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Una semplice scelta che porta con sé tanti vantaggi per le aziende e i loro dipendenti.

Buoni pasto per amministratori e soci: cosa sapere
Agosto 02, 2023
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Buoni pasto per amministratori e soci: ecco cosa sapere

L'assegnazione di buoni pasto agli amministratori e ai soci di una società può essere un'opzione vantaggiosa che prevede delle agevolazioni fiscali, purché siano rispettate le norme fiscali e i limiti di erogazione. I buoni pasto aziendali sono una forma di remunerazione in natura molto diffusa fra le aziende che decidono di mettere a punto un piano di welfare a favore dei lavoratori dipendenti, degli amministratori e dei soci. Tuttavia, in questi ultimi due casi, è importante sapere che ci sono alcune differenze tra la collaborazione tipica e quella professionale. Nel primo caso, l'amministratore o il socio riceve i buoni pasto come se fosse un dipendente dell'azienda e quindi vengono considerati redditi di lavoro dipendente. Nel secondo caso, invece, l'amministratore o il socio riceve i buoni pasto come rimborso spese e quindi non sono soggetti a tassazione. In entrambi i casi, i buoni pasto sono deducibili dal reddito d'impresa dell'azienda e sono un modo vantaggioso per compensare i collaboratori. Tuttavia, ci sono dei limiti alla quantità di buoni pasto che si possono assegnare ed è necessario rispettare le norme fiscali per evitare sanzioni. I buoni pasto sono un'ottima soluzione per incentivare la collaborazione e migliorare la qualità della vita dei collaboratori. Ma affrontiamo il tema più nel dettaglio.   Buoni pasto ad amministratori: cosa sapere Deducibilità dei buoni pasto per gli amministratori Buoni pasto ai soci: cosa sapere e deducibilità   Buoni pasto ad amministratori: cosa sapere Fra i benefit più comuni all’interno delle aziende rientra - per scelta dell’azienda, per regolamento aziendale o per quanto previsto dall’accordo collettivo - la somministrazione di vitto. Oltre che attraverso le mense, questa può avere luogo con quelli che sono chiamati servizi sostitutivi di mensa, ovvero la somministrazione di bevande e alimenti – pasti completi - effettuata da esercizi commerciali abilitati, attraverso l’erogazione dei buoni pasto. I buoni pasto rappresentano un fringe benefit molto richiesto sia dai liberi professionisti che dai dipendenti delle aziende perché fiscalmente conveniente per tutte le parti, essendo esente – parzialmente o integralmente – per tutti i beneficiari, e deducibile per l’impresa che scelga di utilizzarlo. Oltre alle categorie citate, anche gli amministratori possono rientrare tra i beneficiari di questo utilissimo benefit anche nei casi di collaborazione non necessariamente subordinata. Il compito di un amministratore di società concerne tutto quello che riguarda la gestione della stessa e, per svolgere tale attività, questi ha diritto al cosiddetto compenso dell’amministratore. È importante sapere che l'erogazione dei buoni pasto agli amministratori dipende dal tipo di contratto, che può essere una collaborazione tipica o una collaborazione professionale. In base a ciò, si può stabilire la deducibilità dei buoni pasto. Nel caso di una collaborazione tipica, l’amministratore non è legato all’impresa da un lavoro subordinato, ma da un rapporto di collaborazione, solitamente continuativa. Il soggetto rientra invece nella collaborazione professionale quando è richiesta una conoscenza tecnico-giuridica correlata direttamente alle prestazioni da lavoro autonomo.   