o torna dal lavoro? Ecco una guida che risponde a tutte le domande sul tragitto casa lavoro.
Il tragitto casa-lavoro è il percorso che un lavoratore compie ogni giorno per andare e tornare dal luogo di lavoro. Per molti lavoratori, compiere questo tragitto comporta un certo dispendio economico e di tempo. Per questo, spesso, ci si chiede se il tempo impiegato per il tragitto casa-lavoro possa essere considerato orario di lavoro ed essere retribuito. Nel caso in cui non rientri nell’orario di lavoro, poi, sono molti i lavoratori che, in cima alla lista dei servizi di welfare desiderati, mettono le agevolazioni per il tragitto casa-lavoro.
In questo articolo trovi tutte le risposte alle domande sul tragitto casa-lavoro e le soluzioni di welfare più apprezzate dai lavoratori per andare e tornare dal luogo di lavoro.
Tragitto casa-lavoro e orario di lavoro
Quando è previsto il rimborso chilometrico ai dipendenti per il tragitto casa-lavoro?
Aspetti fiscali del rimborso tragitto casa-lavoro
Infortunio durante il tragitto casa-lavoro: cosa sapere
Tragitto casa-lavoro e welfare aziendale: quali servizi per i dipendenti?
Tragitto casa-lavoro e orario di lavoro
Di solito, il tempo trascorso da un lavoratore per andare da casa sua al luogo di lavoro e viceversa non è considerato orario di lavoro.
Solo in un caso particolare il tragitto casa-lavoro è considerato orario di lavoro e quindi, il tempo trascorso per percorrerlo viene retribuito dal datore di lavoro.
Differenza tra tragitto casa-lavoro e trasferta
Prima di analizzare i casi in cui è previsto un rimborso per il tragitto casa-lavoro, è bene precisare la differenza tra tragitto-casa lavoro e trasferta.
Mentre il tragitto casa-lavoro è il percorso che il lavoratore compie abitualmente per raggiungere la sede della sua azienda, la trasferta è il percorso effettuato da un dipendente che debba recarsi in un luogo diverso dalla sua sede di lavoro abituale e, per raggiungerlo, si serva di un mezzo proprio o a noleggio.
Si tratta di due situazioni diverse che vengono trattate in modo diverse sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista fiscale.
Quando è previsto il rimborso chilometrico ai dipendenti per il tragitto casa-lavoro?
Una delle domande che i lavoratori dipendenti si pongono più di frequente è se il tempo trascorso per andare e tornare dal lavoro possa essere retribuito. Nella maggior parte dei casi, il lavoratore non ha diritto ad alcun tipo di retribuzione per il tragitto casa-lavoro.
L’unica situazione che prevede un rimborso per il tragitto casa-lavoro è quella in cui i lavoratori dipendenti non abbiano una sede di lavoro fissa e i loro spostamenti quotidiani vengano decisi dal datore di lavoro. È il caso, ad esempio, degli agenti di commercio, o degli addetti alla distribuzione. A stabilirlo è stata la sentenza C-266 emessa nel 2014 dalla Corte di Giustizia europea, poi recepita dal Decreto Legislativo 66 del 2003.
Anche nel caso in cui il tragitto casa-lavoro rientri nell’orario di lavoro, è sbagliato parlare di rimborso chilometrico, in quanto questo tipo di rimborso è dovuto solo in casa di trasferta.
Aspetti fiscali del rimborso tragitto casa-lavoro
Nel caso in cui il lavoratore non abbia una sede di lavoro fissa, perciò, il tempo che impiega per compiere il tragitto casa-lavoro è considerato a tutti gli effetti orario di lavoro e rientra quindi nella retribuzione ordinaria.
Cosa significa questo, dal punto di vista fiscale? Significa che questo tempo verrà conteggiato in aggiunta al normale orario di lavoro e retribuito e tassato come tale.
Prendiamo l’esempio di un lavoratore che impieghi 30 minuti per andare al lavoro e 30 minuti per tornare, e che abbia un orario di lavoro di 8 ore giornaliere. I 60 minuti impiegati per andare e tornare dal lavoro verranno aggiunti alle 8 ore giornaliere. Così al lavoratore, in busta paga, verrà versata una retribuzione pari a 9 ore di lavoro anziché a 8.
Perciò, la retribuzione di questi 60 minuti aggiuntivi, dal punto di vista fiscale, è equiparata alla retribuzione ordinaria e non dà diritto ad alcuna agevolazione, poiché fa parte a tutti gli effetti del reddito imponibile IRPEF e INPS.
Diverso, invece, il discorso della trasferta. Per il tragitto compiuto per recarsi in un luogo diverso dalla sua sede abituale di lavoro il lavoratore ha diritto a ricevere un rimborso chilometrico. Un importo, cioè, che viene calcolato in base ai chilometri percorsi ed è soggetto ad una tassazione agevolata.
