Welfare Aziendale

Tanti servizi su misura adatti a tutti gli stili di vita dei dipendenti. Salute, famiglia, previdenza , trasporto, tempo libero e acquisti.

Osservatorio Up Day Tecnè
Marzo 24, 2023
Welfare Aziendale

OSSERVATORIO SUL WELFARE SOCIALE: IL NUOVO CONTESTO SOCIOECONOMICO E LE MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ E ALLA VULNERABILITÀ

È stata presentata lunedì 20 marzo, a Istituzioni e Parti Sociali la Ricerca di Up Day e Tecné. Bologna, Marzo 2023 – Alla presenza del Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali Claudio Durigon, Nico Stumpo Commissione Affari Sociali della Camera, del Segretario Generale UGL Paolo Capone, di Andrea Cuccello Segretario Confederale CISL e del Presidente AIWA Emmanuele Massagli, è stata presentata lunedì 20 marzo 2023, a Roma la ricerca condotta da Up Day e Tecné focalizzata sulle misure di contrasto alla povertà.   “L’incontro di ieri – dichiara Mariacristina Bertolini Direttore Generale e Vicepresidente Up Day – è stata un’importante occasione di confronto con il Governo, l’opposizione e le Parti Sociali per parlare di strumenti a supporto del reddito come i buoni spesa e tutta l’area relativa ai fringe benefit: se il welfare sociale e aziendale entrassero a far parte del salario complessivo delle persone si aumenterebbe il potere d’acquisto di ciascuno, mettendo in moto un circolo virtuoso in cui l’azienda può sostenere il reddito senza essere gravata da tassazione e il Sistema Paese ne potrà trarre un vantaggio in termini di aumento dei consumi con una conseguente ripartenza dell’economia”.   Il contesto di crisi economico-sociale degli ultimi anni ha infatti accelerato il diffondersi di condizioni di povertà diverse da quelle del passato. Per studiare la povertà oggi occorre tenere conto di forme nuove che si manifestano con un processo di mobilità sociale discendente rispetto alla posizione socioeconomica precedente.   “I nuovi poveri” - afferma Carlo Buttaroni Presidente Tecnè - non si configurano come una classe sociale omogenea e facilmente identificabile, bensì come una massa indistinta dai profili rarefatti. Si tratta di un grande aggregato sociale composto da vulnerabili, quasi poveri e poveri, provenienti da classi sociali assai diverse”.   In particolare, i “working poors” rappresentano un fenomeno rilevante dal punto di vista economico e sociale, perché esprimono una condizione che ha radici nel lavoro stesso che non è più in grado di garantire un reddito sufficiente per una vita senza stenti. Se la condizione di povertà o quasi-povertà riguarda circa una famiglia su cinque (19%), l’area della vulnerabilità coinvolge l’11% delle famiglie. La pandemia di Covid-19 esplosa nel 2020 ha avuto un impatto senza precedenti sull’economia italiana, ma, a fronte di un crollo del PIL pari a -9%, la povertà è diminuita scendendo al 10,1% dall’11,4% del 2019.   A questo calo degli indici di povertà hanno dato un contributo determinante gli interventi volti a mitigare gli impatti della pandemia, evitando che il blocco di alcuni settori produttivi e il rallentamento dell’economia aggravasse ancora di più la crisi sociale, oltre all’entrate a regime del reddito di cittadinanza nel 2019.   “Il reddito di cittadinanza come strumento a supporto del reddito è fallito – dichiara Claudio Durigon Sottosegretario al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali – La ricerca presentata da up Day e Tecnè ci fa capire che la povertà è ancora forte in Italia e bisogna quindi concentrarsi sia nel dare strumenti a supporto, ma anche valorizzare il lavoro attraverso la detassazione e salari proporzionati ai fabbisogni”.   “Il reddito di cittadinanza – aggiunge Nico Stumpo Commissione Affari Sociali della Camera – è stato certamente una misura di grande aiuto in un momento di profonda difficoltà del Paese dovuto alla pandemia e alla crisi economica. Ora è necessario però pensare ad un nuovo modello per l’Italia capace di allargare la fascia del ceto medio utile a far ripartire il Paese. In tale contesto è fondamentale proseguire in questo dialogo tra le parti su welfare, diritti e salari utili ad accrescere la ricchezza all’intero sistema”.   I buoni spesa sociali rientrano tra questi interventi e sono stati finanziati con il Decreto Sostegni bis che ha introdotto agevolazioni per famiglie, lavoratori e imprese danneggiati dagli effetti delle restrizioni adottate a livello nazionale per contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid. Tra le misure previste c’era, appunto, lo stanziamento di 500 milioni di euro da erogare ai Comuni per concedere aiuti alle famiglie in difficoltà per l’attivazione di iniziative di solidarietà alimentare, mediante il meccanismo dei buoni per la spesa. La misura è stata finanziata nel 2021 e rinnovata nel 2022. I beneficiari dei buoni spesa sociali, per ogni singola erogazione finanziata, sono stati in media 1.9 milioni (con 900mila nuclei percettori) per un importo medio “una tantum” di 250 euro.   Con i buoni spesa le persone e le famiglie in difficoltà hanno avuto accesso a contributi economici per acquistare alimenti, farmaci e beni di prima necessità. I buoni spesa venivano erogati direttamente dai comuni che stabilivano la platea di beneficiari, le modalità di assegnazione e le procedure per presentare domanda.    “L’utilizzo dei buoni spesa – spiega Paolo Capone Segretario Generale UGL – riesce a restituire un quadro di valutazione preciso e oggettivo su dove e come sono stati utilizzati. Uno strumento utilissimo e concreto per dare supporto alle famiglie: per questo la politica deve saper distinguere tra vero sostegno alla fragilità e il ricorso a politiche attive per far tornare gli occupabili a lavorare quando è possibile”.   La ricerca di Up Day e Tecné ha messo a confronto il gradimento dei Buoni Spesa Sociali e del Reddito di Cittadinanza (RDC). I buoni spesa sociali raccolgono giudizi positivi più alti sia tra la popolazione maggiorenne che tra i singoli stakeholder. In particolare, tra i responsabili dei servizi sociali la valutazione del RDC è molto più alta della media (63% rispetto al 38%), ma inferiore ai Buoni Spesa Sociali considerati positivamente da tutti gli addetti del settore. Dall’analisi dei dati emergono differenze significative dal punto di vista socioeconomico. Innanzitutto, i beneficiari dei buoni spesa sociali (BSS), cioè le misure complessivamente coinvolte dalla misura, si distribuiscono maggiormente sui nuclei più numerosi, mentre i percettori del reddito/pensione di cittadinanza (RDC) hanno il baricentro più spostato verso il basso.  Tra i beneficiari dei buoni spesa sociali, infatti, i nuclei con 3 o 4 componenti   rappresentano il 47%, mentre tra i beneficiari del reddito/pensione di cittadinanza rappresentano il 43%. Le posizioni si ribaltano se si considerano i nuclei di 1 o 2 componenti. In questo caso i percettori di RDC/PDC rappresentano il 41%, mentre i beneficiari di BSS si fermano al 36%.   “I buoni spesa – aggiunge Andrea Cuccello Segretario Confederale CISL – possono diventare un elemento complementare agli strumenti attuali di sostegno al reddito, anche attraverso, dove è possibile, la contrattazione di secondo livello e la bilateralità di settore. L’obiettivo è sicuramente quello di far crescere il livello dimensionale delle imprese, per poter costruire aziende più qualificate, più grandi per far crescere il Paese e il PIL, dove prevedere meccanismi di partecipazione dei lavoratori come proposto dalla Cisl".   