Deducibilità dei buoni pasto per gli amministratori L'assegnazione dei buoni pasto agli amministratori di una società, sia in caso di collaborazione tipica che professionale, è possibile rispettando i limiti di erogazione e le norme fiscali. In caso di collaborazione tipica, l'amministratore è assimilabile ad un lavoratore dipendente ai fini fiscali, pur non essendoci un rapporto di lavoro subordinato. Ciò significa che il reddito percepito è tassato come quello di un lavoratore dipendente e la tassazione dei buoni pasto segue le stesse regole. A stabilirlo è la legge e in particolare l’articolo 50, comma 1, lett. C-bis del TUIR. Pertanto, così come per i dipendenti, il regime fiscale dei buoni pasto erogati all’amministratore “collaboratore” della società prevederà l’esenzione fino all’importo giornaliero complessivo pari a 8 euro, nel caso di buoni pasto elettronici, e pari a 4 euro, nel caso di buoni pasto cartacei. Nel caso di collaborazione professionale, invece, l'amministratore emetterà fattura in quanto professionista titolare di Partita IVA e il suo reddito rientrerà nella categoria dei redditi di lavoro autonomo. In questo caso, la tassazione dei buoni pasto segue le regole previste per i possessori di Partita IVA e sarà possibile dedurre i costi ai fini delle imposte dirette fino al 75% nel limite del 2% del fatturato. Secondo la normativa, invece, è interamente detraibile l'IVA del 10%.   Buoni pasto ai soci: cosa sapere e deducibilità Ma come funziona quando a ricevere i buoni pasto è un socio della società? Prima di tutto, sono definiti soci coloro i quali decidono di creare una società, attraverso un negozio giuridico e detengono quindi un capitale sociale. Vediamo adesso come si identifica il regime fiscale degli utili percepiti dai soci di un’azienda. Prima di tutto, è necessario fare una distinzione a seconda della natura dell’ente. Ad esempio, per quanto riguarda una società di persone, viene applicato il cosiddetto regime della trasparenza fiscale. Significa che i redditi prodotti da tali soggetti sono imputabili a ogni socio a prescindere dalla percezione e in proporzione alla quota di partecipazione agli utili corrispondenti. Secondo l’articolo 6, comma 3 del TUIR, il reddito da imputare direttamente ai soci è definibile come reddito d’impresa quando è conseguito da società di persone commerciali, ovvero snc e sas. Nella società di capitali, invece, secondo l’articolo 44 del TUIR, sussiste una tassazione dei dividendi erogati ai soci come redditi di capitale. Fanno eccezione gli utili percepiti dai soci fondatori di un’azienda per i quali, avendo un reddito equiparabile a quello da lavoratore autonomo, vige la disciplina fiscale applicabile agli amministratori con contratto di collaborazione professionale e ai titolari di P.IVA. A parte questa eccezione, la quota corrisposta dalla società al socio, a differenza dell’amministratore, non costituisce un vero e proprio compenso, ovvero il corrispettivo di una prestazione specifica. Per quanto riguarda il socio assegnatario e il reddito imponibile derivante dall'assegnazione, va notato che a seconda delle circostanze che la determinano, l'assegnazione può o meno produrre reddito imponibile. Se la società decide di assegnare il buono pasto a titolo di distribuzione di utili, sarà tassato in base all'articolo 47, comma 3, del TUIR, che prevede la tassazione del valore imponibile del bene in natura. Invece, se il buono pasto viene erogato come ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale, l'assegnazione ha un valore esclusivamente patrimoniale e non produce ricchezza, quindi non è rilevante ai fini fiscali. Lo stesso vale se l'assegnazione del buono pasto avviene per pura liberalità della società. Va comunque tenuto presente che se esiste la presunzione legale di distribuzione degli utili, l'assegnazione di riserve di capitale sarebbe riqualificata in utili distribuiti ai soci, tassabili in capo a questi ultimi. In questo caso, anche i buoni pasto concorrerebbero alla formazione del reddito del socio.
