Welfare Aziendale

Tanti servizi su misura adatti a tutti gli stili di vita dei dipendenti. Salute, famiglia, previdenza , trasporto, tempo libero e acquisti.

Smart working pro e contro
Marzo 03, 2021
Welfare Aziendale

Smart Woking: quali sono i pro e i contro?

Sono sempre di più le aziende che offrono ai dipendenti la possibilità di lavorare in smart working. Quali sono i pro e i contro di questa modalità di lavoro? L’adozione di politiche di welfare aziendale sempre più orientate a garantire il benessere dei lavoratori e la recente pandemia di Coronavirus che ha colpito il nostro Paese hanno spinto molte aziende ad adottare la formula dello smart working. Una modalità di lavoro definita “agile” che ha molti pregi ma anche qualche difetto. Leggi il nostro articolo e scopri quali sono i pro e i contro dello smart working per lavoratori e aziende. Lavoratori e smart working: pro e contro del lavoro agile Pro: tutti i vantaggi dello smart working per i dipendenti Contro: quali svantaggi per il lavoratore in smart working Vantaggi dello smart working per le aziende Svantaggi per le aziende Lavoro agile e benefici per l’ambiente Come fare smart working nel modo giusto? Consigli per smart worker e imprese   Lavoratori e smart working: pro e contro del lavoro agile Per capire quali siano gli effettivi vantaggi del lavoro agile bisogna fare una doverosa premessa su cosa voglia dire lavorare in smart working. Lavorare in smart working non significa solo svolgere la propria occupazione da remoto. Significa gestire autonomamente e in maniera flessibile gli orari e il carico di lavoro per raggiungere gli obiettivi concordati con l’azienda. Questa importante distinzione è fondamentale per capire perché, quando vengono eseguite delle indagini tra il personale di un’azienda per individuare le misure da inserire nel piano di welfare, molti lavoratori chiedano di accedere a questa modalità di lavoro.   Pro: tutti i vantaggi dello smart working per i dipendenti Lo smart working costituisce per i lavoratori una grande opportunità perché offre loro numerosi benefici, che sono: Miglioramento della conciliazione vita-lavoro Avere la possibilità di gestire in autonomia l’orario e il carico di lavoro consente alle persone di organizzare al meglio la propria vita anche al di fuori dell’ambito lavorativo. Questo si traduce in un aumento del benessere psicofisico della persona che incide positivamente sulla qualità della vita e sulla produttività. Abbattimento dello stress La lontananza dal posto di lavoro, il tempo impiegato per raggiungerlo, l’affollamento dei mezzi, il fatto di dover rimanere fuori casa tutto il giorno sono tutti fattori che aumentano i livelli di stress e incidono negativamente sul benessere psicofisico delle persone e sul loro rendimento in ambito lavorativo. Lavorare in smart working anche solo per due giorni a settimana consente di eliminarli e di abbattere i livelli di stress. Risparmio economico Recarsi al lavoro tutti i giorni è gravoso non solo in termini di stress, ma anche sotto il profilo economico. Sia che si usi l’automobile, sia che si usino i mezzi pubblici, si devono spendere cifre anche considerevoli per il carburante o gli abbonamenti dei mezzi pubblici. In più, spesso, si devono mettere in conto anche le spese sostenute per mangiare fuori casa. Chi lavora da casa e non è costretto a recarsi in ufficio tutti i giorni, perciò, ottiene un notevole risparmio economico, perché non deve più sostenere le spese di trasporto e quelle per i pasti consumati fuori casa. Incremento delle competenze digitali Quando si lavorano da casa, ci si deve confrontare con nuovi software e strumenti digitali che contribuiscono a migliorare la cultura digitale. Ciò si riflette positivamente non solo sul curriculum del lavoratore, che si arricchirà di nuove competenze, ma anche sull’azienda, che avrà collaboratori più qualificati.   Contro: quali svantaggi per il lavoratore in smart working Gli svantaggi dello smart working, per un lavoratore, sono davvero pochi. La maggior parte di essi, solitamente, scaturisce da accordi poco chiari o da una gestione non oculata della propria attività lavorativa. Tra gli svantaggi in cui possono incorrere le persone che lavorano in smart working ci sono:   Difficoltà a separare la vita lavorativa dalla vita privata Se non si stabiliscono dei limiti ben definiti, che riguardano anche l’orario di lavoro, si rischia di sentirsi perennemente al lavoro, di non riuscire a lavorare e perdere la concentrazione a causa delle continue interruzioni. Un problema, quest’ultimo, che può capitare più di frequente ai lavoratori che hanno dei figli.   Overworking e invasione del lavoro nella sfera privata Grazie alle nuove tecnologie si è virtualmente disponibili e reperibili in qualsiasi momento della giornata. Per questo, se non si definiscono bene gli orari e gli spazi di lavoro, si rischia di lavorare troppo e di non avere più tempo da dedicare alla vita privata e alla famiglia.   Aumento del senso di isolamento Spesso, chi lavora in smart working, si trova a sperimentare un senso di isolamento e solitudine dato dall’assenza del rapporto con i colleghi.   