Up Day BLOG

Buoni pasto per partita iva, ditte individuali e liberi professionisti
Sai che anche le ditte individuali e i liberi professionisti possono usufruire dei buoni pasto? Scopri perché acquistarli e quando è possibile dedurli dalle tasse.
I buoni pasto sono tra i benefit aziendali più apprezzati in assoluto dai lavoratori. Non solo perché permettono di risparmiare sulle spese per l’acquisto dei pasti, ma anche perché sono esenti da tassazione.
In alcuni casi, le aziende possono estendere l’erogazione dei buoni pasto anche ai collaboratori. Tuttavia, anche se ciò non accadesse, le aziende senza dipendenti e i liberi professionisti possono acquistare autonomamente i buoni pasto, sebbene con benefici fiscali diversi.
C’è però una premessa doverosa da fare: tutte le norme di riferimento che attualmente disciplinano i buoni pasto si riferiscono esclusivamente a dipendenti. Non esistono esplicite norme che regolamentano l’utilizzo dei buoni da parte di altre categorie di soggetti. Detto ciò, vediamo un po’ più nel dettaglio la situazione dei buoni pasto per ditte individuali e liberi professionisti.
- Buoni pasto e Partita IVA: come funzionano
- Buoni pasto per chi ha partita IVA, per ditte individuali e per imprenditori: sono possibili?
- I buoni pasto possono essere utilizzati da chi ha una partita IVA individuale?
- I buoni pasto possono essere utilizzati da chi ha una partita IVA forfettaria?
- I buoni pasto possono essere utilizzati da partite IVA senza dipendenti?
- Normativa e detrazioni fiscali
- Deducibilità dei buoni pasto per le partite IVA: cosa sapere
- Vantaggi dei buoni pasto con Partita IVA
Buoni pasto e Partita IVA: come funzionano
I voucher per il pranzo destinati ai professionisti autonomi, proprio come quelli destinati ai lavoratori dipendenti che ricevono un welfare aziendale, possono essere erogati sia in forma cartacea che in modo pratico ed economico attraverso un formato elettronico. Si tratta di una carta simile a una carta di debito o un bancomat, su cui vengono caricati mensilmente i buoni richiesti. Questo metodo rappresenta un modo intelligente per gestire il benefit, oltre ad essere ecologico e ridurre le spese di spedizione ed emissione.
I voucher pasto mantengono le stesse caratteristiche, sia che siano destinati ai dipendenti che ai professionisti autonomi:
- Possono essere utilizzati solo per acquistare cibo e bevande (alcolici esclusi);
- Possono essere spesi per un massimo di 8 voucher per ogni transazione;
- Non possono essere convertiti in denaro (e non si può ricevere un resto);
- Non possono essere venduti;
- Non possono essere trasferiti ad altre persone.
L’emissione dei ticket è semplice, flessibile e adattabile alle esigenze individuali. È sufficiente comunicare il numero di buoni necessari mese per mese, di solito corrispondente a un voucher pasto per ogni giorno lavorativo (quindi circa 20 al mese). Inoltre, il suo valore facciale non prevede un importo predefinito e può quindi variare in base alle esigenze delle singole aziende o dei titolari di Partita Iva.
Buoni pasto per chi ha partita IVA, ditte individuali e imprenditori: sono possibili?
La risposta è sì. Spesso si pensa che i buoni pasto siano solo per i lavoratori dipendenti, ma in realtà, possono essere utilizzati anche da altre categorie.
Gli imprenditori, ossia i liberi professionisti, i lavoratori freelance, gli agenti di commercio, i soci e gli amministratori di una società, i lavoratori autonomi, le ditte individuali possono acquistare e utilizzare i buoni pasto. Ma vediamo bene quali siano limiti e possibilità in questi casi.