Interessante è la distribuzione geografica dei beneficiari delle due misure, messa in relazione il tasso di occupazione e con i valori medi ISEE delle famiglie che hanno presentato Dichiarazioni Sostitutive Uniche: il RDC è complementare al tasso di occupazione, con tassi di incidenza decisamente più elevati nel mezzogiorno rispetto al centro-nord. I buoni spesa sociali, invece, si caratterizzano per una maggiore omogeneità sul territorio nazionale e una più elevata relazione positiva con l’occupazione e valori ISEE determinati da redditi da lavoro.   Il RDC, inoltre, risulta destinato a una fascia prevalentemente sotto la linea di povertà, mentre i buoni spesa sociali sono una misura di sostegno all’area della vulnerabilità e della povertà intermittente. Infatti, mentre i buoni spesa sociali sono utilizzati in grande prevalenza per acquistare beni alimentari, il reddito di cittadinanza agisce su un raggio più ampio e meno diretto a soddisfare un bisogno specifico.   “Sono molte le differenze tra il bonus monetario diretto (es: il bonus Renzi), il reddito di cittadinanza e il buono sociale – spiega infine Emmanuele Massagli Presidente AIWA - Tralasciando le diverse finalità, bene concentrarsi sul metodo. Il primo è uno strumento che non si scarica sui consumi e viene destinato a risparmio. La seconda è una misura assistenzialistica che poco attiva la persona e che supera gli enti locali. Il terzo, contemporaneamente, implica maggiori consumi, incoraggia lavoro regolare e genera gettito. Per questo mi aspetto che il Governo torni a riflettere anche sugli altri dispositivi che si avvantaggiano di questo metodo: mi riferisco ai fringe benefit, da strutturare definitivamente su cifre coerenti con il costo della vita attuale, e al welfare aziendale sociale regolato dall'articolo 51, comma 2 del TUIR, da ampliare prevedendo servizi aggiuntivi come, ad esempio, le spese per gli affitti degli studenti fuori sede, la mobilità sostenibile, il sostegno al terzo settore, le spese condominiali e le bollette.”   “La collaborazione e il connubio tra pubblico e privato – conclude Mariacristina Bertolini Direttore Generale e Vicepresidente Up Day – è fondamentale per fornire a cittadini e lavoratori soluzioni rapide a costo zero, proprio come abbiamo fatto nel periodo di pandemia, supportando i Comuni nell’erogazione dei titoli di servizio. Strumenti per aziende ed enti volti a migliorare la vita di tutti in un contesto di trasparenza e collaborazione”.
Il Maggiordomo aziendale Genius
Marzo 08, 2023
Welfare Aziendale

Il maggiordomo aziendale per regalare tempo e serenità ai lavoratori

Bollette da pagare, pacchi da spedire, incombenze quotidiane.. la vita delle persone può essere piena di impegni inderogabili. E' qui che entra in gioco il maggiordomo aziendale, un benefit esclusivo pensato per prendersi cura del personale. Attivando il servizio Salva Tempo, puoi avere a disposizione della tua azienda, una figura professionale, anche in versione digitale, per regalare tempo e serenità a tutti i lavoratori. Un ‘opportunità per aumentare la produttività in azienda, rispondere alle necessità dei dipendenti e incrementare la conciliazione vita-lavoro. Il maggiordomo aziendale si affianca ai piani di welfare Aziendale per gestire premi on top, premi di risultato e obblighi che derivano dai Contratti Nazionali del Lavoro: Come funziona il servizio Perchè scegliere il welfare aziendale Perchè attivare le soluzioni Up Day per il timesaving e il cargiving Ricerca e dati sul welfare aziendale Come funziona il servizio Up Day analizza le esigenze dell’azienda e propone i servizi su misura per i dipendenti. In seguito l’azienda attiva un abbonamento di pacchetti e servie il dipendente accede ai servizi pagando solo quelli che utilizza. Il maggiordomo gestisce così le richieste e le coordina con i partner selezionati sul territorio.   Servizi salvatempo per semplificare la quotidianità dei dipendenti Perchè scegliere il welfare aziendale Welfare Aziendale: stare bene sul luogo di lavoro Con Welfare Aziendale si indicano tutti quei benefit, prestazioni, servizi che vanno oltre la componente monetaria della retribuzione e che vogliono essere di supporto alla qualità di vita dei dipendenti.   