Mancanza del confronto con i colleghi Lavorare da casa, a volte, preclude la possibilità di risolvere dubbi e problemi confrontandosi con i colleghi.   Connessione Internet non sufficiente e mancanza di strumenti adeguati Può capitare che alcuni lavoratori fatichino a raggiungere gli obiettivi prefissati non per mancanza di impegno, ma per la mancanza di un’adeguata connessione a Internet. Anche non avere strumenti adeguati rende più difficile lavorare bene in smart working.   Vantaggi dello smart working per le aziende È ormai ampiamente dimostrato che concedere lo smart working ai lavoratori è vantaggioso tanto per loro quanto per le aziende. Ecco quali sono i motivi per cui concedere ai propri collaboratori di accedere a una modalità di lavoro flessibile risulti vantaggioso per un’azienda:   Incremento della produttività Nonostante il pregiudizio, ancora molto radicato, che per ottenere il massimo della produttività dai propri collaboratori questi debbano recarsi ogni giorno sul posto di lavoro, è stato accertato che concedere lo smart working ai propri dipendenti aumenta i livelli di produttività fino al 15%.   Miglioramento del welfare aziendale Lo smart working è considerato, a tutti gli effetti, una misura di welfare. Concedere questa modalità di lavoro agile ai propri dipendenti è un buon modo per migliorare il welfare aziendale.   Riduzione dell’assenteismo Concedere una maggiore flessibilità lavorativa ai collaboratori, legando l’attività lavorativa al raggiungimento di obiettivi piuttosto che alla presenza fisica sul posto di lavoro fa sì che si riduca notevolmente il fenomeno dell’assenteismo.   Diminuzione dei costi di gestione degli spazi fisici La presenza di meno personale in azienda consente di ripensare gli spazi fisici e di ottenere un notevole risparmio sui costi di gestione degli stessi.   Maggiore responsabilizzazione dei dipendenti Una persona che debba preoccuparsi di raggiungere determinati obiettivi in una finestra di tempo ben definita si sente investita di una maggiore responsabilità per la buona riuscita del lavoro e per le sorti dell’azienda.   Aumento della sicurezza La presenta di meno persone negli spazi aziendali riduce anche il rischio di infortuni.   Svantaggi per le aziende Come accade per i lavoratori, anche le aziende possono incontrare qualche difficoltà nella gestione dello smart working. Ecco quali sono le più comuni: difficoltà nel calcolare le ore di straordinario; difficoltà nel motivare e incentivare i dipendenti; riduzione della condivisione di informazioni.   Lavoro agile e benefici per l’ambiente A ottenere dei vantaggi dall’aumento delle persone che lavorano in smart working sono non solo i lavoratori e le aziende, ma anche l’ambiente. Tra gli effetti positivi che il lavoro agile ha su di esso ci sono: riduzione del traffico. La riduzione del traffico causato dalle persone che si spostano per raggiungere il posto di lavoro rende le città più vivibili e meno inquinate e riduce i livelli di stress di chi usa l’automobile; riduzione delle emissioni di CO2. Se più persone lavorano da casa invece di recarsi in ufficio ogni giorno si riduce il numero di mezzi inquinanti in circolazione e, di conseguenza, si abbattono i livelli di inquinamento da CO2; utilizzo più razionale dei mezzi di trasporto pubblico.   Come fare smart working nel modo giusto? Consigli per smart worker e imprese La quasi totalità degli svantaggi dello smart working può essere ridotta o annullata completamente se questa modalità di lavoro viene organizzata correttamente sia da parte dell’azienda, sia da parte del lavoratore. Ecco alcuni consigli per fare smart working nel modo giusto e ottenere il massimo da questa modalità di lavoro agile: definire fin da subito, con un accordo scritto, gli obiettivi da raggiungere, le modalità del lavoro agile e gli orari entro i quali il lavoratore può e deve essere reperibile; fare formazione e adottare modalità di comunicazione efficaci. Formare i dipendenti sulla gestione del lavoro agile e offrire una comunicazione costante e ben strutturata su compiti e obiettivi serve a rendere questa modalità di lavoro davvero vantaggiosa per lavoratori e azienda; fornire ai collaboratori tutti gli strumenti necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro. Lo smart working risulta davvero vantaggioso solo se il datore di lavoro si preoccupa di fornire ai dipendenti gli strumenti per svolgere al meglio il proprio lavoro anche quando non si trova in ufficio. Parte delle risorse risparmiate grazie alla presenza di meno persone nella sede di lavoro fisica può essere reinvestita proprio per questo scopo; passare dal management della presenza al management degli obiettivi. Chi si occupa di coordinare i dipendenti in smart working deve imparare a dare maggior valore alla capacità di raggiungimento dei risultati piuttosto che al tempo dedicato dal lavoratore allo svolgimento delle sue mansioni; organizzare gli spazi fisici. Quando si lavora fuori dall’ufficio, specialmente se ci si trova a casa, è importante organizzare lo spazio in modo da avere una postazione di lavoro ben definita, arredata con una scrivania e tutto il necessario per lavorare e ubicata in un punto dove le distrazioni sono ridotte al minimo.
