Buoni Pasto

Una semplice scelta che porta con sé tanti vantaggi per le aziende e i loro dipendenti.

Settembre 24, 2022
Buoni Pasto

Dal 1° ottobre i buoni pasto da spendere per tutto il 2023!

Settembre è sempre un mese caldo per i buoni pasto, perché tante aziende attendono il cambio di scadenza per godere di una dilazione più ampia e avere molto più tempo per spendere i ticket. Anche quest'anno la stampa dei buoni pasto Up Day con validità 31/12/2023 inizia il 1° ottobre. Fino a quella data la stampa dei buoni ordinati prevede ancora scadenza 31/12/2022. Con l'arrivo dell'autunno, quindi, i buoni pasto avranno una vita lunghissima, ben 15 mesi. Il cambio di validità dei buoni pasto riguarda i ticket per le aziende private e riguarda sia i buoni pasto cartacei che quelli elettronici, anche per quelli effettuati sulla piattaforma e-commerce DayShop. Non cambiano le altre caratteristiche del servizio promosso da Up Day. Da qualche anno sono cambiate alcune indicazioni in merito all'utilizzo dei ticket. Per questo ricordiamo le novità introdotte dal Decreto n. 122 del Ministero dello Sviluppo Economico. La normativa in vigore da poco prevede la cumulabilità di spesa fino a 8 buoni pasto contemporaneamente. Ogni utilizzatore quindi può godere di un potere d'acquisto quotidiano più ampio, fermo restando il diritto a un ticket al giorno, per ogni giorno di lavoro effettivo. Quali aziende possono comprare buoni pasto per la pausa pranzo dei loro dipendenti? Non solo le grandi imprese, come qualcuno erroneamente pensa, ma qualsiasi azienda, anche con un solo dipendente può godere dei vantaggi fiscali previsti. L'Assistenza Clienti Day è a disposizione per informazioni dettagliate sulla scadenza dei buoni pasto: 1° ottobre, rinnovata scadenza dei buoni pasto    
In quali casi la pausa pranzo sul lavoro è obbligatoria?
Luglio 06, 2022
Buoni Pasto

In quali casi la pausa pranzo sul lavoro è obbligatoria?

La pausa pranzo è un periodo di tempo che viene concesso al lavoratore per consumare il pasto. Quando è obbligatorio concederla? I lavoratori part-time hanno diritto ad usufruirne? Deve essere retribuita? Le risposte in questa guida.   La legge prevede, per i lavoratori dipendenti, la possibilità di fare la pausa pranzo, cioè di interrompere momentaneamente il proprio lavoro per consumare il pasto. La pausa pranzo deve essere sempre concessa ai collaboratori? E, soprattutto, ci sono dei casi in cui è obbligatoria?  Facciamo un po’ di chiarezza sulle regole per la pausa pranzo, partendo dalla normativa di riferimento.  La normativa sulla pausa pranzo Perché e quando la pausa pranzo è obbligatoria? La pausa pranzo è retribuita? Cosa dice la legge  Chi stabilisce quando fare la pausa pranzo e la sua durata?  Il lavoratore può rinunciare alla pausa pranzo?  Part time e pausa pranzo: quali le regole? Pausa pranzo e allattamento: la lavoratrice ha diritto alla pausa per il pranzo?  Pausa pranzo, mensa aziendale e buoni pasto: cosa dice la normativa?    La normativa sulla pausa pranzo Come per le ferie lavorative, anche per quanto riguarda la pausa pranzo la normativa di riferimento è costituita dal Decreto Legislativo 66/2003 il quale, all’articolo 8, comma 1, sancisce l’obbligatorietà della pausa pranzo qualora l’orario di lavoro giornaliero sia superiore alle 6 ore.  Per stabilire se durante la pausa pranzo il lavoratore abbia diritto alla retribuzione, invece, il D. Lgs. 66/2003 rimanda all’articolo 5 del Regio Decreto 1955 del 1923 e l’articolo 4 del Regio Decreto 1956 del 1923.  Oltre a queste leggi, della normativa sulla pausa pranzo fanno parte anche i contratti collettivi delle varie categorie, eventuali accordi sindacali stipulati tra un’azienda e i suoi dipendenti e i regolamenti aziendali.  Perché e quando la pausa pranzo è obbligatoria? La finalità della pausa pranzo, secondo quanto indicato dalla normativa, non è solo quella di permettere al lavoratore di consumare il suo pasto, ma anche di favorire il recupero delle energie psico-fisiche e di attenuare il ritmo di un lavoro monotono e ripetitivo.  Il comma 2 dell’articolo 8 del D. Lgs. 66/2003 stabilisce inoltre che la pausa a cui ha diritto il lavoratore tra la fine e l’inizio di ogni periodo giornaliero di lavoro, di cui può usufruire anche sul luogo di lavoro, non debba essere inferiore ai 10 minuti. Il decreto demanda poi ai contratti collettivi di categoria il compito di stabilire la durata della pausa pranzo, che può essere decisa anche attraverso la stipula di accordi sindacali. In generale, anche da quanto si può evincere dai Regi Decreti 1955 e 1956 del 1923, la pausa pranzo ha una durata minima di 10 minuti e una durata massima di 2 ore.  