Per calcolare l’importo dovuto al lavoratore come rimborso chilometrico del tragitto casa-lavoro ci si deve rifare alle tabelle ACI, che vengono aggiornate ogni anno ed indicano il costo chilometrico per ogni tipo di veicolo.
Infortunio durante il tragitto casa-lavoro: cosa sapere
Secondo quanto stabilito dall’articolo 12 del Decreto Legislativo 38/2000, l’infortunio che può capitare al lavoratore durante il tragitto casa-lavoro viene definito infortunio in itinere, ed è, quindi, soggetto a copertura assicurativa INAIL.
È considerato infortunio in itinere anche l’incidente occorso a un lavoratore mentre si sta spostando tra due luoghi di lavoro o tra il posto di lavoro e il luogo dove si consuma il pasto.
In tutti questi casi, il lavoratore ha diritto a ricevere un indennizzo sia che l’infortunio sia avvenuto mentre si recava al lavoro a piedi o con un mezzo pubblico, sia che usasse l’automobile o la bicicletta.
Nel caso dell’automobile, tuttavia, occorre fare qualche precisazione, in quanto il lavoratore ha diritto ad ottenere un indennizzo se:
il mezzo è fornito dal datore di lavoro o è quest’ultimo a richiedere al collaboratore di usarlo;
il luogo di lavoro non è raggiungibile con i mezzi pubblici;
il luogo di lavoro è raggiungibile con i mezzi pubblici ma il lavoratore può dimostrare che sia più conveniente, in termini di tempo, usare l’automobile in luogo dei mezzi pubblici;
per raggiungere la fermata del mezzo pubblico dalla propria abitazione o dalla sede dell’azienda il lavoratore dovrebbe compiere un tragitto a piedi eccessivamente lungo.
Bisogna anche sottolineare che eventuali deviazioni effettuate dal lavoratore rispetto al percorso abituale potrebbero fargli perdere il diritto a ricevere l’indennizzo. Gli unici casi in cui l’infortunio in itinere viene rimborsato anche in caso di deviazione sono:
deviazione effettuata su richiesta del datore di lavoro;
cause di forza maggiore (ad esempio una coda o dei lavori stradali);
esigenze essenziali o improrogabili;
adempimento di obblighi penalmente o costituzionalmente rilevanti (come, ad esempio, accompagnare i figli a scuola).
Tragitto casa-lavoro e welfare aziendale: quali servizi per i dipendenti?
Proprio perché, nella maggior parte dei casi, il tragitto casa-lavoro non dà diritto a ricevere alcun rimborso, i benefit aziendali volti ad agevolare il raggiungimento del luogo di lavoro sono tra i più desiderati e apprezzati dai dipendenti delle aziende.
Ma quali sono i servizi di welfare aziendale che un’impresa può offrire ai propri collaboratori per agevolare il tragitto casa-lavoro?
rimborso delle spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai mezzi pubblici;
buoni carburante;
servizi di mobilità condivisa;
smart working.
Rimborso degli abbonamenti ai mezzi pubblici
Per chi si reca al lavoro con i mezzi pubblici, la spesa sostenuta per l’acquisto degli abbonamenti può pesare significativamente sul bilancio familiare. Per questo, molte aziende decidono di inserire il rimborso degli abbonamenti ai mezzi pubblici tra i servizi di welfare aziendale offerti ai propri collaboratori.
Per accedere a questa agevolazione, i lavoratori devono essere titolari degli abbonamenti.
Buoni carburante
Assimilabili ai fringe benefit, e quindi esenti da tassazione fino alla soglia di 258,23 euro all’anno, i buoni carburante sono dei voucher erogati dal datore di lavoro che il dipendente può utilizzare per acquistare il carburante per il mezzo usato abitualmente per recarsi al lavoro.
Per l’anno 2022, inoltre, grazie al bonus benzina approvato dal Governo, offrire i buoni carburante ai propri collaboratori è ancora più conveniente. Questo bonus, infatti, prevede che il lavoratore possa ricevere fino a 200 euro in buoni carburante, che verranno conteggiati separatamente rispetto alla soglia di 258,23 euro prevista per i fringe benefit.
Servizi di mobilità condivisa
Sono sempre di più le aziende e i lavoratori attente alle tematiche ecologiche che preferiscono scegliere dei servizi di modalità condivisa come benefit aziendali per agevolare il tragitto casa-lavoro. In particolare, sta diventando molto popolare il car sharing aziendale, un servizio che prevede che l’azienda metta un’auto a disposizione di un gruppo di dipendenti perché possano utilizzarla per percorrere insieme il tragitto casa-lavoro.