Differenza tra fringe e flexible benefits
Febbraio 25, 2021
Welfare Aziendale

Differenza tra fringe e flexible benefits

Vuoi premiare i tuoi collaboratori offrendo loro dei benefit aziendali? Scopri qual è la differenza tra fringe benefits e flexible benefit e tutti i vantaggi che derivano dalla loro erogazione. I benefit, in generale, sono strumenti di welfare aziendale utilizzati dalle aziende per rendere più facile la conciliazione vita-lavoro dei dipendenti e premiare il loro impegno. Di benefit aziendali ne esistono due tipologie: i fringe benefits e i flexible benefits. Qual è la differenza tra fringe e flexible benefits e perché è importante conoscerla? Vediamolo nei prossimi paragrafi. Quali sono i benefit aziendali? Differenza tra fringe benefits e flexible benefits Trattamento giuridico per fringe e flexible benefits: quali differenze ci sono? Trattamento fiscale: quali sono le differenze nelle agevolazioni fiscali? Quali sono i vantaggi di fringe e flexible benefits per aziende e lavoratori? Erogare fringe benefits e flexible benefits non è mai stato così facile grazie a Day Welfare e ai buoni Cadhoc Prima di tutto, quali sono i benefit aziendali? Il termine benefit aziendali si usa per indicare quell’insieme di beni, servizi e agevolazioni che vengono offerti dalle aziende ai propri dipendenti in aggiunta alla retribuzione ordinaria. Fanno parte della categoria dei benefit: mensa aziendale; buoni pasto e buoni regalo; auto aziendale; telefono, computer e tablet aziendali; polizze di previdenza complementare; assistenza sanitaria; buoni per lo shopping e buoni carburante; rimborso delle spese sostenute per acquistare gli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico; somme o rimborsi erogati per l’accesso ai servizi di istruzione da parte dei familiari dei dipendenti (rette di asilo nido, scuola dell’infanzia, doposcuola e centri estivi, spese per l’acquisto di testi scolastici e così via); borse di studio riservate ai familiari dei lavoratori; abbonamenti a palestre, centri benessere, cinema e teatri; somme o prestazioni erogate per i sevizi di cura e assistenza ad anziani e malati non autosufficienti. A seconda della loro natura giuridica e fiscale, queste agevolazioni vengono suddivise in fringe benefits e flexible benefits.   Differenza tra fringe benefits e flexible benefits I fringe benefits sono considerati come una remunerazione aggiuntiva rispetto alla retribuzione ordinaria. I flexible benefits sono considerati come una retribuzione complementare. Questa differenza rende diversi anche i trattamenti giuridico e fiscale a cui sono sottoposti i benefit aziendali.   Trattamento giuridico per fringe e flexible benefits: quali differenze ci sono? I fringe benefits, essendo considerati benefici accessori alla retribuzione ordinaria, possono essere offerti dalle aziende ai singoli dipendenti o a un numero ristretto di lavoratori. La scelta di erogare questi benefit può essere presa da un’azienda in autonomia, senza che essi siano compresi nella contrattazione collettiva o negli accordi sindacali. In questi casi, la tipologia di agevolazione offerta e le modalità di erogazione vengono inserite nel contratto di lavoro individuale. I flexible benefits, data la loro natura di retribuzione complementare al compenso ordinario, non possono essere offerti a un numero ristretto di lavoratori, ma devono essere erogati alla totalità dei dipendenti o a un intero settore o categoria di lavoratori. I flexible benefits, solitamente sono regolamentati dai Contratti Collettivi di Lavoro (CCNL) di una determinata categoria o essere il frutto di contrattazioni sindacali di secondo livello.   Trattamento fiscale: quali sono le differenze nelle agevolazioni fiscali? Sia i fringe che i flexible benefits sono soggetti ad agevolazioni fiscali rilevanti tanto per il lavoratore che li riceve quanto per l’azienda che li eroga. La diversa natura delle due tipologie di benefit aziendali, tuttavia, impone che siano soggette a un differente trattamento fiscale. I fringe benefits, data la loro natura accessoria, godono di agevolazioni fiscali più limitate rispetto ai flexible benefits. Questi ultimi, invece, hanno maggiori vantaggi fiscali. A stabilire quali siano le agevolazioni fiscali di cui godono i benefit aziendali è il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). In particolare, all’articolo 51, vengono stabiliti i criteri per determinare il reddito da lavoro dipendente. Secondo questi criteri, i fringe benefits concorrono in parte alla formazione del reddito da lavoro dipendente, mentre i flexible benefits sono totalmente esenti dall’imposizione fiscale.   E per le aziende? Ci sono dei vantaggi e delle differenze nel trattamento fiscale dei benefit aziendali? I beni, servizi, agevolazioni erogati dalle aziende sotto forma di fringe benefits sono soggetti a imposizione fiscale solo per la parte che eccede i limiti fissati dalla legge. I beni, servizi e agevolazioni erogati sotto forma di flexible benefits, invece, sono totalmente esenti dall’imposizione fiscale anche per le aziende; a patto, però, che essi vengano erogati per rispettare gli accordi compresi nel CCNL o nelle contrattazioni sindacali di secondo livello. Se i flexible benefits vengono offerti ai lavoratori per un’iniziativa privata, non sarà possibile ottenere alcuna esenzione ed essi saranno soggetti a tassazione per il loro intero valore.   