La pausa pranzo è retribuita? Cosa dice la legge Secondo quanto stabilito dall’articolo 5 del R.D. 1955 del 1923, non si considerano come lavoro effettivo: i riposi intermedi che siano presi sia all’interno che all’esterno dell’azienda;  il tempo impiegato per recarsi sul luogo di lavoro;  le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e non superiore alle due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo di lavoro della giornata lavorativa.  Sono invece considerate come lavoro effettivo le soste, anche superiori ai 15 minuti, concesse agli operai che svolgono un lavoro molto faticoso, così che possa recuperare le condizioni psicofisiche necessarie allo svolgimento delle sue mansioni.  La pausa pranzo, perciò, non rientrando nel computo delle ore di lavoro effettivo, non può essere retribuita. A prevedere un’eccezione a questa regola possono essere i contratti collettivi di lavoro, che hanno la facoltà di stabilire che il tempo dedicato alla pausa pranzo possa rientrare nella retribuzione.  Chi stabilisce quando fare la pausa pranzo e la sua durata? A decidere quando i lavoratori possono fare la pausa pranzo è, di solito, il datore di lavoro, che deve tenere conto delle esigenze organizzative e produttive dell’azienda. Insieme all’orario di lavoro, anche la pausa pranzo viene inserita nel regolamento aziendale e nel contratto individuale di ciascun lavoratore.   Anche la durata della pausa pranzo, di solito, è stabilita dal datore di lavoro, che può rifarsi alla contrattazione collettiva o ad accordi interni per determinarla. Fermo restando che la normativa stabilisce che la pausa pranzo non debba essere inferiore ai 10 minuti e non possa superare le due ore, viene concessa almeno mezz’ora di pausa agli operai, in particolare a quelli addetti alle linee produttive.  Alle persone che, invece, svolgono mansioni impiegatizie, di solito viene concessa almeno un’ora di pausa.  La Circolare del Ministero del Lavoro numero 8 del 3 marzo 2005 precisa, inoltre, che il lavoratore possa usufruire della pausa pranzo anche rimanendo sul luogo di lavoro. Ciò che conta è che il tempo concesso per la pausa pranzo venga fruito in maniera continuativa, perché possa produrre gli effetti per il quale è stato pensato.  Il lavoratore può rinunciare alla pausa pranzo? No, il lavoratore non può rinunciare alla pausa pranzo, neanche dietro la previsione di una compensazione economica. Può chiedere, tuttavia, al datore di lavoro, di concentrare la pausa pranzo all’inizio o alla fine della giornata lavorativa, di fatto riducendo l’orario di lavoro (Circolare del Ministero del lavoro 8/2005).  Nel caso in cui il datore di lavoro conceda a un dipendente questa possibilità, dovrà comunque accordare al lavoratore dei periodi di riposo compensativo.   Part time e pausa pranzo: quali le regole? La normativa sulla pausa pranzo stabilisce che i lavoratori dipendenti abbiano diritto ad usufruirne nel caso in cui l’orario di lavoro superi le sei ore giornaliere.  Per loro natura i contratti part-time, a differenza di quelli full time, prevedono un orario di lavoro ridotto che, di solito, non raggiunge le sei ore giornaliere. Ciò significa che i lavoratori con un contratto di lavoro part-time non hanno diritto ad usufruire della pausa pranzo.  Pausa pranzo e allattamento: la lavoratrice ha diritto alla pausa per il pranzo? L’articolo 39 del Decreto Legislativo 151 del 2001 prevede che le donne lavoratrici, nel primo anno di vita del bambino, abbiano diritto a due periodi di riposo giornalieri di un’ora ciascuno, di cui possono godere anche consecutivamente, a condizione che l’orario di lavoro sia superiore alle 6 ore. Nel caso in cui l’orario di lavoro sia inferiore alle 6 ore, la lavoratrice ha diritto ad una sola ora di riposo giornaliero.  Molte lavoratrici dipendenti si chiedono se, oltre alle due ore di riposo giornaliero, abbiano diritto di godere anche della pausa pranzo, dal momento che le ore concesse per l’allattamento sono considerate a tutti gli effetti come orario di lavoro e vengono retribuite.  