Genius4U nasce proprio dalla consapevolezza che la vita quotidiana è stressante e che il tempo ha un grande valore. Per questo ci occupiamo di organizzare e gestire in azienda tutti i servizi salva-tempo di cui c’è bisogno nella quotidianità, per una vita più facile e serena.   Perché attivare le soluzioni Up Day per il timesaving e il cargiving Per l’azienda: Deduzione della spesa dal reddito di impresa Incremento delle performance e positività Riduzione del turnover Benessere aziendale Rafforzamento legame con il territorio Per i lavoratori: Risparmio di tempo Miglioramento equilibrio vita-lavoro Accesso a prodotti e servizi esclusivi Rafforzamento legame con l’azienda Ricerca e dati sul welfare aziendale L’86% dei lavoratori vorrebbe avere nella propria azienda dei servizi salva-tempo che possano concretamente essere di aiuto a bilanciare meglio vita professionale e personale, alleviando le preoccupazioni esterne e permettendo di vivere la quotidianità con più serenità e meno stress. McKinsey & Company   Contattaci Chiedi una consulenza su misura, contattaci ad info@day.it oppure al numero 800 834 009
Gennaio 16, 2023
Welfare Aziendale

Bonus Benzina 2023: tutto quello che c’è da sapere

  È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio, il Decreto Legge 14 gennaio 2023, n. 5 che estende, anche per il 2023, il bonus benzina di 200€, come contributo che le aziende possono erogare ai propri dipendenti. Come funziona nel dettaglio? Non è necessario presentare alcuna domanda, in quanto è una forma di welfare aziendale che le aziende private possono offrire ai propri dipendenti in maniera autonoma. I bonus non prevedono nessuna tassazione per dipendenti e sono integralmente deducibili per le aziende. In base alla norma, possono accedere al beneficio solo i datori di lavoro privati e non le amministrazioni pubbliche. La platea dei beneficiari include solo i lavoratori dipendenti. I buoni possano essere corrisposti da subito, senza necessità di accordi contrattuali Il bonus benzina di 200 euro non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente e rappresenta un'ulteriore agevolazione rispetto a quella generale già prevista dall'articolo 51 del Tuir di 258,23 €; va quindi conteggiata in maniera separata rispetto agli altri benefit, chiarisce ancora l'Agenzia. I buoni benzina possono essere erogati anche per finalità retributive. In questa ipotesi, l'erogazione deve avvenire nell'anno in corso e in «esecuzione dei contratti aziendali o territoriali», nel rispetto della normativa prevista, per i premi di risultato. Il buono carburante Up Day Il buono carburante Up Day è semplice da ordinare, distribuire e gestire. Disponibile in formato pdf può essere consegnato all’azienda che sceglie di distribuirlo attraverso i propri canali ai dipendenti, oppure inviato da Up Day direttamente alla mail del dipendente. E per chi usufruisce della Piattaforma Day Welfare, è possibile convertire il credito disponibile, in buoni carburante. Chi sono i partner di Up Day Q8, IP, Eni sono i partner di Day. Abbiamo scelto Partner per garantire sicurezza nei rifornimenti e capillarità sul territorio nazionale con un ampio numero di stazioni di servizio. Sono 11.000 le stazioni in tutta Italia. I buoni carburante dei Partner hanno tagli predefiniti per semplificare il numero di buoni da consegnare ai dipendenti. Come specificato dall’agenzia delle entrate, Il buono carburante si affianca agli altri strumenti di Welfare adottati dalle aziende come i Fringe Benefit, per garantire maggior benessere al dipendente. Es. 200€+258,23€ Contattaci Per ricevere una consulenza e le soluzioni più adatte alle tue esigenze, puoi contattarci al numero 800 834 009 oppure scrivere a info@day.it.      