Quali sono i vantaggi di fringe e flexible benefits per aziende e lavoratori? Offrire benefit aziendali ai propri dipendenti rappresenta un importante vantaggio per il datore di lavoro che, grazie ad essi, può: aumentare la produttività della propria impresa; ammortizzare la spesa sostenuta per l’erogazione dei benefit attraverso le agevolazioni fiscali; ridurre il turnover; ridurre i fenomeni di assenteismo; attirare nuovi talenti. I vantaggi per dipendenti e collaboratori non sono rappresentati solo dai benefit in sè. Grazie ad essi, un lavoratore può migliorare il proprio work-life balance e la qualità della vita in generale. Inoltre, la possibilità di convertire il premio di produttività in welfare aziendale invece di ricevere una somma di denaro in busta paga: consente di accedere ad un ampio paniere di beni e servizi; si traduce in un maggior potere d’acquisto, dal momento che i benefit aziendali sono soggetti a tassazioni agevolata. Erogare fringe benefits e flexible benefits non è mai stato così facile grazie a Day Welfare e ai buoni Cadhoc Sono sempre di più le aziende, anche PMI, che riconoscono il valore del welfare aziendale e l’importanza di offrire delle agevolazioni ai propri dipendenti. Day Welfare e Cadhoc sono due strumenti nati appositamente per rispondere alle esigenze di quelle imprese che vogliono offrire dei servizi di welfare ai propri collaboratori. Day Welfare è la piattaforma che permette di gestire in modo semplice ed efficiente i piani di welfare per aziende piccole e grandi. Cadhoc è il buono acquisto cartaceo o digitale che consente di erogare con facilità i flexible benefit previsti dai Contratti Collettivi di lavoro: è esente da IVA, oneri fiscali e previdenziali ed è deducibile al 100% per i dipendenti (se non supera la soglia dei fringe innalzata nel 2024 a 2000€ per i dipendenti con figli a carico e a 1000 € per tutti gli altri). Può essere usato in oltre 30.000 esercizi tra negozi fisici ed e-commerce.
A chi è rivolto il welfare aziendale
Gennaio 26, 2021
Welfare Aziendale

A chi è rivolto il welfare aziendale?

I lavoratori dipendenti del settore privato sono coloro che hanno diritto al welfare aziendale: misure volte a migliorare la qualità della loro vita. Scopri in questo articolo maggiori informazioni a riguardo. Lo strumento del welfare aziendale è impiegato da un numero sempre crescente di aziende per offrire un sostegno al reddito dei lavoratori e soddisfarne i bisogni, così da migliorare la conciliazione vita-lavoro. Per loro natura, le misure di welfare aziendale non possono essere erogate ad personam ma devono essere rivolte a una pluralità di soggetti. Il piano di welfare lo troviamo in tutte le aziende? Sono sempre di più le aziende italiane, anche tra le PMI, che riconoscono il valore del welfare aziendale e decidono di offrire ai propri dipendenti benefit e incentivi di vario tipo. Anche grazie all’introduzione del Jobs Act, che si è posto come obiettivo l’introduzione di sistemi di welfare aziendale sempre più dinamici e innovativi. Spesso, sono gli stessi contratti collettivi di categoria che impongono alle imprese di mettere a disposizione dei propri dipendenti misure di welfare aziendale di vario tipo. Altre volte, sono le aziende che decidono di offrirle autonomamente ai lavoratori. Tuttavia, ciò non significa che tutte queste imprese abbiano attuato un piano di welfare aziendale. Sono molti i casi in cui le misure vengono erogate senza essere comprese in uno schema ben definito.   Obbligatorietà nei contratti collettivi La sempre crescente attenzione nei confronti del welfare aziendale e dei suoi numerosi vantaggi per aziende e dipendenti ha fatto sì che sempre più categorie ne riconoscessero l’utilità. Così, negli ultimi anni, è accaduto sempre più spesso che, in occasione del rinnovo dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di diversi settori siano state incluse al loro interno una serie di iniziative per migliorare la qualità della vita dei dipendenti. I primi a inserire l’obbligatorietà delle misure di welfare nel loro contratto collettivo sono stati i metalmeccanici, seguiti poi da altri settori, tra cui le telecomunicazioni, gli orafi e argentieri, gli operatori di telefonia, il turismo e la ristorazione. Secondo quanto stabilito da questi contratti, il contributo non può essere monetizzato, cioè non può essere inserito nella busta paga del dipendente o convertito in denaro, ma deve essere finalizzato all’erogazione di beni e servizi che rientrino tra le misure di welfare aziendale. Quali sono i vantaggi Perché le misure di welfare offerte ai dipendenti risultino davvero efficaci e riscuotano il consenso delle persone a cui sono rivolte, è bene che vengano inserite all’interno di un piano di welfare aziendale. Nel piano di welfare, infatti, sono indicati: le categorie di dipendenti che hanno diritto a beneficiare dei beni e dei servizi offerti; quali beni e servizi siano i più adatti ad essere erogati ai lavoratori; le modalità in cui deve avvenire l’erogazione delle misure di welfare; i criteri di valutazione per capire se il piano stia o meno funzionando. Il piano di welfare aziendale, perciò, offre alle imprese diversi benefici: consente di individuare le misure di welfare già presenti in azienda e di valorizzarle; permette di strutturare l’offerta di beni e servizi di welfare in modo da renderla davvero conveniente sia per l’impresa, sia per i lavoratori; consente di monitorare la soddisfazione dei dipendenti nei confronti dei servizi di welfare erogati. I vantaggi per i lavoratori Grazie al welfare aziendale i lavoratori hanno accesso a una serie di agevolazioni sia lavorative che personali, come ad esempio l’orario di lavoro flessibile o la possibilità di ottenere beni e servizi per sé e per i familiari, che favoriscono la conciliazione vita-lavoro, riducono il livello di stress e aumentano il benessere di chi le riceve. I servizi di welfare, inoltre, possono essere totalmente o parzialmente detassati, sia dal punto di vista contributivo, sia dal punto di vista retributivo, cosa che aumenta il potere d’acquisto del beneficiario.   Le soluzioni proposte da Up Day Le aziende che trovano difficile gestire il proprio piano di welfare possono affidarsi ad una società come Day, che ha sviluppato la piattaforma Day welfare. Un servizio strutturato e completo, che permette di comporre le tipologie di benefit in base alle esigenze aziendali, così da garantire la soddisfazione dei dipendenti, stilare il regolamento che ne regola la fruizione e offrire un supporto continuo agli HR manager.