A dare una risposta definitiva a questa domanda è stata la risposta ad interpello del Ministero del Lavoro numero 2 del 2019 la quale ha chiarito che, dal momento che la lavoratrice che ha diritto al riposo per l’allattamento svolge un orario di lavoro effettivo inferiore alle 6 ore, non ha diritto alla pausa pranzo.  Pausa pranzo, mensa aziendale e buoni pasto: cosa dice la normativa? La normativa che regola la sicurezza sul lavoro impone alle aziende con più di 30 dipendenti di predisporre una sala con funzione di refettorio adeguatamente attrezzata da mettere a disposizione dei collaboratori.  Al contrario di quanto accade per la pausa pranzo, tuttavia, non esiste una legge specifica che obblighi le aziende ad offrire il servizio di mensa ai propri dipendenti. Tale obbligo sussiste solo nel caso in cui siano i CCNL di riferimento a prevedere che le aziende offrano ai lavoratori il servizio di mensa.  In questo caso, le imprese hanno tre possibilità per adempiere a questo obbligo:  istituire una mensa interna gestita direttamente dall’azienda;  istituire una mensa interna gestita da una società esterna; offrire ai lavoratori una misura compensativa, come i buoni pasto o l’indennità sostitutiva di mensa.  Nel caso in cui un’azienda non abbia la possibilità di istituire una mensa interna dove i lavoratori possano consumare il pasto durante la pausa pranzo, l’opzione più conveniente per datore di lavoro e collaboratori è rappresentata dai buoni pasto. Disponibili sia nel formato cartaceo, sia nel formato elettronico, i buoni pasto sono ticket di importo variabile che il lavoratore può utilizzare per acquistare pasti già pronti presso gli esercizi commerciali convenzionati. Al contrario dell’indennità sostitutiva di mensa, che viene considerata parte della retribuzione ordinaria e, quindi, tassata di conseguenza, i buoni pasto sono esenti dalla tassazione fino ad un importo massimo di 4 euro per i buoni cartacei e di 8 euro per i buoni elettronici.
Buono pasto elettronici come utilizzarli
Giugno 06, 2022
Buoni Pasto

Buoni Pasto Elettronici: ecco come si usano

I buoni pasto elettronici rappresentano l’evoluzione dei buoni cartacei. Vengono caricati su una card elettronica e possono essere utilizzati esattamente nello stesso modo dei ticket classici. Ecco una pratica guida sui buoni pasto elettronici, per aiutarti a capire come funzionano e come si usano. I buoni pasto elettronici sono l’alternativa pratica e conveniente ai buoni pasto cartacei: sicuri, facili da usare, sono spendibili in tutti gli esercizi convenzionati che li accettano come metodo di pagamento. Scopri tutto quello che c’è da sapere sui buoni pasto elettronici. Cosa sono i buoni pasto elettronici? Buoni pasto elettronici: qual è il trattamento fiscale? Come funzionano i buoni pasto elettronici? Come si ricaricano i buoni pasto elettronici? Come attivare i buoni pasto elettronici? Per gli esercizi commerciali: come accettare i buoni pasto elettronici? Cosa sono i buoni pasto elettronici? Spesso le aziende, per migliorare le politiche di welfare aziendale, offrono ai dipendenti tutta una serie di benefit che risultano vantaggiosi sia per le imprese stesse, sia per i dipendenti. Uno dei benefit più diffusi, insieme al telefono e all’auto aziendale, è rappresentato dai buoni pasto: un vero e proprio servizio sostitutivo di mensa che viene erogato ai lavoratori che si trovano a mangiare spesso fuori casa a causa del lavoro. Fin dalla loro comparsa, i buoni pasto sono stati erogati al dipendente sotto forma di voucher numerati raccolti in carnet. L’uso sempre più diffuso della moneta elettronica, la necessità di sprecare meno carta e la maggiore praticità delle carte elettroniche hanno portato, negli anni, a un’evoluzione questo strumento di pagamento. Così i buoni pasto cartacei sono diventati elettronici. I buoni pasto elettronici, quindi, sono dei buoni pasto dematerializzati, che funzionano nella stessa maniera e possono essere usati nello stesso modo dei buoni cartacei. Oggi, sono sempre di più le aziende che, per andare incontro alle esigenze aziendali e dei lavoratori, scelgono di abbandonare i ticket cartacei per offrire ai propri dipendenti quelli elettronici. Si tratta, infatti, di una soluzione che offre maggiori vantaggi rispetto a questi ultimi, dai costi di acquisto e di gestione alle tasse. Il loro utilizzo è regolamentato dalla stessa normativa che regolamenta l’uso dei buoni pasto cartacei: il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n°122 del 2017. Differenza tra buoni pasto elettronici e buoni cartacei Anche se il