Per incentivare i dipendenti che praticano il car pooling, cioè la condivisione dell’auto di proprietà di un altro dipendente per andare al lavoro, l’azienda può prevedere l’istituzione di parcheggi riservati.
Smart working
Sebbene lo smart working non possa essere considerato direttamente un’agevolazione per il tragitto casa-lavoro, offrirlo ai dipendenti per uno o più giorni alla settimana consente ai lavoratori di trascorrere meno tempo in viaggio durante la giornata e di risparmiare i soldi spesi per il carburante ed eventuali pedaggi autostradali, se il lavoratore si sposta in automobile per raggiungere il luogo di lavoro.

Giugno 27, 2022
Welfare Aziendale
Ferie lavorative: tutto quello che c’è da sapere
Una guida completa alle ferie lavorative: cosa sono, come si maturano e quando un lavoratore può usufruirne
Le ferie lavorative sono un diritto sancito dalla Costituzione. Il lavoratore matura un certo numero di giorni di ferie ogni anno e può richiederle in ogni momento, compatibilmente con le esigenze di servizio del datore di lavoro.
Vuoi saperne di più su come funzionano le ferie lavorative? A quanti giorni di ferie ha diritto un lavoratore durante l’anno? Se ha diritto al pagamento delle ferie non godute? In questa guida puoi trovare tutto quello che c’è da sapere sulle ferie lavorative.
Ferie lavorative: cosa sono?
Come si maturano le ferie?
Come si calcolano le ferie?
Ferie in busta paga: come leggerla?
È vero che i dipendenti hanno diritto a 15 giorni consecutivi di ferie?
Quanto vengono pagate le ferie non godute
È consentito prendere ferie durante il periodo di preavviso?
Welfare aziendale e ferie: i benefit per il tempo libero dei dipendenti
Ferie lavorative: cosa sono?
Le ferie sono un periodo di riposo retribuito a cui hanno diritto i lavoratori dipendenti per recuperare le energie psicofisiche e mantenere le relazioni familiari e sociali. Si tratta di un diritto che spetta a tutti i lavoratori che abbiano un contratto a tempo determinato o indeterminato, part-time o full time.
È la legge stessa a sancire le ferie come diritto inalienabile dei lavoratori. L’articolo 36 della Costituzione stabilisce che il lavoratore abbia diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite e che non possa rinunciarvi.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 2109 del Codice Civile, l’imprenditore dovrebbe comunicare ai dipendenti quale sia il periodo in cui possono godere delle ferie, tenendo conto delle esigenze dell’impresa e delle necessità del lavoratore.
Come si maturano le ferie?
Per capire come si maturano le ferie, si deve innanzitutto fare riferimento alla normativa che, oltre all’articolo 36 della Costituzione e all’articolo 2109 del Codice Civile, comprende anche il Decreto Legislativo 66 dell’8 maggio 2003. All’articolo 10 del decreto è stabilito che i lavoratori dipendenti abbiano diritto ad un periodo di ferie annuale non inferiore alle quattro settimane. Tuttavia, i contratti collettivi e gli accordi sindacali possono prevedere che ai dipendenti delle aziende di un determinato settore spettino più giorni rispetto a quanto previsto dalla normativa.
In generale, un lavoratore che abbia lavorato dal 1° gennaio al 31 dicembre matura tutte le ferie previste dal suo contratto di lavoro, a meno che non sia stato assente dal lavoro per motivi che non gli consentono di maturare le ferie, come: assenze ingiustificate o, comunque, non retribuite; aspettativa non retribuita; permessi non retribuiti; sospensione dal lavoro.
Ci sono, però, dei casi in cui l’assenza dà comunque diritto al lavoratore di maturare le ferie:
assenza per malattia o infortunio;
permessi per la legge 104/1992;
ferie e permessi retribuiti;
congedo di maternità;
donazione sangue.
Sono tutte assenze equiparate alle ore lavorative, al fine della maturazione delle ferie.
Quante ferie si maturano in un anno?
Non esiste un’unica risposta per questa domanda. Per conoscere il numero di ferie che si maturano in un anno, oltre al Decreto Legislativo 66/2003 si deve anche fare riferimento al contratto collettivo di categoria.
Il CCNL, infatti, può stabilire delle condizioni più favorevoli per i lavoratori dipendenti di un determinato settore, prevedendo che possa maturare, in un anno, un numero di giorni di ferie maggiore rispetto a quanto stabilito dalla legge.
Quante ferie si maturano in un mese?
Il numero di giorni di ferie che si maturano ogni mese non è uguale per tutti i lavoratori. Per sapere quante ferie si maturano effettivamente in un mese, bisogna tenere conto del numero di giorni di ferie previsto dal contratto collettivo di riferimento e da eventuali accordi sindacali, che può essere diverso dai 28 giorni previsti dalla normativa.