Utilizza i buoni pasto Up Day su Carrefour.it
Luglio 17, 2023
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La tua spesa su Carrefour.it con i buoni pasto Day

I buoni pasto, essendo un servizio sostitutivo di mensa, possono essere utilizzati anche presso i supermercati che aderiscono alla rete dei partner Up Day. In questo articolo di oggi parliamo di Carrefour, entrato a far parte dei nostri partner online. Da oggi una grande novità per la fruizione dei buoni pasto Day: gli utilizzatori dei nostri buoni pasto potranno infatti fare acquisti sulla piattaforma online di Carrefour e ricevere la spesa a domicilio o ritirarla presso il punto vendita prescelto. La app 'Buoni Up Day' La tua spesa online su Carrefour.it Quanti buoni pasto è possibile utilizzare per la spesa online La app ‘Buoni Up Day’ Come prima cosa è necessario scaricare la app ‘Buoni Up Day’ o accedere sul sito utilizzatori.day.it, registrarsi e così utilizzare tutti i servizi Up Day con un unico strumento. Gestire tutti i prodotti, visualizzare i locali dove spendere i buoni e pagare direttamente dallo smartphone. Queste e tanto altre funzioni disponibili. All’interno della soluzione buoni pasto, è possibile spostare i buoni in GESTISCI CLOUD e spenderli direttamente da smartphone, sia nella rete di punti vendita fisici, sia online sugli e-commerce o piattaforme dei nostri Partner. Tra i nostri partner della sezione online è da oggi presente anche Carrefour.   La tua spesa online su carrefour.it Gli utilizzatori che hanno spostato i propri buoni pasto Day in cloud, possono fare acquisti sulla piattaforma online di Carrefour e ricevere la spesa a domicilio o ritirarla presso il punto vendita prescelto. Su sito di Carrefour o sull’app Carrefour è possibile programmare la consegna a domicilio fino a 5 giorni dall’ordine. Inoltre, è possibile ordinare online e ritirare comodamente la propria spesa nel negozio Carrefour preferito a partire da 2 ore dopo l’ordine, oppure nel parcheggio del punto vendita selezionato. Su carrefour.it ci sono migliaia di prodotti per la spesa online e promozioni sui propri prodotti preferiti.   Quanti buoni pasto è possibile utilizzare per la spesa online? Troviamo la risposta nel  decreto ministeriale 7 giugno 2017 n. 122 che specifica che è possibile utilizzare fino ad un massimo di 8 buoni pasto per ogni singola transazione, cioè per ogni spesa. Quindi non solo all’interno della rete fisica dei partner Up Day, ma anche tra quelli presenti nella sezione online della app, è possibile utilizzare lo stesso quantitativo di buoni, a cui potrà essere aggiunta una quota in denaro se il totale dovesse superare l’importo dei buoni pasto.
Buoni pasto e smart working: si ha diritto a riceverli?
Maggio 08, 2023
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Chi lavora in smart working ha diritto ai buoni pasto?

L’utilizzo sempre più diffuso dello smart working ha generato diversi quesiti sui diritti dei dipendenti che ne usufruiscono. Uno di questi riguarda l’erogazione dei buoni pasto. Ecco cosa sapere. Lo smart working è una modalità di lavoro agile che sempre più aziende decidono di concedere ai propri dipendenti. Secondo la legge, il lavoratore agile ha diritto allo stesso trattamento dei dipendenti che si recano in sede ogni giorno. Tuttavia, la normativa non specifica se tale trattamento riguardi anche i buoni pasto e la giurisprudenza spesso ne nega il diritto, anche se con alcune eccezioni. La tua azienda ti ha proposto di lavorare in smart working e vuoi sapere se hai diritto ad usufruire dei buoni pasto? Vediamo tutto quello che c’è da sapere.   Buoni pasto e smart working La normativa sui buoni pasto Il datore di lavoro può comunque erogare i buoni pasto? Cosa dice la sentenza del Tribunale di Venezia del 2020?   