principio di funzionamento dei buoni pasto elettronici è lo stesso dei cartacei, ci sono comunque delle differenze tra i due mezzi di pagamento. Vediamo quali sono le principali: i buoni pasto elettronici vengono caricati su una carta elettronica con microchip o banda magnetica, invece di essere raccolti in carnet; la soglia di esenzione dalla tassazione retributiva e contributiva è più alta rispetto a quella fissata per i cartacei; con i buoni pasto elettronici si può tenere traccia delle spese e dei pagamenti effettuati con questi ultimi; il datore di lavoro può decidere di limitare l’utilizzo dei buoni pasto elettronici che hanno la funzione di mensa aziendale diffusa (ad esempio, potrebbe ridurre la soglia di cumulabilità, oppure limitarne l’uso alle sole giornate lavorative); in caso di smarrimento della card su cui sono caricati i buoni, è possibile bloccarla, richiederne una nuova e recuperare tutti i buoni pasto perduti. Quello che rimane uguale, invece, rispetto ai buoni cartacei è: il numero di buoni erogato mensilmente, che dipende sempre dai giorni effettivamente lavorati dal dipendente; la possibilità di cumularli: come per i buoni cartacei, anche i buoni elettronici sono cumulabili fino a un massimo di 8 ticket al giorno; la possibilità di utilizzarli presso qualsiasi esercizio commerciale convenzionato per acquistare pasti già pronti da consumare; il fatto che, per il lavoratore,  non ci sia un limite di spesa, se non quello dato dal numero di buoni cumulabili; il divieto di utilizzo della card da parte di persone diverse dal titolare; il divieto di convertire il buono digitale in denaro contante. Alcune delle maggiori differenze tra buoni pasto elettronici e cartacei rappresentano anche alcuni dei vantaggi dell’uso dei primi rispetto all’impiego dei secondi: se i buoni pasto cartacei hanno una soglia di esenzione dal reddito imponibile di soli 4 euro, quelli elettronici non concorrono alla formazione del reddito fino a che non superano gli 8 euro a ticket. Ciò significa ottenere un risparmio notevole, anche rispetto al versamento dei buoni pasto direttamente in busta paga, e avere a disposizione buoni che garantiscono un maggiore potere d’acquisto. Inoltre i ticket elettronici non si deteriorano e sono meno soggetti a furti e smarrimenti. Buoni pasto elettronici: qual è il trattamento fiscale? I buoni pasto elettronici sono soggetti allo stesso trattamento fiscale dei ticket restaurant cartacei. Ciò significa che, come i buoni pasto cartacei, vengono considerati fringe benefit e tassati allo stesso modo. Cosa significa questo? Significa che hanno diritto all’esenzione fiscale fino al tetto massimo stabilito dalla legge, che per i buoni pasto elettronici è stata fissata dalla Legge di Bilancio 2020 a 8 euro. Questo vuol dire che un lavoratore dipendente che riceva dal datore di lavoro buoni pasto di importo inferiore agli 8 euro non dovrà pagare le tasse né versare i contributi previdenziali. L’adozione dei buoni pasto elettronici comporta vantaggi e agevolazioni fiscali anche per l’azienda, non solo per i suoi collaboratori. Come accade per i lavoratori, infatti, anche per il datore di lavoro i buoni elettronici sono esentasse fino alla soglia di 8 euro a ticket e non dovrà versare né INPS, né IRAP. Per le aziende che erogano ai collaboratori i buoni pasto elettronici alla totalità dei lavoratori o a una categoria omogenea degli stessi, anche per rispettare gli accordi stabiliti dal CCNL e dalla contrattazione coi sindacati, gli importi spesi per acquistarli sono deducibili al 100%. Un altro vantaggio per le imprese è l’IVA agevolata al 4% sul loro acquisto. Come funzionano i buoni pasto elettronici? Il funzionamento dei buoni pasto elettronici è estremamente semplice. Più semplice, forse, rispetto all’utilizzo dei buoni cartacei. Per usarli, infatti, non serve staccarli dal blocchetto e firmarli: al momento di pagare, basta consegnare la propria carta elettronica all’esercente, che la inserirà nell’apposito POS e scalerà l’importo dovuto. A pagamento avvenuto, il POS rilascia uno scontrino su cui è indicato lo stato della transazione (se è andata o meno a buon fine), il valore dei buoni utilizzati e il numero di buoni residui. Nel caso il valore dei buoni spesi sia inferiore all’importo dovuto, sullo scontrino verrà anche registrato il contributo in denaro da versare. Come per gli acquisti fatti con i buoni cartacei, anche quelli effettuati con buoni