Diversità e inclusione
Dicembre 27, 2022
Welfare Aziendale

Diversità e inclusione in azienda, le sfide del prossimo futuro

Un’azienda moderna non può ignorare la necessità di abbracciare un valore importante come l’inclusione. Ma quante sono le aziende che sanno cosa sia, esattamente, l’inclusione e come essere un’impresa inclusiva? Tra le sfide che deve affrontare un’azienda moderna, la capacità di adattarsi ai cambiamenti della società e rendersi inclusiva è sicuramente una delle più importanti. Saper attuare dei cambiamenti per eliminare i fenomeni di discriminazione e dare a tutti i collaboratori le stesse opportunità di lavoro e di crescita può diventare un importante valore aggiunto per un’impresa. Vuoi sapere se la tua attività è davvero inclusiva o come puoi renderla tale? In questo articolo puoi trovare spunti interessanti per aiutare la tua azienda a crescere anche sotto questo importante aspetto. Che cosa si intende per diversità e inclusione Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro? Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva? Come promuovere diversità e inclusione in azienda Che cosa si intende per diversità e inclusione Diversità e inclusione. Due termini quasi sempre associati l’uno all’altro, di cui si sente parlare sempre più spesso, in moltissimi ambiti della società. E che, spesso, vengono anche usati senza comprenderne appieno il significato o escludendone qualche aspetto importante. Prima di vedere come un’azienda possa diventare inclusiva, partiamo dalla definizione di ciò che rende necessario affrontare questo cambiamento per poter definire il proprio brand e ambiente di lavoro come etico: la diversità. La parola diversità viene utilizzata per indicare tutte le differenze che esistono tra le persone: età; genere; abilità psicomotorie; orientamento sessuale; religione; etnia; background culturale e socioeconomico. Il termine inclusione, invece, viene utilizzato per indicare tutte quelle strategie che l’azienda mette in atto per offrire le stesse condizioni di lavoro e opportunità a tutti i gruppi di persone che compongono le risorse umane dell’impresa. Si può definire come inclusiva un’azienda capace di accogliere le diversità e favorirne l’integrazione all’interno dei team di lavoro, riconoscendo la diversità come un valore aggiunto e non come un punto debole. Diversità e inclusione nel mondo del lavoro: quali sono le sfide del prossimo futuro? All’interno di una società in rapida evoluzione come quella attuale, le aziende non possono più ignorare le sfide legate al tema dell’inclusione. Ma quali sono i temi legati all’inclusività con cui un’impresa deve fare i conti in questo momento? ricambio generazionale uguaglianza di genere superamento delle differenze etniche, religiose e culturali Sono tre delle sfide che le aziende che desiderano favorire l’inclusione devono affrontare nel presente e nel prossimo futuro. Ricambio generazionale Entro il 2025 il 75% della forza lavoro sarà composto da “millennial”, cioè quella generazione di persone nate tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90. Il loro ingresso nel mondo del lavoro e l’avvicendamento che sta avvenendo anche nei ruoli di leadership si riflette anche sulle politiche di inclusione delle aziende. Mentre le generazioni precedenti vedono la diversità come un insieme di etnie e demografie diverse da dover amalgamare in qualche modo, i millennial la vedono come un insieme di esperienze, background e prospettive individuali differenti che coesistono in un ambiente di lavoro capace di valorizzare e tirare fuori il meglio da ciascuna esperienza. Uguaglianza di genere Quello dell’occupazione femminile è un tema ancora molto attuale poiché il gender gap che riguarda il tasso di occupazione, il salario e la presenza delle donne nei ruoli di responsabilità è ancora molto ampio. Secondo il Gender Gap Report 2021 stilato dal World Economic Forum, in Italia la presenza delle donne nel mondo del lavoro si attesta al 56,5%, con un gender gap del 25%, con una presenza delle donne nei ruoli dirigenziali che non supera il 27%. Eppure, un’indagine condotta dal Pew Research Center nel 2015 ha evidenziato i tanti punti di forza delle donne inserite nel mondo del lavoro: sono migliori nell’elaborare compromessi; mettono al primo posto valori come onestà ed etica; lottano per ciò in cui credono; sono più propense a riconoscere il giusto salario ai dipendenti; sono più disponibili al mentoring aziendale. Il più recente rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey (elaborato nel 2017), ha rilevato come le imprese che hanno attivato politiche per ridurre il gender gap e hanno una forte componente femminile nei loro team dirigenziali: sono più competitive; hanno il 21% in più di probabilità di sperimentare una redditività superiore alla media; hanno più possibilità di migliorare le loro performance e creare valore a lungo termine. Superamento delle differenze etniche, religiose e culturali Le aziende si trovano sempre più spesso ad affrontare il tema delle differenze etniche, religiose e culturali. Non solo all’atto pratico, dovendosi magari occupare degli aspetti burocratici legati all’assunzione di un lavoratore di origini straniere, ma anche per quanto riguarda la valorizzazione delle diversità etniche, religiose e culturali che, se non accolte nel modo giusto, possono diventare una barriera invece di un’occasione di crescita. Sempre il rapporto Delivery Through Diversity di McKinsey ha evidenziato come le imprese dove i ruoli di comando sono affidati a gruppi di persone di etnie diverse possono arrivare a superare del 33% le performance delle aziende dello stesso settore che non curano allo stesso modo le politiche di inclusione.   