Buoni pasto e smart working Questa modalità di lavoro è sempre più impiegata dalle imprese in quanto rende possibile un maggiore equilibrio fra lavoro e vita personale favorendo, di conseguenza, un maggiore benessere del dipendente. Mentre in passato i lavoratori potevano svolgere il proprio impiego esclusivamente all’interno delle aziende, oggi sono sempre di più le persone che scelgono di svolgere il proprio lavoro quotidiano da remoto, almeno per parte della settimana. Questo perché tale modalità di lavoro alleggerisce le problematiche legate ai vincoli di orario e di luogo. E aumenta il numero di aziende che si rende conto dei benefici che comporta offrire ai dipendenti la possibilità di lavorare da remoto e gestire il proprio lavoro con maggiore autonomia. Lo smart working, infatti, presenta indubbi vantaggi per un lavoratore, dato che non richiede la sua presenza fisica in azienda e gli garantisce una maggiore flessibilità sia per quanto riguarda la scelta dell’orario di lavoro, sia per quanto riguarda la sede dove svolgere la propria prestazione lavorativa. Che può essere, ad esempio, la propria casa, un bar o uno spazio in coworking. I buoni pasto sono tra gli strumenti più utilizzati da imprese e aziende. Vengono erogati ai dipendenti che si trovano a consumare i pasti fuori casa durante le ore lavorative. Sono molto apprezzati anche dagli stessi lavoratori, in quanto permettono di ottenere un risparmio ragguardevole sulla spesa sostenuta per i pasti. Spesa che incide notevolmente sullo stipendio di chi si ritrova a mangiare fuori casa ogni giorno. Per questo, uno dei dubbi che più di frequente sorgono in coloro che vorrebbero lavorare in modalità agile è se, anche operando in smart working, potranno continuare a ricevere i buoni pasto e a poter godere di questa opportunità o se rischiano che l’azienda decida la sospensione della loro erogazione. Spesso, infatti, viene fatta la considerazione che, svolgendo la propria mansione a casa, il lavoratore non abbia la necessità di acquistarsi il pranzo e, quindi, non abbia diritto ad usufruire del buono pasto. Ma le cose stanno davvero così?   La normativa sui buoni pasto Iniziamo col dire che, nonostante i buoni pasto siano un’agevolazione prevista dalla legge (come indennità sostitutiva di mensa), nessuna azienda è tenuta a corrisponderli ai propri dipendenti qualora non disponga di una mensa aziendale, in quanto essi non hanno una natura retributiva ma rappresentano un’erogazione a carattere assistenziale. Pertanto, sono considerati benefici accessori (i cosiddetti fringe benefit). Un’impresa è tenuta a erogarli solo nel caso in cui siano previsti dai contratti collettivi nazionali delle varie categorie. Fatta questa premessa, entriamo più nello specifico e andiamo a vedere cosa dice la normativa su buoni pasto e smart working. Per capire se, secondo la legge, un lavoratore abbia diritto o meno a ricevere i buoni pasto anche operando in smart working, bisogna fare riferimento non solo alle norme che regolano l’erogazione di questo tipo di agevolazione, ma anche alla legge che regola il lavoro agile. Iniziamo dai buoni pasto. La norma che ne regola le modalità di erogazione e la fruizione è il Decreto 122 del 7 giugno 2007. Tale decreto individua gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa attraverso l’uso dei buoni pasto e stabilisce i requisiti per l’erogazione degli stessi. In particolare, al comma C dell’articolo 4, il decreto stabilisce che hanno diritto a ricevere i buoni pasto solo coloro che prestano lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche nel caso in cui l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Tale diritto è esteso anche alle risorse che abbiano instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione non subordinato. Anche se lo smart working non è espressamente citato, questa definizione non ha vincoli particolarmente stringenti e lascia ampio spazio di interpretazione, specialmente nella parte in cui dice che si ha diritto a ricevere il buono pasto anche qualora l’orario giornaliero di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Per avere una risposta più esaustiva, proviamo a vedere cosa dice la Legge n° 81 del 22 maggio 2017 che, al capo II, dà precise disposizioni in merito al lavoro agile. Il comma 1 dell’articolo 20, in particolare, afferma che il lavoratore che svolge la propria occupazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello applicato nei confronti delle risorse che svolgono le stesse mansioni all’interno dell’azienda. In questo caso, pur non avendo un preciso riferimento ai buoni pasto, la norma può essere interpretata a favore del rilascio dei buoni pasto anche allo smart worker, in quanto quest’ultimo ha diritto al medesimo trattamento del lavoratore che svolge la propria occupazione esclusivamente all’interno dell’azienda. Sempre nella stessa legge, all’articolo 19, viene specificato inoltre che le modalità di lavoro agile devono essere regolamentate da un accordo individuale scritto tra il datore di lavoro e il proprio dipendente. Tale accordo può comprendere anche l’erogazione dei buoni pasto. Dunque possiamo concludere che i buoni pasto non sono espressamente concessi durante lo smart working, ma non sono neanche espressamente vietati. La scelta su cosa fare dipende quindi solo ed esclusivamente dall’azienda.   