elettronici non danno diritto a ricevere il resto, se l’importo dei buoni utilizzati supera quello dovuto. Anche con i buoni elettronici si può fare la spesa oppure acquistare pasti già pronti durante la pausa pranzo negli esercizi convenzionati (bar, ristoranti, tavole calde, self- service, gastronomie, supermercati). Tra i prodotti che si possono comprare non ci sono solo i pasti pronti, ma anche generi alimentari di vario tipo. Restano esclusi, solitamente, i prodotti non alimentari e gli alcolici. Grazie alla App Buoni Up Day, è possibile tenere traccia delle spese effettuate con i buoni pasto elettronici, dell’importo ancora disponibile sulla card e generare un codice che permette di pagare presso gli esercenti abilitati senza portarsi dietro la card. Sia la App, che il portale utilizzatori Up Day offrono la possibilità di trovare i locali dove si possono spendere i buoni pasto erogati dalla propria azienda e di sapere se accettano o meno i ticket elettronici. Come si ricaricano i buoni pasto elettronici? Per poterli utilizzare, i buoni pasto elettronici devono essere caricati sull’apposita carta. Ricaricare periodicamente i buoni pasto elettronici è, per l’azienda, molto semplice. Mentre in passato il dipendente riceveva un nuovo carnet di ticket all’inizio di ogni mese, con i buoni pasto elettronici è sufficiente che la card venga usata in uno qualsiasi dei POS abilitati per effettuare l’operazione di ricarica. Ciò sarà possibile solo dopo che il datore di lavoro avrà stabilito la quantità di buoni che spetta al collaboratore, facendo il calcolo dei giorni lavorativi del mese precedente, e avrà caricato l’importo corrispondente sulla carta. Al termine dell’operazione, il POS emetterà uno scontrino in cui viene specificato il numero di buoni caricati sulla card. I POS per i buoni pasto elettronici dove effettuare la ricarica si trovano sia negli esercizi convenzionati, sia negli uffici preposti della propria azienda. Come attivare i buoni pasto elettronici? Le modalità di attivazione dei buoni pasto in formato elettronico coincidono con quelle di ricarica. Dopo che l’azienda ha deciso di erogargli i buoni pasto elettronici, al dipendente viene consegnata una tessera elettronica personale che riporta i seguenti dati: il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro e della società emettitrice; il valore facciale espresso nella valuta corrente; il termine di utilizzo (scadenza); un codice identificativo che sostituisce l’obbligo di firma. La card viene consegnata già attiva, ma senza che su di essa siano ancora stati caricati i buoni pasto. Per conoscere lo stato della card, occorre comunque registrarla sul portale o sull’App della società emettitrice, così da avere tutte le informazioni su di essa e sul numero di buoni che si ha diritto a ricevere. Affinché i ticket elettronici vengano caricati sulla nuova card, bisogna poi recarsi presso l’ufficio preposto della propria azienda o presso uno degli esercenti convenzionati e chiedere che venga effettuata l’operazione di ricarica. Per gli esercizi commerciali: come accettare i buoni pasto elettronici? A differenza del buono pasto cartaceo, che può essere accettato dagli esercenti affiliati semplicemente ritirandolo dal cliente al momento del pagamento, per poter accettare i buoni pasto elettronici un esercente deve essere in possesso di uno speciale POS, dedicato solamente a questo tipo di operazione o di un Sistema integrato di lettura alle casse. Dopo aver stipulato il contratto di convenzione con la società emettitrice dei buoni, sarà lei stessa a fornire all’esercizio il terminale per i buoni pasto elettronici. Da qualche anno, grazie ad un accordo raggiunto tra alcune delle società che si occupano di emettere i buoni pasto, con un solo POS è possibile accettare i buoni elettronici non solo di Day, ma anche di altre realtà che operano in questo settore. Una volta in possesso del POS, si potranno accettare con facilità i pagamenti effettuati tramite i buoni pasto: sarà sufficiente inserire la card del cliente all’interno del terminale e selezionare l’importo dovuto per far partire la transazione. I buoni scalati dalla carta saranno immediatamente trasmessi alla società che li emette. Un’operazione molto più snella, rispetto a quella che si effettua per ritirare i buoni cartacei, che per essere validati devono essere inviati alla società emettitrice oppure scansionati uno per uno con l’apposita App.