Welfare aziendale e previdenza complementare: tutto quello che c'è da sapere
Dicembre 03, 2020
Welfare Aziendale

Welfare aziendale e previdenza complementare: tutto quello che c’è da sapere

Oggi sempre più persone scelgono di convertire i premi di risultato in contributi destinati al fondo pensione. Scopri perché questa opzione è tanto conveniente.   Negli ultimi decenni si è assistito ad una contrazione sempre più marcata dei servizi di welfare offerti dallo Stato ai cittadini, che non ha risparmiato neanche le pensioni. In passato, chi lavorava e versava i contributi statali aveva la certezza di ottenere una buona pensione; adesso, invece, le cose sono cambiate. Molti lavoratori temono di non riuscire a raggiungere questo ambito traguardo, mentre chi ha la certezza di raggiungerlo, teme di non ricevere una somma sufficiente a vivere una vita dignitosa. Per questo la maggior parte delle persone sceglie di affidare parte dei propri guadagni a forme pensionistiche complementari quali sono i fondi pensione di categoria o privati, oppure di investire nell’assistenza sanitaria. In questo articolo parleremo della previdenza complementare nei piani di welfare aziendale e perché è conveniente scegliere di convertire il premio di risultato in contributi da versare nel fondo pensione. Previdenza complementare e deducibilità dei contributi: cosa dice la legge? Perché conviene convertire i premi di risultato in contributi al fondo pensione? I vantaggi fiscali per l’azienda Perché scegliere di ricevere il premio di risultato in denaro conviene di meno? Quando è possibile convertire il premio di risultato in contributi al fondo pensione? Come convertire il premio di risultato in contributi al fondo pensione con Day Welfare Previdenza complementare e deducibilità dei contributi: cosa dice la legge? Scegliere di destinare una parte dei contributi versati durante l’anno ad un fondo pensione è già vantaggioso per un lavoratore. Secondo quanto stabilito dalla normativa vigente (articolo 10 del TUIR), infatti, è possibile dedurre dal reddito imponibile IRPEF i contributi destinati a forme pensionistiche complementari fino al limite di 5.164,57 euro annui. Questo limite include sia i contributi versati dal lavoratore, sia le somme versate per eventuali familiari a carico. I vantaggi fiscali, poi, aumentano per coloro che si trovano alla prima occupazione e hanno iniziato da poco a versare i contributi. Per i primi cinque anni, infatti, il limite per la deducibilità fiscale dei contributi previdenziali destinati ai fondi pensione è innalzato di 2.859,29 euro. Le eventuali quote di TFR destinate al fondo pensione complementare non sono invece deducibili. Tra le possibilità previste dalla legge per incrementare il proprio fondo di previdenza complementare c’è anche la conversione del premio di risultato in contributi da destinare ad esso.   Detassazione dei premi di risultato Tra le somme che godono di una tassazione agevolata ci sono anche i premi di risultato, cioè quegli importi che vengono corrisposti ai lavoratori se l’azienda riesce a raggiungere determinati obiettivi in un periodo di tempo prestabilito. Dal 2016 in poi è stato stabilito che i premi di risultato versati nella busta paga dei lavoratori dipendenti venissero sottoposti a una tassazione agevolata, con un’aliquota IRPEF fissata al 10%. Vengono assoggettati alla tassazione agevolata tutti i premi di risultato che hanno un importo pari o inferiore ai 3.000 euro annui, erogati ai lavoratori dipendenti che hanno un reddito annuo che non supera gli 80.000 euro. Se un lavoratore decide di convertire queste somme in welfare aziendale invece di richiederne il versamento in busta paga, avrà diritto a vantaggi fiscali ancora maggiore.   Perché conviene convertire i premi di risultato in contributi al fondo pensione? Quando al lavoratore vengono riconosciuti dei premi di produttività legati al raggiungimento di determinati obiettivi di incremento della produzione o del fatturato, quest’ultimo può decidere di ricevere un importo in denaro oppure di convertire la somma corrispondente in beni e servizi di welfare. La previdenza complementare è uno dei servizi più vantaggiosi dei piani di welfare aziendale. Ecco quali sono i 3 benefici principali che si ricavano da questa scelta: aumenta la deducibilità fiscale; i premi convertiti in pensione integrativa non sono tassati; si ottiene un risparmio contributivo.   1.      