Il datore può comunque erogare i buoni pasto? Come abbiamo visto, la normativa che disciplina l’erogazione dei buoni pasto è piuttosto ampia e lascia ampia discrezionalità ai datori di lavoro. Anche se non li obbliga a erogare i buoni pasto (a meno che non siano compresi nei contratti collettivi nazionali), essi possono decidere autonomamente di offrire questo bonus ai propri dipendenti. La stessa normativa, sebbene non faccia specifico riferimento allo smart working, lascia intendere che anche i dipendenti che operano da remoto abbiano diritto a ricevere questo tipo di prestazione. Molte aziende scelgono di erogare i buoni pasto anche alle risorse che svolgono la propria attività in via telematica, in quanto sanno benissimo che questi dipendenti non lavorano solo da casa, ma si spostano anche in spazi di coworking o in altre sedi aziendali. C’è da dire poi che anche quando il lavoratore si trova nella propria abitazione, si ritrova a consumare i pasti durante l’orario di lavoro, perciò potrebbe comunque avere diritto al buono pasto. Altre aziende, invece, ritengono che, operando da casa, il proprio dipendente non abbia bisogno di spendere soldi per il pasto, perciò il buono pasto non gli sarebbe necessario, così come il servizio di mensa aziendale. A volte, sono gli stessi accordi sindacali a limitare la possibilità di uno smart worker di ottenere i buoni pasto. I dipendenti privati, quindi, devono rifarsi ai contratti individuali e collettivi propri della propria azienda e del proprio settore per sapere se hanno diritto al riconoscimento dei buoni pasto anche qualora lavorino da remoto. Starà al datore di lavoro stabilire se un lavoratore che opera in smart working abbia diritto ai buoni pasto. Se stai già lavorando in smart working o stai per iniziare a farlo, controlla cosa prevede il contratto collettivo nazionale del tuo settore, e l’accordo che hai stipulato con la tua azienda, per verificare che all’interno degli stessi siano compresi anche i buoni pasto e quindi anche tu abbia diritto ad usufruirne. Vuoi approfondire questo argomento? Ecco cosa sapere:   Se il buono pasto è incluso nella contrattazione collettiva o nel contratto individuale, è possibile riceverlo anche lavorando in smart working. In tal caso, infatti, qualsiasi modifica contrattuale deve essere concordata fra le parti e potrebbe essere necessario un accordo sindacale. In seguito vedremo alcune eccezioni; Se si tratta invece di un’erogazione concessa autonomamente dall’azienda, questa può essere modificata con un atto unilaterale o interno. Per fare un esempio, la sentenza di Cassazione 16135/2020 precisa che anche nel caso in cui il buono pasto sia una prestazione erogata come prassi aziendale da diversi anni, il datore di lavoro può interromperla in qualsiasi momento, senza che il dipendente possa pretenderne il diritto. Quando l’erogazione di buoni pasto è prevista dal regolamento aziendale, l’obbligo può essere variato unilateralmente dal datore di lavoro, nel rispetto dei limiti previsti nel regolamento.   Per concludere, nonostante non ci sia alcuna legge che obblighi i datori di lavoro a corrispondere i buoni pasto, sussistono ancora tutte le agevolazioni fiscali. Infatti, fornire dei benefit sotto forma di buono pasto non comporta un aumento dei costi o una tassazione aggiuntiva e sono comunque possibili sia le detrazioni dell’IVA sull’acquisto sia le deduzioni. Trattandosi di un’integrazione del reddito che non è sottoposta a tassazione, l’erogazione dei buoni pasto rimane un benefit estremamente apprezzato dal lavoratore, che avrà modo di utilizzarlo senza commissioni aggiuntive presso ristoranti, supermercati e locali tamponando così le spese personali. Cosa dice la sentenza del Tribunale di Venezia del 2020? Nel decreto 3463 dell’8 luglio 2020 il Tribunale di Venezia ha affermato che, alla luce del fatto che il buono pasto tecnicamente non fa parte della retribuzione del dipendente da un punto di vista normativo, il suo diritto a ricevere questo benefit non sussiste. Ma cosa è successo di preciso?   