buoni pasto aziendali vantaggi per i dipendenti
Giugno 14, 2021
Buoni Pasto

Buoni pasto aziendali: perché darli ai dipendenti e quali sono i vantaggi per tutti

I buoni pasto sono uno dei benefit più apprezzati da lavoratori e aziende perché offrono ad entrambi numerosi vantaggi. Ecco quali sono.   I buoni pasto rappresentano uno degli strumenti di welfare aziendale più diffusi. Sono infatti moltissime le imprese che scelgono di offrirli ai propri dipendenti in sostituzione del servizio di mensa. Perché il titolare di un’azienda dovrebbe scegliere di utilizzare uno strumento di questo tipo piuttosto che, ad esempio rimborsare i pasti in busta paga o dare il corrispettivo in denaro in contanti tutti i giorni? Quali sono i vantaggi di cui beneficia un’impresa nel fornire il servizio buoni pasto ai dipendenti? Chiariamo il funzionamento dei buoni pasto e i vantaggi normativi di cui beneficiano dipendenti e imprese, anche alla luce del Decreto n° 122 del 2017, che ne ha modificato i criteri di utilizzo. Chi ha diritto ai buoni pasto? Utilizzo dei buoni pasto: come funziona il servizio sostitutivo di mensa Tutti i vantaggi per dipendenti e aziende Ordinare buoni pasto online? Con Day Shop bastano 4 passaggi!   Chi ha diritto ai buoni pasto? Iniziamo col dire che le aziende non sono obbligate a offrire i buoni pasto ai dipendenti, a meno che tale benefit non sia compreso nei contratti collettivi di categoria. Fatta questa precisazione, vediamo quali lavoratori possono usufruire di questa agevolazione: possono ricevere i buoni pasto tutti i lavoratori dipendenti che ricevano una busta paga, sia che il loro contratto sia a tempo indeterminato, determinato, part-time, o di natura atipica. Ogni lavoratore ha diritto a un buono pasto al giorno per ogni giorno effettivamente lavorato.   Utilizzo dei buoni pasto: come funziona il servizio sostitutivo di mensa? Utilizzare i buoni pasto è davvero molto semplice. Specialmente se si dispone di buoni pasto elettronici, che possono essere gestiti direttamente da un’apposita App. Ogni mese il dipendente riceve un numero di buoni pasto pari al numero di giornate lavorative effettuate nel mese precedente. Il lavoratore può spendere i suoi ticket negli esercizi affiliati, i quali ritirano i buoni come corrispettivo di pagamento per l’acquisto di pasti già pronti o di generi alimentari. Il buono deve essere speso interamente e non dà diritto a resto. Secondo la normativa vigente ogni lavoratore può cumulare fino a un massimo di 8 buoni al giorno.   Tutti i vantaggi per dipendenti e aziende Solitamente, i buoni pasto vengono erogati ai dipendenti dalle aziende che non possono offrire loro un servizio di mensa aziendale, tanto da essere considerati un vero e proprio servizio sostitutivo di mensa. I buoni pasto, tuttavia, non sono l’unica alternativa alla mensa aziendale. Ci sono anche il rimborso delle spese sostenute per i pasti in busta paga e l’indennità sostitutiva di mensa. Queste due opzioni, però, sono spesso accantonate dalle aziende in favore dei buoni pasto e anche i lavoratori preferiscono quest’ultima alternativa. Ma quali sono i motivi per cui i buoni pasto riscuotono tanto successo? Ecco i principali: sostegno al reddito familiare tassazione agevolata aumento del potere d’acquisto deducibilità per le aziende risparmio concreto.   Sostegno al reddito familiare Il buono pasto è un servizio sostitutivo di mensa che rappresenta un sostegno importante al reddito familiare senza che l’azienda incorra in spese accessorie troppo esose. Grazie ad esso, i lavoratori che devono consumare i propri pasti fuori casa per lavoro possono risparmiare sulle spese sostenute per l’acquisto di cibo e destinare maggiori risorse al budget familiare.   