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Buoni pasto per amministratori e soci: cosa sapere
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Buoni pasto per amministratori e soci: ecco cosa sapere

L’assegnazione di buoni pasto agli amministratori e ai soci di una società può essere un’opzione vantaggiosa che prevede delle agevolazioni fiscali, purché siano rispettate le norme fiscali e i limiti di erogazione.

I buoni pasto aziendali sono una forma di remunerazione in natura molto diffusa fra le aziende che decidono di mettere a punto un piano di welfare a favore dei lavoratori dipendenti, degli amministratori e dei soci. Tuttavia, in questi ultimi due casi, è importante sapere che ci sono alcune differenze tra la collaborazione tipica e quella professionale. Nel primo caso, l’amministratore o il socio riceve i buoni pasto come se fosse un dipendente dell’azienda e quindi vengono considerati redditi di lavoro dipendente. Nel secondo caso, invece, l’amministratore o il socio riceve i buoni pasto come rimborso spese e quindi non sono soggetti a tassazione. In entrambi i casi, i buoni pasto sono deducibili dal reddito d’impresa dell’azienda e sono un modo vantaggioso per compensare i collaboratori.

Tuttavia, ci sono dei limiti alla quantità di buoni pasto che si possono assegnare ed è necessario rispettare le norme fiscali per evitare sanzioni. I buoni pasto sono un’ottima soluzione per incentivare la collaborazione e migliorare la qualità della vita dei collaboratori. Ma affrontiamo il tema più nel dettaglio.

 

 

Buoni pasto ad amministratori: cosa sapere

Fra i benefit più comuni all’interno delle aziende rientra – per scelta dell’azienda, per regolamento aziendale o per quanto previsto dall’accordo collettivo – la somministrazione di vitto. Oltre che attraverso le mense, questa può avere luogo con quelli che sono chiamati servizi sostitutivi di mensa, ovvero la somministrazione di bevande e alimenti – pasti completi – effettuata da esercizi commerciali abilitati, attraverso l’erogazione dei buoni pasto.

I buoni pasto rappresentano un fringe benefit molto richiesto sia dai liberi professionisti che dai dipendenti delle aziende perché fiscalmente conveniente per tutte le parti, essendo esente – parzialmente o integralmente – per tutti i beneficiari, e deducibile per l’impresa che scelga di utilizzarlo.

Oltre alle categorie citate, anche gli amministratori possono rientrare tra i beneficiari di questo utilissimo benefit anche nei casi di collaborazione non necessariamente subordinata. Il compito di un amministratore di società concerne tutto quello che riguarda la gestione della stessa e, per svolgere tale attività, questi ha diritto al cosiddetto compenso dell’amministratore.

È importante sapere che l’erogazione dei buoni pasto agli amministratori dipende dal tipo di contratto, che può essere una collaborazione tipica o una collaborazione professionale. In base a ciò, si può stabilire la deducibilità dei buoni pasto. Nel caso di una collaborazione tipica, l’amministratore non è legato all’impresa da un lavoro subordinato, ma da un rapporto di collaborazione, solitamente continuativa. Il soggetto rientra invece nella collaborazione professionale quando è richiesta una conoscenza tecnico-giuridica correlata direttamente alle prestazioni da lavoro autonomo.

 

Deducibilità dei buoni pasto per gli amministratori

L’assegnazione dei buoni pasto agli amministratori di una società, sia in caso di collaborazione tipica che professionale, è possibile rispettando i limiti di erogazione e le norme fiscali. In caso di collaborazione tipica, l’amministratore è assimilabile ad un lavoratore dipendente ai fini fiscali, pur non essendoci un rapporto di lavoro subordinato. Ciò significa che il reddito percepito è tassato come quello di un lavoratore dipendente e la tassazione dei buoni pasto segue le stesse regole. A stabilirlo è la legge e in particolare l’articolo 50, comma 1, lett. C-bis del TUIR. Pertanto, così come per i dipendenti, il regime fiscale dei buoni pasto erogati all’amministratore “collaboratore” della società prevederà l’esenzione fino all’importo giornaliero complessivo pari a 8 euro, nel caso di buoni pasto elettronici, e pari a 4 euro, nel caso di buoni pasto cartacei.

Nel caso di collaborazione professionale, invece, l’amministratore emetterà fattura in quanto professionista titolare di Partita IVA e il suo reddito rientrerà nella categoria dei redditi di lavoro autonomo. In questo caso, la tassazione dei buoni pasto segue le regole previste per i possessori di Partita IVA e sarà possibile dedurre i costi ai fini delle imposte dirette fino al 75% nel limite del 2% del fatturato. Secondo la normativa, invece, è interamente detraibile l’IVA del 10%.

 

Buoni pasto ai soci: cosa sapere e deducibilità

Ma come funziona quando a ricevere i buoni pasto è un socio della società? Prima di tutto, sono definiti soci coloro i quali decidono di creare una società, attraverso un negozio giuridico e detengono quindi un capitale sociale.

Vediamo adesso come si identifica il regime fiscale degli utili percepiti dai soci di un’azienda. Prima di tutto, è necessario fare una distinzione a seconda della natura dell’ente. Ad esempio, per quanto riguarda una società di persone, viene applicato il cosiddetto regime della trasparenza fiscale. Significa che i redditi prodotti da tali soggetti sono imputabili a ogni socio a prescindere dalla percezione e in proporzione alla quota di partecipazione agli utili corrispondenti. Secondo l’articolo 6, comma 3 del TUIR, il reddito da imputare direttamente ai soci è definibile come reddito d’impresa quando è conseguito da società di persone commerciali, ovvero snc e sas.

Nella società di capitali, invece, secondo l’articolo 44 del TUIR, sussiste una tassazione dei dividendi erogati ai soci come redditi di capitale. Fanno eccezione gli utili percepiti dai soci fondatori di un’azienda per i quali, avendo un reddito equiparabile a quello da lavoratore autonomo, vige la disciplina fiscale applicabile agli amministratori con contratto di collaborazione professionale e ai titolari di P.IVA. A parte questa eccezione, la quota corrisposta dalla società al socio, a differenza dell’amministratore, non costituisce un vero e proprio compenso, ovvero il corrispettivo di una prestazione specifica.

Per quanto riguarda il socio assegnatario e il reddito imponibile derivante dall’assegnazione, va notato che a seconda delle circostanze che la determinano, l’assegnazione può o meno produrre reddito imponibile. Se la società decide di assegnare il buono pasto a titolo di distribuzione di utili, sarà tassato in base all’articolo 47, comma 3, del TUIR, che prevede la tassazione del valore imponibile del bene in natura. Invece, se il buono pasto viene erogato come ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale, l’assegnazione ha un valore esclusivamente patrimoniale e non produce ricchezza, quindi non è rilevante ai fini fiscali.

Lo stesso vale se l’assegnazione del buono pasto avviene per pura liberalità della società. Va comunque tenuto presente che se esiste la presunzione legale di distribuzione degli utili, l’assegnazione di riserve di capitale sarebbe riqualificata in utili distribuiti ai soci, tassabili in capo a questi ultimi. In questo caso, anche i buoni pasto concorrerebbero alla formazione del reddito del socio.


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