Quali sono i vantaggi di una politica aziendale inclusiva? Riuscire ad affrontare queste importanti sfide legate al tema della diversità può rappresentare un grande vantaggio per le aziende, come dimostrano anche i dati raccolti dai vari sondaggi. Ecco quali sono i risultati positivi che si possono ottenere attuando una politica aziendale inclusiva: miglioramento dell’engagement degli impiegati e dell’employer branding; aumento della capacità di attrarre e trattenere i collaboratori più talentuosi; aumento della produttività; miglioramento della comunicazione e delle relazioni con i clienti. Come promuovere diversità e inclusione in azienda Una strategia di diversity e inclusion efficace deve avere alla base una visione organizzativa chiara, basata sulla situazione attuale dell’azienda e sugli interventi necessari a modificarla. Per promuovere nel concreto diversità e inclusione in azienda: valutare la situazione attuale; includere le politiche di diversity e inclusion nel core business; saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti; rendere inclusivo il processo di recruiting; favorire e premiare trasparenza e meritocrazia; usare il welfare aziendale come strumento di inclusione. Valutare la situazione attuale Per attuare un vero cambiamento orientato ad un approccio inclusivo è importante fare un’analisi obiettiva dell’ambiente aziendale per valutare la sua capacità di accogliere la diversità. Gli aspetti da prendere in considerazione per una valutazione di questo tipo sono: la diversità dei profili presenti in azienda; il livello di inclusione dei processi di recruiting; il livello di turnover del personale; la presenza dell’inclusività tra i valori aziendali. Una volta analizzati questi punti si può predisporre un piano per l’introduzione di una politica aziendale inclusiva. In questa fase, può essere utile affidarsi ad un esperto di diversity management. Includere le politiche Diversity e Inclusion nel core business Il processo di promozione dell’inclusione come valore fondante di un’azienda inizia proprio dalla sua presenza nella cultura aziendale. Solo inserendo inclusione e diversità nella strategia aziendale sarà possibile rappresentarle e condividerle a tutti i livelli e farle diventare un punto di forza del benessere organizzativo. Saper valorizzare i punti di forza dei diversi talenti Le differenze in termini di esperienza, ruolo, preparazione, formazione e background culturale non devono essere viste come un limite, né come il pezzo di un puzzle da incastrare a forza in una casella dove non entra bene. Queste differenze sono proprio ciò che può rendere un team di lavoro più efficiente e performante, per questo le imprese dovrebbero garantire opportunità di crescita a tutti i livelli. Rendere inclusivo il processo di recruiting L’inclusione inizia già a partire dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro. Se questo è uno dei valori che la tua azienda intende perseguire, scrivere un annuncio che risulti inclusivo servirà ad attratte talenti in linea con la cultura aziendale. Il colloquio di lavoro e il successivo periodo di inserimento sono altri due momenti fondamentali per promuovere il concetto di inclusione e assicurarsi che la risorsa che si intende inserire in azienda sia davvero in linea con esso. Favorire e premiare trasparenza e meritocrazia Monitorare il livello di soddisfazione dei collaboratori, anche per quanto riguarda l’attuazione di politiche di inclusione aziendali, è fondamentale per creare un ambiente dove discriminazione e penalizzazioni causate dalle differenze di genere, etnia, orientamento sessuale o culturale non abbiano posto. Per questo è utile promuovere politiche di ascolto rivolte ai dipendenti, ad esempio attraverso la somministrazione di sondaggi o colloqui one-to-one. In un’impresa dove la produttività e l’efficienza sono valutate in base al raggiungimento di determinati obiettivi, è importante anche adattare questi obiettivi alle singole capacità e attitudini. Usare il welfare aziendale come strumento di inclusione Tra gli strumenti più utili che una compagnia ha a disposizione per attuare una politica aziendale votata all’inclusione e garantire a tutti pari opportunità, il welfare aziendale è di sicuro uno dei principali. Adottare un piano di welfare che introduca misure come lo smart-working per favorire il bilanciamento vita-lavoro di chi ha una famiglia, promuovere corsi di formazione e percorsi di tutoraggio per i nuovi assunti, istituire una banca ore, attivare un sistema di car sharing per facilitare gli spostamenti dei dipendenti con difficoltà motorie, offrire benefit come i voucher welfare per premiare il raggiungimento degli obiettivi sono tutti strumenti che, se usati nel modo giusto, favoriscono l’inclusione.
