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Trattenere i talenti in azienda, un hr che tiene fra le mani delle pedine che rappresentano i dipendenti
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Employee retention: come trattenere i talenti e migliorare la valorizzazione dei dipendenti

La capacità di trattenere i dipendenti più talentuosi è uno dei fattori che determinano il successo di un’azienda. Scopri cos’è l’employee retention e i consigli per migliorarla.

I dipendenti sono il capitale di maggior valore di un’azienda. Per questo è importante non solo puntare ad acquisire lavoratori talentuosi e capaci, ma anche a garantire il loro benessere e valorizzarne le capacità. Ecco perché è fondamentale monitorare costantemente il livello di soddisfazione dei dipendenti e cercare di migliorare l’employee retention. Negli ultimi anni, la crescente attenzione verso il benessere psicologico, la flessibilità e la sostenibilità lavorativa ha arricchito molto il concetto di employee retention, che ora comprende anche il supporto alla salute mentale, la promozione della diversità e inclusione e l’adozione di modelli di lavoro ibridi o flessibili.

Cosa vuol dire employee retention?

L’employee retention (o HR retention) indica la capacità di un’azienda di trattenere i propri lavoratori, in particolare i più talentuosi. In un mercato sempre più competitivo, è fondamentale garantire che il personale sia soddisfatto sia del proprio ruolo sia dell’ambiente di lavoro, evitando così che cerchi altrove opportunità migliori. Non basta quindi attrarre collaboratori di talento: è altrettanto importante riuscire a conservarli nel tempo.

L’employee retention non è solo un dato statistico, rappresentato dall’employee retention rate, ma il risultato concreto di tutte le azioni messe in campo dall’azienda per assicurare il benessere e la soddisfazione dei dipendenti. Per le imprese, questo processo costituisce una preziosa opportunità di crescita.

Oggi la retention si integra sempre più con strategie di engagement che si basano su ascolto attivo, inclusione e comunicazione trasparente, elementi chiave per influenzare positivamente la percezione dei lavoratori e rafforzarne la motivazione a restare.

Cos’è il turnover del personale?

L’espressione turnover, in ambito lavorativo, viene usata per indicare il flusso di persone che vengono assunte e si dimettono o vengono licenziate. La rotazione del personale ha un forte impatto sull’impresa e sui vari team di lavoro, per questo deve essere sempre monitorata e andrebbe ridotta al minimo.

Il turnover viene classificato in due modi:

  • turnover fisiologico. È il naturale processo di avvicendamento dei dipendenti, che comprende anche l’assunzione di nuova forza lavoro per sostituire chi va in pensione;
  • turnover patologico. Quando la rotazione del personale è più frequente del normale perché ci sono lavoratori insoddisfatti che decidono di lasciare l’azienda il turnover non è più fisiologico, ma diventa la spia di un problema molto grave.

Per verificare che il turnover rimanga fisiologico, ogni azienda deve svolgere periodicamente un’indagine statistica che prenda in esame la soddisfazione dei dipendenti e l’employee retention rate. Oggi, molte organizzazioni si avvalgono anche di analisi predittive basate su dati (people analytics) per individuare tempestivamente segnali di rischio di turnover e intervenire con azioni mirate.

Employee retention rate: cos’è e come si calcola?

L’employee retention rate è il dato che indica quanti dipendenti sono rimasti in azienda e quanti se ne sono andati in un preciso lasso di tempo. Attualmente questo indicatore viene sempre più integrato con dati qualitativi raccolti tramite survey continue e analisi predittive basate su intelligenza artificiale, per anticipare rischi di abbandono e intervenire tempestivamente.

Per calcolare l’esatta percentuale di turnover si deve dividere il numero di dipendenti rimasti in azienda al termine del periodo per il numero di lavoratori presenti a inizio periodo e moltiplicare il risultato per cento. Dal calcolo si dovrebbero escludere i lavoratori che hanno lasciato il posto di lavoro per andare in pensione.

Poniamo ad esempio che un’azienda voglia calcolare l’employee retention rate per l’anno 2025:

  • a inizio anno c’erano 120 dipendenti;

  • 7 sono andati in pensione;

  • a fine anno sono rimasti 95 lavoratori.