Tassazione agevolata La nuova normativa in materia di buoni pasto (Legge di Bilancio 2020) ha stabilito che i ticket siano esenti da tassazione se il loro valore facciale non supera i 4 euro per i buoni cartacei e gli 8 euro per i buoni elettronici. Ciò significa che questo particolare servizio sostitutivo di mensa non concorre a determinare il reddito da lavoro dipendente e non è soggetto al versamento dei contributi. Nel caso un lavoratore riceva dei buoni pasto di importo superiore l’eccedenza viene tassata a norma di legge.   Aumento del potere d’acquisto Quando a un lavoratore viene erogata in busta paga l’indennità di mensa una parte di essa viene erosa dalle tasse e dai contributi, perché l’importo concorre per intero alla formazione del reddito da lavoro dipendente. Se, al posto dell’indennità in denaro il lavoratore riceve i buoni pasto, questi non verranno considerati come reddito da lavoro dipendente e non saranno soggetti a tassazione e oneri previdenziali. Ciò vuol dire che il lavoratore potrà disporre dell’intera somma ricevuta dal datore di lavoro.   Deducibilità per le aziende Un’azienda che sceglie di acquistare buoni pasto per i propri dipendenti ha il vantaggio di fornire un servizio che è totalmente deducibile e risparmiare, quindi, sui costi di gestione del personale. L’unico onere che deve sostenere è l’IVA agevolata al 4%, che è detraibile per intero (l’aliquota IVA è al 10% se ad acquistare i buoni pasto sono liberi professionisti, titolari d’azienda e soci, imprese individuali). Le agevolazioni fiscali per le aziende, però, non si fermano alla detraibilità dell’IVA. Le imprese possono dedurre dalle tasse l’intero importo speso per l’acquisto dei buoni pasto ai dipendenti. I casi in cui è ammessa questa agevolazione sono due: se l’azienda eroga i buoni pasto per rispettare i vincoli del contratto collettivo di settore; quando un’impresa decide di erogare i buoni su base volontaria alla totalità dei dipendenti o a una categoria omogenea di lavoratori.   Ecco alcuni dei riferimenti normativi che regolamentano l’esenzione dalla tassazione dei buoni pasto: DL 112/2008, art. 83, comma 28 bis, per aliquota IVA agevolata al 4%; Circolare Ministeriale 6/E del 3/3/2009, legge per la deducibilità; legge 133/2008, che modifica l’art. 19 bis 1 del DPR 633/72 dal 1/9/2008 per la detraibilità dell’IVA anche sui buoni pasto elettronici.   Risparmio concreto Sul sito ufficiale Day Gruppo Up è possibile effettuare una comparazione della spesa del buono pasto con il rimborso in busta paga in base al numero di dipendenti e al valore scelto. Nella tabella che trovi di seguito, puoi vedere un esempio del risparmio che ottengono sia l’azienda che i dipendenti scegliendo i buoni pasto: Buono Pasto Elettronico Denaro in Busta Paga Valore del buono pasto/somma erogata in busta paga €8 €8 INPS a carico dell’azienda (circa i 30%) €0,00 €2,40 INPS a carico del dipendente (9,19%) €0,00 €0,74 TFR, rateo 13ma, rateo 14ma (a carico dell’azienda) €0,00 €1,93 Irap 3,9% (a carico dell’azienda) €0,00 €0,48 Irpef dipendente (aliquota 23%) €0,00 €1,96 Irpef dipendente (aliquota 27%) dovuta solo in caso l’importo del buono pasto superi il valore facciale di €8, come previsto dall’articolo 51 del TUIR €0,00 €0,00 Numero buoni erogati al dipendente all’anno 220 220 Costo aziendale annuo €1760 €2817,46 Importo spendibile dal lavoratore €8 €5,30   Come puoi vedere, buoni pasto rappresentano la soluzione ideale per erogare degli incentivi ai collaboratori senza che queste agevolazioni pesino troppo sulle casse dell’azienda.   Ordinare buoni pasto online? Con Day Shop bastano 4 passaggi! Acquistare i buoni pasto da una società emittente è molto semplice. Lo si può fare anche in autonomia. Con Up Day si può sperimentare il servizio Day Buoni Pasto direttamente tramite un acquisto sul sito e-commerce Dayshop. E’ pratico, sicuro e veloce. Dayshop è il primo store virtuale per questo tipo di servizi, nato nel 2007. Ti basta seguire quattro semplici step per ordinare i tuoi buoni pasto; una volta completato l’ordine, li riceverai in pochi giorni.