Aumenta la deducibilità fiscale Il premio di risultato convertito in contributi destinati alla previdenza integrativa è deducibile dalle tasse fino al limite di 3.000 euro annui e non fa cumulo con i 5.164,57 euro che un lavoratore può versare nel fondo di previdenza integrativa durante l’anno senza che questi vengano tassati. Se, per esempio, un lavoratore ricevesse un premio di risultato di 3.000 euro e decidesse di convertire l’intero importo in contributi, in aggiunta ai versamenti che effettua periodicamente, potrebbe risparmiare per la pensione una somma pari a 8.164,57 euro annui, senza doversi preoccupare che venga erosa dalle tasse.   2.      I premi convertiti in pensione integrativa non sono tassati Secondo quanto stabilito dalla legge, i premi convertiti in pensione integrativa non solo sono deducibili al momento del versamento nel fondo pensione, ma mantengono l’esenzione dalla tassazione anche quando questa viene erogata o vengono richieste delle anticipazioni sulle somme versate.   3.      Si ottiene un risparmio contributivo Il premio di risultato che confluisce all’interno di un fondo pensione di categoria o privato non viene gravato dall’imposizione fiscale per la pensione INPS (l’aliquota corrente è del 9,19%). Sia il lavoratore che l’azienda, quindi risparmiano sulle tasse. La perdita che si viene a creare sull’assegno pensionistico di base per il mancato versamento dei contributi INPS viene compensata dalla conversione del premio in pensione integrativa. I vantaggi fiscali per l’azienda La scelta dei lavoratori di convertire le somme ricevute come premio di risultato in servizi di welfare aziendale, e in contributi per la previdenza complementare in particolare, comporta diversi vantaggi fiscali anche per le imprese. Che, in questo modo, sono maggiormente incentivate nell’offrire premi in denaro e servizi di welfare ai propri dipendenti. Nel caso il premio di risultato venga erogato direttamente in busta paga, l’azienda deve versare i contributi INPS sulla somma erogata e sottostare ad altri oneri, anche se ottiene l’esenzione dall’IRES e la completa deducibilità della somma. Se, invece, il premio di risultato viene convertito in welfare aziendale, l’azienda non deve sostenere spese aggiuntive, poiché non deve versare INPS e IRES né sottostare ad altri oneri.   Perché scegliere di ricevere il premio di risultato in denaro conviene di meno? Scegliere di ricevere un premio di risultato in denaro conviene di meno perché le somme erogate direttamente in busta paga sono soggette a tassazione, anche se agevolata. Ad esse, infatti, si applica l’aliquota IRPEF del 10% che, nonostante sia inferiore all’aliquota ordinaria, erode comunque parzialmente la capacità di spesa del lavoratore. Prendiamo ad esempio il caso di due dipendenti che ricevono 1.000 euro di premio di risultato: il primo, che chiameremo Stefano, sceglie di farsi versare l’intero importo in busta paga; il secondo, che chiameremo Laura, invece, decide di versarlo nel fondo di previdenza complementare. STEFANO €1.000 IN BUSTA PAGA LAURA €1.000 IN CONTRIBUTI PER IL FONDO PENSIONE Imposta sostitutiva IRPEF al 10% €100,00 Non dovuta Contributo INPS (9,19%) €91,9 Non dovuto Netto disponibile €808,10 €1.000,00     Quando è possibile convertire il premio di risultato in contributi al fondo pensione? È possibile convertire il premio di risultato o gli incrementi di retribuzione garantiti dai contratti integrativi in contributi al fondo pensione nel caso in cui tale possibilità sia prevista nella contrattazione collettiva di secondo livello.   Come convertire il premio di risultato in contributi al fondo pensione con Day Welfare Day Welfare è la piattaforma Up Day dedicata ai piani di welfare per le aziende. Grazie ad essa, per gli HR manager diventa facilissimo creare e gestire i piani di welfare per la propria azienda. La piattaforma mette a disposizione anche un’area riservata per ciascun dipendente che, in ogni momento, potrà verificare il suo credito welfare e scegliere come investirlo. Se un lavoratore decide di convertire una parte o l’intera somma del suo premio di risultato in contributi per la previdenza integrativa, potrà eseguire questa operazione utilizzando la piattaforma Day Welfare. Ecco quali sono i passaggi da seguire: se si è già registrati, basta accedere all’area riservata, altrimenti si deve eseguire prima la registrazione; dopodiché si deve accedere alla sezione previdenza integrativa e inserire l’importo che si desidera destinare alla propria pensione integrativa; si deve indicare anche il nome del fondo in cui verrà versata la quota. È possibile eseguire versamenti sui fondi di categoria, sui fondi aziendali e sui fondi privati; alla fine, si deve confermare l’operazione. Entro qualche settimana, sarà l’azienda stessa a versare la somma selezionata sul fondo selezionato.