I buoni pasto per imprenditori sono possibili, ma con limitazioni. Secondo la normativa italiana aggiornata al 2025, i titolari di partita IVA non possono dedurre integralmente i buoni pasto come accade per i lavoratori dipendenti. Tuttavia, i lavoratori autonomi e i professionisti possono usufruire dei buoni pasto come spesa deducibile parziale, solo se il pasto è inerente all’attività lavorativa (es. durante trasferte o incontri professionali). In questi casi, i titolari di partita IVA senza dipendenti possono dedurre, ai fini delle imposte dirette, fino al 75% del costo sostenuto per l’acquisto dei buoni pasto (ai sensi dell’art. 54, comma 5, e dell’art. 109, comma 5, del TUIR). Tuttavia, per chi ha redditi da lavoro autonomo, la deducibilità è soggetta al limite del 2% dei compensi percepiti nel corso dell’anno. È importante precisare che le regole sono diverse per i soci amministratori di SRL e per i titolari di ditte individuali, e che l’erogazione ai soci può essere considerata compenso in natura, quindi soggetta a tassazione. Il governo ha annunciato che nei prossimi anni non sono previste modifiche significative su questo fronte, ma è sempre consigliabile verificare le interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate o consultare un commercialista per una gestione corretta e ottimizzata di questi strumenti.
I buoni pasto possono essere utilizzati da chi ha una partita IVA individuale?
Partiamo dai titolari di partita IVA. Come abbiamo detto, anche nel caso di chi ha una partita IVA individuale, i buoni pasto possono essere utilizzati. In particolare, per i titolari di partita IVA che seguono il regime ordinario, l’utilizzo dei buoni pasto può rivelarsi estremamente vantaggioso. Questi voucher offrono molteplici benefici economici e fiscali, consentendo di ridurre notevolmente i costi aziendali e semplificando le procedure in modo efficiente e leggero.
Per questa categoria di persone i buoni pasto non solo semplificano la gestione quotidiana della pausa pranzo, ma offrono anche benefici fiscali significativi. Oltre alla deducibilità, l’IVA applicata sull’acquisto dei buoni pasto, pari al 10%, è interamente detraibile dal titolare della partita IVA.
Ma questo non è tutto: i buoni pasto offrono un notevole vantaggio anche a livello pratico. Se sei un imprenditore o un professionista e pranzi spesso fuori sia da solo che in compagnia di clienti e collaboratori, non hai più bisogno di richiedere e conservare una fattura per ogni singola consumazione. Ti basterà una sola fattura, quella dell’acquisto dei buoni pasto, per giustificare tutte le spese di vitto.
I buoni pasto saranno destinati esclusivamente all’acquisto di pasti pronti e generi alimentari e saranno considerati fringe benefits. Ciò permetterà quindi di accedere a un trattamento fiscale agevolato tipico di tali benefit. Pertanto, gli imprenditori autonomi possono risparmiare considerevolmente e, in base alle disponibilità del fornitore scelto, personalizzare sia il numero che il valore dei buoni erogati.
I buoni pasto possono essere utilizzati da chi ha una partita IVA forfettaria?
Il regime forfettario offre diverse agevolazioni in termini di praticità e tassazione. Tuttavia, ci sono anche delle limitazioni, specialmente per quanto riguarda la deduzione dei costi e l’IVA. È importante sapere che il regime forfettario è esente dall’IVA, il che significa che non è possibile usufruire della detrazione fiscale sull’imposta indiretta. Inoltre, il reddito tassabile non viene calcolato in base ai costi e ai ricavi secondo il principio di competenza o di cassa, ma è stabilito in maniera forfettaria. Di conseguenza, viene applicata un’imposta sostitutiva che sarà del 5% per i primi 5 anni e del 15% per gli anni successivi. Questo comporta l’impossibilità di dedurre i costi. Quindi, se sei un professionista con il regime forfettario, puoi utilizzare i buoni pasto, ma non sarai in grado di dedurli dalle tasse.
I buoni pasto possono essere utilizzati da partite IVA senza dipendenti?
Anche in questo caso la risposta è affermativa e i vantaggi sono diversi. Richiedere la ricevuta fiscale rappresenta un processo che richiede tempo e non è facilmente conciliabile con le esigenze di un pranzo di lavoro. Pertanto, il voucher pasto si presenta come lo strumento ideale per ottenere vantaggi fiscali in modo pratico. Utilizzando il buono, si risparmiano preziosi minuti alla cassa e si può procedere rapidamente verso l’ufficio o altri impegni. Grazie alla pratica della fatturazione mensile, comune tra le aziende che offrono questo servizio, sarà possibile richiedere le opportune deduzioni e detrazioni con tranquillità. L’aspetto positivo di tutto ciò è che non sarà più necessario conservare scontrini e fatture.