Employee Engagement: cos'è e quali sono le strategie usate
Dicembre 22, 2022
Welfare Aziendale

Employee engagement, le strategie per coinvolgere i dipendenti in azienda

La felicità e la soddisfazione dei dipendenti giocano un ruolo fondamentale nel successo di un’azienda. Ecco perché non si può ignorare l’employee engagement, ossia il livello di coinvolgimento dei dipendenti nelle sorti dell’impresa. Sapere se i dipendenti della tua azienda vengono al lavoro solo per senso del dovere o perché amano davvero ciò che fanno. Capire quanto i valori dei singoli collaboratori siano allineati con quelli della tua attività. Comprendere se i benefit e le attività di team building programmate influenzano in modo positivo il clima e la cultura aziendale. Questi sono solo alcuni dei fattori che puoi valutare misurando l’employee engagement della tua impresa. Se non ne hai mai sentito parlare prima o non hai ben chiaro in che modo possa aiutarti a migliorare il tuo business, potrai trovare utili i nostri consigli e le strategie per misurare l’employee engagement e coinvolgere i dipendenti in azienda. Che cosa si intende per employee engagement? Best practices e strategie di employee engagement Employee engagement ai tempi dello smart working   Che cosa si intende per employee engagement? Quando si parla di employee engagement si intende il coinvolgimento dei dipendenti nell’ambiente lavorativo. Per coinvolgimento si intendono le percezioni dei lavoratori circa la propria interazione quotidiana con i colleghi e con l’azienda e l’allineamento con i valori e la cultura aziendale. Ogni giorno i dipendenti di un’azienda compiono azioni e prendono decisioni capaci di influenzare i colleghi e l’azienda stessa. Ugualmente, il modo in cui una compagnia tratta gli impiegati e il modo in cui i lavoratori si rapportano l’uno con l’altro può influenzare positivamente il clima aziendale o mettere a rischio la stabilità dell’azienda. Va da sé, quindi, che i dipendenti che si sentono coinvolti nell’attività dell’azienda e nel raggiungimento degli obiettivi, e condividono gli stessi valori che la ispirano sono in grado di favorire il successo dell’impresa per cui lavorano e migliorarne le performance. Best practices e strategie di employee engagement Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, in seguito alla pandemia è cresciuto il numero di lavoratori che non è più soddisfatto del proprio impiego ed è alla ricerca di nuove opportunità. Ma c’è di più: 1 dipendente si 4 dichiara che il suo senso di appartenenza all’organizzazione per cui lavora è fortemente diminuito tanto che, rispetto al 2020, l’engagement rate, cioè il tasso di coinvolgimento, è diminuito del 16%. A dimostrazione di ciò, anche in Italia è sempre più diffuso il fenomeno della Great Resignation, cioè le dimissioni di massa che stanno interessando un po’ tutte le aziende del territorio, dalle più grandi alle più piccole. Come si può invertire questa rotta e migliorare l’employee engagement? Seguendo questi 5 consigli: monitora l’employee engagement ottimizza il processo di selezione del personale offri formazione continua investi nel benessere dei tuoi collaboratori con il welfare aziendale Monitora l’employee engagement Per sapere se la tua azienda sta andando nella direzione giusta, è importante monitorare periodicamente i livelli di soddisfazione e coinvolgimento dei dipendenti. Uno degli strumenti più utili che un’organizzazione ha a disposizione per ottenere un feedback dai propri collaboratori sono i sondaggi. Tra le risposte che indicano che un dipendente ha piena fiducia nella sua azienda e si sente coinvolto ci sono: so cosa ci si aspetta da me e qual è il valore del mio lavoro; ho le risorse e la formazione necessaria per svolgere al meglio il mio ruolo; ho l’opportunità di dare il meglio di me ogni giorno; l’importanza di ciò che faccio è spesso riconosciuta e premiata e mi vengono mosse critiche costruttive, quando è necessario; mi fido del mio responsabile e so che ha a cuore i miei interessi; le mie opinioni sono accolte nel modo giusto e tenute in considerazione; ho l’opportunità di imparare e crescere dal punto di vista professionale e personale. Se, dai sondaggi effettuati nella tua azienda, non emergono alcuni di questi aspetti, dovrai partire proprio da lì per aumentare il coinvolgimento