Per prima cosa si devono sottrarre dal dato iniziale i 7 dipendenti che sono andati in pensione (120 – 7 = 113). Dopodiché si devono dividere i dipendenti rimasti per quelli presenti a inizio anno (95 : 113 = 0,8407). Infine, si deve moltiplicare il risultato ottenuto per 100 (0,8407 x 100 = 84,07%).

Adesso sappiamo che l’azienda, nel 2025, ha avuto un tasso di employee retention pari all’84,07%.

Più la rotazione tra dipendenti che si sono dimessi e nuovi assunti aumenta, più l’employee retention rate scende, trasformando il turnover fisiologico in patologico. La diffusione di forme di lavoro ibride e flessibili, insieme alla crescente attenzione al benessere psicologico e all’inclusione, impone oggi di considerare l’employee retention anche in relazione a indicatori come il livello di engagement, la soddisfazione lavorativa e il work-life balance.

Turnover patologico: come si riconosce?

Un employee retention rate troppo basso è solo il segnale più evidente che il turnover da fisiologico è diventato patologico. Se, esaminando questo dato, ci si trova di fronte a numeri poco incoraggianti, si deve analizzare a fondo la situazione e ricercare altri segnali, che sono:

  • scarsa produttività e motivazione dei dipendenti;
  • scarsa disponibilità alla collaborazione;
  • assenteismo;
  • scarsa soddisfazione dei lavoratori.

Quando c’è un tasso di turnover elevato i dipendenti risultano insoddisfatti e poco produttivi, sono poco disponibili a lavorare in team e collaborare, si assentano di frequente dal lavoro, arrivano in ritardo o escono prima.

Tra le cause di questa insoddisfazione diffusa, che spesso degenera fino a che il lavoratore non dà le dimissioni, le più comuni sono:

  • stress causato dai cattivi rapporti con i colleghi e i manager;
  • mancanza di condivisione dei valori aziendali;
  • mancato riconoscimento del lavoro e delle qualità del collaboratore.

Negli ultimi anni si è inoltre riscontrata una crescente insoddisfazione legata a una scarsa attenzione al work-life balance, alla mancanza di flessibilità e all’assenza di politiche concrete per la tutela della salute mentale.

L’importanza di migliorare l’employee retention

Avere dipendenti soddisfatti del proprio lavoro ha diversi effetti positivi per un’azienda. I principali sono:

  • aumento della produttività;
  • miglioramento della reputazione presso clienti e aziende del settore;
  • riduzione dei costi per la formazione del nuovo personale;
  • capacità di attrarre lavoratori di talento.

Per questo, se c’è un eccessivo ricambio di personale, è importante correre ai ripari, adottando strategie che permettano di migliorare il clima aziendale e la soddisfazione dei dipendenti. Per ottenere questi risultati, si deve innanzitutto analizzare la situazione, intervistando i collaboratori per capire quali siano i problemi e analizzando fattori quali la cultura aziendale e gli incentivi offerti ai lavoratori.

Una volta fatto questo, si può impostare una strategia di employer branding, promuovendo l’azienda e i suoi valori presso i dipendenti tanto presso i nuovi assunti quanto verso chi lavora già da tempo per l’impresa. L’employer branding è una vera e propria attività di marketing che punta a migliorare la reputazione dell’azienda e mostrarne il valore ai dipendenti. Perché essa abbia successo, deve essere svolta coinvolgendo i settori che si occupano di marketing e comunicazione e le risorse umane e avere come fine la valorizzazione dei collaboratori. Oggi, un employer branding efficace include la promozione della sostenibilità, della responsabilità sociale d’impresa e della diversity, equity & inclusion, temi molto apprezzati soprattutto dalle nuove generazioni di lavoratori.

Per impostare una strategia che abbia successo e migliorare il grado di fidelizzazione dei lavoratori nei confronti dell’azienda, si deve innanzitutto creare una solida cultura aziendale, i cui valori devono essere presentati ai lavoratori in modo chiaro e coerente. Dopo aver sviluppato una cultura aziendale che rispecchi valori quali positività, collaborazione, rispetto e fiducia verso il lavoratore e le sue capacità, si deve intervenire sul processo di selezione del personale, eseguendo un’attenta selezione dei futuri collaboratori. Illustrare in modo chiaro i valori dell’azienda e gli obiettivi che il lavoratore dovrà raggiungere e assicurarsi che quest’ultimo sia in linea con essi è il punto di partenza migliore per costruire un rapporto durevole tra impresa e collaboratore.