Nel 2020 la Federazione Metropolitana della FP CGIL di Venezia ha presentato un ricorso al Tribunale nei confronti del Comune di Venezia per non aver riconosciuto l’erogazione dei buoni pasto ai lavoratori in smart working durante il periodo emergenziale causato dalla pandemia da Covid-19, senza previa contrattazione con le varie organizzazioni sindacali. Il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso con le seguenti motivazioni: come previsto dagli articoli 45 e 46 del CNNL Regioni e Autonomie Locali del 14 settembre 2000, per la maturazione del buono pasto è necessario che l’orario di lavoro sia strutturato con scadenze orarie specifiche e che il dipendente consumi il pranzo o il pasto in generale fuori dall’orario di lavoro; come disposto dall’articolo 87, comma 1 del decreto legislativo 18/2020 e dal DPCM dell’11/03/2020, il lavoro agile è stato imposto per legge alle pubbliche amministrazioni come modalità ordinaria di lavoro. Di conseguenza, non si è trattata propriamente di una scelta dell’ente sul modo di organizzare gli uffici e, pertanto, non è stata oggetto di informativa sindacale; ai sensi della sentenza n.31137/2019 della Cassazione, i buoni pasto sono dei bonus facenti parte del welfare aziendale con lo scopo di conciliare le esigenze del dipendente con il lavoro e sono conseguenti alla tipologia di organizzazione del lavoro - ad esempio, nel caso di una pausa pranzo ridotta. Nel caso del lavoro agile, il lavoratore ha tutto il tempo per organizzare i propri tempi di lavoro e pertanto l’obbligo a carico dell’azienda non sussiste.
pagamenti elettronici sicuri anche per legge
Febbraio 21, 2023
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Pagamenti elettronici: sicuri anche per legge

I pagamenti elettronici sono sicuri? La normativa europea e del garante della privacy ne garantiscono la sicurezza. Negli ultimi anni i pagamenti elettronici sono sempre più diffusi. E lo saranno sempre di più, grazie alle norme che promuovono la trasformazione digitale nell’ambito delle transazioni commerciali. Questa spinta verso i pagamenti elettronici è anche il motivo per cui la legge ne garantisce la sicurezza, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Ecco cosa dice la normativa del garante della privacy sui pagamenti elettronici. Cosa sono i pagamenti elettronici? Categorie di pagamenti digitali Pagamenti elettronici sicuri per legge con le regole del Garante della Privacy La sicurezza dei pagamenti elettronici garantita anche a livello europeo Up Day garantisce la sicurezza degli utenti Cosa sono i pagamenti elettronici? I pagamenti elettronici o digitali sono gli acquisti di beni e servizi effettuati con mezzi diversi dal denaro contante, come le carte di pagamento fisiche e digitali (carta di credito, carta di debito, carta prepagata), le App di pagamento sul telefono, il credito telefonico, il borsellino elettronico, i bonifici bancari effettuati attraverso l’home banking. Categorie di pagamenti digitali I pagamenti digitali possono essere catalogati in diversi modi. Un primo modo è quello che li divide in old digital payment (come, ad esempio le carte di credito e debito e le prepagate) e new digital payment (ad esempio i pagamenti effettuati tramite App sul telefono). Un secondo modo è quello che li suddivide in: Mobile Remote Commerce:questa categoria comprende tutti gli acquisti effettuati online, su siti e App attraverso l’addebito su carta di pagamento o portafoglio elettronico; Mobile Remote Payment:di questa categoria fanno parte tutti i pagamenti di ricariche telefoniche, bollette, bollettini, parcheggi, biglietti del trasporto, ecc. attraverso il telefono cellulare con servizi come l’home banking o l’App PagoPA con addebito su carta di pagamento o credito telefonico o portafoglio elettronico; Mobile Proximity Payment: si tratta dei pagamenti effettuati presso i negozi fisici attraverso il cellulare con addebito su carta di pagamento o direttamente sul conto corrente. Pagamenti elettronici sicuri per legge con le regole del Garante della