dei tuoi collaboratori. Ottimizza il processo di selezione del personale L’employee engagement inizia nel momento stesso in cui un dipendente viene assunto. Per questo la prima cosa da fare è curare il processo di selezione del personale. Già a partire dall’annuncio di lavoro, un’azienda deve saper comunicare con chiarezza la propria mission, gli obiettivi e ciò che si aspetta dai propri collaboratori, ma anche i valori che ispirano il suo lavoro e i vantaggi che un collaboratore può ottenere. Questa stessa attenzione deve essere mantenuta anche nei primi colloqui e nella delicata fase di inserimento dei nuovi collaboratori in azienda. Offri formazione continua La formazione continua, il cosiddetto lifelong learning, è un elemento fondamentale per un’impresa che desideri avere una cultura aziendale solida e dipendenti gratificati. Offrire ai collaboratori la possibilità di acquisire nuove competenze, ma anche programmare attività di team building, contribuisce a far sentire i dipendenti apprezzati e tenuti nella giusta considerazione, migliorando il loro coinvolgimento nel successo dell’azienda. Investi nel benessere dei tuoi collaboratori con il welfare aziendale Uno degli strumenti più efficaci che hanno le aziende per dimostrare ai propri dipendenti quanto loro stessi e il loro lavoro siano tenuti in considerazione è il welfare aziendale. Tenere in giusta considerazione le necessità di ciascun lavoratore e offrire beni e servizi che lo aiutino a migliorare la qualità della propria vita e il bilanciamento tra lavoro e vita privata può davvero fare la differenza. Per questo è importante che ogni azienda abbia attivo un piano di welfare ben strutturato, che comprenda misure capaci di accontentare le richieste dei lavoratori: dai buoni pasto allo smart working, dal rimborso per le spese di viaggio a quello per l’acquisto di testi scolastici per i figli dei dipendenti, sono tanti i benefit che un’azienda può mettere a disposizione dei collaboratori per aumentare il loro coinvolgimento. Employee engagement ai tempi dello smart working Tra i fattori che hanno contribuito a destabilizzare i costrutti aziendali esistenti e, di conseguenza, l’employee engagement, la pandemia da Covid-19 è di certo il più importante. Nel giro di pochissimo tempo, molte imprese hanno dovuto necessariamente modificare la propria struttura organizzativa per continuare ad operare anche durante i periodi di lockdown, attivando lo smart working per tutte quelle categorie di lavoratori che possono svolgere il proprio lavoro anche da casa. La concessione dello smart working, in molti casi, ha intaccato le fondamenta di quei rapporti di lavoro che si basavano sulla presenza quotidiana dei dipendenti sul luogo di lavoro e sul controllo visivo. Nuovi modelli organizzativi e stili di leadership Il fatto che molti dipendenti, anche dopo la fine dello stato di emergenza, chiedano di rimanere a lavorare in smart working e siano addirittura disposti a licenziarsi se non ottengono questa agevolazione ha messo molte aziende di fronte a una sfida molto importante, che è quella di saper sviluppare nuovi modelli organizzativi e adottare stili di leadership che non siano più legati alla costante presenza in ufficio dei lavoratori. In particolar modo, chi ricopre ruoli di management ha dovuto imparare a valutare il lavoro dei collaboratori in modo diverso: non attraverso il numero di ore trascorse alla scrivania, ma per la loro capacità di raggiungere gli obiettivi. Nasce il digital workplace L’assenza dei collaboratori dall’ufficio ha reso necessaria la nascita di quello che si può considerare come un ufficio virtuale. Il digital workplace è un ambiente fluido, dove le informazioni e le applicazioni aziendali sono raggiungibili da chiunque e in qualsiasi momento. Gli strumenti di comunicazione utilizzati normalmente nel privato vengono impiegati anche per il lavoro. Un’opportunità certo, ma non priva di insidie. Per evitare che il digital workplace annulli la barriera tra vita privata e lavorativa e riduca i contatti diretti tra collaboratori è importante migliorare l’employee experience stabilendo dei limiti orari per garantire il diritto alla disconnessione e creare degli spazi di lavoro strutturati per favorire la comunicazione e il confronto.
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