Come valorizzare i dipendenti

L’employer branding passa anche attraverso la valorizzazione dei dipendenti e l’attenzione al loro benessere. Ci sono soluzioni che azienda può adottare per dimostrare ai propri dipendenti di riconoscere il loro valore e avere a cuore il loro benessere:

  • ascoltare opinioni e suggerimenti;
  • offrire benefit e incentivi;
  • riconoscere i successi ottenuti dal lavoratore;
  • offrire la possibilità di fare carriera a chi lo desideri;
  • offrire occasioni per arricchire il proprio bagaglio di esperienze.

Ascoltare opinioni e suggerimenti

Effettuare sondaggi periodici per verificare la soddisfazione dei propri collaboratori e conoscere la loro opinione sull’attività che svolgono è un buon punto di partenza per migliorare il clima aziendale. Ciò favorisce anche lo spirito di appartenenza all’azienda e aumenta il coinvolgimento dei lavoratori nel suo successo. Oggi si utilizzano anche piattaforme digitali di ascolto continuo (pulse surveys, feedback apps) che permettono di raccogliere opinioni in tempo reale e attivare interventi tempestivi.

Offrire benefit e incentivi

Offrire benefit e incentivi ai lavoratori, sotto forma di servizi di welfare, permette di dimostrare il proprio apprezzamento per il lavoro che svolgono, ottenendo in cambio collaboratori felici del proprio lavoro, un aumento della produttività e un miglioramento della propria reputazione.

Tra i benefit più apprezzati dai lavoratori ci sono i buoni pasto, il cellulare o l’auto aziendale, la concessione di smart working e part time, il fondo pensione e le iniziative a sostegno delle famiglie dei dipendenti. Recentemente si è ampliata la gamma dei benefit, includendo anche servizi legati alla salute mentale (come consulenze psicologiche), programmi di wellbeing, supporto per la genitorialità e attività di formazione continua personalizzata. Molte aziende si affidano a piattaforme di welfare digitale come Day Welfare per gestire in modo efficiente e personalizzato questi servizi.

Riconoscere i successi ottenuti dal lavoratore

Il mondo del lavoro si sta evolvendo sempre di più. Complici anche la pandemia e un aumento esponenziale dello smart working, oggi si tende sempre di più a misurare il successo e la dedizione di un lavoratore non dalle ore di lavoro svolte, o dal tempo trascorso in ufficio, ma dalla sua capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Quando questo avviene, è importante che il datore di lavoro riconosca i successi del suo collaboratore. Offrire dei bonus, come il premio di produttività, è uno dei modi migliori per dimostrare ai propri dipendenti quanto si apprezzi il loro lavoro.

Offrire la possibilità di fare carriera a chi lo desideri

Valorizzare i propri dipendenti significa anche dare loro la possibilità di fare carriera e migliorare la propria posizione lavorativa. Per questo è importante incentivare le aspirazioni dei lavoratori che desiderano fare carriera e avere maggiori responsabilità.

Offrire occasioni per arricchire il proprio bagaglio di esperienze

Offrire ai propri collaboratori la possibilità di accedere a corsi di formazione che non siano strettamente legati con la professione svolta e migliorare le proprie competenze, di acquistare abbonamenti a cinema e teatri, di visitare musei, di viaggiare, è un buon modo per favorire la crescita personale dei lavoratori, avere personale talentuoso e dimostrare attenzione per il loro benessere. Oggi molte aziende integrano anche percorsi di reskilling e upskilling con modalità digitali e microlearning, per adattarsi velocemente ai cambiamenti tecnologici e organizzativi. L’accesso a piattaforme digitali di formazione continua è considerato un benefit strategico per attrarre e trattenere talenti.

Molte di queste soluzioni possono essere attuate da un’azienda attraverso la creazione di un piano di welfare ben strutturato, servendosi di una piattaforma come Day Welfare, con cui il reparto delle risorse umane non dovrà preoccuparsi della gestione pratica del piano, ma solo di trovare i servizi più adatti a soddisfare le esigenze dei collaboratori.


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