Come si calcolano le ferie?
Una volta verificato questo dato, si può procedere al calcolo dei giorni di ferie che si maturano in un mese, dividendo il numero totale di giorni di ferie che spettano a un dipendente durante l’anno per 12, che è il numero corrispondente ai mesi che compongono un anno.
Prendiamo ad esempio un lavoratore che abbia diritto a 30 giorni di ferie annuali. Per sapere quante ferie maturi in un mese dovrà dividere questo numero per 12, quindi:
30:12=2,5.
Il lavoratore matura 2,5 giorni di ferie al mese.
Ferie in busta paga: come leggerla?
La busta paga è il prospetto mensile che viene consegnato al lavoratore e contiene, oltre a nome, cognome e qualifica del dipendente, tutte le voci economiche riguardanti il suo contratto di lavoro, a partire dallo stipendio netto e lordo.
La busta paga contiene anche un calendario in cui sono indicati i giorni di presenza e di assenza e le ore lavorate, il numero di riposi settimanali residui e goduti e le ferie lavorative.
Le ferie, in particolare, vengono suddivise in tre voci distinte:
ferie maturate, dove si può trovare il numero di giorni di ferie che spettano in totale al lavoratore;
ferie godute. Indica il numero di giorni di ferie di cui ha usufruito il lavoratore;
ferie residue. Indica i giorni di ferie di cui il dipendente può ancora usufruire.
In alcune buste paga può comparire anche una quarta voce, dove vengono indicate le ferie maturate nell’anno precedente dal lavoratore e non ancora godute.
Le aziende possono utilizzare due modi distinti per indicare le ferie in busta paga:
all’inizio dell’anno, alla voce ferie maturate, indicare tutti i giorni di ferie che il lavoratore avrà a disposizione per quell’anno;
indicare le ferie maturate mese per mese.
È vero che i dipendenti hanno diritto a 15 giorni consecutivi di ferie?
Sì, è vero. È il Decreto Legislativo 66/2003 che, sempre all’articolo 10, fornisce delle linee guida anche per quanto riguarda le modalità di fruizione delle ferie. In particolare, stabilisce che il lavoratore debba usufruire di almeno due settimane di ferie lavorative retribuite e, se lo richiede, che queste due settimane siano consecutive.
Il resto delle ferie maturate nel corso dell’anno può essere goduto nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione. Tuttavia, anche se il lavoratore non dovesse usufruirne, i giorni di ferie non goduti rimangono comunque nella disponibilità del lavoratore.
Quanto vengono pagate le ferie non godute?
Secondo quanto stabilito dalla normativa, il datore di lavoro non può versare al lavoratore alcuna indennità per le ferie non godute, in quanto si tratta di un diritto inalienabile del lavoratore.
L’unico caso in cui a un’azienda sia concesso di pagare le ferie non godute a un dipendente è la cessazione del rapporto di lavoro, poiché il lavoratore non avrà più la possibilità di usufruirne.
È consentito prendere ferie durante il periodo di preavviso?
Sì, al lavoratore è consentito prendere le ferie durante il periodo di preavviso. Tuttavia, le ferie, insieme alla malattia o all’infortunio, alla maternità e al richiamo alle armi, sono uno dei motivi per cui è prevista la sospensione del periodo di preavviso. Andare in ferie durante questo lasso di tempo, infatti, impedisce al lavoratore di concludere i compiti assegnatigli al momento del licenziamento e all’azienda di usufruire della competenza del lavoratore perché concluda il lavoro che gli è stato assegnato o possa formare la persona che prenderà il suo posto.
Gli unici casi in cui le ferie del dipendente non determinano uno slittamento del periodo di preavviso sono:
la richiesta delle ferie da parte del dipendente che ha subito il licenziamento;
la collocazione del dipendente dimissionario in ferie forzate da parte dell’azienda.
Welfare aziendale e ferie: i benefit per il tempo libero dei dipendenti
Oggi il tempo libero è diventato uno dei valori più importanti per un lavoratore. Per questo, non solo è importante agevolare i dipendenti in modo che possano usufruire delle ferie che gli spettano nei modi e nei tempi previsti dalla legge, ma anche incentivarli a compiere delle attività che permettano loro di rilassarsi e recuperare le energie psico-fisiche.
Il modo migliore che un’azienda ha per offrire ai suoi collaboratori di dedicarsi alle attività che preferiscono durante il loro tempo libero, come viaggiare, andare al teatro o a visitare una mostra, è predisporre degli incentivi ad hoc nel proprio piano di welfare o offrire ai collaboratori dei voucher welfare che possano essere convertiti in beni e servizi di cui possano usufruire durante il tempo libero.