Privacy Quando utilizziamo un qualsiasi mezzo di pagamento elettronico forniamo alla società che gestiscono il servizio alcuni dei nostri dati sensibili, come ad esempio il codice fiscale e il numero del documento d’identità. Per questo, nel 2014, il Garante della Privacy ha ritenuto opportuno regolamentare le modalità di pagamento elettronico con una normativa ad hoc, che si concentra in particolare sui pagamenti effettuati nell’ambito del mobile remote payment. Il Provvedimento generale in materia di trattamento dei dati personali nell'ambito dei servizi di mobile remote payment del 22 maggio 2014 mette al sicuro i dati personali degli utenti da qualunque uso improprio o abuso da parte della società del settore. Chi acquista beni e servizi online attraverso smartphone, pc o tablet, dice il decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, potrà essere sicuro che i dati personali forniti durante la transazione (dati anagrafici, indirizzo, numero di telefono, indirizzo e-mail, etc) non saranno usati per altre finalità, come l’invio di pubblicità o le analisi di marketing, senza il suo chiaro consenso. Tutti i soggetti coinvolti nelle forniture di servizi di pagamento tramite “mobile remote payment” sono tenuti per legge ad adoperarsi in modo da proteggere i loro clienti dal rischio di uso improprio dei loro dati personali, sia che questi usino un abbonamento o una carta propagata per i loro acquisti. Il provvedimento si estende sia agli operatori della comunicazione elettronica (le compagnie che forniscono il servizio di pagamento tramite cellulare), agli aggregatori (le società che forniscono i siti internet o le app), i venditori (le aziende che offrono contenuti digitali e servizi); nonché tutti gli altri soggetti eventualmente coinvolti nella transazione (come quelli che consentono, anche tramite apposite app, l’accesso al mercato digitale). La sicurezza dei pagamenti elettronici garantita anche a livello europeo Anche l’Unione Europea si è espressa in merito alla sicurezza dei pagamenti elettronici, istituendo una normativa che regolamenta tutto ciò che riguarda i pagamenti digitali: si tratta della PSD2. Entrata ufficialmente in vigore nel 2018, questa normativa garantisce: maggiore integrazione ed efficienza per il mercato dei servizi di pagamento; condizioni di parità per i soggetti che forniscono i servizi di pagamento; una maggiore sicurezza delle transazioni e, di conseguenza, una maggiore tutela per i consumatori. Up Day garantisce la sicurezza degli utenti A partire dai buoni pasto elettronici e dai vocuher welfare digitali, Up Day è costantemente impegnato nello sviluppo di sistemi e servizi mobile che semplificano la vita dei clienti e degli utilizzatori dei buoni pasto Day, garantendo sempre i massimi livelli di sicurezza e privacy per gli utenti dei suoi servizi. Un esempio di questo impegno è Day Tronic, la nuova app per la gestione dei buoni pasto da supporto mobile, che si basa su più tecnologie, includendo anche l’attualissima NFC per il pagamento tramite smartphone.
Liberi professionisti e fatturazione elettronica. Le soluzioni per le spese di vitto
Febbraio 20, 2023
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Liberi professionisti e fatturazione elettronica. Le soluzioni per le spese di vitto

I buoni pasto rappresentano la soluzione ideale per semplificare la gestione delle spese di vitto da parte dei liberi professionisti dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica. L’obbligo della fatturazione elettronica ha cambiato da un giorno all’altro le abitudini delle aziende italiane. Se per le imprese più strutturate la gestione è a cura del settore amministrativo e ha semplificato le procedure, più difficoltà ci sono per le ditte individuali e i liberi professionisti. La fattura elettronica, infatti, va emessa anche per piccoli importi. La gestione di tanti documenti legati al vitto può rappresentare un costo e un impegno non indifferente per i lavoratori autonomi e per le aziende che gli commissionano il lavoro. Ecco come l’uso dei buoni pasto e dei buoni regalo può semplificare le operazioni e abbattere i costi. Fatture elettroniche: come funzionano e chi deve emetterle? Rimborso spese professionisti e fatturazione: come funziona? Buoni pasto: la soluzione per semplificare la fatturazione