Pausa Sana e Mindful eating
Marzo 25, 2021
Buoni Pasto

Pausa Sana : Intuitive eating, che cos’è e come applicarlo

Calcolare le calorie e i macronutrienti, pesare il cibo costantemente: queste azioni a lungo termine possono diventare insostenibili in alimentazione e nella vita di tutti i giorni. Esistono tantissimi modi per mangiare in modo sano, senza essere influenzati da bilance e sensi di colpa. L’intuitive eating - o mindful eating - è una pratica che aiuta a nutrirsi secondo l’istinto, portando corpo e mente in totale equilibrio. Vediamo meglio in cosa consiste questa pratica che ha preso piede negli ultimi anni nel campo dell’alimentazione. Mangiare in modo intuitivo: cos’è l’intuitive eating Come accennato prima, l’intuitive eating significa letteralmente alimentazione intuitiva. Questa espressione fa riferimento alla possibilità di entrare in contatto con le vere esigenze del nostro corpo. Il processo risponde al bisogno di volersi liberare da diete, schemi, tabelle e calcoli: è solamente il nostro corpo a dirci di cosa abbiamo bisogno e di quanto ne abbiamo bisogno. La mindful eating nasce intorno alla fine degli anni ‘90 da due nutrizioniste americane - Evelyn Tribole ed Elyse Resch - che decidono di focalizzare lavoro e studio sul rapporto tra corpo e mente in alimentazione. Il loro scopo era insegnare ai loro pazienti a non avere più sensi di colpa legati al cibo, al fine di portare benessere alla mente e soddisfare così le voglie con consapevolezza. Il processo di alimentazione intuitiva si spinge a capire i reali bisogni del corpo, nel porre attenzione agli alimenti che si consumano e ad essere consapevoli del momento in cui si sta mangiando. Importante - in questo percorso - è soffermarsi sugli aspetti sensoriali che ci legano al cibo: l’aspetto, i colori, gli odori e i sapori degli alimenti sono elementi su cui bisogna riflettere per conoscere la vera percezione della fame. L’intuitive eating è quindi un viaggio di introspezione, capace di creare un legame sano e duraturo tra corpo, mente e cibo. Questa pratica viene sempre più usata da terapeuti e specialisti per far fronte ai tantissimi disturbi del comportamento alimentare: in particolare, grazie all’intuitive eating un paziente con disturbi alimentari può imparare a riconoscere quali sono i cibi che scatenano comportamenti come l’abbuffata. Il focus diventa capire da dove viene la nostra fame, se è un bisogno fisiologico oppure un “capriccio”. Alcuni consigli per l’intuitive eating La prima regola da seguire quando si vuole intraprendere il percorso di alimentazione intuitiva è sicuramente quello di abbandonare l’idea di dieta classica. Le diete restrittive non portano giovamento a lungo termine; anzi, spesso si rischia di cadere in attacchi di fame, abbuffate, aumento o stallo di peso. Cerca di seguire un’alimentazione sana, senza però rinunciare a qualche sfizio. Il secondo passo è capire da dove viene il senso di fame: abbiamo veramente fame o stiamo solamente sfogando una nostra emozione sul cibo? Impara ad ascoltare il tuo corpo e a capire quando hai veramente fame e soprattutto il perchè. Non esistono cibi che fanno bene o male: non ci sono cibi di serie A o di serie B. Tutti gli alimenti possono essere inseriti in alimentazione, senza demonizzarne alcuni. Puoi inserire qualsiasi cibo durante la tua giornata, ma con consapevolezza: questo dovrebbe aiutarti a non avere sensi di colpa! Il cibo è un piacere: cerca di soddisfare tutti i sensi attraverso il cibo, rendendolo un’esperienza a 360°. Il movimento è importante anche per l’intuitive eating: cerca di avere uno stile di vita attivo e di dedicarti a qualche sport. Bevi molto: l’acqua è un’amica della nostra salute. Cerca di idratarti durante tutto l’arco della giornata e bere almeno 2 litri di acqua al giorno: spesso confondiamo la fame con la sete! Buoni Up Day e Nutribees Se vuoi iniziare un percorso di alimentazione sano senza contare le calorie e mangiando con consapevolezza, puoi provare il servizio di healthy delivery food di Nutribees. Questa giovane startup italiana spedisce in tutta Italia piatti sani e bilanciati, ma senza rinunciare al gusto! Trovi il partner Nutribees all'interno della app di Day  "Buoni Up Day"
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