Welfare Voucher: Tutto Quello che c'è da Sapere
Agosto 31, 2020
Welfare Aziendale

Welfare Voucher: cosa sono e come utilizzarli

I voucher welfare sono lo strumento preferito dalle aziende per erogare benefit ai propri dipendenti. Scopri cosa sono e come funzionano. Sempre più spesso le aziende che offrono dei benefit aziendali ai propri dipendenti decidono di utilizzare come strumento i welfare voucher: buoni di valore variabile che si utilizzano per usufruire dei beni e dei servizi previsti dal piano di welfare aziendale. In questo articolo troverai tante informazioni utili su come incassare e utilizzare questi buoni. Cosa sono i voucher welfare? Come si riscuotono i voucher welfare? Come si possono spendere i voucher welfare? Perché convengono? Vantaggi per il lavoratore e per l’azienda Cosa sono i voucher welfare? Il voucher, in generale, è uno strumento in uso da molti anni, in particolare in ambito turistico: si tratta di un titolo di credito che viene impiegato per prenotare o pagare determinati servizi. Nati in Europa, introdotti in Italia dalla Legge di Bilancio 2016, i voucher welfare sono un utile strumento per le aziende che desiderano rendere più semplice la fruizione dei beni e servizi compresi nel piano di welfare aziendale messi a disposizione dei dipendenti. Si tratta di buoni cartacei o elettronici considerati come titoli di credito personali (cioè spendibili solo dal titolare), accessori alla retribuzione ordinaria, che danno al lavoratore il diritto di ottenere beni e servizi di vario tipo presso i fornitori convenzionati con l’azienda, e possono essere erogati anche in sostituzione dei premi di produttività. Secondo quanto stabilito dall’articolo 3 – bis dell’articolo 51 del TUIR (Testo Unico sulle Imposte sul Reddito), l’erogazione di beni e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione (i voucher welfare, appunto), in modalità cartacea o elettronica, che riportino il valore nominale. I voucher welfare, quindi, mantengono le stesse agevolazioni fiscali dei beni e servizi di welfare, perciò non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e sono esenti da tassazione, almeno fino alla soglia stabilita dalla legge di 258,23 euro. Soglia che per il 2024 è stata innalzata a 2000 € per i dipendenti con figli a carico e a 1000 € per tutti gli altri. In quanto titoli di credito defiscalizzati, secondo quanto stabilito dall’articolo 6 del TUIR, i voucher welfare devono avere le seguenti caratteristiche: devono essere nominativi; possono essere utilizzati solo dal titolare o dai familiari fino al 1° grado di parentela; non possono essere ceduti; non possono essere convertiti in denaro; danno diritto all’erogazione di un solo bene, prestazione, opera o servizio, per il loro intero valore nominale e non possono essere integrati dal titolare (a parte alcune eccezioni). Sempre la normativa, il comma 2 dell’articolo 6 del TUIR, prevede una deroga all’obbligo di utilizzare il voucher per un solo bene/ prestazione, prevedendo che esso possa essere speso per una pluralità di servizi compresi nel “carrello della spesa” o “paniere” previsto dal piano di welfare aziendale, purché l’importo di tali beni e servizi non superi il limite fissato dalla legge di 258,23 euro. Differenza tra welfare voucher e buoni pasto Attenzione, però, a non confondere i voucher welfare con i buoni pasto, che rappresentano un servizio sostitutivo di mensa e sono regolamentati in maniera diversa. L’erogazione dei voucher welfare non preclude l’uso dei buoni pasto e viceversa, in quanto si tratta di due misure di welfare aziendale completamente diverse. In particolare, i buoni pasto sono esclusi dalla tassazione sulla base di un importo giornaliero (fissato in 4 euro per i cartacei e in 8 euro per gli elettronici), possono essere utilizzati per acquistare solo cibi già pronti o prodotti alimentari e possono essere integrati con somme di denaro versate dal lavoratore, se la somma spesa supera il valore del buono. Come si riscuotono i voucher welfare? Il lavoratore ha a disposizione diversi modi per riscuotere i voucher welfare, che variano in base alle scelte dell’azienda e alla tipologia di buono (se cartaceo o elettronico). Nel caso in cui un’impresa decida di gestire da sé l’emissione dei voucher welfare, per riscuoterlo il lavoratore dovrà comunicare all’azienda qual è il bene o servizio di welfare aziendale per cui intende spenderlo, scegliendo tra quelli proposti, e sarà poi la stessa impresa a emettere un buono cartaceo o elettronico che il lavoratore potrà spendere per ottenere il servizio scelto. Se, invece, l’azienda decide di affidare la gestione dei voucher welfare a una società esterna, come Day, il lavoratore potrà accedere alla propria area riservata e scegliere il bene o servizio che preferisce. La società incaricata provvederà all’emissione di un buono spesa cartaceo o elettronico, a seconda delle disposizioni aziendali o delle preferenze del lavoratore, da spendere online o in uno dei negozi convenzionati. Solitamente, l’utilizzo