elettronica per ditte individuali e liberi professionisti Up Day: un’ampia gamma di servizi per aziende e professionisti Fatture elettroniche: come funzionano e chi deve emetterle? Quella della fatturazione elettronica è una modalità di fatturazione entrata in vigore nel 2014 che si basa sul Sistema di Interscambio sviluppato dalla Pubblica Amministrazione. Dopo che il soggetto che deve emettere fattura l’avrà generata e inviata utilizzando un apposito software di fatturazione, questo verrà poi inserito nel sistema di interscambio che provvederà ad inoltrarla al destinatario tramite posta elettronica. Hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica tutti i soggetti che cedono beni e servizi alla Pubblica Amministrazione e agli enti pubblici, alle aziende e ai professionisti italiani e ai privati residenti in Italia. Dal 1° luglio 2022 anche i professionisti che operano in regime forfettario e, nell’anno precedente hanno guadagnato più di 25.000 euro, hanno l’obbligo di utilizzare il sistema della fatturazione elettronica. L’emissione di fattura elettronica non è, invece, obbligatoria, per la cessione di beni e servizi a soggetti privati e aziende non residenti sul territorio italiano. Rimborso spese professionisti e fatturazione: come funziona? Quando un professionista svolge un incarico per un’azienda e deve affrontare delle spese per vitto e alloggio ha a disposizione due modi per ottenere il rimborso: il pagamento delle spese da parte dell’azienda cliente; il pagamento delle spese da parte del professionista, che poi emetterà una fattura elettronica all’azienda cliente per recuperare quanto speso. Nel primo caso, chi fornisce i servizi di vitto e alloggio al professionista emetterà la fattura direttamente all’azienda cliente, e il professionista non dovrà occuparsi di nessuna incombenza. Nel secondo caso, invece, i fornitori di vitto e alloggio emetteranno una fattura al professionista, che pagherà le spese e, per recuperarle, dovrà poi emettere una fattura elettronica a carico dell’azienda cliente, anche se si tratta di piccoli importi. In questo caso, il professionista dovrà pagare le tasse anche sugli importi ricevuti come rimborso spese, poiché questi importi, di fatto, rientrano nel compenso del professionista. Buoni pasto: la soluzione per semplificare la fatturazione elettronica per ditte individuali e liberi professionisti Per semplificare la gestione delle spese di vitto e la gestione della contabilità riguardante i rimborsi spese, si può ricorrere al servizio del buono pasto. Il pagamento delle spese sostenute per l’acquisto di generi alimentari attraverso i buoni pasto rende inutile la fatturazione elettronica da parte dell’esercente, in quanto il titolare di Partita Iva farà riferimento a quella emessa dall’azienda emittente dei ticket. Per l’acquisto di pasti già pronti presso i ristoranti e altri esercizi di questo tipo basteranno gli scontrini semplici che accompagneranno la fattura elettronica per giustificare la spesa sostenuta. Il modo più veloce, semplice ed economico per ordinare i buoni pasto è utilizzare i servizi online di Dayshop, l’e-commerce inventato più di dieci anni fa da Up Day. Up Day: un’ampia gamma di servizi per aziende e professionisti Up Day è un provider di servizi di benessere rivolti alle imprese e alle persone. Oltre ai buoni pasto, mette a disposizione di aziende e professionisti un portale per la gestione dei servizi di welfare aziendale, schede carburante e buoni regalo da impiegare per erogare servizi di welfare ai dipendenti o per omaggiare i clienti. Cos’è Cadhoc? Cadhoc è il buono spesa Up Day che rappresenta un incentivo efficace e vantaggioso tanto per i lavoratori dipendenti quanto per i clienti a cui viene offerto. Si tratta di un buono shopping universale ideato appositamente per incentivare e motivare il personale, fidelizzare i clienti e premiare la forza vendita. Cadhoc rappresenta la soluzione ideale in ogni occasione dell’anno per gratificare in modo personale qualunque collaboratore, dal più tradizionalista al nativo digitale, grazie possibilità di utilizzarlo sia nei negozi fisici, sia negli e-commerce. Il voucher welfare Cadhoc offre anche numerosi vantaggi fiscali alle aziende, che, nei casi previsti dalla legge, hanno la possibilità di dedurlo al 100% dalle tasse.