Normativa e detrazioni fiscali
Quando un’azienda decide di riconoscere il buono pasto quale contributo alla pausa pranzo dei suoi lavoratori dipendenti si avvale della normativa che disciplina questo strumento, che prende il nome tecnico di servizio sostitutivo di mensa. Tale normativa è rappresentata principalmente dall’articolo 51 del TUIR (che può subire variazioni attraverso la Legge di Bilancio), dalla risoluzione numero 26 E del 2010 e dal Decreto Legislativo 314/1997.
Con il decreto n°122/2017 del MISE, la possibilità di acquistare e utilizzare i buoni pasto è stata estesa anche ai soggetti che abbiano instaurato con il datore di lavoro un rapporto di collaborazione “in senso ampio” anche non subordinato.
Per queste categorie, però, le regole per le detrazioni fiscali non sono uguali a quelle per le aziende che erogano i buoni pasto ai dipendenti e possono accedervi solo a condizione che i buoni pasto vengano effettivamente utilizzati durante l’orario di lavoro o come spese di rappresentanza.
Deducibilità dei buoni pasto per le partite IVA: cosa sapere
Il principale beneficio dei voucher pasto riguarda l’aspetto fiscale: infatti, l’acquisto dei buoni pasto è detraibile come spesa aziendale al 75% per liberi professionisti, artigiani, commercianti e ogni ditta individuale senza dipendenti.
Per i titolari di partita IVA che hanno dipendenti, l’acquisto dei buoni pasto può essere dedotto al 100% per IRES, IRPEF e IRAP, con limiti giornalieri di 4 € per i buoni pasto cartacei (precedentemente 5,29 €) e 8 € per quelli elettronici, come stabilito dalla Legge di stabilità del 2020. Questo perché i buoni pasto non sono considerati reddito da lavoro dipendente, ma un servizio complesso che va oltre la semplice somministrazione di cibo e bevande, come indicato nella circolare IRDCEC n.9/IR del 27/4/2009. Vi è anche un limite massimo deducibile, pari al 2% del fatturato complessivo.
Per quanto riguarda la detrazione dell’IVA, i liberi professionisti e le ditte individuali possono detrarre completamente l’IVA sui ticket al 10%. È per questo motivo che coloro che sono titolari di partita IVA e si trovano nel regime forfettario non traggono vantaggio dall’avere i buoni pasto, poiché in quel regime fiscale non è necessario versare o scaricare l’IVA.
Inoltre, è importante sapere che se i ticket vengono concessi anche per i giorni non lavorativi, superando quindi i 20 voucher al mese, tali buoni pasto sono soggetti a tassazione integrale, nonostante il loro valore non sia assimilabile a un reddito.
Recentemente, è stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate, tramite l’interpello n. 956-2631/2020, che anche i lavoratori che operano in modalità smart-working hanno diritto ai buoni pasto e che, anche in questo caso, si applica la tassazione agevolata, con una detrazione di 8 € per i ticket elettronici e di 4 € per i ticket cartacei.
Vantaggi dei buoni pasto con Partita IVA
Oltre alla deducibilità, ci sono altri tre vantaggi importanti da considerare quando si parla di buoni pasto e partita IVA:
- L’uso dei buoni pasto elettronici, che possono essere utilizzati tramite carta elettronica o app, è facile e versatile.
- Non è più necessario conservare fatture e scontrini per la contabilità e la prima nota: si può semplicemente ricevere un’unica fattura mensile relativa all’acquisto dei buoni pasto.
- Ciò porta a un risparmio di tempo e costi, poiché si riduce il numero di documenti da gestire amministrativamente.
Per coloro che hanno una partita IVA, l’utilizzo dei buoni pasto rappresenta davvero un cambiamento significativo. Inoltre, è importante sottolineare che i buoni pasto possono essere utilizzati non solo per consumare pasti presso caffetterie, ristoranti e bar convenzionati, ma anche per fare la spesa al supermercato, nei negozi di quartiere, nei food truck e altro ancora, con tutti i vantaggi descritti in precedenza.
I buoni pasto, quindi, sono un valido supporto per coloro che hanno una partita IVA, consentendo di ridurre i costi legati all’attività e abbattere la base imponibile ai fini dell’imposizione diretta.