del voucher deve avvenire entro l’anno d’imposta in cui è stato emesso. Ecco un esempio per capire meglio il funzionamento dei voucher welfare. Mettiamo il caso che un’azienda decida di erogare al proprio dipendente un bonus di 200 euro annui, spendibile tramite voucher: per ottenere il suo buono, il lavoratore accederà alla piattaforma digitale Day dedicata ai servizi di welfare aziendale, attraverso il sito o l’app e sceglierà il bene o il servizio per cui intende spendere il proprio bonus. Day si occuperà poi di creare il voucher welfare che il titolare potrà spendere presso l’esercizio o gli esercizi convenzionati che erogano i beni o servizi selezionati. Grazie all’uso di una piattaforma di welfare dedicata, l’azienda non dovrà preoccuparsi di cercare i partner con cui stipulare le convenzioni né gestire le operazioni di emissione dei voucher, mentre il lavoratore potrà scegliere in totale autonomia come spendere il suo voucher e riceverlo in tempi brevi. Come si possono spendere i voucher welfare? I voucher welfare danno diritto a ricevere una pluralità di beni e servizi, che vengono scelti dall’azienda al momento della creazione del suo piano di welfare aziendale. Un piano di welfare aziendale può comprendere agevolazioni che toccano diversi ambiti della vita lavorativa e familiare del dipendente, quali: sanità, assistenza per bambini e anziani, istruzione dei familiari, trasporti, formazione personale del dipendente, previdenza, tempo libero e benessere, shopping. A seconda dei beni e servizi compresi nel piano di welfare, perciò, il lavoratore può richiedere un voucher welfare da spendere per: viaggi, centri benessere, palestre, abbonamenti a cinema o teatri, acquisto di libri per i figli, corsi di formazione, shopping, abbonamenti ai mezzi pubblici, rette scolastiche. Perché convengono? I voucher welfare rappresentano uno strumento utile e conveniente per l’erogazione e la fruizione dei servizi di welfare aziendale. Specialmente per le aziende di piccole e medie dimensioni, gestire l’erogazione dei beni e dei servizi compresi nel piano di welfare può risultare piuttosto difficile, poiché è inverosimile riuscire, ad esempio, a costruire una palestra o un asilo nido all’interno della struttura. Per questo, risulta più pratico stipulare convenzioni con strutture esterne, che si occuperanno poi di erogare i servizi al dipendente. Tuttavia, anche stipulando una convenzione, rimane il problema del pagamento dei beni e servizi fruiti dal lavoratore: se, infatti, il datore di lavoro versasse nella busta paga del proprio collaboratore una somma di denaro da spendere presso gli esercizi convenzionati, tale somma verrebbe tassata. Con l’erogazione di un voucher welfare, invece, il lavoratore ha a disposizione l’intera somma e l’azienda gode di numerosi vantaggi fiscali. Facciamo un esempio concreto. Un’azienda decide di erogare al dipendente 200 euro di bonus, da spendere per acquistare i beni e i servizi che preferisce. Nella tabella, si può vedere la differenza tra l’erogazione dell’importo in busta paga, che viene eroso dalle tasse anche qualora si trattasse del premio di risultato, e l’emissione del voucher welfare, che, invece, è totalmente esente da tassazione.   IMPORTO IN BUSTA PAGA PREMIO DI RISULTATO VOUCHER WELFARE IMPORTO LORDO €200,00 €200,00 €200,00 CONTRIBUTI INPS 9,19% €18,38 €18,38 €0 IMPONIBILE IRPEF €181,62 €181,62 €0 ALIQUOTA CONVENZIONALE IRPEF SENZA DETRAZIONI 27,5% €49,94 €0 €0 ALIQUOTA IRPEF AGEVOLATA 10% €0 €18,16 NETTO IN BUSTA PAGA /IMPORTO WELFARE NETTO DISPONIBILE €131,68 €163,45 €200,00   Per quanto riguarda l’azienda, invece, l’emissione dei voucher welfare le garantisce diversi vantaggi fiscali, tra cui l’esenzione dal versamento dell’IVA e la totale deducibilità dei buoni per un importo di 258,23 euro annui a dipendente. Per fare un esempio concreto, se un’azienda eroga dei voucher del valore di 258 euro a 60 dipendenti, otterrà un risparmio che si aggira attorno ai 1.290 euro all’anno, mentre il dipendente avrà a disposizione l’intero importo. Vantaggi per il lavoratore e per le aziende   Riepilogando, i benefici maggiori del voucher welfare per i dipendenti sono: riduzione del cuneo fiscale; detassazione; maggior potere d’acquisto, derivante dalla non imponibilità del buono; possibilità di ottenere il bene o servizio scelto senza intaccare il proprio stipendio. Tra i vantaggi del voucher welfare per le aziende ci sono: motivazione e fidelizzazione dei propri collaboratori; esenzione dal versamento IVA; deducibilità al 100% per un importo complessivo annuo di 258,23 euro a dipendente; facilità di emissione. *con il nuovo decreto approvato dal Consiglio dei Ministri in data 8 agosto 2020, il limite per la detassazione di beni e servizi riconosciuti ai lavoratori dipendenti passa a 516,46 euro. Il raddoppio dell’esenzione fiscale sul welfare aziendale è però limitato all’anno d’imposta in corso, e quindi si applica esclusivamente al 2020
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